Scrivere storie in serie (guest post)

Fonte Pexels
Quello che segue è un articolo scritto da Renato Mite
L'argomento che ha scelto – come scrivere storie seriali  mi sta particolarmente a cuore in questo periodo, quindi ringrazio molto l'autore per aver intercettato questa mia esigenza. 
Prima di lasciarvi al post, vi annuncio anche che l'ultimo racconto di Renato, Consegna a Greentown”, sarà in promozione gratuita il 15 dicembre (domani) su Amazon. Non perdete l'occasione!

Scrivere storie in serie

La storia non comincia con l'incipit o termina alla parola fine. Il sogno ad occhi aperti da cui lo scrittore trae la storia non ha confini.
Incipit e fine sono dei limiti che inquadrano per il lettore un frangente netto e ben definito. La storia potrebbe essere sfocata prima e dopo proprio come gli estremi di un sogno al risveglio, ma un libro deve essere netto pur lasciando spazio al lettore per far vagare la sua fantasia.
Quando la storia affascina, i lettori continuerebbero a leggere per scoprire altre avventure di quei protagonisti. Ciò potrebbe dar vita ad una serie.
A dirla tutta, le serie nascono ai tempi delle pubblicazioni a puntate, quando una storia era divisa e pubblicata su più numeri di quotidiani o riviste.
Il famoso feuilleton, o romanzo d'appendice per dirlo in italiano, è proprio questo: una storia divisa in parti. La decisione di ritagliare un piccolo spazio sui giornali per le storie serviva ad avvicinare lettori, ma anche poi a fidelizzarli. Una pratica editoriale che nasce nell'Ottocento ma con un risvolto commerciale usato tutt'oggi.
Sono dell'idea, però, che il marketing non debba essere anteposto alle storie e una serie debba avere ragion d'essere solo in base a presupposti narrativi e non per scopi commerciali.
L'autore dovrebbe riconoscere innanzitutto i limiti netti di una storia e comprendere se la storia si offre a dei tagli “stilistici” che la rendono una serie o se invece gli offre spunti per continuare a sognare e scrivere.

Presupposti di una serie

Credo che le storie in serie nascano principalmente da tre presupposti narrativi: trama, personaggi, ricorrenze.

La trama è ciò che contraddistingue di fatto una serie in quanto ogni libro narra una parte di una stessa trama principale. I libri della serie potrebbero avere trame minori oppure no, ma in ogni caso, a mio modesto parere, ognuno di essi dovrebbe essere autoconclusivo. Preferisco il termine, conclusivo o completo, ma in sostanza il libro dovrebbe avere un finale netto, come il risultato di una partita, e la serie dovrebbe essere vista come un torneo. Preferisco questa analogia a quella di battaglie e guerra. Ogni libro è una partita e la fine della serie è il risultato del torneo, dove tutto assume un significato più ampio. Vittorie e sconfitte, gioie e sofferenze.
Quindi il finale di ogni libro deve essere netto ma creare un po' di suspense verso il prossimo libro. Ho scritto “un po'” perché il lettore può continuare a leggere un libro nell'attesa del risultato del torneo ma deve sapere il risultato della partita a cui ha preso parte pagina dopo pagina. Questo intendo per finale netto.

Un altro tipo di serie è quello basato sui personaggi, o meglio sulle loro vite, sulle loro relazioni, sul mondo in cui vivono, che hanno avuto un grande impatto in un libro. Se questi aspetti offrono lo spunto per altre avventure, allora lo scrittore riuscirà a mettere a fuoco gli estremi sfocati del sogno e potrà scrivere storie prequel o sequel. Storie che si intrecciano in alcuni punti pur non avendo una trama principale che li lega.

