L'irresistibile fascino della prima persona

 

Foto di Samson Katt

Come ha sottolineato Marina Guarneri in un suo recente post (Tutti scrivono così) sul blog Il taccuino dello scrittore, oggigiorno va molto di moda scrivere storie in prima persona. Non si tratta solo di una mania degli autori, ma anche di una preferenza da parte dei lettori (soprattutto lettrici), che amano l'immersione totale che garantisce (o così dovrebbe) un racconto in prima persona.

Devo ammettere di non essere immune a questo fascino, sia quando leggo che quando scrivo. Un tempo trovavo un po' fastidiosi i romanzi in prima persona, eppure mi sono accorta di recente di preferirli di gran lunga rispetto alla terza persona e soprattutto ai punti di vista multipli. Anche nel raccontare si è verificato lo stesso cambiamento. Pensate che un tempo ero convinta che la prima persona fosse claustrofobica!

I miei primi romanzi erano in terza persona, sia Bagliori nel buio che Come un dio immortale contano numerosi personaggi, quindi mi è venuto naturale focalizzarmi su ognuno con punti di vista diversi. Anche il primissimo romanzo, poi diventato Tra l'ombra e l'anima, era nato come un romanzo in terza persona. Quando ho deciso di riscriverlo, però, ho adottato una prima persona perché mi sembrava più adatta. E la stessa scelta è stata per gli ultimi due romanzi, Sarà il nostro segreto e Non fidarti della notte, entrambi con una narrazione in prima.

Quando ho iniziato una nuova storia circa quattro mesi fa, però, la cosa non è stata tanto scontata. Prima di tutto perché c'erano due personaggi principali, attraverso i quali intendevo raccontare gli eventi. Per come avevo concepito il romanzo, era necessario usare due diverse prospettive alternandole tra loro nel portare avanti la trama. La scelta più ovvia è caduta quindi su un POV doppio in terza persona. Mi sono tuffata nella scrittura di questa storia che mi ha subito catturata. Tuttavia, nel rileggerla c'era qualcosa che mi stonava, che sentivo fastidiosa.

Mi c'è voluto un bel po' a capire cosa non funzionasse. A un certo punto è come scattato un campanello d'allarme: non riuscivo a sentirmi coinvolta al 100% nei protagonisti, come se la scrittura restasse fredda, impersonale. E di conseguenza piatta.

Una prima persona avrebbe migliorato l'identificazione con i personaggi? In teoria, sì. Ma la prospettiva doveva restare doppia, quindi la sfida era usare la prima persona per entrambi, alternandola. Il caso ha voluto che proprio in quel periodo stessi leggendo L'amore bugiardo, romanzo che usa proprio un doppio POV alternato. Una soluzione che mi era piaciuta molto perché garantiva la partecipazione emotiva senza risultare troppo limitante. E allora mi sono detta: perché non fare lo stesso?

Devo dire che riscrivere le cento pagine che avevo già creato non è stata affatto una passeggiata. La prima persona di per sé non è affatto facile, figuriamoci due nello stesso romanzo! Si tratta di differenziare le voci, renderle riconoscibili e riuscire a far entrare il lettore nella testa di due diversi personaggi, con la stessa intensità. Difficile, molto difficile!

Quindi, sì, è una sfida che so portando avanti. Eppure, devo dire che fin da quando ho apportato questi cambiamenti, ho notato subito un miglioramento quando rileggevo le pagine. Decisamente più coinvolgenti, non solo per un lettore esterno ma anche per me stessa. È stato come se i personaggi abbiano preso vita e abbiano cominciato davvero a raccontare la loro storia. 

Non so dire se il fascino della prima persona sia un segno dei nostri tempi e se in futuro si tenderà sempre di più a prediligere nella narrazione una scrittura più intima e personale. Ma sono convinta che ogni epoca abbia le sue inclinazioni e una di queste al giorno d'oggi è proprio l'uso della prima persona. 

