Raccontare un lutto in un romanzo

Foto di Aliyah Jamous (Unsplash)

Quando ho iniziato a scrivere Sarà il nostro segreto, nella mia testa ronzava da tempo l’idea di una donna che perde il marito in circostanze misteriose e decide di vendicarne la morte. La prospettiva di raccontare un lutto di tale portata però mi spaventava. In parte perché la morte è un argomento delicato da affrontare, in parte perché temevo che l'intera narrazione fosse appesantita dal dolore di una perdita. In fondo, l'idea era quella di scrivere un thriller. 
Allo stesso tempo però mi sembrava importante dare il giusto rilievo al lutto, non solo perché era la molla dell'intera trama, ma anche perché si trattava di una sofferenza non da poco.

Mi è capitato di leggere dei romanzi (soprattutto gialli) in cui questa parte viene trattata con troppa superficialità, tanto che alla fine risulta poco realistica. Mi viene in mente Un uomo tranquillo, thriller di Liz Fenton e Lisa Steinke, che come il mio parla di una donna in lutto e che ho trovato oltre che noioso decisamente poco realistico.

Dunque, parlare del lutto di una vedova mi sembrava una sfida. Il caso ha voluto che proprio mentre ero immersa in questi dubbi (ancora non avevo iniziato concretamente a scrivere), venissi a sapere che una delle mie autrici preferite, Joyce Carol Oates, ha scritto un memoir intitolato Storia di una vedova. In pratica, si tratta di una storia autobiografica che si concentra sulla sua esperienza di vedovanza. Ho pensato che fosse proprio il caso di leggerlo per capire più a fondo questo tipo di situazione. Quando ho iniziato, mi sono resa conto che si trattava di una lettura davvero tosta. L'autrice ti porta subito dentro la sua dolorosissima esperienza e ci si sente davvero travolti. Dovevo leggerlo a pezzetti, perché non è stato per niente facile. Devo dire che stata una lettura intensissima e dolorosa. La profondità e la sensibilità di Joyce Carol Oates (che ho avuto modo di apprezzare nei romanzi), si svelano in un racconto lungo oltre 600 pagine, dove il lutto è analizzato in modo lucido e coinvolgente.

Questa lettura, per quanto non facile, mi ha aiutata molto a comprendere il punto di vista di una donna che perde l’amore della sua vita e mi ha fornito molti spunti per dar vita alla mia storia. Ho capito che era davvero importante coinvolgere il lettore nel lutto della mia protagonista Valeria. Era necessario farlo, altrimenti chi leggeva non avrebbe neppure capito il suo bisogno interiore di scoprire la verità, la sua sete di giustizia. 

In questo senso, la scelta della prima persona era praticamente obbligata, perché sarebbe stato difficile per il lettore entrare nell’animo di Valeria con una terza persona. Troppa distanza emotiva. Però non è stata una scelta meditata, anzi totalmente spontanea. Fin dalle prime righe ho avuto la sensazione che Valeria volesse raccontare di persona la sua storia. L’idea di rivolgersi al marito è venuta poco dopo e l’ho accolta. Solo in seguito ho capito che questa soluzione avrebbe posto parecchie sfide. Infatti, mentre scrivevo mi sono chiesta spesso se non era meglio fare un passo indietro e adottare una soluzione più convenzionale. Comunque ho continuato e man mano che scrivevo è stato più facile da gestire. Alla fine sono stata contenta di averlo fatto, mi sembra che abbia dato anche più senso alla  narrazione.

Raccontare un lutto restava comunque impegnativo. Un altro aiuto importante è venuto per questo dalla teoria di Elisabeth Kübler Ross delle cinque fasi del lutto, che ho citato anche nel romanzo. Credo che illustri in modo valido la psicologia di chi perde una persona cara. Le cinque tappe non sono magari sempre vissute allo stesso modo o nella stessa sequenza, ma danno un'idea veritiera del percorso che una persona si ritrova a vivere per elaborare un dolore così devastante.

Ovviamente, pur non potendo grazie a Dio riferirmi a una mia esperienza personale per la vedovanza di Valeria, ho potuto fare riferimento a certi stati d'animo di altre perdite personali. Quando si tratta di raccontare delle emozioni, è sempre importante immedesimarsi nel personaggio e allo stesso tempo evocare emozioni sperimentate in prima persona.

Devo dire, che per quanto impegnativo sia stato tutto questo, la scrittura del romanzo è stata una bella esperienza. Alla fine però avevo ancora dubbi: il personaggio di Valeria sarà capito? Riuscirà il lettore a immedesimarsi? I miei beta reader sanno che fino all'ultimo mi sono fatta queste domande, ipotizzando tagli e cambiamenti, che poi non ho mai fatto. 

