Gli elementi chiave in un romanzo


Gli elementi chiave in un romanzo sono oggetto del mio ultimo articolo scritto per la rivista multitematica 22 Pensieri realizzata da Chance Edizioni e disponibile online gratuitamente. La mia collaborazione (di cui vi ho parlato in quest'intervista agli autori) è arrivata al quinto appuntamento in questo numero di ottobre 2017. Si tratta di articoli contenenti “pillole” di scrittura creativa per chi vuole lanciarsi nell'avventura di scrivere una storia.

In questa puntata (presente nel numero 14 della rivista) ho parlato in particolare degli elementi che non devono mai mancare in un romanzo e che è bene mettere a fuoco il prima possibile.
Sono convinta che il processo creativo che sta dietro a un romanzo sia quasi sempre qualcosa di misterioso, insondabile. Ovvero che resti per buona parte il frutto di un percorso interiore dell’autore, guidato dall’ispirazione, e quindi non schematizzabile.
Tuttavia, penso anche che per scrivere un romanzo sia utile darsi delle coordinate, in modo da non andare alla deriva e da centrare il principale obiettivo: catturare l’interesse del lettore. A questo fine, gli esperti di scrittura creativa hanno individuato alcuni specifici punti fermi, alcuni elementi portanti. Si tratta di componenti della storia che non andrebbero mai persi di vista quando si procede nella creazione di un romanzo, come dei fari che possono guidarci durante tutto il tragitto, dall’inizio fino alla conclusione.

Commenti

  1. Complimenti, ci metti sempre un po' di te negli articoli che scrivi, mai nulla di scontato. Dove lo trovi il tempo e l'energia per stare dietro a tutto questo? Bravissima.

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    1. Mi sa che tra un po' stramazzo, infatti :D
      Scrivere articoli di scrittura è sempre una sfida per me, ho sempre paura di cadere nel già sentito. Ma cerco di ricordarmi che non per tutti certe cose sono note. Grazie per i complimenti :)

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  2. Che cosa bella! Leggerò con calma l'articolo, ma intanto ti chiedo (come se non ne avessi ancora abbastanza): secondo te fanno scrivere qualcosa anche a me? :)

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    1. Grazie, Chiara! Visto che ci siamo già sentite sulla questione, a questo punto spero di leggere anche qualcosa di tuo nei prossimi numeri ;)

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  3. Che bello! Grazie mille per il materiale. :)

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    1. Grazie a te per l'apprezzamento! Sono piccoli consigli per principianti, penso proprio che tu non ne abbia bisogno :)

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  4. Molto belli i tuoi articoli e soprattutto interessanti

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  5. Che bella collaborazione! Complimenti!

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    1. Grazie! Sì, sono contenta di questa collaborazione, è una bella rivista e sono tutti molto in gamba :)

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  6. Hai evidenziato alcuni punti fondamentali per la creazione di un romanzo. Leggendo, ovviamente, mi sono venute in mente certe cose: Il modello che hai descritto è applicabile a tutti i romanzi (o anche racconti più o meno brevi) o solo a quelli di un certo tipo (Avventura, Fantasy, rosa, Fantascienza ecc.)? I punti fermi di creazione/sviluppo da te descritti li ritrovi anche in romanzi come "l'Ulisse" di Jimmy Joyce o in "Gita al faro", "La signora Dalloway" della Woolf? e in altri, come quelli di Tolstoy? o nei romanzi del nostro Buzzati? Oppure della Wharton ("l'età dell'innocenza (1920 nel '21 fu la prima scrittrice al mondo a vincere il pulitzer con questo romanzo); di questa crittrice io ho l'etto il suo "The Writing of Fiction", "Scrivere narrativa" che forse puoi trovare ancora in traduzione presso Amazon: un po' datato (è dl 1925) ma certe cose (anche nuovamente sottolineate da te) e tecniche suggerite sono ancora da tenere in considerazione.

