Siete autori estroversi o introversi?

Siete più simili all'esuberante zio Fester o allo scorbutico Lerch?

La settimana scorsa ho letto una riflessione sul blog di Daniele Imperi, Scrittori o markettari?, che evidenzia quanto per essere scrittori oggi sia necessario andare ben oltre la scrittura, in poche parole come sia obbligatorio ormai diventare oltre che autori anche abili venditori di se stessi e dei propri libri. Per quanto questo possa dare fastidio o lo si possa trovare ingiusto, è una verità con cui bisogna fare i conti. E poca differenza fa se siamo autori supportati da un editore, perché la realtà è che oggigiorno tutte le case editrici richiedono il supporto promozionale dell'autore, anzi lo danno così tanto per scontato che spesso i libri da pubblicare vengono scelti sulla base della capacità di auto promuoversi o del bacino potenziale di lettori che lo scrittore è in grado di procurarsi.

Come sottolineava il post di Daniele, la promozione parte già da quando si contatta l'editore: tutto comincia dalla lettera di presentazione e dalla sinossi, che sono il biglietto da visita dell'autore stesso.

Confesso che tutto questo mi deprime parecchio, soprattutto quando do uno sguardo alle classifiche di Amazon e salta subito all'occhio che, escludendo gli autori famosi e gli editori di prestigio, gli autori best seller solo quelli che sanno come muoversi nella pubblicità. Proprio qualche settimana fa mi soffermavo nella mia sezione (thriller e gialli) e notavo alcuni libri di qualità davvero scarsa in vetta. Come mai? Fanno pubblicità a pagamento? Si sono affidati a qualche sito di marketing? Macché. Semplicemente starnazzano a destra e a manca sui social, parola di chi se li ritrova tutti i santi giorni sulla bacheca di Facebook.

Al di là di queste personali deprimenti constatazioni, però, la realtà oggettiva è che non siamo tutti uguali. E ciò nulla ha a che fare con l'apprendimento delle tecniche di marketing o con la qualità del libro. La verità è che gli scrittori sono per natura più o meno portati per vendersi e vendere, ovvero tutto dipende dall'approccio che si ha con il prossimo, in sostanza si può parlare di estroversione o introversione.

Da Wikipedia:
Il tratto di introversione-estroversione è una dimensione centrale della personalità umana. Gli estroversi tendono ad essere socievoli e assertivi mentre gli introversi tendono ad essere più riservati, riflessivi e meno socievoli. Questi ultimi non sono necessariamente solitari, ma tendono comunque ad avere circoli di amici di dimensioni piuttosto ristrette e hanno meno probabilità di riuscire ad avere relazioni sociali con nuove persone. Essi in genere non hanno bisogno di cercare negli altri l'emozione perché di per sé sono propensi a fantasticare e riflettere.
I termini introversione ed estroversione furono diffusi per la prima volta da Carl Gustav Jung. Praticamente tutti i tipi di personalità comprendono questi due concetti.

L'autore estroverso

Lo scrittore estroverso si muove a proprio agio nella promozione, ha facilità nella comunicazione, riesce a scatenare simpatia nelle persone e risulta tanto convincente e ammaliante che non si può fare a meno di acquistare i suoi libri. Per lui la scrittura è soprattutto comunicazione, a prescindere da quello che scrive. Ama i social, cura pagine molto popolari e di solito ha così tanti contatti che quando pubblica un libro, ha già un pubblico pronto a fidarsi, al punto da acquistare a scatola chiusa la sua opera.

Con gli editori risulta subito interessante, anzi è il classico tipo che prende iniziative audaci, come per esempio intercettare gli addetti ai lavori durante le fiere. Spesso se ne va in giro con una copia del libro in tasca e ne parla a chiunque incontra. Non ha difficoltà a organizzare e fare presentazioni dei suoi libri e magari riesce anche ad accaparrarsi qualche altro autore più famoso per fargli da supporto.

Se oltre che autore è anche un blogger, ha di certo un blog molto frequentato e commentato, dove espande il suo fascino qualsiasi cosa scriva, fosse pure sui suoi problemi con la caldaia rotta.
Nei rapporti sociali ci sa decisamente fare, ama commentare, esprimere la sua opinione.

Non potrebbe mai concepire di scrivere senza pubblicare e spesso è molto ambizioso, ovvero punta a diventare molto famoso.

