Luca Murano presenta “I vestiti che non metti più”

 


Buona domenica, amici. Per la rubrica di presentazioni di libri, quest'oggi vi propongo la raccolta di racconti “I vestiti che non metti più” di Luca Murano, autore che ho già ospitato tempo fa sul blog con la sua prima raccolta Pasta fatta in casa. Do quindi la parola all'autore per scoprire il contenuto del suo nuovo libro.


Sinossi

Chi siamo quando nessuno ci osserva? Possiamo davvero sentirci al sicuro? È realmente plausibile, in tali circostanze, riuscire a indossare e sfoggiare la parte più limpida di noi stessi? I protagonisti dei racconti che compongono la presente silloge prendono vita tra le pagine col desiderio di rispondere a queste domande, compiendo azioni apparentemente insigni canti e che invece restituiscono alle storie autenticità e tutta la grazia che può nascondersi dietro le banalità, le paure, le sofferenze e le speranze di cui sono intrinseche le loro esistenze. Una raccolta di outfit dimenticabili, ma di reazioni e gesti indimenticabili perché radicati in profondità in ognuno di noi. Uomini e donne sull’orlo della perdizione, studenti squattrinati, scrittori precari, giocatori d’azzardo, genitori sciagurati e figli egoisti che, con ironia e disincanto, scavano a fondo nella loro interiorità solo per scoprirsi vulnerabili, fallibili e, proprio per questo, umani.


In verità, non ho mai scritto questo libro. O meglio, non l'ho mai concepito nella sua interezza. Ho sempre avuto grande feeling con le short stories, e nel 2018 è uscita la mia prima antologia "Pasta fatta in casa - sfoglie di racconti tirate a mano" (Bookabook). Dopo questo esordio, però, ho deciso di cimentarmi col mondo variegato ed in continuo fermento delle riviste letterarie italiane. In questi ultimi anni l’universo di cui fanno parte queste riviste, così come quello dei collettivi di scrittura, è in costante crescita e il loro ruolo all’interno del panorama editoriale è sempre più autorevole. Non più, e non solo, palestre per gli aspiranti scrittori, bensì realtà tangibili e originali dove fare letteratura e scoprire nuova narrativa.

A inizio 2021, poi, legando insieme alcuni racconti per omogeneità di tematiche, senso d'urgenza e atmosfere, ho lentamente realizzato che potessi aver fra le mani abbastanza materiale per un'altra silloge. Successivamente, con il prezioso aiuto di Laura Montuoro dell'agenzia letteraria Grafein l'idea di questo libro ha preso definitivamente forma e, nei mesi successivi, dopo l'incontro con l'editore Dialoghi, si è trasformata nel libro che avete davanti.

E se I vestiti che non metti più è nato lo deve fondamentalmente a questa scena. Ad alcune di queste riviste, quindi, i miei ringraziamenti più sinceri: “biró”, “Bomarscé”, “CrunchEd”, “Dalla Finestra”, “Downtobaker”, “E(i)sordi”, “Grande Kalma”, “Il Fuco”, “Inchiostro”, “Liberi di scrivere”, “Malgrado le mosche”, “Mirino”, “Quaerere”, “Risme”, “Rivista Blam!”, “Rivista Waste”, “Spazinclusi”, “Streetbook Magazine”, “Three Faces”, “’'tina”, “Voce del Verbo” e “The Bookish Explorer”.
Una gestazione molto poco convenzionale, insomma, ma altrettanto soddisfacente.

La mission di questi racconti, se così possiam dire, è tentare di mostrare i protagonisti per quello che sono quando nessuno li osserva (o quando credono che nessuno li stia guardando). Il ritratto che ne vien fuori, però, non è sempre benevolo. Anzi, molto spesso i personaggi vengono filtrati da lenti che ne mettono in risalto difetti, nevrosi e goffaggini più o meno evidenti. Ma è proprio così che, inconsapevolmente, restituiscono autenticità al lettore. La loro vulnerabilità è il fulcro attraverso il quale si declinano queste storie. E per i lettori imbattersi nelle loro vicissitudini sarà un po' come guardarsi allo specchio e provare uno strano senso di familiarità. Come quello che proviamo per un vestito che adoravamo e che ora prende polvere in un armadio di casa...

Luca Murano

Incipit

Era una consolidata abitudine. Salvo rare occasioni, lasciavo fosse sempre lei ad abbandonare per prima il letto. Poi, non appena scompariva nella stanza adiacente, io rotolavo dalla sua parte del materasso, con le braccia afferravo il suo cuscino e ci sprofondavo la faccia dentro nel tentativo di respirare ancora un po’ di lei, del suo calore. Amavo quei momenti, erano meglio del sesso, delle carezze, meglio persino dei baci rubati nel mondo là fuori. Quasi che con l’assenza momentanea dell’altro fossi davvero in grado, e solo in quelle occasioni, di sentire e misurare il “peso” che lei aveva dentro di me, nei meandri della mia coscienza. E quando infine trovavo le forze per alzarmi e per raggiungerla in cucina, avevo la netta sensazione che ogni giorno assieme fosse un nuovo inizio.
Il giorno in cui tutto finì, però, quasi fosse una sorta di presagio, mi alzai prima di lei, alle due di notte.


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