L'arte di prendere appunti


Oggi è mio gradito ospite lo scrittore Renato Mite, con un interessante articolo che approfondisce una delle attività più importanti per chi scrive: appuntare le idee in modo che rappresentino uno strumento realmente utile alla creazione della storia. 
Ringrazio Renato per aver condiviso qui le sue riflessioni e vi invito a conoscerlo meglio visitando il suo sito.

Posso capire l'avversione verso gli appunti, ci sono passato.
Quando sei preso dalla tua storia, cominci a scrivere e scrivi, scrivi, scrivi. Sei spinto dall'ispirazione, dall'immaginazione, dalla chiara visione di un punto cruciale della storia verso il quale ti fiondi spingendo sulle parole come un centometrista spinge sulle gambe.
Il problema è che i metri non sono cento e non puoi mantenere quella velocità fino alla fine. Però sei testardo, vuoi andare avanti anche se la fatica ti ha interrotto e hai perso la concentrazione. Non ti pieghi a scrivere appunti perché dal tuo punto di vista c'è posto solo per la creatività, non per gli artifici e le trame costruite a tavolino. Gli appunti non sono artifici o trame costruite a tavolino.

Quando scrivevo solo racconti, potevo permettermi di non prendere appunti, anche se in realtà lo facevo senza saperlo.
Con il mio primo romanzo, tutto è diventato più evidente e ho potuto guardare agli appunti in maniera diversa.
All'inizio non ho scritto una scaletta degli eventi. Ho fatto delle ricerche sugli argomenti tecnico-scientifici che ho raccolto in alcuni file, prima e durante la stesura. Durante la scrittura ho creato dei file con note su determinati eventi della storia, ho cioè dettagliato dei singoli eventi. Sempre durante la scrittura, ho creato altri file con dettagli che non ho affatto usato nella stesura e nemmeno nella revisione. Ad esempio, ho scritto il funzionamento di un programma di messaggi crittati e nel romanzo il programma è solo citato per nome. Perché? Questo l'ho capito dopo aver pubblicato il libro. Si chiama Apoptosis come un processo naturale che rappresenta la risposta, ma questa affermazione sarà chiara più avanti.

Gli appunti non sono tutti scritti

Il motivo di tanti dettagli è legato proprio alla creatività. Gli appunti esistono lo stesso, che tu butti giù gli appunti su carta, in un file oppure no. Un po' come la storia dell'albero che cadendo fa rumore anche se nessuno lo ascolta.
Hai presente il famoso ozio creativo in cui ogni artista è preso dai suoi pensieri e gli altri lo additano come un nullafacente? L'ozio creativo è proprio quella fase in cui uno scrittore sta immaginando la sua storia in tutti i suoi possibili sviluppi. In questa fase lo scrittore scrive senza scrivere, con un notevole risparmio di carta o di battitura digitale. Infatti se uno sviluppo non porta a nulla, lo scrittore non deve appallottolare il foglio o cancellare il testo a video, torna indietro con la mente alla diramazione precedente e prende un'altra strada. Tutte quelle diramazioni non sono altro che punti fermi che lo scrittore ha messo nella sua storia, non sono altro che appunti.

Lo scrittore fissa nella sua mente anche determinate caratteristiche di un personaggio, un ambiente o un evento. Tutti questi punti fermi sono lì nella memoria e l'ozio creativo cerca di unirli per formare una figura come nelle riviste di enigmistica, però non è una figura ma un mondo a tutto tondo. Molto spesso ci intestardiamo nel voler collegare due punti e ci blocchiamo. Poi, quando non ci pensi, all'improvviso trovi la correlazione fra altri punti. La verità è che ci stavi pensando inconsciamente, il tuo pensiero inconscio ha preso il sopravvento e ha potuto guardare i vari punti senza preconcetti e senza quella smania di collegarli tutti. Alcuni punti, almeno nella stesura di una storia, non servono. E sai qual è il modo per liberarsene? Proprio quello: appuntarli, ma non nella mente, da qualche parte. Finché cercherai di tenere tutto a mente, il tuo cervello sarà impegnato a guardare tutti i punti cercando di non farli spostare. Se invece scrivi gli appunti, il tuo cervello deve solo cercare di collegarli e sarà più libero di intraprendere pensieri inconsci che porteranno a nuove correlazioni.

Questo non significa che devi scrivere tutti gli appunti ma solo quelli che più degli altri si impongono sempre o più spesso nei vari sviluppi. Gli altri sono appunti per così dire temporanei che la mente crea nel creare uno sviluppo. Questo succede proprio grazie alla creatività che con i pensieri guizza veloce e in una frazione di secondo ti rappresenta immagini, odori, sapori, sensazioni che le parole possono rappresentare solo in parte. Per questa ragione non scriviamo appunti, bensì parti minime della storia e ne scriviamo poche per lasciare libera la creatività.