Nel peggiore del casi, è l'autore che che scrive roba modaiola, molto commerciale o che spamma dappertutto; nel migliore è l'autore simpaticone che tutti conoscono e ambiscono a leggere.

L'autore introverso

Riservato, timido e schivo per natura, non ama mettersi in mostra, quasi si vergogna quando si tratta di pubblicizzare i suoi libri, temendo sempre di essere un importuno, un seccatore. Prova una certa allergia per il marketing, che per quanti sforzi possa fare proprio non capisce.

Se fosse per lui scriverebbe e basta, magari nella classica soffitta, solo e isolato. E infatti aspira a trovare un editore che faccia tutto al posto suo, che lo porti in cima alle classifiche senza che lui debba neppure farsi vedere a un firma-copie. Sono i tipici orsi o lupi solitari, che possono anche avere il loro fascino misterioso, ma che in ambito libri non hanno esattamente l'approccio vincente.

Lo scrittore introverso si ripete spesso che è il libro che dovrebbe parlare per lui e trova assurdo il concetto di essere lui stesso un brand da far emergere.

Non solo non ci sa fare quando si tratta di promuovere se stesso o convincere ad acquistare la sua opera, ma prova difficoltà persino a parlarne. L'idea di esporre a un pubblico ciò che ha creato lo terrorizza. A volte si sente un pesce fuor d'acqua sui social e deve fare sforzi titanici per adeguarsi alle esigenze dei tempi di Internet.

Purtroppo io rientro in questa triste categoria. Basti pensare che questo blog è nato in modalità anonima, all'inizio ero semplicemente animadicarta, poi pian piano mi sono aperta un pochino, e quando mi hanno suggerito di mettere dei dati personali e una foto mi sono dovuta forzare a farlo, riconoscendo che aveva un suo perché.

La gente non ama gli introversi, li considera pure un po' antipatici, perché appaiono scostanti, poco inclini alle confidenze e a volte sembrano porsi su un piedistallo, pure se non è cosa intenzionale, anzi sono quasi sempre molto insicuri.

Nel peggiore dei casi scrivono roba impegnata, un po' cervellotica e vengono presi per boriosi e superbi, nel migliore appaiono come degli amabili imbranati.

* * *

Molto ci sarebbe da dire anche dal punto di vista della scrittura, degli argomenti preferiti o dello stile, ma qui mi sono focalizzata solo sulla questione promozione. Tutto questo è infatti visibile anche in altri ambiti, così che l'attività della promozione è solo lo specchio di come ci rapportiamo normalmente con il prossimo.

Naturalmente molti scrittori si collocano a metà strada, con tendenze da una parte o dall'altra.
Di certo potrei fare persino dei nomi tra gli autori che conosco, ma penso che ognuno di noi sappia dentro di sé a quale categoria appartiene. Questa consapevolezza purtroppo però non basta a risolvere il problema che si pone agli scrittori introversi, ovvero la sostanziale incapacità a promuovere. Forse l'unica soluzione sarebbe scrivere libri a quattro mani, accoppiando le due categorie... O trovare qualcuno che faccia tutto per noi, che si tratti di un valido editore o di un esperto di marketing (estroverso, ovviamente).

Non posso fare a meno di aggiungere che forse in un mondo giusto (e ideale), il successo di un libro non dipenderebbe dalla capacità o meno di interagire con i possibili lettori, ma dal valore intrinseco del libro stesso. Così che autore e opera sarebbero totalmente scissi. Ma purtroppo (o per fortuna) il mondo in cui viviamo funziona così.

E voi che tipi siete? E come vivete questa condizione?

Commenti

  1. A quale categoria mi sento più vicina anche se non totalmente parte? A quella degli estroversi. Lo sono per carattere, ma l'educazione rigida che ho avuto mi trattiene dall'esserlo troppo, troppo sfacciata, troppo ossessiva, anche se come hai sottolineato è la formula che dicono porti al successo.
    Una sana via di mezzo sarebbe ottima, ma introversa non lo sono se non quando rifletto e rimugino, o per lo meno quando scrivo. Certo non è l'atteggiamento giusto per la promozione, la chiusura impedisce la comunicazione.

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    1. Volendo ipotizzare una formula ideale, si potrebbe pensare all'estroversione per la fase promozione e l'introversione per quella della scrittura vera e propria, quindi tu potresti esserci vicina. Hai fatto un'osservazione giusta, comunque: anche l'educazione influisce nel modo di essere, combinandosi con il carattere di base.