Devo ammettere che il modo molto positivo in cui è stato accolto Sarà il nostro segreto e i tanti commenti entusiastici che continuano ad arrivarmi, mi hanno tolto ogni dubbio. Alla fine posso dunque dire che si è rivelata una scelta giusta quella di parlare del lutto di Valeria, per quanto delicato sia come argomento.

A prescindere dal genere e dal tipo di storia, credo che per raccontare un lutto in un romanzo, sia essenziale usare una notevole dose di sensibilità e non perdere mai di vista il realismo.

E voi avete mai trattato il tema del lutto in un racconto o romanzo?

Commenti

  1. Un post interessante, difficile e delicato insieme, come i romanzi che ci presenti. Grazie. Buon mese di dicembre:)
    sinforosa
    p.s. Nel mio secondo romanzo si parla di morte ma non di lutto 🤷🏻‍♀️

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    1. Grazie di cuore Sinforosa ^_^ E buon dicembre anche a te.
      Parlare di morte non è più facile secondo me. Sono temi difficili, ma anche importanti per chi scrive.

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  2. In almeno due romanzi dei miei è il motivo per cui i protagonisti fanno certe scelte: il motore delle vicende che seguiranno. Mi sono soffermato più sulla reazione e sulla voglia di continuare (o di finire o di evadere in qualche modo dalla situazione) rispetto alle sfumature introspettive, che ho mostrato attraverso i dialoghi e le scene.
    ciao!

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    1. In effetti, affrontare la morte di una persona vicina può essere un motore potente e quindi si tratta una validissima motivazione in una storia. Nel mio caso, l'introspezione era necessaria, d'altra parte si trattava di un thriller psicologico :) Ma senz'altro dialoghi e scene sono importantissimi.

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  3. Il tema del lutto è molto difficile da trattare.
    Nel mio racconto "Dicembre, dalla cenere al sole" ho aperto il mio cuore e mostrato al lettore cosa significhi perdere un genitore nel fiore degli anni, e quanto sia dura andare avanti.
    Credo, però, che se avessi dovuto scrivere un romanzo in merito, avrei rischiato di annoiare o di apparire, appunto, troppo pesante.
    Non esiste un metro di giudizio imparziale quando si toccano corde dell'anima così tese, a maggior ragione se si tratta di storie vere.
    Nel tuo caso, invece, trattandosi di finzione, penso che tu abbia potuto e saputo gestire al meglio il concetto del lutto.

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    1. Hai ragione, Claudia, un romanzo intero sull'argomento può risultare indigesto, pesante. Infatti, come dicevo anche nel post, il libro autobiografico della Oates l'ho dovuto leggere a piccoli pezzetti, altrimenti ne sarei stata soffocata. Per fortuna il lutto era solo una delle componenti del mio romanzo e come hai detto giustamente, si trattava di finzione.
      I tuoi racconti sono disponibili per la lettura?

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    2. Il mio racconto è stato pubblicato nella collana "La sirenetta porta le calze a rete".
      Online lo trovi sul mio blog.
      Mi permetto di lasciartene il link.
      https://chiscrivenonmuoremai.blogspot.com/2018/02/racconto-1.html?m=0

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    3. Grazie per il link Claudia, vado a leggere!

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  4. Un post che mi ha fatto riflettere sul mio modo di affrontare la morte nella scrittura. Ne "L'Estate dei Fiori Artici" non muore nessuno, ma c'è descritta più di una separazione e i sensi di lutto che ne conseguono sperimentati dal protagonista.
    Ci sono due morti citate nella mia blog novel, quella della nonna della protagonista Luisa e quella dell'amico del padre di lei. In entrambi i casi la reazione dei protagonisti è molto tiepida. Luisa scopre, con sua sorpresa, di non provare quasi niente per la scomparsa della sua nonna preferita. Suo padre sfiora perfino la soglia del cinismo, diviso tra il dispiacere per la perdita dell'amico e il calcolo di alcuni dei vantaggi che gliene derivano. Penso che entrambe queste reazioni siano sintomi della mia scarsa fiducia nella purezza e incondizionalità dei sentimenti umani.

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    1. Credo che il modo in cui un personaggio reagisce di fronte a un lutto, dica moltissimo sia sulla sua personalità che sul rapporto con il defunto. Ma può darsi anche che rifletta qualcosa di noi, come hai ipotizzato. Senz'altro poi una separazione assomiglia molto a un lutto, il percorso immagino sia lo stesso.