Libera la creatività

La corsa della creatività ti porterà in mente delle buone idee: una descrizione, un colpo di scena, una correlazione fra due punti; ma se continui a correre, spesso succede che segui troppe diramazioni e dimentichi queste idee. Quando incontri una buona idea, la riconosci subito come tale, in quel momento devi prendere un appunto. Se vuoi il mio consiglio, limitati a un sunto dei tuoi pensieri, una frase o al massimo tre. Per due motivi. Primo: soffermarti troppo interromperà il flusso dei tuoi pensieri come quando un lettore incontra qualcosa che interrompe la sospensione della realtà, e ritornare in quell'atmosfera è quasi impossibile. Secondo: puoi lasciare libera la tua creatività di ragionare sugli appunti e le informazioni raccolte, così se avrai bisogno di altri dettagli li otterrai in modo inconscio, e otterrai dettagli che non troveresti cercandoli in modo conscio.
Lasciando libera la creatività, gli appunti vengono quando meno te lo aspetti. Infatti, una parte di te, quella più oziosa, sta rielaborando i tuoi pensieri e le informazioni che hai appreso con la ricerca, e lo fa in maniera naturale anche mentre scrivi.

Prendere appunti deve essere un'attività naturale al pari di scrivere. Quando riesci a scrivere senza sosta, lo stai facendo senza che te ne accorgi.
Se ciò che scrivi non ti appare come semplice inchiostro su carta o semplici pixel su uno schermo è perché non hai scritto delle parole, hai scritto una storia. Così per gli appunti: se ciò che scrivi non ti appare come appunti è perché non sono appunti. Io ho dato loro il nome di parti minime perché sono parti della storia estrapolate dai pensieri, pensieri che hanno una conoscenza sensoriale del mondo immaginario in cui la storia esiste e creano una rappresentazione di questo mondo.

Quando un libro non coinvolge il lettore si dice che è piatto, cioè a due dimensioni, oppure si dice che non ci tocca. L'aggettivo “piatto” e il verbo “toccare” non sono usati a caso, ma vengono proprio dal fatto che non siamo fatti solo di pensieri. Il motivo per cui scriviamo le storie è lo stesso che ci permette di apprezzarle: siamo fatti anche di corpo e interagiamo con il mondo che ci circonda con le nostre sensazioni, prima fra tutte proprio il tocco, quindi abbiamo bisogno di concretezza, di contatto tattile ma anche visivo. Abbiamo bisogno di leggere le storie, e i più anche sfiorare le pagine del libro, per avere nella nostra mente una rappresentazione sensoriale che ci coinvolga. Ciò dimostra quanto le sensazioni siano legate all'ozio creativo che è attivo e imprescindibile anche durante la lettura.

Il genere degli appunti

Quindi come puoi definire gli appunti? Non puoi. Come per le storie, puoi classificare le parti minime con un genere che gli andrà stretto e, soprattutto, riconoscerai alla fine.
Puoi scrivere parti minime cronologiche, nel senso che scrivi alcuni eventi della storia per la loro sequenza temporale.
Puoi scrivere parti minime che descrivono alcuni luoghi o semplicemente dei punti di riferimento e puoi addirittura disegnare una mappa. Puoi scrivere parti minime sul carattere dei personaggi o sul loro aspetto fisico, senza doverne fare una scheda che spegne la creatività, almeno nel mio caso.
Ancora: puoi scrivere un paio di frasi su un'emozione provata da un protagonista in una determinata occasione, questo dovrebbe essere più il caso di romanzi romantici ma non è una loro esclusiva.
Per un thriller, potresti scrivere il punto cruciale su cui si basa la suspense e sapendo già qual è la realtà, ti sarà più facile disseminare indizi pertinenti.
Nei romanzi di genere fantascientifico, puoi scrivere il funzionamento di un programma o di un nuovo mezzo di trasporto, di un'arma apocalittica, di un robot umanoide. Ricordi le tre leggi della robotica che tanto hanno determinato le storie di Asimov?
Oltre alle parti minime, ci sono appunti che non sembrano appunti. Si tratta di semplici parole, di elenchi di cose, di domande che poni a te stesso. Insomma tutto ciò che incide sulla storia, anche a livello tecnico. La creatività, infatti, non esclude la tecnica e l'abilità di uno scrittore, né può sostituirsi ad esse.

In questi giorni sto terminando la revisione del mio secondo romanzo, un giallo per il quale ho preso diversi appunti, alcuni di questi sono considerazioni proprio sul genere. Il giallo impone delle regole, fra queste la principale richiede che il colpevole può ingannare il lettore ma lo scrittore non può. Non c'è spazio per interventi di deus ex machina e gli indizi devono essere nella storia, non apparire magicamente. Siccome la storia si basa su conoscenze degli investigatori protagonisti che il lettore non ha, queste considerazioni mi hanno aiutato a scrivere la storia in modo che i due investigatori rivelassero le loro conoscenze al lettore. La scrittura in prima persona che all'inizio mi serviva solo per creare suspense in un tratto della storia, mi è servito ancor di più per questo fine.

