“Il valore del sangue” - Intervista a Maria Carla Mantovani
“Il valore del sangue” è un intrigante romanzo ambientato nell’America del 1947, a metà tra una storia d’amore e un classico noir del Dopoguerra, con le sue tipiche atmosfere ricche di fascino. Al centro delle vicende la criminalità organizzata di New Harbour, in una serie di giochi di potere che conducono a vendette tra famiglie rivali, intrighi al vertice, alleanze insospettabili e vari colpi di scena.
Tra i vari personaggi implicati nell’intreccio, spicca la figura di Eileen, un'insegnante che si è sempre tenuta lontana dagli affari mafiosi di famiglia e che suo malgrado si troverà coinvolta nelle attività criminali al punto da diventare il capo dell’organizzazione, con tutte le conseguenze del caso. Mi è piaciuto molto questo particolare punto di vista e soprattutto il cambiamento psicologico che l’autrice le fa compiere pagina dopo pagina. Affascinanti anche il personaggio di Miranda Peterson, capomafia il cui omicidio dà il via a tutta la storia, e Marvin, il poliziotto incaricato suo malgrado delle indagini.
“Il valore del sangue” è un romanzo piacevole, che ti fa rivivere le atmosfere dei film sulla criminalità organizzata dell’America anni ’30-40, insieme a una buona dose di intrighi romantici che contribuiscono ad alleggerire i temi. A dispetto dell'ambientazione e gli argomenti, infatti, in questo romanzo non troverete mai un eccesso di violenza e non manca anche qualche momento di ironia.
“Il valore del sangue” fa parte di una dilogia, ovvero è il primo di una serie di due romanzi. A questo punto dunque non mi resta che leggere la seconda parte per conoscere il proseguo.
Ciao Maria Carla, benvenuta!
Ti va, per cominciare, di raccontarci qualcosa di te e del tuo percorso di scrittrice?
Ciao, innanzitutto grazie per questa intervista. Che dire di me? Nella vita faccio l’insegnante di economia, ma sono anche un’appassionata di libri e del mondo pop-nerd. Ho cominciato a scrivere con regolarità nel 2007, ma si trattava di fan fiction (ebbene sì, ho un passato orgoglioso di fanwriter!); solo nel 2014 mi sono decisa a buttare giù qualcosa di originale e da lì non mi sono più fermata… tra il 2015 e il 2017 ho scritto tutti i miei libri, pensando a cosa farne dopo.
Il primo contatto con l’editoria è stato strano: non conoscevo nessuno nell’ambiente, non sapevo proprio nulla, pertanto mi sono presa un bel po’ di tempo per decidere cosa fare e come pubblicare. Mi ero innamorata subito dell’idea del self-publishing, ma non volevo essere frettolosa, quindi mi sono presa qualche anno per conoscere meglio l’ambiente (ho potuto farlo abbastanza bene come blogger)… e poi sono tornata alla mia prima idea, solo più consapevolmente.
Attualmente sono una felice e soddisfatta self-publisher e lavoro in collaborazione con mia sorella, con il nostro “marchio” The Mantovanis. Non è un marchio ufficiale, ma credo che tutti i nostri libri hanno tratti caratteristici che identificano la nostra tipologia di prodotti.
Parliamo del tuo romanzo “Il valore del sangue”. Ho letto che l’idea di scriverlo è nata da un sogno, ci racconti di più?
Non so cosa (e quanto!) avessi mangiato la sera prima, ma evidentemente è stato abbastanza per avere una notte deliziata da gangster, percosse e intrighi. Tutta la parte centrale, con tradimenti, matrimoni, cambi di schieramenti è effettivamente nata da un mio sogno molto vivido. Ci ho messo mesi, forse addirittura un anno, a mettere questi pensieri confusi in una scaletta; forse, se non fosse stato per il sostegno di mia sorella, la mia Alpha Reader, sarebbe rimasta una semplice fantasticheria.
Perché hai scelto proprio questo periodo storico e le sue atmosfere?
Vorrei dire che dietro c’è una scelta oculata e sentita, ma in verità è nato tutto da un suggerimento di mia sorella. Quando lo avevo ideato lo avevo pensato ai giorni nostri, ma mia sorella mi ha fatto notare che sarebbe stato perfetto in un’epoca più affine ai noir e alle storie di gangster. Premetto che mi piace pensarlo in quegli anni, amo immaginare i costumi e le atmosfere, ma forse mi ha un po’ complicato la vita dal punto di vista del marketing. Poco male, questo è proprio uno di quei libri che ho scritto solo per il piacere di sperimentare e non ha mai avuto troppe aspettative (per quanto io ci sia molto affezionata).
Direi che rispetto ai classici noir americani, “Il valore del sangue” è privo di quell'oscurità di cui spesso sono intrisi certi film o romanzi hard-boiled. A ciò forse contribuisce anche il lato romantico della storia. Si tratta di una scelta voluta?
Assolutamente sì. Ci sono momenti violenti con risvolti anche importanti, ma non ho voluto insistere sui particolari più torbidi. Forse perché io, inguaribile ottimista, immagino un mondo migliore senza razzismo, violenza sulle donne e altre cose orribili che caratterizzano la società. Proprio per questo ho dovuto ambientare il tutto in una città immaginaria, altrimenti sarebbe stato anacronistico. Lo è lo stesso, volutamente, ma ho puntato su una visione fumettistica “ucronica”.