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  5. Ciao Maria Teresa, un post molto profondo che ha gettato un'altra luce sul tuo romanzo. Nel mio unico romanzo, Così passano le nuvole, ho parlato di una malattia doloro e di un lutto che colpisce il fratello della protagonista. In quel periodo stavo uscendo da un mio lutto personale e la cosa che mi è servita di più e che mi ha guidata nella scrittura è stato proprio raccontare la mia esperienza, il mio dolore e trasformarlo in narrativa. Poi, sull'onda di una notizia della morte di un bambino appena nato, ho scritto un racconto breve che ho pubblicato sul blog: La fortuna di cui non ci rendiamo conto. Ma della vedovanza non ho mai parlato e non credo che parlerò. Credo essenzialmente per scaramanzia e in fondo anche un po' di paura di avvicinarmi troppo a qualcosa che mi spaventa

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    1. Ti confesso che spaventava molto anche me, per gli stessi motivi. Credo sia normale non voler affrontare nei romanzi ciò che temiamo per una forma di scaramanzia. Ti dirò, non volevo neppure leggere il libero sulla vedovanza della Oates all'inizio, poi però non me ne sono pentita, perché al di là del coinvolgimento e dell'immedesimazione, ci si sente anche arricchiti. Ma capisco in pieno cosa vuoi dire. Penso che ci siano due facce della stessa medaglia, una è lo scrivere per superare un lutto, per affrontarlo, come hai fatto tu con il tuo romanzo. L'altro è affrontare la paura stessa di ciò che potrebbe accadere, per vincere l'ansia. La scrittura è catartica in tante occasioni.

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  6. Qualcosa ho fatto, in un racconto de "La follia del mondo". Mi pare fosse "Nelle piccole come nelle grandi cose", ma se devo essere sincero sono passati un po' di anni, e non ricordo l'esito. Di certo è una faticaccia, e tu ci sei riuscita bene.

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    1. Ricordo quel racconto che mi era piaciuto molto. Sì, è stata una faticaccia e grazie per aver detto che ci sono riuscita bene. Se ci ripenso, direi che non mi metterei più in situazioni simili...

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  7. Cara Maria Teresa hai scelto proprio un tema difficile ma nel tuo romanzo lo hai trattato egregiamente. Un lutto è un dolore molto difficile da descrivere, io ho parlato di un lutto solo nel mio romanzo La libertà ha un prezzo altissimo quando la protagonista perde la madre, è solo un breve tratto ma descriveva solo una parte del dolore che ho provato per la perdita di mia madre. Ho scritto quel romanzo tanti anni dopo rispetto al mio lutto, ma non avrei potuto descriverlo prima, era necessario che passasse del tempo. Per esperienza, purtroppo, devo ammettere che ogni lutto è diverso, a seconda del tipo di legame e dell'età, ci sono perdite che non saranno mai colmate ma con il tempo possono essere accettate, altre invece non riesco neanche a immaginarle. Descriverle in un romanzo può essere anche un modo per esorcizzarle.

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    1. Grazie Giulia ^_^
      Ricordo bene il romanzo e la perdita che hai raccontato, una parte che mi colpì molto quando lessi il libro. Si vedeva che erano emozioni che avevi vissuto sulla pelle e ne potevi parlare in modo profondo e realistico. E' come dici tu, ci sono perdite che non sono colmabili con il tempo, si può solo scendere a patti con noi stessi e fare del nostro meglio per andare avanti.

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  8. Nel giallo lo spazio è dedicato all'investigazione, quindi è normale che un lutto non abbia tanto spazio. Se ne dà in una storia drammatica. Ma nel giallo il dramma è soltanto il mezzo per costruire un'indagine.
    È davvero necessario coinvolgere il lettore nel lutto in un giallo o in un thriller? Il lettore va coinvolto nell'indagine, altrimenti la storia si trasforma in un dramma e a quel punto non è più giallo né thriller.
    Ho trattato del lutto in uno o più racconti, mi pare, ma non erano polizieschi.

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    1. Nel giallo classico (avviene un omicidio, la polizia indaga) di certo il lutto non può trovare spazio perché come hai detto il dramma è solo il punto di partenza. In altri casi però il discorso può essere diverso. Dipende dal tipo di trama. Se il lutto funge da motivazione per compiere azioni importanti dei personaggi (come in un noir o anche un thriller), allora non si può tenere in secondo piano. Poi secondo me dipende anche da quanto peso ha l'aspetto psicologico nella storia. Nei polizieschi molto poco, infatti è il genere che preferisco meno leggere (e non credo ne scriverei mai uno).