Sii naturale

Puoi scrivere appunti prima della stesura, durante o addirittura dopo, cioè in fase di revisione.
Per il mio primo romanzo ho potuto seguire il corso degli eventi con l'ozio e ho scritto una scaletta degli eventi in revisione, ma sapevo dove alla fine i personaggi si sarebbero trovati e perché, il come è merito dell'ozio creativo. Per il secondo romanzo ho scritto gli eventi principali prima della stesura perché è necessario saperli in anticipo. Nel caso di un giallo devi sapere chi è il colpevole, o i colpevoli, il movente, il mezzo e così via, ma ciò non significa che devi sapere la fine della storia e questo vale per qualsiasi genere. Non è necessario sapere come finisce la storia, ma verso quale finale ti stai dirigendo. In sostanza, sapere qual è il tuo obiettivo ti aiuterà ad essere concentrato sulla scrittura ma senza escludere la creatività che potrà ancora intervenire per correlazioni, buone idee e colpi di scena. Non è detto che non ti venga in mente un finale più coinvolgente.

Ogni volta che ti blocchi, che sia all'inizio, alla fine o nel mezzo della storia, considera il fatto se effettivamente non hai nulla da dire o invece hai troppo da dire. Io propendo per la seconda risposta, quindi per superare il blocco dello scrittore fai un po' di ozio creativo e scrivi le parti minime che il pensiero inconscio ti mostra. Puoi scrivere anche paragrafi interi, se ti senti più a tuo agio, potrai sempre sistemarli o sfoltirli in fase di revisione.

In fase di revisione i giochi non sono finiti, tieni libera la creatività e riuscirai a rendere ancora più naturale la tua storia. Questo è il motivo per cui non vedo di buon occhio l'editing affidato a terzi. La revisione e l'editing non sono solo correggere ortografia o rendere i personaggi più affascinanti agli occhi del lettore, bensì rappresentare il mondo della storia in modo più naturale e autentico, senza artifici. Maria Teresa ha scritto un ottimo articolo su come le informazioni debbano essere comunicate in modo naturale.

Inoltre, la ragione principale per cui dovresti essere contento di tagliare in fase di revisione è perché in fase di scrittura devi aver scritto molto, tanto, troppo di questo mondo. Devi tagliare ciò che opprime la creatività del lettore e non gli permette di usare il suo ozio creativo durante la lettura. Ricorda che le parole sono evocative, puoi far correre l'immaginazione del lettore.

Tu, d'altro canto, devi immaginare tutto il mondo per poterlo evocare con pochi tratti, devi scrivere tanto, compresi gli appunti, per tagliare e modellare. Questo è un processo naturale. Quando nasciamo, abbiamo molte più connessioni cerebrali, abbiamo molte più cellule tanto da avere mani e piedi palmati. Poi l'Apoptosis rimuove le cellule superflue e ci lascia con connessioni cerebrali forti e con le dita, fra cui due comodissimi pollici opponibili. Ecco cosa fa la natura.

Devi scrivere tanto ma non tutto. Non cedere al mito che chi scrive appunti per filo e per segno poi possa scrivere la storia più velocemente. Come ho già detto, troppi dettagli imprigionano la creatività, a volte fino ad annientarla e rendere il tutto artificiale. Conosco qualcuno che poi è rimasto solo con gli appunti, non è riuscito a collegarli o ha perso interesse nello scrivere la storia.
Il mio consiglio è di prendere appunti – scritti, digitati, scarabocchiati, disegnati – secondo la tua inclinazione naturale. Se, come me, non riesci a fare le schede dei personaggi, vuol dire che non sei tagliato per lavorare all'anagrafe, ma non significa che i tuoi personaggi debbano essere per forza piatti. Come per la scrittura, il prendere appunti deve essere un processo naturale e quindi ha i suoi tempi. Quando ti senti bloccato perché non riesci a scrivere, non sei nell'umore giusto o probabilmente hai solo bisogno di ozio creativo che lascerà spazio persino ai tuoi personaggi di suggerirti il modo naturale di proseguire.

Fra le cose che sto scrivendo in questo periodo, c'è un racconto di fantascienza in cui due ricercatori scendono nei condotti idrici della città per alcune analisi. Uno dei due cade in una vasca d'acqua, l'altro non si è tuffato subito per salvarlo. Le mie dita si sono bloccate, si rifiutavano di digitare questo tuffo, non riuscivo proprio a scrivere. Sono rimasto bloccato per più di un mese cercando di imporre una soluzione. Mi chiedevo: perché non si tuffa? Non è cattivo, né indifferente, sa sicuramente nuotare. L'ozio creativo mi ha permesso di calarmi nei panni del personaggio e capire il perché. Questo ricercatore aveva un'esperienza passata che gli ha insegnato il sangue freddo per intervenire in circostanze del genere. Non potevo scrivere perché dovevo scrivere l'opposto di ciò che pensavo all'inizio: non un tuffo frettoloso ma un tuffo con l'esperienza che gli permettesse di salvare il collega.

