I nemici di chi scrive #1 - Le aspettative

Foto di Brigitte Tohm (Unsplash)

Ho sempre pensato alla scrittura come a un meccanismo molto delicato che può danneggiarsi o rompersi facilmente. Purtroppo è fin troppo facile smettere di scrivere o lasciarsi andare a lunghi periodi di inattività. Certo, non c'è niente di male a prendersi dei momenti di pausa, ma siamo sempre consapevoli dei motivi? Possiamo dire con certezza che abbiamo smesso per stanchezza, perché non abbiamo nulla da dire o perché preferiamo fare altro? Secondo me, la verità è spesso più complessa. Si smette di scrivere o si scrive di malavoglia per ragioni di cui non sempre siamo consci o che preferiamo negare. Ed è proprio a questi nemici (spesso invisibili) che voglio dedicare questa serie di post.

Uno di questi nemici deriva dalle aspettative che ci facciamo sulla scrittura o più precisamente sulla pubblicazione. Avere aspettative molto alte equivale a subire una grossa delusione che porta quasi sempre a demotivarci, a smettere di scrivere con slancio o a smettere del tutto. Ho visto un sacco di persone che amavano scrivere cadere in questo problema. Prima di pubblicare si erano fatte un'idea di quante copie avrebbero venduto, di quanto il loro libro sarebbe piaciuto, avevano sognato in grande. La delusione poi è stata fatale. Oppure, non hanno mai pubblicato niente perché le aspettative sul trovare un editore davvero importante erano così alte da rinunciare del tutto alla pubblicazione.

Ma questo fenomeno non riguarda solo gli esordienti. C'è chi porta avanti per anni, pubblicazione dopo pubblicazione, ambizioni tali che prima o poi schiacceranno la sua voglia di scrivere. Intendiamoci, nell'essere ambiziosi non c'è niente di male. Ma restare ancorati alla realtà è fondamentale. Il problema nasce proprio quando non si ha una visione realistica del mondo editoriale o del mondo del lettori.

In pratica, succede che si immagina di vendere un certo numero di copie (con un editore tradizionale o come self), di ottenere un bel po' di recensioni e così via, ma la fantasia si scontra con la realtà e si va in crisi. Le aspettative deluse uccidono la voglia di scrivere altro. Dopo uno, due o tre libri che hanno venduto poco, si rinuncia.

Mi è mai capitato? Certo che sì, più volte nel corso delle mie pubblicazioni. Mi è successo con il primissimo romanzo, perché ero totalmente inesperta del mondo dell'editoria, non avevo una visione realistica di ciò che significasse pubblicare. Ma è successo anche in seguito, come autrice indipendente. Mi sono scontrata più volte con delle aspettative che finivano per rivelarsi illusioni. Oggi posso dire di aver superato questo genere di problema, sia perché l'esperienza mi ha dato una visione più concreta di ciò che posso o non posso ottenere con una pubblicazione, sia perché ho smesso di avere aspettative irrealistiche. Paradossalmente, è stato proprio quando mi sono detta andrà come andrà, tutto è migliorato, ho acquistato nuovi lettori e ho avuto soddisfazioni che non mi aspettavo. In verità non mi aspettavo nulla e invece ho ottenuto molto.

So che non è facile essere sinceri in questo, né con se stessi né con gli altri. Ma acquistare consapevolezza di questi limiti può essere liberatorio. Io credo che scrivere coltivando continue aspettative sui risultati o rincorrendo ambizioni esagerate significhi perdersi le piccole cose belle della scrittura. La semplice gioia di comporre una storia, la felicità di ricevere recensioni positive, il bello di parlare con i lettori, e così via. 

Acquistare una certa serenità in questo campo secondo me è fondamentale. Bisognerebbe smettere di credere che venderemo milioni di copie grazie al nostro talento nella scrittura o alle capacità di marketing. 

Ci sono tra l'altro fattori imponderabili in ogni pubblicazione, imprevisti vari su cui non avremo mai il controllo. Un libro che amiamo tanto, per cui abbiamo buttato il sangue, può deluderci all'atto pratico e avere pochissimo riscontro. E uno che abbiamo scritto senza troppo impegno, può avere un inspiegabile successo. Non era in nostro potere prevederlo, perché di fatto successo e insuccesso non sono nelle nostre mani.