Le serie basate su ricorrenze sono quelle in cui avvenimenti diversi possano essere vissuti dagli stessi personaggi perché tendono ad uno schema. L'esempio più immediato è quello dei gialli.
Avviene un delitto, gli investigatori indagano per risolvere il caso. Sebbene sia uno schema essenziale, questo schema si presta a tante variabili che il genere non smette di affascinare.
Queste serie nascono dall'avere come punto fermo i personaggi, gli investigatori, e spesso anche l'ambientazione, un distretto di polizia, un tribunale o la Londra vittoriana di Sherlock Holmes e John Watson per citarne una famosa.

Questi tre presupposti a volte si sovrappongono ed una serie ne racchiude più di uno. Come ho già detto, prequel e sequel hanno dei punti in comune con il libro da cui dipartono, quindi si può guardare ad una trama più grande. Allo stesso modo le serie basate su ricorrenze parlano di eventi diversi, ma la vita dei personaggi stabili può costituire un filo conduttore che unisce tutti i libri. Ancora, due o più libri di una serie di ricorrenze potrebbero condividere una trama principale perché è abbastanza “corposa” e offre la possibilità di quei tagli “stilistici” a cui ho accennato.

Il punto è tutto qui. L'autore deve soppesare se una trama possa conservare la stessa forza se protratta in più libri, e deve soppesare se i personaggi sono abbastanza possenti e credibili da sostenere le varie avventure dei vari libri.
L'autore non può lasciarsi andare a riempitivi per fare numero di pagine o allungare una trama di per sé minima. Se una storia si esaurisce nello spazio di un racconto, difficilmente potrà farne un romanzo. Se una storia ha lo spazio di un solo libro, non può farne una serie.
D'altro canto, una serie di episodi possono comporre un romanzo ma non una serie. Guarda ad esempio “Sopravvissuto” (The Martian) di Andy Weir, questo romanzo si basa su una catena di disavventure, a cui il protagonista pone rimedio per sopravvivere, che l'autore pubblicava di volta in volta sul suo sito.

Un po' di esperienza

Parlando della mia esperienza, la prima stesura del romanzo “Apoptosis” era composta solo dalla prima parte “La breccia”. Ho scritto la seconda parte del libro quando alla fine della prima revisione mi sono reso conto che il finale era troppo aperto e c'era ancora molto da svelare. Alcuni avrebbero pensato di pubblicare due libri. Io non avevo dubbi, la seconda parte del libro era un tutt'uno con la prima e non poteva esistere da sola. Si tratta di un'unica partita che comincia nella prima parte e si conclude nella seconda parte con uno sguardo fra passato e futuro in una sorta di anello temporale.
Ciò non significa che la storia non offra spunti, anzi. Ho scritto un piccolo racconto, “Effetto Collaterale”, che si può considerare una sorta di prequel, e ho in mente alcune idee per un seguito che avrà sicuramente lo spazio di un romanzo. Lo scriverò quando ci avrò riflettuto su abbastanza per avere una trama solida.

Sul fronte dei gialli, ho sempre voluto scrivere le avventure di una coppia di investigatori e l'ho fatto con “Aporia”. La storia si colloca al centro di una serie però è conclusiva, e potrebbe sussistere da sola anche se non riuscirò a scrivere altre indagini, perché non mi piace lasciare finali troppo aperti. Nonostante ciò, ho lasciato nella storia diversi spiragli che mi serviranno per scrivere avventure prima e dopo questa indagine con un filo conduttore che non pregiudica la lettura. Risultato: sto pianificando la prima indagine degli investigatori e spero di scriverla presto.

L'idea che mi ha distolto dal proposito era quella di un racconto di fantascienza. Si tratta di “Consegna a Greentown” pubblicato da poco. In fase di revisione, questo racconto si è tramutato nel primo episodio di una serie di 5 racconti. Mi sono reso conto che avevo narrato una singola “partita” mentre l'idea di fondo, quella di salvare il pianeta Hiddin3 dal declino toccato alla Terra, si sarebbe protratta con risvolti che avrebbero avuto ripercussioni e altri confronti.