Questo per dire quanto possa essere utile il pensiero inconscio. Maria Teresa ha scritto un articolo per sfruttare i processi inconsci nella scrittura che ti consiglio di leggere se non riesci a staccarti dal pensiero conscio.

Imparerai da solo come e quando prendere appunti. Gli appunti sono parti di un mondo immaginario, quindi anche quando scrivi finzione, sii naturale perché la fantasia è naturale.

Renato Mite

L'AUTORE DI QUESTO GUEST POSTRenato Mite è determinato a fare della scrittura il suo mestiere. Scrive dall'età di dieci anni cominciando con una Olivetti Lettera 32 verde e storie strampalate, negli anni a seguire affina l'arte con racconti brevi fino al suo primo romanzo, “Apoptosis”, un thriller fantascientifico scaturito dalla passione per scienza, tecnologia e informatica.
Per sapere di più su Renato Mite, leggere trame, estratti o le storie complete, visita il suo sito www.renatomite.it o il suo blog http://www.miteink.it/.

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Commenti

  1. Post lungo e complesso.
    Sono d'accordo sulla maggior parte delle cose che dici, Renato.
    Uno scrittore si deve sempre assecondare.
    Secondo me non è vero che tu non sei portato per scrivere la scheda-personaggio.
    Secondo me tu, scrivendo fin da bambino, hai adottato un tuo metodo personale, che ti permette di pensare e costruire un personaggio nella tua mente, dove gli appunti, credimi, ci sono.
    La trama è un elemento narrativo un po' più complesso e necessita di appunti scritti, note, appigli, per essere valutata, impreziosita, modificata.
    Però magari fra dieci anni avrai talmente approfondito il tuo metodo di scrittura che neppure per la trama scriverai alcunché.
    Secondo me gli appunti scritti all'inizio sono fondamentali, perché aiutano a progettare il romanzo e a direzionare la creatività.
    L'errore più grande che può fare uno scrittore è perdere la sua intuizione originale per la strada...

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    1. Stefania,
      grazie per il tuo commento, in effetti col tempo uno scrittore affina la propria arte ma sono convinto che non smetterò di scrivere appunti.
      Probabilmente cambierò il modo di scriverli, nel senso che sarò in grado di organizzarli meglio. Ad esempio sto prendendo l'abitudine a fare una scaletta dei paragrafi anche in fase di revisione, lo sto facendo per il secondo romanzo come ho fatto col primo. Mi aiuta ad avere una visione ancora più d'insieme di tutta la storia, e quindi mi aiuta nell'editing.
      Di certo prenderò sempre pochi appunti lasciando corre la fantasia proprio per inseguire l'intuizione originale e dal modo in cui scrivi ("Uno scrittore si deve sempre assecondare") sono sicuro che anche tu sia un'inseguitrice provetta.

      Ciao,
      Renato

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  2. Bellissimo articolo, lo dice una che riempie quaderni di appunti ma non scrive schede, non perché non possano essere utili ma perché priva di coordinate geometriche. Quando ho fatto leggere un mio libro a M. Cristina Cavaliere e lei me lo ha rappresentato graficamente e ordinato per capitoli, l'ho ammirata moltissimo, ma del resto lei scrive romanzi storici e io, invece, scrivo solo sfumature... Renato Mite mi sembra una bellissima sintesi di ordine logico e di inarrestabile creatività. Come sempre grazie anche a te Maria Teresa per il tuo blog interessante.

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    1. Nadia,
      grazie per i complimenti e per il tuo commento.

      Il fatto che non scrivi schede ma appunti sottolinea solo il fatto che ognuno ha una sua forma mentis e probabilmente la tua, come la mia, è meno schematica di M. Cristina Cavaliere che riesce a rappresentare e ordinare. Un po' invidio questa capacità, come dicevo a Stefania qui sopra, devo migliorare nell'organizzazione degli appunti.
      Diciamo che abbiamo un nostro ordine ;-)
      Segui la tua natura e non sbaglierai.