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  2. Orso e lupo solitario mi si addicono :D
    Ma non scrivo roba impegnata, anzi.

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    1. Per fortuna! Beh, io ho conosciuto un tizio anni fa che scriveva della roba talmente impegnata da essere illeggibile ed era pure parecchio orso. Decisamente una combinazione non facile da gestire, ma non è proprio il tuo caso :)

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  3. "Quasi si vergogna quando si tratta di pubblicizzare i suoi libri, temendo sempre di essere un importuno, un seccatore". Ecco questa tua frase sintetizza la sottoscritta. Faccio davvero fatica a parlare di quello che scrivo e per mia fortuna i social un pochino mi hanno aiutata. Timidamente ho iniziato a postare i miei libri sulla mia pagina fb e così almeno i miei amici hanno saputo che scrivevo, perché prima solo pochi intimi lo sapevano. Però più di lì faccio fatica. Ho sì aperto una pagina come scrittrice e mi sono iscritta ad alcuni gruppi, ma proprio non fa per me parlare delle cose che scrivo se non molti timidamente. Pensa che l'altro giorno mia cognata mi ha detto: "Vedo che ti fai molta pubblicità su fb per la nuova edizione del tuo libro". Sono diventata tutta rossa e ho subito cambiato argomento. Da quel giorno non ho provato nemmeno una volta a parlare del mio libro anche in quei gruppi dove ti permettono lo spam in determinate giornate.
    È vero che scalano le classifiche gli scrittori che sono personaggi o, peggio, quei libri che vedi ovunque. Penso che a forza di vedere una copertina il lettore finisca per incuriosirsi. Purtroppo odio subire, come lettrice, questa "tecnica", per cui non mi passa nemmeno per la testa di provare a usarla.

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    1. Purtroppo ti capisco bene. Non ci sono molte soluzioni, se non forse quella di trovare un modo diverso di fare promozione, qualcosa che ci calzi di più. Dopotutto, chi l'ha detto che dobbiamo comportarci tutti allo stesso modo?
      Sui gruppi FB, io trovo che sia quasi inutile postare i propri libri, a meno che non siano in promozione. La maggior parte delle persone ti ignora perché è satura di quel tipo di link.

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  4. Sicuramente introverso (sin dalla nascita) e parzialmente sociopatico (anche a causa di alcune esperienze spiacevoli).
    Sono uno dei pochi blogger-scribacchini che mantiene un anonimato pressoché totale in termini di identità e immagine (solo pochissimi tra gli internauti che frequento conoscono la mia faccia).
    Cerco di farmi conoscere sul web, segnalo i miei ebook, ma di sicuro non sarei mai capace di organizzare una presentazione dal vivo, un live sul web, né tanto meno di fracassare i maroni ad amici e parenti e financo contatti su facebook pregandoli di comprare i miei libri.
    Purtroppo è un mio limite, ho difficoltà a relazionarmi con gli altri.

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    1. Se riesci a far conoscere quello che scrivi con uno pseudonimo, un tuo profilo specifico in rete, poco male. Può essere un modo per superare le reticenze ad esporsi. Certo così si perde la possibilità di fare promozione offline, perché in quel caso diventa tutto più complicato.

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  5. Bello, bello questo articolo!
    Continuo a firmarmi M. anche se ormai chi segue il mio blog sa chi sono. Secondo te a che categoria appartengo? :D
    Mi costringo a fare "marketing" perché so che è l'unico modo che ho per emergere, perché di autrici brave ce ne sono tante e se voglio essere notata l'unica cosa che posso fare è... farmi notare. Non me la cavo granché bene, anche perché il mio account FB continua a essere privato, però ci provo. Magari prima o poi mi sblocco. Chissà. ;)

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    1. Vedi che in realtà hai fatto tanti passi nell'esporti? Ormai conosciamo il tuo nome e ti abbiamo pure vista in foto! Io direi che, nonostante l'intento di non svelarti troppo, te la cavi benissimo :)

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  6. Sono un miscuglio. Dipende dai momenti e tuttavia né uno né l'altro completamente. Prendo un po' dai due profili.

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    1. La combinazione ideale, no? Credo comunque che ognuno di noi sia un po' fatto a periodi, momenti in cui sentiamo più l'esigenza di isolarci, altri in cui abbiamo bisogno di aprirci.