Certo non è facile sapere quando e dove una storia può essere divisa in serie o può protrarsi in più libri. Si tratta più che altro di scelte soggettive e buon senso, ma da questa esperienza traggo alcuni suggerimenti.

Pensare ad una serie

Innanzitutto non devi chiederti se hai molto altro da dire, ma se nel libro singolo hai detto tutto ciò che serve alla storia. Dire ciò che serve alla storia in un altro libro avrà solo l'effetto di creare due libri sfocati, in questo caso meglio un libro singolo. Per contrapposizione, capirai quando hai detto tutto il necessario e hai ancora argomenti per un seguito o un prequel.

Se la trama principale è così ampia da diramarsi in trame minori dove ognuna è come il ramo di un albero, cioè va verso un fine, che poi sia quello di comporre una chioma, allora puoi prendere in considerazione l'idea di scrivere una serie. Già in fase di revisione dovrai porre le basi e delineare la trama principale, almeno a grandi linee, se non l'hai fatto prima. Così potrai inserire alcune rivelazioni che creano suspense e tessono un filo conduttore.

Per le serie basate sulla ricorrenza, poni maggiore attenzione ai personaggi stabili e prendi nota di tutti quei tratti che affiorano nella tua mente perché ti aiuteranno a sostenere il loro ruolo e renderli più incisivi storia dopo storia.

La scrittura di narrativa ha bisogno di un minimo di pianificazione e poi di ozio creativo per prendere appunti anche in fase di scrittura o revisione. Questo vale per un libro singolo e ancor più per una serie. Sulla pianificazione non mi sbilancio, sto migliorando. Sul prendere appunti ho scritto un articolo qui su Anima di Carta con suggerimenti su come e perché farlo.

Infine ti consiglio di non eccedere con la suspense o con riempitivi utili solo a stiracchiare una trama.
A tal proposito, Maria Teresa ha scritto diversi articoli qui nel suo blog e ti rimando innanzitutto a quelli della serie “Modi lenti e dolorosi di uccidere la suspense” che parlano di eccesso di cliffhanger, digressioni che si allontanano da trama e personaggi e coerenza della trama. Nel blog ce ne sono altri ugualmente utili per riflettere su come scrivere una storia al meglio.

Se una storia è destinata a diventare una serie te ne accorgerai, altrimenti un buon libro singolo va più che bene, il lettore te ne sarà grato lo stesso.

Renato Mite

L'autore di questo articolo

Renato Mite è nato con la passione per la scrittura in un giorno di Maggio del 1983.
La passione per la scrittura si manifesta prestissimo, vuole una macchina da scrivere già a sette anni e a dieci la ottiene. I suoi genitori gli regalano una stupenda macchina Olivetti Lettera 32 verde con cui ha scritto le prime storie. Ora conserva come cimeli sia la macchina da scrivere sia le storie strampalate.
Fra i suoi interessi ci sono filosofia, scienza e tecnologia.
Preferisce la fantascienza e ama i gialli classici, scrive storie che parlano di realtà alternative o misteri svelati.
Nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo “Apoptosis”, un thriller fantascientifico in cui un hacker si intrufola nel sistema informatico di un'azienda farmaceutica per indagare su un dispositivo di diagnosi molto sospetto.
Per scoprire tutti i suoi libri, visita il sito www.renatomite.it o la pagina autore su Amazon.



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Commenti

  1. Interessantissimo questo post, soprattutto perchè sto scrivendo io stessa una serie di gialli. Sono d'accordo sul fatto che il finale di ogni libro deve essere "netto" Mi piace l'idea dell'intera serie vista come un "torneo" con il risultato certo, di volta in volta, delle singole partite. L'idea di fare una serie del mio commissario Sorace è nata proprio perchè volevo parlare non solo dell'indagine da trattare di volta in volta, ma anche della sua vita.