      Ciao,
      Renato

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  3. Ottimo articolo.Si nota la competenza e soprattutto la passione dello scrittore consapevole e qualificato. Come mio solito gradirei aggiungere qualche commento.Sono convinto che "gli appunti" per uno scrittore sono come l'acqua che ci serve per la traversata di un deserto oppure come il bastone di chi è stanco e lo usa come appoggio per riuscire a continuare il suo viaggio faticoso verso la sua meta. In breve penso sia difficile immaginare una persona che voglia fare lo scrittore/trice e "non voglia o si dimentica di prendere in qualche modo appunti sulla storia che andrà a raccontare. Chi no è abituato a farlo per svariate ragioni personali o meno, a mio parere si priva di un ottimo aiuto e supporto per rendersi più semplice e preciso il cammino verso la fine del suo romanzo. Gli appunti a volte non si prendono perché ritenuti noiosi o superflui o perché si vive troppo di fretta eccetera. Uno scrittore/trice saggio farebbe bene a trovare il tempo e il modo più semplice e veloce per prendere appunti. Un taccuino e una matita in tasca ovunque si vada, un piccolo registratore, una scrittura veloce senza articoli aggettivi o avverbi o quella che usano i giornalisti cioè la stenografia, o altri metodi personali. Lo consiglio di fare soprattutto "per non perdere i pensieri creativi che lo scrittore/trice ha in modo veloce e a volte inaspettato" e se"scappa" non lo si ritrova più.(lo pubblico per timore ri essere cancellato e poi continuo).

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  4. Continuo l'articolo. Se proprio non si riesce ad amare gli appunti si può usare il proprio cervello e la propria memoria per conservarli in attesa di usarli. Li si può ripetere più volte mentalmente come quando si imparavano le poesie scolastiche o come si memorizza cosa comprare prima di fare la spesa. Comunque non è il modo che si usa importante, ma "la convinzione che gli appunti sono importanti e che non bisogna assolutamente perderli per strada" altrimenti potrebbero non ritornare più indietro nella nostra mente e questo potrebbe invalidare un poco la storia che stiamo raccontando. Gli appunti devono essere brevi, sintetici, veloci come un lampo, che ci facciano poi capire il punto quando li rileggiamo e basta. Non dovete impressionarvi troppo. Ogni scrittore ha un suo metodo, anche i grandi ne hanno uno, c'è chi scrive più o meno intorno alle 100 pagine di appunti prima di iniziare il proprio romando e chi invece può usare lo spazio molto limitato di una semplice busta da lettera gialla. Gli appunti possono essere tanti o pochi, ma a mio parere è indispensabile che si prendano nei modi suggeriti o in altri modi che lo scrittore può inventarsi. Ricordarsi sempre che a volte "l'ispirazione appare come una folata di vento, un lampo, un veloce sussurro, un battito di ali che arriva a volte quando meno ce lo aspettiamo, nelle pause creative o quando abbiamo cento impegni da assolvere. Mettere in memoria,con matita e carta, col cervello o in altri modo a volte potrebbe darci la gioia di non aver perso "una idea davvero geniale, o solo bella, o anche solo piacevole da leggere". Comunque sia prendendo appunti "non la perderemo" e ci potrebbe essere molto utile nella stesura della nostra storia. L'articolo scritto prima del mio da Mite è molto interessante, potete prendere da esso le parti che più vi stimolano per considerare gli appunti qualcosa di interessante,utile e a volte indispensabile per chi scrive una storia. I buoni consigli sono sempre validi, e quello sugli appunti da prendere a mio parere è davvero ottimo. Vi saluto

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    1. Pietro,
      ti ringrazio sia per i complimenti, sia per aver contribuito con le tue parole.

      Devo solo ribadire che, per esperienza, tenere tutti gli appunti a mente è impossibile e così facendo rischi davvero di perderti qualcosa per strada.
      Il parallelo con i giornalisti è davvero valido, loro sono i primi ad aver sfruttato al meglio l'arte di prendere appunti in maniera sintetica ma dettagliata.

      Ciao,
      Renato

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  5. Io prendo sempre appunti, quando mi viene in mente una frase, un momento della storia che voglio sviluppare prendo nota, non sempre li uso alla lettera ma sono utilissimi, soprattutto per ritrovare il filo dei pensieri...

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    1. Giulia,
      grazie per il tuo commento, soprattutto perché conferma quanto sia utile prendere gli appunti per restare collegati al filo dei pensieri anche se dopo gli appunti non si inseriscono nella storia.
      Ti ringrazio per aver letto l'articolo anche se sei già esperta nell'arte di prendere appunti ;-)

      Ciao,
      Renato

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    2. Ciao Giulia,
      io faccio come te, continuamente prendo appunti perché le idee, le sensazioni, alcuni piccoli particolari di una storia che però l caratterizzano meglio, mi vengono in mente quasi improvvisamente, come se mi cascassero addosso.
      Mi succede spesso quando sono in giro, camminando..... Guardo qualcosa et voilà mi richiama un particolare..
      Sono così grata agli appunti che non scrivo nemmeno più, per velocizzare e non rischiare di perdere questi preziosi attimi di creatività, li registro. Ho scoperto app per il telefono fantastiche e gratuite. La mia salvezza delle idee

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    3. Elena abbiamo delle cose in comune, anch'io ogni tanto registro gli appunti usando le app del cellulare :-)
      Renato grazie a te per questo articolo :-)

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  6. Bello questo articolo e illuminante sotto diversi punti di vista.
    Per quanto mi riguarda non riesco a vedere nella parola "appunti" qualcosa che riguardi la scrittura creativa. I miei appunti possono riguardare esclusivamente il materiale che riesco a imprimere nel mio pensiero quando ascolto una lezione (imminente quella che riguarderà la promozione di un evento teatrale) e a riguardo ho bei ricordi di scuola, con tanto di compagni che si contendevano i mie quaderni stracolmi di appunti di letteratura.
    Siamo assolutamente certi che la scrittura preveda degli appunti? Non sarà più opportuno parlare di "scaletta", prendendo a prestito il termine da una sceneggiatura?