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  9. Questo post è particolarmente prezioso perché contiene il riferimento a un tuo post che mi ero persa e sono andata a recuperare e la segnalazione di una biografia che intendo leggere. Non rifuggo la letteratura che racconta distacchi struggenti, che indaga il dolore umano. In questi casi affido alla lettura un potere catartico, guardo a queste esperienze narrate dal di fuori e questo è utile. Io ho vissuto la tragedia della perdita di una amatissima cognata (spezzata in una morte violenta) nel 2015. Lì c'era da misurarsi con la perdita della persona in sé e con l'accettazione del motivo della sua morte. Fu terribile, devastante. Un fatto di cronaca di cui parlarono tg e programmi vari. Esserci dentro a queste cose insegna moltissimo, il paradosso delle tragedie è che ti insegnano dove puoi arrivare, fino a che punto puoi sopportare il dolore.
    Nel mio romanzo racconto una vedovanza soffertissima. Fu come entrare nel dolore fisico della protagonista, darle quel realismo che la fa apparire almeno realistica. Non si può liquidare un fatto tragico in pochi passaggi.

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    1. Condivido il tuo pensiero riguardo alle perdite (deve essere stato davvero devastante perdere tua cognata...) e penso anche io che ci siano libri con un potere catartico in questo senso. Magari non sempre si ha voglia di questo tipo di letture, ma ci sono momenti in cui ne abbiamo bisogno.
      Capisco a pieno anche le tue parole "fu come entrare nel dolore fisico della protagonista". Per me scrivere significa sempre entrare nelle emozioni dei personaggi, nel bene e nel male.

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  10. Non mi è mai capitato, e come te avrei parecchi timori, che nel tuo caso si sono rivelati infondati: hai reso davvero bene i sentimenti di Valeria, e la scelta della prima persona è stata sicuramente quella giusta. Dalla Oates, poi, c'è sempre da imparare.

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    1. Grazie, mi fa molto piacere. Mi rendo conto che uno dei miei timori principali quando scrivo è quello di non riuscire a trasmettere fino in fondo i sentimenti del protagonista, quando non li ho mai vissuti. Di sicuro questo romanzo in particolare mi ha insegnato che ci si può calare in qualsiasi situazione, anche molto dolorosa.
      Sono contenta che anche tu apprezzi la Oates, Grazia ^_^

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  11. Ciao, Maria.
    Nel mio primo romanzo Apoptosis, ho trattato il tema del lutto "di passaggio", per così dire.
    Nel libro narro gli ultimi istanti di vita del ricercatore George Tobell.
    Il funerale sarà l'occasione per l'haker Matthew Jaws di intrufolarsi in casa sua, tuttavia ho cercato di rappresentare la scena con più sensibilità possibile.
    La morte di George rappresenta soprattutto uno spartiacque nella storia. Volevo evidenziare la sua vita e ciò che aveva fatto come ricercatore, infatti la seconda parte del romanzo è costellata da digressioni sulle sue esperienze che influiscono sulla storia.
    A conti fatti, però, tu hai trattato l'argomento in maniera molto più approfondita.

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    1. Sì, mi ricordo i passaggi a cui hai accennato. Indubbiamente il tipo di storia determina anche il modo in cui tratteggiamo la morte di un personaggio e tutte le sue conseguenze. Alla fine, ogni caso è a sé.

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  12. Non ho mai trattato il lutto come tema portante del racconto, ma sempre laterale. In Con tanto amore e un cellulare, una donna ammazza il marito per ricordarselo nel momento migliore (dice), quindi c'è il lutto ma non come perdita improvvisa. In Venditore di trame c'è invece una donna che ha perso il marito per una malattia e continua a vederlo ancora, un fantasma che le sorride e le risponde. Ho una mezza idea di una storia dove il lutto è protagonista, ma da una prospettiva diversa. Magari questo post mi tornerà utile! ;)

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    1. Direi che il tema della morte torna spesso nella narrativa, visto da punti di vista diversi, come è nei tuoi racconti. Grazie, Barbara!

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  13. Parlare di un lutto è estremamente difficile, un argomento delicato che anche differisce da cultura a cultura.
    Recentemente mi sono imbattuta nella struggente storia (purtroppo vera) della scrittrice Amy Krouse Rosenthal che a dieci giorni dalla morte ha pubblicato l'articolo / lettera d'amore al marito intitolata You May Want to Marry My Husband (potresti voler sposare mio marito): dopo un anno dalla sua morte il marito ha risposto con un'altra struggente lettera rivolta a lei (c'è un bell'articolo a riguardo sul New York Times).
    Il connubio amore e lutto è veramente potente.

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    1. Caspita, sembra una storia molto intensa, grazie per avermene parlato.
      Sì, l'argomento è delicato e come hai giustamente rilevato, l'affrontarlo differisce da cultura a cultura.

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