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    1. Ciao Stefano. Io penso che certe linee guida siano utili per qualsiasi tipo di romanzo, non solo di genere, e in misura minore anche per i racconti lunghi. E' vero che esistono storie, come quelle citate da te, che non hanno tutti questi elementi, ma se ci pensi di solito sono romanzi dove la trama è un aspetto del tutto secondario, dove l'obiettivo del protagonista non esiste, dove il climax e debole, ecc. Allora bisognerebbe domandarsi se la storia può reggersi su altri aspetti. Secondo me sono pochi gli autori in grado di fare una cosa simile, ovvero tenere ancorato il lettore alle pagine anche senza una trama solida. Per gli altri esistono delle linee guida. Che sono solo tali, ovviamente, non ci sono ricette predefinite in questo campo.

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    3. [spero sia sena errori di battitura adesso]
      Se i romanzi da me citati, privi quasi di eventi (pensa l'Ulisse: una banale giornata di Mr. Bloom (16 Giugno del... 1904 se ricordo bene) oppure la Signora Dalloway, e privi anche di conflitto e climax sono entrati nella Letteratura (a prescindere da quanto abbiano venduto: la povertà di Joyce è nota e neanche il nostro Verga con, non ricordo bene se con "i Malavoglia" o "Mastro don Gesualdo", ebbe granché fortuna editoriale e di vendita) vuol dire che sicuramente sì "la storia può reggersi su altri aspetti". Un qualsiasi scritto che aspiri ad essere "letterario", sarà banale dirlo, è fatta di parole e su queste principalmente si regge; di qui se ne deduce che non ha importanza di "cosa" scrivi ma "come" lo scrivi, il che ha come corollario che il protagonista, la motivazione, il conflitto, climax ecc. acquistano un'importanza pressoché direttamente proporzionale al "cosa" scrivi; osserva acutamente per esempio Todorov nel suo "La Letteratura Fantastica" del 1977 che in questo tipo di letteraura la caratterizzazione del personaggio, la sua interiorità paicologica non ha gran bisogno di essere sviluppata poiché l'evento fantastico è centrale e predomina. Fino ad arrivare al nobel di quest'anno -Kazuo Ishiguro - che nel romanzo che nell'89 lo rese noto, "Quel che resta del giorno" racconta in fondo una storia o storie non avvenute quindi inesistite e inesistenti, dopotutto: l'impeccabile maggiordomo Mr. Stevens non vive realmente la propria vita (solo quella prevedibile e protetta dai doveri del proprio ruolo), non vive l'emozione, la storia e il rapporto d'amore che la governante, Miss Kenton, sarebbe disposta ad offrirgli. Di cosa, allora, è fatto il romanzo? di... niente o, se va bene, di cose che sarebbero state possibili. E' questo che mi fece sentire già nei primi anni '90 quando lessi questo romanzo - iniziato in Italiano e terminato in lingua originale - un fortissimo odore di Nobel. Era il protagonista? In parte. La motivazione? Se c'era non me ne sono accorto. Il climax? solo alcuni eventi un po' tesi. Ciò di cui era (e tuttora è) pervaso quel romanzo è lo stile e la tensione che crea, sempre coerente dalla prima all'ultima frase che parlano di ciò che appare e in realtà non è o è stato. Pura fiction, finzione. Come la vita non vissuta del suo protagonista.

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    4. Sono eccezioni, non possono certo essere presi a esempio. Di certo non me la sentirei a uno scrittore principiante di suggerirgli di ispirarsi a loro, così come non consiglierei a un pittore in erba di imitare Picasso o Klimt. Non tutti sono autori geniali, ne va tenuto conto. Aggiungo anche che il sottovalutare il "cosa" rispetto al "come" è molto pericoloso. Porta a concentrarsi su una prosa magari perfetta, ma vuota.