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    1. Grazie Luz per i complimenti e per le tue parole.

      In realtà "appunti" è un termine solo indicativo e secondo me la scaletta è solo uno dei tanti tipi di appunti.
      Del resto, in questo caso bisogna guardare più alla sostanza che ai nomi.
      Scrittori più illustri di me si sono espressi al riguardo.
      Shakespeare ha scritto: "Cosa c'è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo."
      Gertrude Stein: "Una rosa è una rosa è una rosa"

      Ciao,
      Renato

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  7. trovo questo articolo particolarmente utile.
    intelligente e arguto, e pieno di spunti interessanti

    se metto mano ai miei appunti, o appena appena ci caccio il naso,
    debbo dire che li contraddistingue un caos mentale di un certo livello... e la cosa non mi fa onore

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    1. Patalice, grazie, mi fai arrossire.
      Sono contento che l'articolo ti sia utile.
      Il caos secondo me è una buona cosa, è come il big bang da cui poi tutto trova il suo ordine.
      Nessuno può giudicare i tuoi appunti, ognuno ha il suo modo e non devi per forza rimetterli in ordine o in bella. L'importante è l'impegno con il quale trai una buona storia da quegli appunti. I lettori ti saranno grati per una storia ben fatta.

      Ciao,
      Renato

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  8. Per me gli appunti sono una cosa più semplice e "appunti" significa "Evernote". Lo so, sono squallida XD
    Forse dovrei chiamare appunti anche le ricerche, le mappe mentali, gli schemi colorati che faccio per ogni storia.

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    1. Serena,
      innanzitutto grazie per il commento, poi ha ragione: gli appunti sono tutto ciò che gira intorno alla storia in qualunque forma, mappe mentali, schemi colorati e persino le note di Evernote.
      Come scrittori dovremmo essere ammantati sempre da un velo di poesia, ma non è così, per fortuna. Evernote non è una brutta cosa, usarlo non è uno squallore ;-)
      Evernote è solo uno strumento e anch'io ho cominciato a conservarci le idee per le prossime storie, file di ricerca e alcuni appunti, non tutti. Se mai riuscirò ad organizzare gli appunti, sarà grazie a Evernote.

      Ciao,
      Renato

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  9. "Il mio consiglio è di prendere appunti – scritti, digitati, scarabocchiati, disegnati – secondo la tua inclinazione naturale".
    Sono pienamente d'accordo, credo che ognuno di noi abbia un diverso modus operandi e debba capire qual è il metodo che più gli è congeniale.
    Io ad esempio ho la tendenza a prendere appunti insieme al manoscritto stesso, aggiungendo glosse e note, tutto insieme come un minestrone. Sicuramente è poco professionale ma non saprei farlo in un modo diverso.

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    1. Ariano,
      grazie per il commento e per aver confermato che ognuno ha un suo modus operandi da rispettare.
      Io sul manoscritto scrivo solo le note di revisione, ma l'idea di prendere appunti sul manoscritto non è male, in un colpo d'occhio hai il parallelo fra la storia e ciò che la supporta. Come ho detto a Patalice poco sopra, secondo me l'importante è l'impegno nello scrivere la storia, la professionalità si vede da lì.

      Ciao,
      Renato

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  10. Ringrazio ancora Renato per questo articolo molto ben fatto. Io non potrei proprio fare a meno degli appunti, ma mi rendo anche conto che non sempre sfrutto in pieno questa opportunità oppure non lo faccio nel modo migliore. Per esempio mi capita a volte di annotarmi dei pensieri e quando vado a rivederli (dopo un certo tempo) mi accordo di non essere riuscita a rendere l'ispirazione del momento, al punto che quello che ho scritto non mi dice più niente. Credo che prendere appunti sia un'attività da non sottovalutare.

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    1. Maria,
      in questo momento mi sento in un fumetto con un riquadro che dice "senza parole", e mi viene in mente la scenetta in cui ci si saluta a vicenda con un inchino e non si smette più. Io ringrazio te ancora una volta per l'opportunità e siamo pari, altrimenti ci verrà il mal di schiena.
      Mi fa piacere leggere la tua esperienza, il tempo può svuotare gli appunti del loro significato originario ma dal momento che per te sono fondamentali credo proprio che non li sottovaluti. Forse alcune storie sono destinate a restare nella nostra immaginazione.