Oggi si tende a considerare il successo come il risultato scontato di un duro lavoro. Ma non è così e crederlo può essere molto pericoloso. Chi presuppone che se si darà da fare come un matto, otterrà automaticamente ciò che si è prefisso, finirà prima o poi farsi male. Questo non significa che non bisogna lavorare sodo, ma semplicemente che non ci è dovuto niente anche se abbiamo lavorato sodo.

In conclusione, le aspettative possono fare molti danni. Anche se non è facile, bisognerebbe continuare a credere nei nostri libri, non smettere di sognare, ma allo stesso tempo conservare una certa serenità sui risultati del nostro lavoro. 

Qual è la vostra esperienza in merito? Avete mai avuto aspettative tali da restarne delusi al punto di smettere di scrivere o di non averne più tanta voglia? Fatemelo sapere nei commenti!

* * *

Infine, anche se non c'entra nulla con le riflessioni di oggi, vi segnalo con piacere che Amazon ha selezionato il mio Sarà il nostro segreto per un'offerta che durerà tutto il mese di maggio: l'ebook è in vendita a metà prezzo! Lo trovate qui: Sarà il nostro segreto - Thriller psicologico

Commenti

  1. Il successo di un libro scaturisce da una delicata alchimia di variabili, e non tutte sono sotto il controllo dell'autore. È umano avere aspettative, e credo sia anche giusto, ma hai ragione tu a dire che bisogna restare coi piedi per terra. Per me, ci sono stati dei momenti in cui ho detto "se stavolta non va smetto", ma poi mi sono resa conto che non smetterò mai di scrivere semplicemente perché è qualcosa che per me esiste al di là dei risultati (che comunque mi piacerebbe ottenere!)

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    1. Sì, esatto. Volere dei risultati è più che giusto, l'importante è non sognare la luna e poi deprimersi se non arriva. Trovare un equilibrio non è facile, ma vale la pena di impegnarsi a cercarlo! Grazie per il tuo feedback Mimi.

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  2. Le aspettative hanno pesato, e in parte ancora pesano, sul mio scrivere, ma in un modo un po' diverso da quello che hai descritto. Quando ho iniziato a scrivere non avevo in mente aspettative precise su contratti, lettori, numeri di copie vendute; niente di tutto questo. La prima storia che ho scritto mi piaceva, e mi era piaciuto scriverla. Quando il gruppo di lettura cui l'avevo proposta mi ha inviato una valutazione più che positiva (e disinteressata, per fortuna), mi sono detta: posso farlo. Non immaginavo che fosse così difficile inserirsi sul mercato. Quindi a giocare un ruolo importante era la pura e semplice ignoranza.

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    1. Hai ragione, a volte le aspettative arrivano dopo un po' perché al primo romanzo non ci si pone neanche il problema. A me è capitato di farmi aspettative dopo un confronto con determinate autrici e solo dopo ho capito che i confronti sono sempre sbagliati, ognuno ha la sua storia e così via.

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  3. All'inizio della mia esperienza self ho avuto grandi aspettative, ma poi ho visto che vendevo pochissimo, poi ho cominciato a "studiare" il marketing ma anche a cercare di migliorarmi nella scrittura, questo mi è servito parecchio, ma proprio per questo le mie aspettative si sono ampliate e ho avuto esperienze diverse, alcuni romanzi su cui non avevo riposto grandi aspettative hanno avuto più successo di altri su cui avevo puntato moltissimo. Da quando ho cominciato ad avere un atteggiamento più distaccato nei confronti della scrittura, stranamente, le cose sono andate meglio. Forse proprio per le minori aspettative, chissà...

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    1. Sì, secondo me un atteggiamento distaccato aiuta molto. Ma come hai detto è anche importante informarsi, studiare il marketing e allargare gli orizzonti. Questo purtroppo non viene fatto da molti autori "esordienti" che restano nel loro mondo fatto di aspettative false. Senz'altro l'esperienza è anche importante e tu ne hai tanta!