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    5. Ciao, Maria Teresa. Scusami se mi intrufolo in questo modo, ma la conversazione mi interessa e vorrei riflettere con Stefano su alcuni pensieri.
      Io non ho letto Kazuo Ishiguro, grave mancanza a cui sicuramente rimedierò, data la premessa che ne fai.
      Todorov lo studiai parecchi anni fa. E mi colpisce la frase che citi. Stimo molto lo studioso, eppure a me sembra che questa sia una verità non più attuale. Certo, il genere fantastico deve sviluppare un plot più solido rispetto all'intimistico, o come si chiama, ma se ci penso, mi convinco sempre di più che al giorno d'oggi non basta più. Ormai il genere è stato ben esplorato in tutte le salse, e le trame sembrano prodotte in serie. La cosa che veramente fa la differenza non è più la trama, ma il personaggio: le sue motivazioni, la sua psicologia, il suo passato. Ben poco resta da esplorare, se non il rapporto, a mio avviso, del personaggio con se stesso davanti agli eventi di cui è protagonista.
      Lo so, tu dici altro. Dici che la forma, più della struttura, dovrebbe rendere l'opera unica ma, se ci pensi, il punto di vista, l'analisi della psicologia, la storia pregressa del personaggio che influenza il suo presente, questi dettagli hanno il potere di trasformare la forma dell'opera. Certo, sempre che lo scrittore sia un minimo competente.
      Esco da poco dalla lettura di Carlo Alianello L'alfiere, opera che mi ha davvero catturata per lo stile: la parola sempre precisa, le sue immagini vivide di paesaggi di guerra, ma anche di un sud d'altri tempi. La trama è sproporzionata, con due personaggi principali sbilanciati, ma questo difetto si perdona facilmente. Perché ciò che commuove davvero, a mio parere, non sono le immagini forti o il linguaggio impeccabile o la struttura, ma la profondità dei personaggi e la loro capacita di esprimere un dramma comune non solo a un paio di esperienze individuali, ma anche a un passato generazionale.
      La forma crea bellezza, ma senza un buon contenuto diventa poesia. E la poesia in pochi la capiscono, ormai. Di sicuro pochissimi la leggono.

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    6. Ciao Nani, benvenuta e grazie per il tuo intervento molto interessante. Lascio a Stefano eventuali considerazioni, da parte mia mi è piaciuto molto quello che hai detto riguardo all'importanza dei personaggi. Spesso mi è capitato di innamorarmi di romanzi con personaggi che mi hanno catturata nel profondo, seppure carenti sotto altri aspetti. E viceversa, di aver trovato fredde delle storie che non davano abbastanza spazio ai personaggi. E' un argomento che andrebbe approfondito.

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    7. Grazie a te, Maria Teresa. :)

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  7. Grazie Maria Teresa, le tue dritte sono utilissime e mai banali. Non c' è niente da fare, hai una marcia in più

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  8. L'obiettivo è proprio fondamentale. Sembra sciocco, ma è facilissimo trovare per il protagonista uno scopo vago, di cui potrebbe tranquillamente fare a meno. (Cadere nel già sentito, dici? Allora possiamo tacere tutti in coro. :D)

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    1. Sono d'accordo. Di storie così ce ne sono fin troppe, noiose all'inverosimile. Anzi, io penso che l'attaccamento all'obiettivo (diciamo l'ossessione) sia ancora più importante dell'obiettivo stesso.

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  9. Ti ho conosciuta quando postavi essenzialmente articoli sulla scrittura e lo scrivere e questo penso che resti una tua cifra non solo riconoscibile ma anche validissima. Non smettere mai di donarci le tue perle a riguardo. :)

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    1. Grazie Luz, apprezzo molto quello che hai detto. Chissà perché scrivere di scrittura per me è diventato più difficile invece che più facile, ma spero che in qualche modo certi suggerimenti possano tornare utili a chi inizia ora a destreggiarsi in questo campo.

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  10. Si vede che scrivi con passione,complimenti sei bravissima!