Forse amarla o meno è una questione di gusti personali. Ci sono lettori che non si trovano a loro agio nell'immergersi totalmente nei personaggi (soprattutto quando questi ultimi hanno personalità difficili), altri che invece vogliono empatizzare fin da subito, anche quando si tratta di protagonisti ostici.

In ogni caso, è un dato di fatto che una prima persona ci porti più vicino alle emozioni e alle azioni di chi vive una storia. Ovviamente, nello scegliere il punto di vista vanno sempre considerati vari fattori, chiedendosi: il racconto gioverebbe di altre prospettive? 

A questo punto, tornando al mio romanzo in corso, la scelta è fatta e ne sono piuttosto soddisfatta. Non è stata una decisione scontata e tanto meno facile, visto il lavorone che comporta, ma a volte quando si scrive è necessario anche prendere decisioni scomode.

Avete mai fatto passi indietro riguardo al punto di vista? E soprattutto, vi piace la prima persona quando leggete o scrivete?

Commenti

  1. Non ricordo di aver mai cambiato il punto di vista. Magari ho modificato il finale; l'incipit. Ma il punto di vista, no. Quando "arriva" è lui.

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    1. E' una bella fortuna azzeccare al primo colpo il punto di vista. Spero che prima o poi capiti anche a me ^_^

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  2. Il punto di vista non deve essere una moda. Deve essere una necessità della storia. Molti personaggi implica la terza persona, al limite se ci sta un protagonista assoluto puoi fare una prima e tante terze persone. Poi si può fare pure la terza e narrare in modo immerso la storia di un solo personaggio. Ognuno decide da sé. Io non ho mai applicato la moda, ma la necessità che dettava la storia. Lascio agli altri fare la moda.

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    1. No, certo non si può scegliere un punto di vista basandosi su una "moda". Ho dato l'impressione di averlo fatto? Perché non è così, semplicemente ho notato che mi sento molto più in sintonia negli ultimi anni con la prima persona, al punto da cambiarlo nelle pagine che avevo già scritto. Certo, è una tendenza al giorno d'oggi. E se è così ci sarà un motivo, non credo si tratti di una moda nel senso di capriccio del momento.

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    2. No, no, non ho mai pensato che lo avessi fatto per seguire la moda, nei tuoi testi. Che lo facciano gli altri per moda può pure essere. Non mi meraviglierebbe. Con un mio romanzo inedito sai cosa mi successe? Lo scrissi in prima persona e qualcuno mi disse che non potevo rendere la prima persona di un bambino allora lo cambiai in terza, poi lo lesse qualcun altro e disse che come era possibile che io non avessi scelto la prima persona per un bambino, allora lo ricambia. Una tale fatica, scrivi, riscrivi. Alla fine non l'ho più pubblicato, andrebbe sistemato. Perciò ho imparato che la scelta del POV come anche il resto del testo deve essere fatto perché io autore decido per conto mio, non per seguire modo o "esperti" che ti confondono ancora di più.
      Scusa se ho risposto alla tua domanda solo ora, ma mi ero completamente dimenticato di venire a controllare :) .

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  3. Nel giornale per cui lavoro "Confidenze", la prima persona è una precisa scelta editoriale.
    Dunque, racconro storie vere sempre dando voce diretta ai protagonisti, come se a narrarle fossero appunto loro.
    All'inizio non mi riusciva semplice, perché avrei preferito scrivere in terza persona, ma presto mi ci sono abituata e posso dirti che mi viene più naturale.
    Quindi, lunga vita alla prima persona, per quel che mi riguarda.

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    1. Ricordo che anche "Confidenze" di molti anni fa (io lo leggevo da piccola perché lo acquistava mia madre) pubblicava tutte le storie in prima persona, con rarissime eccezioni. Si vede che nel tipo di storie l'identificazione con la protagonista è davvero essenziale.
      Capisco quando dici che all'inizio non ti riusciva semplice, di fatto la prima persona non è così scontata come potrebbe sembrare.