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  4. Ciao Maria Teresa,
    anche io avevo ambizioni esagerate, soprattutto quando terminai la scrittura del primo romanzo, ma le ho lasciate alle spalle quando ho deciso di pubblicare in autonomia.
    Ora coltivo la semplice ambizione di scrivere proprio per gioire di quelle piccole cose come vedere una storia nel complesso, sapere cosa ne pensano i lettori e così via.
    Di certo io non smetto di sognare e di scrivere storie.
    Ciao,
    Renato

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    1. Ciao Renato, in effetti pubblicare da autori indipendenti dà una prospettiva molto diversa delle cose, aiuta a prendere coscienza delle reali possibilità che abbiamo. Raggiungere un equilibrio tra voglia di scrivere e restare con i piedi per terra non è affatto facile ma mi sembra che tu ci sia riuscito bene.

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  5. Seguirò volentieri anche questa rassegna di articoli sui nemici di chi scrive. Le aspettative sono il nemico numero 1 un po' di tutti gli scrittori, sia pubblicati con case editrici di qualsiasi stazza sia indipendenti. Ho letto di molti scrittori anche blasonati che hanno attraversato dei periodi di grande depressione perché magari il secondo romanzo è stato stroncato - dopo il successo del primo - o non è piaciuto al pubblico. Insomma, io penso proprio che ce n'è per tutti.
    L'atteggiamento da tenere che tu descrivi è quello che ho adottato io nel tempo. Non ho mai fatto grandi numeri con i miei romanzi, ma ho avuto comunque delle belle soddisfazioni e proprio quando meno me lo aspettavo. L'equivalenza duro lavoro=successo è assolutamente da sfatare!
    PS. Come sai già, ho acquistato il tuo thriller psicologico in offerta. :)

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    1. Grazie ancora Cristina per aver acquistato il mio romanzo in offerta!
      Concordo in pieno con il tuo punto di vista, purtroppo non è sempre facile riuscire a dare più peso alle soddisfazioni che alle delusioni, ma è senz'altro la strada per continuare a scrivere in serenità. Al giorno d'oggi mi sembra che si punti troppo sul successo come premio per un duro lavoro, con risultati poi molto dubbi.

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  6. Finalmente riesco a commentare (dal computer perché dal telefono Blogger sta dando noie con gli account Google...) Giusto questa settimana Giulio Mozzi, scrittore, insegnante di scrittura e editor per la casa editrice Laurana, ha scritto un post su Facebook, una "riflessione lunghetta sul vender libri" alquanto interessante, consiglio di recuperarla. Nel mezzo, salta fuori un dato rilevante, tanto più che lo sta dicendo persona che lavora da una vita dentro l'editoria tradizionale. Accorcio un po': "In Italia ci sono circa 3.600 librerie... per avere una presenza decente in libreria bisognerebbe uscire in, vado a occhio, 6.000 copie... Oggi è difficile anche per un editore medio uscire in seimila copie: ci si contenta, anche per libri nei quali si ha una certa fiducia, della metà o anche di un po’ meno. [ndr. meno di 3.000 copie] Un editore piccolo rischia di far uscire anche un libro di punta in meno di 500 copie."
    Questi sono dati che ammazzano qualsiasi aspettativa. Se un editore piccolo, editoria tradizionale con distribuzione tradizionale cartacea, a malapena esce con 500 copie con un autore "di fiducia", cosa può aspettarsi un esordiente, tanto più self-publisher? Eh già.
    C'è da dire che le aspettative sono alimentate dai dati falsi pubblicizzati dal marketing. Quel milione di copie che si legge in troppe fascette bugiarde in libreria. La somma di tutti quei milioni di copie pubblicizzati per ogni edizione non torna con il totale dei libri venduti... Per forza che poi si generano delle aspettative sbagliate per chi si avvicina alla scrittura con tanti bei sogni... :(

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    1. Anche io non riesco a commentare dal telefono, anzi avevo lasciato da te un commento sul post sul tuo viaggio che il sito si è mangiato e non ho ancora avuto tempo di ripassare con il PC.
      Poi andrò anche a cercare il post di Mozzi di cui parli, ma a occhio mi pare che lui ignori completamente il potenziale del self publisher che può andare oltre le 500 copie se sa giocare bene le sue carte, mentre gli editori non corrono rischi non necessari (giustamente di questi tempi). In ogni caso concordo con te, i dati falsi alimentano le aspettative, tirando fuori numeri che nulla hanno a che fare con la realtà.

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