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  7. Cara Maria Teresa, avevo letto il post di Daniele, la verità è che io sono un'estroversa timida coi propri libri. MI rendo conto che chi gira con il suo romanzo in mano e lo promuove non ha la faccia tosta ma una forte fiducia nei propri mezzi, cosa che a me a volte manca. Bisogna stare attenti alla presunzione, quella è una brutta bestia, così come lo spam. Io detesto chi mi promuove continuamente il proprio libro nelle bacheche o altro, sono e cerco di evitarlo. C'è una linea sottile che separa la l'entusiasmo dalla piattoleria, cerchiamo di non superarla, né per un verso né per l'altro.
    Un abbraccio

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    1. Verissimo, Elena. La linea è sottile, così tanto che a volte diventa difficile individuarla. E a seconda delle tendenze del carattere, si eccede in un senso o nell'altro. Sicuramente la fiducia in noi stessi è (o sarebbe) una buona base di partenza.

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  8. A fasi alterne, a seconda della Luna, degli assetti astrali, della condizione psico-fisica, dell'ambiente dove mi trovo.
    Per esempio sul lavoro pochissimi sanno che scrivo ed ho un blog, ed è su consiglio di quei pochissimi che in quell'ambiente non faccio pubblicità. Tra amici e parenti è ugualmente difficile, perché o non capiscono l'impegno profuso o non interessa proprio leggere, quindi ti ritrovi a sentire "si, ho visto passare su facebook quella roba lì..." (poi però si incavolano se non hai visto le loro ultime foto al mare o quel post importantissimo sui... gattini...)
    Funziona di più con gli estranei, direi. Anzi, nuove amicizie sono nate spontaneamente con la scrittura, che siano lettori o altri blogger, ma comunque interessati all'ambito letterario. Più qualche sorpresa che non ti aspetti, tipo quando in palestra mi fermano e per aver visto i segnalibri disponibili in segreteria di Storie di gatti mi chiedono altre informazioni. Oppure le amiche di mia madre che da quando hanno scoperto che ho un blog hanno paura di salutarmi... e di finire dentro un racconto :D

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    1. Ahahah, povere amiche di tua madre :D
      Funziona di più con gli estranei, hai ragione, e ciò vale sia per il blog che per la narrativa. A molti poi la lettura manco interessa, quindi... Però se devo essere onesta alcune persone che conosco offline mi hanno dato molte soddisfazioni, soprattutto quando sono lettori molto attenti. Ma non è facile arrivare alle persone giuste, i veri lettori insomma.

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  9. Ahimè (lasciamo stare le cose così come stanno che è meglio!), anch'io, come te, apparentengo alla schiera degli introversi e mi sono ritrovata, pari pari, in tutte le caratterisrichieste che hai elencato. Tutte, dalla prima all'ultima! Ad un anno dalla prima pubblicazione del mio libro "Diario dei giorni sospesi", in cui pure ho affrontato un argomento di un certo peso, come il cancro - e il cancro nei bambini... - Sono arenata nella mia timidezza, nella mia zona di comfort, nel mio "se mi vogliono mi cercano". Tanto più che il mio editore non deve muovere un dito per la promozione del libro, come da contratto che tra un anno esatto scadrà. Ogni tanto mi prende uno scatto di "amor proprio" e mi cerco delle occasioni ma poi sto troppo male al solo pensiero di parlare in pubblico e così scompaiono nel nulla.
    Dovrò assolutamente cambiare, altrimenti ci rimetterò pure economicamente. Per caso conoscete dei corsi di autostima e corretto approccio con il pubblico?

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    1. Ahimè no! O meglio ce ne sono a bizzeffe in giro, ma ho i miei dubbi che queste cose funzionino senza grossi sforzi. E proprio questo è il problema: per gli introversi la promozione è uno sforzo, una fatica. Se poi non c'è neppure il sostegno dell'editore, è anche peggio. Ma, come dicevo su in un altro commento, secondo me dovremo trovare un modo "nostro" per farci conoscere, al di là di quello che è il comune modo di fare. Come ancora non lo so, appena lo scopro ve lo dirò senza meno :)

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  10. Al giorno d'oggi essere introversi nella promozione del proprio libro è davvero esiziale. Personalmente deploro gli esagerati, quelli sempre ovunque nei social e fuori, pronti a fare promozione piuttosto che confrontarsi realmente col mondo esterno, però non comprendo gli introversi cronici. Del resto, non è un caso che, come scrivi, gli editori preferiscano gli autori che sanno come muoversi per autopromuoversi.