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  4. Grazie, Maria Grazia, per avere ricordato il mio post. Io, devo dire, non sono una nemica giurata della prima persona: ho letto diverse storie scritte così, che mi sono piaciute molto, però ammetto che l’abuso, se si può chiamarlo tale, mi ha fatto maturare una sorta di antipatia per i racconti e i romanzi scritti con questa, ormai solita, formula. E questa cosa, adesso, mi condiziona fortemente: se penso a una storia e voglio raccontarla in prima persona, provo a cambiare idea per non seguire il trend. (Lo so, ci metto un attimo a complicarmi la vita, io! 😁)

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    1. Sì, capisco che l'abuso possa generare un'antipatia. L'importante è che non ti fai troppo condizionare da questa antipatia quando scrivi. Alcune storie sono davvero molto penalizzate in terza persona, tanto che mi capita ormai di leggere e pensare: in questo romanzo ci sarebbe stata meglio una prima persona, chissà perché l'autore non l'ha scelta... Forse anche io mi complico la vita ^_^

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  5. Il mio punto di vista tradizionale è la terza persona. Di recente ho sperimentato, nell'ultimo romanzo in via di pubblicazione, inserti di prima persona, al presente e al passato, cambiando così punto di vista. Sono in attesa del riscontro dei lettori, ma il risultato per me è piacevole. La prima persona una moda? Sì, lo discutevamo anche da Marina, e anche troppo diffusa per i miei gusti. Passerà anche questa. Cosa preoccupa di più è l'omologazione ad un "sistema" fatto di moda da parte degli scrittori. Essere autentici, in prima, seconda, terza persona ecc, è la cosa fondamentale. Tra le righe si legge quando qualcosa non è autentico, anche se vendesse molto

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    1. Adeguarsi alle mode non va bene, però a volte le tendenze sono qualcosa di più profondo e nascono da un'esigenza ben precisa. Quello che voglio dire è che decenni fa c'era la "moda" del narratore onnisciente per esempio, che oggi suona falsa e talvolta anche fastidiosa. Di fatto i tempi cambiano e così pure i gusti. Oggi si tende alla prima persona, secondo me per il bisogno di una lettura più intima e coinvolgente. E' chiaro però che deve essere l'autore a capire cosa è meglio per la sua specifica storia.

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  6. Da lettore apprezzo molto di più quando la narrazione avviene in prima persona piuttosto che con la terza. Riesco ad immedesimarmi di più.

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    1. Lo capisco bene, anche per me è lo stesso, anche se un tempo non ci facevo caso. Nella prima persona, è come se qualcuno si sedesse accanto e ti raccontasse la sua storia...

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  7. Anche a me è successa la stessa identica cosa! Ho iniziato la maggior parte delle mie storie in terza persona ma non riesco a immedesimarmi con le emozioni e le sensazioni dei personaggi così finisco per passare alla prima persona. Un altro motivo per preferire la prima persona è che in terza è tutto un "suo" "sua" "suo" e a volte mentre leggo libri in terza persona con dialoghi che coinvolgono più personaggi non capisco a chi si riferisca il "suo".

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    1. Oh bene, qualcuno che mi capisce ^_^ Se non riusciamo a immedesimarci noi, figuriamoci chi ci legge!
      E sì, hai ragione, nella terza persona tocca sempre mettere i nomi o i pronomi, cosa che nella prima a volte si può dare per scontata. La scrittura sembra più fluida...