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    1. Ti ringrazio, Nick. La passione ancora c'è, per fortuna ^_^

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    2. Ciao, Maria Teresa, i tuoi articoli sono sempre mirati, esatti e qualificati. Sempre piacevoli da leggere.

      Ora vorrei fare qualche mio commento. Ma non su quello che hai scritto tu, che come ho detto è pertinente e corretto, bensì su ciò che ha scritto poco sopra Stefano Franzato.

      Naturalmente chiedo prima il tuo permesso. Se poi reputi che quello che scrivo non sia corretto, puoi non pubblicarlo, io capirò.

      Dato che il sign. Franzato ti ha un poco "strapazzata" in senso letterario e dato che "l'ha fatto in modo poco corretto, e anche in modo "del tutto incompetente", e quando si parla di letteratura la cosa mi piace poco, allora mi sono deciso a intervenire per chiarire un pò di cose al sign. Franzato, pur sempre rispettando le sue idee anche se le reputo del tutto errate.

      Iniziamo col dire che Fanzato può avere anche "molta cultura" in senso "generale" e non specifico, ma di certo da quello che ha scritto si comprende che di letteratura e di come si scrive un romanzo non ne sa proprio nulla.

      Mi soffermerò su alcuni punti citati da Franzato. Per farvi capire che lui è totalmente inesperto in materia.

      Innanzitutto chiarisco un punto importante. Tutti i punti menzionati da Maria Teresa sono correttamente inseriti in"tutti" i libri che si possano scrivere. In alcuni in "modo molto vistoso" in altri In "modo poco appariscente" e in altri, per farla breve, in "modo che apparentemente non si vedono". Si, come "se fossero invisibili" ma che poi in realtà ci sono lo stesso, ma bisogna ricercarli "nell'arte dello scrivere di uno scrittore/trice di talento". Si, perché scrivere per "sottintesi", "allusioni", "pause di ripensamenti e di ragionamenti" e sempre per farla breve anche di "silenzi che raccontano...solo a chi vi medita sopra", non è da tutti, così come capire queste cose non è da tutti.

      Specifico col dire che sia i romanzi del Verga, cioè "I Malavoglia" e Mastro don Gesualdo"e sia "Quel che resta del giorno", per non citare gli altri menzionati nel commento, hanno tutti inseriti gli elementi citati da Maria Teresa, e anche molti altri non citati. Che nell'insieme fanno di queste Opere Letterarie dei "grandi capolavori".

      Parlare di tali Opere "complete di ogni aspetto narrativo e letterario per non dire della genialità con cui sono state concepite" come se fossero delle "cose di poco conto" e "prive di qualsiasi elemento narrativo e letterario", mi pare a dir poco un parlare da "chi non conosce nulla di tali materie".

      Ora pubblico, poi vi spiego con un esempio.

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  11. Continuo con un esempio.

    Ecco l'esempio: "Anna si avvicinò a Marco e gli mollò un sonoro schiaffone sulla guancia sinistra, con tutta la forza che la grande rabbia che aveva in corpo le suggerì di manifestare".

    In questo esempio tutto è chiaro e viene espresso con l'azione reale di Anna verso Marco. E gli elementi narrativi sono chiaramente messi in evidenza.

    Ora vediamo un'altro esempio: " Anna rimase immobile. Avrebbe voluto avvicinarsi a Marco e mollargli un gran ceffone. Ma non lo fece. Tenne la sua grande rabbia a freno e non disse nulla".

    I due esempi parlano di "un fatto accaduto e reale" con tanti elementi narrativi, e di "un fatto che non è accaduto" ma che contiene gli stessi elementi narrativi del primo.

    Ora il fatto reale lo si vive sulla pagina perché lì "è espresso chiaramente" e fin qui tutto è nella norma, e poi il lettore lo rivive nella mente.