Questo romanzo è la prima parte di una serie di due, fin dall’inizio avevi in mente di creare una miniserie oppure l’esigenza è nata in seguito?
Ho serie difficoltà a finire tutto in un volume. La realtà è che mi piace sempre finire con il colpo di scena, ma poi sono obbligata a scrivere un seguito, altrimenti mi odierebbero tutti i lettori. Il fatto è che avevo messo davvero tanta carne al fuoco e dovevo dare una giusta conclusione alle vicende: il risultato è che mi è uscito un altro volume lunghissimo!
Esiste la possibilità che tu riprenda questo filone o lo ritieni concluso?
Direi che è concluso. Il finale è definitivo e ne sono abbastanza soddisfatta.
Tra i libri che hai scritto, ci sono anche delle serie di fantascienza. Si può dire che questi generi così diversi riflettano le tue passioni come lettrice oltre che scrittrice?
Sì, assolutamente. Io adoro la fantascienza, ma più di tutto mi piace scrivere di intrighi, inganni e colpi di scena. Non potevo non avventurarmi in un bello giallo noir, avevo proprio voglia di concentrarmi sulla parte che più adoro. Come lettrice, adoro i gialli internazionali, complessi, lunghi e con mille sottotrame; mi dispiace che, in generale, in Italia si preferiscano invece quelli corti e più semplici.
So che curi un blog con tua sorella, anche lei scrittrice. Deve essere davvero entusiasmante avere una sorella con cui condividere queste passioni... Ci racconti qualcosa del vostro rapporto? E poi, è sempre tutto rose e fiori oppure ogni tanto si crea qualche piccolo contrasto/invidia?
Anna ed io siamo molto simili, ma anche molto diverse e quindi riusciamo ad andare d’accordo e a completarci quanto basta. Mi fa sorridere che molti ci confondano quando poi, caratterialmente, siamo molto differenti. Naturalmente litighiamo furiosamente per questioni auliche o sui massimi sistemi, ma per fortuna siamo sempre pronte a fare squadra quando serve. Inoltre, il poterci sfogare tra di noi ci impedisce di sclerare all’esterno, cosa, secondo me, molto appropriata.
Quando scrivi hai qualche particolare rituale o mania che ti accompagna?
Mi piace essere al computer, mettere il carattere enorme (perché sono ciecata) e poi mandare subito dopo il capitolo concluso a mia sorella. L’unica mania, se così si può definire, è quella di avere chiarissimo il capitolo in mente prima di iniziare a scrivere; naturalmente poi cambia, ma mi piace essere convinta prima di iniziare.
Ci sveli i tuoi progetti in corso e futuri?
Purtroppo è un periodo un po’ complicato e frenetico per me, quindi sono stata costretta ad accantonare i miei progetti per un po’; detto questo, ho due libri pronti da fare uscire in inglese, devo solo finire la revisione. Un nuovo mercato richiederà un bel po’ di lavoro per la parte promozionale e io non so se sono ancora pronta.
Sto lavorando anche ad un altro libro (distopico YA), ma non riesco ad andare avanti, sebbene abbia già tutto in testa. Per la testa, poi, ho anche un altro progetto… Insomma, mi serve solo il tempo e la giusta concentrazione. Speriamo in bene!
Prima di chiudere questa chiacchierata, mi piacerebbe che ci lasciassi una citazione da “Il valore del sangue”, ovvero un piccolo brano che ti è particolarmente caro.
Oh mamma, non c’è niente più difficile per un autore che scegliere un estratto. Penso che opterò per il primo capitolo in cui comprare il mio personaggi preferito, Marvin, il poliziotto corrotto e secondo narratore della storia. Che dire, nonostante tutto è il personaggio che più mi rappresenta.
Davvero interessante il fatto che la trama sia nata da un sogno, si vede che la storia era presente nel profondo e premeva per uscire allo scoperto, bella intervista, complimenti a Maria Carla e al suo entusiasmo (che traspare molto anche dalla foto sorridente) e grazie a Maria Teresa che ce l’ha fatta conoscere.
RispondiEliminaGrazie a te Giulia! Sono rimasta anche io colpita da questa cosa che la trama è nata da un sogno.
EliminaQuando lessi che Twilight era nato da un sogno di Stephenie Meyer pensai a un'esagerazione. Poi capitò anche a me di sognare trame, che lì per lì non capivo essere trame se non strani sogni dove non ero presente e che non avevano capo e coda. Finché non sono diventata storie sulla carta. E adesso penso che il sogno sia il nostro cervello che continua a lavorare, in bassa frequenza, per sfruttare altro tempo utile per la scrittura finché stiamo dormendo. :D
RispondiEliminaPoi che si usi un sogno per correre dietro a un altro sogno (quello della scrittura) è magico!
Bella la tua interpretazione del sogno come cervello che continua a scrivere! Anche a me è capitato svariate volte di sognare delle trame, come se assistessi a un film. Il problema è che mentre sognavo mi sembravano buone, ma poi una volta sveglia... si sgonfiavano :P Però di sicuro i sogni sanno ispirarci ^_^
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