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  8. Ho scritto il mio primo romanzo in prima persona, mi sono sentita molto a mio agio perché mi sono immersa totalmente nella vita della protagonista, ma c’era solo il suo punto di vista ed era quindi più semplice. Con il secondo romanzo ripartivo da una riscrittura che era in terza persona, quindi sono stata obbligata a usare la terza persona, non mi trovavo molto a mio agio, ma poi man mano che andavo avanti ho capito che era il modo giusto perché era un romanzo con diverse voci. Da allora ho sempre preferito la terza persona, con i gialli poi mi sembra più semplice dare voce anche al punto di vista del killer. Io leggo bene sia i romanzi scritti in prima persona che quelli scritti in terza, credo sia importante che lo scrittore scriva con la voce giusta e che sente più nelle sue corde perché poi questo arriva anche al lettore. Ti confesso che per alcuni romanzi che ho letto, mi ero così immersa nella storia che alla fine non ricordavo quasi più se era in prima o terza persona.

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    1. Beh, se le prospettive sono tante non c'è altro da fare che usare la terza, quindi è comprensibile che nei tuoi gialli ti sia trovata bene così.
      Comunque, vedo che al giorno d'oggi sono molti gli autori che sperimentano soluzioni non convenzionali, tipo alternare anche varie voci e mescolare prima e terza nello stesso romanzo. Penso che sia una cosa positiva, che ci fa uscire dalla rigidità delle regole. E poi, è vero che alla fine se provi empatia per un personaggio, ti scordi pure come era scritto perché ha ben poca importanza. Almeno come lettori!

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  9. A me non piace molto, anche se la sto usando e leggo volentieri storie scritte in prima persona.
    Comunque è limitante, perché prevede sempre la presenza del protagonista e non puoi immergerti negli personaggi, che conosci solo attraverso ciò vede il protagonista.

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    1. Senza dubbio la prima persona è limitante ed è questo il motivo per cui di solito si preferiscono altre soluzioni. D'altra parte, se il protagonista è uno solo non vedo perché non usarla al posto di una terza persona unica.

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  10. Come ho scritto da me, su quel post del racconto del lontanissimo 1997 riesumato dalle mie scartoffie, in genere preferisco la terza persona, mi sembra mi venga più naturale quella, magari perché preferisco rendere le emozioni di una pluralità di personaggi.
    Sulle storie vere scritte per la rivista femminile Confidenze, che sono in prima persona proprio per dare alle lettrici l'autenticità della storia, parto avvantaggiata dal fatto che c'è la testimonianza, scritta o orale a seconda dell'occasione, della protagonista della storia. Io prendo i suoi pensieri, disordinati per lo più, e li rielaboro in una storia che segua l'ordine degli eventi o delle sue sensazioni. E' proprio un lavoro diverso.
    Che poi, con un click, sono andata adesso a verificare: dei racconti pubblicati sul blog, se la giocano metà in terza e metà in prima, quindi non è nemmeno vero che prediligo la terza! Probabilmente nemmeno me ne accorgo, sui racconti è la storia stessa a decidere quale voce usare. In effetti, se mi nasce in prima persona, procedo così e basta. Comanda l'idea, non la penna. ;)

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    1. Penso sia la cosa migliore, quella di lasciare che la scelta avvenga in modo naturale, senza prendere decisioni a priori. A volte però capita di non riuscire a imbroccare subito la strada giusta (nel mio caso proprio per un preconcetto) e allora tocca riscrivere.
      Un tempo anche io ero attratta dalla pluralità dei personaggi, oggi invece non mi attira più tanto, anzi.

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  11. Mi piace molto la prima persona quando leggo, e anche scrivendo l'ho usata abbastanza spesso. Al momento, però, sto scrivendo in terza al passato remoto, con due PDV che si alternano. In effetti è una discreta sfida differenziare le voci. Comunque è una buona idea tenere conto anche delle tendenze e dei gusti dei lettori. In fondo amerei la storia comunque.

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    1. Sì, è una sfida non da poco alternare le voci. Io faccio fatica. Sto provando a scrivere prima di un personaggio, poi dell'altro, in modo da mantenere una certa immersione. Poi farò il "montaggio". Però è comunque impegnativo. Spero ne valga la pena ^_^

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