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    1. Ciao Giulia,
      grazie per i complimenti.
      I gialli in serie danno sempre peso alla vita degli investigatori, così il mio primo giallo, e credo che tu abbia fatto bene ad assecondare questa tua idea nella serie di Sorace.
      Mi sono imbattuto più volte nel tuo libro "Fragile come il silenzio" e prima o poi finirò per leggerlo, dopo aver messo ordine nei libri in scaletta, proprio perché la figura di Sorace che traspare dalla sinossi è intrigante.

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  2. Un post molto bello e interessante. Complimenti!

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  3. Grazie Giulia, grazie Buona lettura! Anche io ho apprezzato molto queste indicazioni, che potrebbero servirmi in futuro. Non credo sia facilissimo scrivere romanzi in serie, soprattutto per via della scelta delle informazioni da dare al lettore.
    Voglio anche ricordare a tutti che solo per oggi l'ultimo racconto di Renato Mite è disponibile gratis su Amazon: https://www.amazon.it/dp/B07JYPJHZ7/

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    1. Maria Teresa,
      innanzitutto, ti ringrazio per l'accoglienza, sempre gradevole.
      Inoltre, hai detto una cosa importante: in una serie è decisivo dosare bene le informazioni fra i vari libri.

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  4. I miei personaggi sono dei grandi chiacchieroni, quindi spesso tornano per dirmi cosa è accaduto prima e cosa dopo, rispetto alla prima cosa che ho scritto di loro.
    Come lettrice e come autrice amo le serie le cui parti siano però autoconclusive e fruibili anche singolarmente. Fanno eccezione alcune saghe fantasy dal respiro più lungo. Anche lì, però, se sforiamo un quantitativo definito di tomi finisco per perdere interesse. Mi piace piuttosto che mi si dica già in quanti volumi sarà composta la saga (come Harry Potter, di cui si sapeva giù dal principio che ci sarebbero state 7 parti)

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    1. Grazie per il tuo contributo, Tenar.
      Anch'io credo che bisogna abbandonarsi ai propri personaggi, sanno sempre più dell'autore.
      A parte i libri che si basano sulle ricorrenze, sapere di quante parti si compone la serie è fondamentale, è un modo per dire al lettore che ci sarà un culmine dove tutto assume significato, come ho detto nel post, e non stai semplicemente tirando avanti la trama.

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  5. La casa editrice da cui sono fuggitaa aveva una vera e propria fisssazione per le serie. L'editore insisteva e insiste molto con gli autori perché producano personaggi o eventi seriali, che possano generare una sorta di legame tra un romanzo e l'altro per indurre i lettori ad "affezionarsi" alla narrazione e spingerli a comprare la successiva. E' una buona tecnica di marketing, lo riconosco. Io però, sarà che sono un bastian contrario, a comando non riesco a costruire proprio niente. Sono un pò come Tenar, i miei personaggi se hanno detto tutto si eclissano, altrimenti tornano a bussare. Ma non è detto che io apra...

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    1. Ciao Elena, la tua esperienza con quella casa editrice è significativa. L'autore ha bisogno di variare, anche per rinvigorire la propria creatività, ed è normale che a volte voglia lasciare i personaggi al loro destino.

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    2. Interessante questa esperienza, Elena. Non sapevo che alcuni autori avessero questa fissa delle serie. Vero però che non ci si può forzare a scrivere sempre degli stessi personaggi. Anzi, come lettrice io mi annoio pure a leggere certe serie sempre uguali.

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  6. Anch'io. Eppure, specie nei polizieschi, la cosa funziona. In quache modo anche un genio del marketing come Elena Ferrante lo testimonia. Non si tratta solo di personaggi identici, che crescono di romanzo in romanzo, ma di filoni che trovano consenso e su cui duqnue si insiste. Io personalmente quando finisco un romanzo vuol dire che su quell'argomento ho detto tutto. E se avrò ancora da dire, dovrà passare molta acqua sotto i ponti perché vi faccia ritorno.

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