    Ora il secondo esempio "non è vissuto come reale sulla pagina" questo è chiaro. Ma il lettore di certo "lo rivive come un fatto che poteva accadere e nella sua mente per immagine lo vede come se fosse accaduto".

    Vale a dire che "con due modi diversi di narrare uno stesso episodio si produce pressappoco lo stesso risultato"

    Quindi gli elementi narrativi e letterari si possono "vedere vistosamente" nella narrazione, oppure possono "essere nascosti" dallo scrittore, per far giungere "alla conclusione voluta il lettore non col suggerimento diretto e scritto sulla pagina, ma col far pensare il lettore con la sua testa e farlo giungere alle stesse conclusioni".

    Con questo voglio dire un Premio Nobel non lo si vince "scrivendo solo in modo reale e diretto". Ma lo si vince aggiungendovi "un modo di scrivere sottinteso o desiderato o voluto eccetera" e "anche altri modi di scrivere" che qui non tratto. Ma ripeto che, tutti questi modi di scrivere devono comunque avere nella loro narrazione chi più o chi meno gli elementi citati da Maria Teresa e altri elementi diversi e importanti.

    A una lettura superficiale potrebbe sembrare che certi libri manchino di tali elementi, ma se li esaminiamo nel profondo noteremo che ci sbagliamo. Perché? per il semplice morivo che "se nel libro si muove e agisce un elefante, il rumore e la sua azione ci dicono quello che succede ". Mentre "se nel libro si muove e agisce una formica può darsi che la sua azione passi inosservata". In questo modo ci sfuggono gli elementi della narrazione che sono sempre identici, sia quando agisce un elefante che quando lo fa una formica.

    In un libro di azione dove c'è molto rumore gli elementi narrativi si notano subito e ci sono tutti. In un libro di narrativa letteraria dove l'azione è quasi del tutto assente, o se c'è è molto pacata, gli elementi narrativi ci sono tutti anche lì, solo è che bisogna capirli.

    Di solito "l'azione" di un libro di avventura è reale e prorompente. Mentre "l'azione" in un libro di narrativa letteraria, o narrativa moralistica e di insegnamento, per dirla in breve, non è mai tanto vistosa. E i vari conflitti a volte sono "interiori" e non "esteriori". Per questo a un non esperto possono sfuggire gli elementi della narrazione. O può sembrare che non vi siano affatto. Quando in realtà vi sono eccome.

    Inoltre non si vince un Nobel "se non si scrive di cose importanti, serie e di molto valore umanistico" e "se non lo si scrive in modo eccellente e letterario". Quindi sia "quello che si scrive" e sia "come lo si scrive" è di fondamentale importanza.

    L'argomento trattato è molto vasto. Ho cercato di sintetizzarlo, spero di esserci riuscito.

    Non me ne voglia il sign. Franzato. Ma le cose stanno in questo modo e non come ha indicato lui.

    Comunque sia io rispetto il suo parere, anche se non lo condivido.

    E spero, Maria Teresa, di essere stato in qualche modo utile a qualcuno.

    Vi saluto.

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    1. Pietro, ti ringrazio per il tuo intervento così dettagliato e chiaro. Hai detto cose che condivido in pieno. Esistono storie che per il genere al quale appartengono e per il modo di raccontare dell'autore hanno conflitti, climax, ecc. ben evidenti. Altre che sussurrano quasi questi elementi, forse perché si concentrano di più sull'interiorità dei personaggi, e quindi c'è meno azione. Tutto questo è vero per la narrativa come per le storie che vediamo sullo schermo.

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  12. Scrivere un romanzo non è certo cosa facile.Il libro deve saper prendere subito chi legge altrimenti certo si rischia che il libro viene messo da parte e mai più letto.Sono sempre utili i consigli!:-)

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    1. Grazie per il commento! Sì, scrivere un libro che coinvolga i lettori è un po' come mescolare in modo sapiente tanti ingredienti. Non si può improvvisare :)

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