      Ciao,
      Renato

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    2. Può capitare a uno scrittore/trice di annotare dei pensieri come "appunti" riflessivi o che ispirano idee per una storia o per un personaggio o è solo "una sensazione" che potrebbe essere utile in futuro a chi scrive. Ma nel rivederli non ci dicono più nulla o ci sembtrano addirittura banali o inutili o ridicoli eccetera. Solitamente se "annotiamo dei pensieri o delle sensazioni o dei sentimenti o delle circostanze speciali..." e l'elenco potrebbe essere infinito, è perché tali annotazioni in una qualche maniera "sono ritenuti da noi importanti in quel particolare momento". E questo può essere nella normalità della vicenda. Ma dovremmo comunque ricordare chiaramente il perché e il per come tali appunti sono stati scritti, se ciò non accade può essere cautato da svariati motivi, che molte volte sono di carattere personale o di altro genere, che qui non tratto. Quello che vorrei specificare è che come ogni altro argomento anche "gli appunti" sono "attribuibili a varie categorie" vale a dire che non sono tutti uguali. E per questo alcuni appunti evocano con chiarezza quello che abbiamo pensato e sentito in quel preciso momento e questo genere di appunti è di solito più concreto, superficiale, o molto evidente e specifico nelle sue stesse parole e, ma poi ci sono altri appunti che evocano "problematiche o sentimenti o sensazioni molto profonde e articolate e a volte anche molto intricati" e tali pensieri devono essere trattati diversamente. La semplicità dei pensieri che solitamente ci vengono alla mente può essere ricordata, coi pensieri stessi, spesse volte e di solito non si perde quasi mai. Un esempio. Se abbiamo il pensiero di fare la spesa, questo ci tornerà in mente ripetutamente e in varie ore del giorno. Allo stesso modo se vogliamo "scrivere una storia avventurosa sul pianeta Marte" per fare un esempio, tale pensiero semplice e definito ci ritornerà facilmente in mente ogni volta che lo ricerchiamo, perché è memorizzato, come il fare la spesa, già nel nostro cervello. L'ispirazione è molto diversa dai semplici pensieri espressi prima. Di solito in varie circostanze o situazioni ci può venire a salutare con "dei pensieri molto profondi e a volte molto articolati e difficili da memorizzare o da riportare alla mente solo con poche e semplici parole o appunti". Quindi se così fosse bisogna essere pronti a fare in modo di "annotare minuziosamente quello che l'ispirazione o il pensiero creativo ti sta suggerendo in quel momento" valutando attentamente se ciò è originale e davvero valido per sé stessi o per una storia da scrivere. Lo scrittore/trice deve solo appurare che quel pensiero è davvero importante per chi scrive o per altri motivi. E fermarne l'immagine o le sensazioni con calma e in modo completo, così andando a rileggerli si riporteranno alla memoria i significati di quello che si è pensato in quel momento. L'ispirazione o il pensiero creativo di chi scrive a volte può essere paragonato, quando passa per la nostra mente, al volo molto veloce di una rondine, ci resta impresso nel cervello per brevissimo tempo. Così se lo reputiamo "Importante" per noi e vogliamo riportarlo alla nostra attenzione così come è stato nel momento che ci è venuto in mente, dobbiamo fermarci un attimo e "con molta calma e in modo completo" annotare tutto quello che questo pensiero ci ha fatto "vivere" in quel momento in modo chiaro, poetico, sentimentale, eccetera. Non bisogna lasciarselo scappare annotandolo con poche parole che in quel momento ci dicono cose che poi nel futuro no ci diranno più. Quando tale ispirazione o inclinazione creativa passa davanti ai nostri occhi dobbiamo afferrarla prontamente e prontamente annotarla con "ogni minuziosità" potrebbe essere la linea portante del nostro prossimo romanzo o racconto di successo che potrebbe "non ritornare più da noi" e così avremmo perso qualcosa di molto importante.

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    3. Pietro, hai colto con chiarezza e profondità quello che intendevo.
      E' proprio vero che dobbiamo distinguere tra vari tipi di appunti, quelli diciamo più "razionali" sono più facili da considerare anche se è passato molto tempo. Di una specie diversa sono quelli che derivano da un momento di ispirazione. In quest'ultimo caso le parole spesso non riescono a esprimere al meglio ciò che abbiamo colto, quasi fossero inadeguate. Hai ragione tu, dovremmo soffermarci con calma e approfondire in modo che nulla ci sfugga in seguito, in modo da fissare sulla carta una traccia che sia significativa anche in seguito.
      Ti ringrazio molto!

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  11. Articolo molto interessante! Personalmente considero gli appunti come dei piccoli semi: alcuni sono destinati a dare frutto, altri a scomparire con un nulla di fatto. Ho letto che Nadia Bertolani mi ha citato sul fatto degli schemi. Io sono quasi obbligata a lavorare per schemi non solo perché sono ingabbiata dalle date, ma anche perché mi piace vedere la struttura del romanzo in controluce specialmente quando devo dare una valutazione. Secondo me come beta-reader è essenziale avere sottomano una struttura per avere il colpo d'occhio sul romanzo e dare consigli sensati, altrimenti non si riesce a vedere le parti carenti e quelle che sono, viceversa, ripetitive o sovrabbondanti.

    Con tutto questo, mi piace anche prendere appunti - soprattutto con il romanzo che sto scrivendo ora. Lo faccio più che altro perché ho paura di dimenticarmi un dato passaggio o una determinata scena... la mia memoria non è più quella di una volta! E sono molto d'accordo sulla mente che non cessa di lavorare durante l'ozio creativo.

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    1. Cristina,
      grazie per essere intervenuta. L'analogia con i semi mi piace molto, non ci avevo pensato.

      Condivido la necessità di avere un colpo d'occhio sul romanzo, sarà per questo che inconsciamente ho preso l'abitudine di fare un riepilogo dei paragrafi in revisione.

      Poi sottolinei un fatto importante: prendere appunti deve essere una cosa piacevole. Continua così.

      Auguri per il tuo romanzo.

      Ciao,
      Renato

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  12. Boh, io ho scritto un intero romanzo senza prendere manco un appunto, ma perché avevo chiaro in testa lo svolgimento capitolo per capitolo. Al massimo mi sono documentato per avere ulteriori informazioni storiche che immediatamente innestato nella trama. Questa cosa dipende anche da genere letterario e ambientazione.

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    1. Marco,
      grazie per il tuo commento che un po' si aggancia a quanto dicevo del mio primo romanzo, ovvero fare ricerca ma scrivere poche note e avere la sensazione di non prendere appunti, probabilmente succederà anche a te di scoprire il tuo personale approccio con gli appunti. Te lo auguro.

      Ciao,
      Renato

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  13. L'arte di prendere appunti:siamo al confine tra libera ispirazione che è la vera e propria anima di un autore e l'organizzazione del lavoro perchè comunque di lavoro si tratta quando pensi che quello che hai scritto non lo puoi buttar giù a tuo piacimento perchè finirà ai lettori che vogliono scene chiare e vivaci trame coerenti niente lungaggini o soliti clichè.
    Quanto a me, che non scrivo romanzi che richiedono ricerche storiche dietro e sono comunque romanzi dell'anima, trame svolgimenti personaggi
    sono configurati. Alle volte possono cambiare percorso; la maggiore difficoltà tante volte è costruire gli agganci i tasselli mancanti.
    Vedrò se la tecnica degli appunti può essere d'aiuto.

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    1. Silvana,
      grazie per il tuo commento.

      Spero proprio che il mio articolo possa aiutarti a uscire un po' dagli schemi configurati e trovare la tua strada.
      Io sono convinto che innanzitutto devi scrivere la storia che vuoi scrivere. Non potrai piacere a tutti, quindi non devi chiederti cosa vogliono i lettori, piuttosto quanta cura devi mettere tu per scrivere una buona storia in modo chiaro e vivace, secondo il tuo stile e non quello che dettano le tendenze. Devi anche rischiare per scrivere qualcosa che possa piacevolmente sorprendere il lettore.
      Se non scrivi a tuo piacimento, allora non vedo perché tu debba scrivere, solo per vendere? Da quello che scrivi non mi sembri il tipo.
      Imporsi "scene chiare e vivaci trame coerenti niente lungaggini o soliti clichè" mi sembra di per sé un clichè. Ci sono anche scene d'azione dove non tutto può essere chiaro, purtroppo, e ci sono trame che non sembrano vivaci ma racchiudono un moto emotivo, credo che sia il caso dei tuoi romanzi che definisci "romanzi dell'anima". Se domani la tendenza generale non vedesse di buon occhio questo tipo di romanzi, tu non scriveresti più? Non lo credo.
      Per finire, ricorda che Camilleri scrive con uno stile davvero scarno, sembra proprio che non voglia sprecare parole, se non per dirti l'essenziale, eppure riesce a tratteggiare personaggi dalla forte personalità quali Montalbano e trame che a fine lettura appaiono semplici senza essere vivaci ma che comunque ti coinvolgono.

      Ciao,
      Renato

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  14. Gli appunti per me sono fondamentali: impediscono alle buone idee di evaporare, aiutano il ragionamento, stimolano la creatività (i miei sembrano un sacchetto di coriandoli colorati). Sono d'accordo sul fatto che siano meglio sintetici. Quando esagero nel dettagliarli, poi sento che mi sono "legata" i pensieri da sola, proprio nel momento in cui dovevano essere più liberi. Grazie Renato, grazie Maria Teresa. :)

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    1. Con un gioco di parole grazie a te Grazia per il commento che conferma l'utilità degli appunti e allo stesso tempo mi permette di scoprire che non sono il solo a sentirsi imprigionato da troppi appunti.

      Ciao,
      Renato

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