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    1. Sì, senza dubbio oggi si rischia la totale invisibilità se non ci si espone. Gli editori chiedono la collaborazione dell'autore in questo, ma d'altra parte che tristezza constatare come tutto passi attraverso questa capacità di autopromuoversi.

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  11. Mi riconosco abbastanza nella risposta di Barbara, in particolare per quel che riguarda...i parenti!
    Posso però dire che - almeno per la mia esperienza - le presentazioni farle o non farle conta assai poco.
    O hai alle spalle un'organizzazione e un luogo di richiamo (per esempio che so, una libreria Mondadori) o puoi stare certo che arriveranno al massimo qualche parente/simpatizzante e l'unica persona che passava di lì e che si è incuriosita.
    Naturalmente nessuno comprerà qualcosa e dal punto di vista pratico - e nonostante l'estroversione e la disponibilità dimostrata nell'occasione - non cambierà niente.
    Beh, lascerò che siano i libri a parlare per me (in bene, spero!).

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    1. Sì, ho assistito anche io a presentazioni tristissime, con quattro gatti ad assistere. E pure in librerie di un certo peso. Anche lì bisogna partire con un buon seguito e avere il sostegno di persone del settore, altrimenti diventa un buco nell'acqua.

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  12. Introverso, assolutamente nonostante l'età.
    Basti pensare che ho più scritto che parlato in vita mia. Lo scrivere è diventato nel tempo la forma di comunicazione che prediligo. anche oggi che sono nonno coi miei nipotini (luce dei mie occhi) il massimo della espansività o comunicazione verbale è raccontare delle vecchie storie.
    Mi sto confrontando in questi giorni con la promozione del mio esordio. Credevo che fosse cosa più facile, perfino coi parenti dopo le prime comunicazioni ho desistito. Non ho quello che si suol definire "la faccia tosta" necessaria per promuovermi, tuttavia nella scrittura in soffitta o in cantina mi sento a mio agio, ed è lì che riesco ad esprimere tutto me stesso o quasi. E' come una forma di patologia il non voler salire cattedra e parlare di me o delle mie idee, anche se qualche volta l'ho dovuto fare per lavoro.
    Bell'articolo.
    Grazie!
    Rosario

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    1. No, non è facile, tanto meno con persone che conosciamo bene, anzi forse è pure peggio. La faccia tosta o uno ce l'ha o non ce l'ha, è inutile che si dica il contrario. E' uno sforzo però da fare, per lo meno per amore di ciò che abbiamo scritto e a cui abbiamo dedicato tanto tempo e attenzione. Vedila così...

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  13. Introversa sicuramente, ho sempre fatto fatica a comparire e ho mostrato la mia faccia solo sul mio blog è solo perché ero in compagnia di Sandra e Cristina (e poi quel giorno a Milano ero già uscita dal guscio facendo la mia prima presentazione, ho fatto davvero uno sforzo sovrumano). Parlare poi del fatto che scrivo e farmi pubblicità è davvero difficile per me, me lo impongo perché capisco che se voglio emergere dalla moltitudine di pubblicazioni qualcosa devo fare...

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    1. Eh sì, oggi con la moltitudine di pubblicazione si rischia davvero di sparire. Basta vedere a cosa si riduce la gente, pur di farsi notare. E' confortante, comunque, sapere che non si soli in questo sforzo :)

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  14. Autori introversi ed estroversi... Quando si parla di autori penso a Saviano, per esempio. O Camilleri. Anche Fabio Volo. A quelli che stanno nella cinquina dello Strega, ad altri che passano in TV, sui giornali, nei saloni del libro. Vengono invitati a raccontare non solo il libro e il firma copie nelle librerie, ma entrano nei dibattiti culturali e politici. Loro sono estroversi, ma anche interessanti, poliedrici, originali.

    Tutte queste cose invece noi non le facciamo, ovviamente. Parliamo solo dei nostri libri nei social. Introversi o estroversi, in generale, a me sembrano noiosi entrambi. Anche gli introversi parlano moltissimo dei propri libri, nel proprio e negli altri blog, ma non risultato più interessanti e riflessivi degli estroversi (... Gli introversi in genere non hanno bisogno di cercare negli altri l'emozione perché di per sé sono propensi a fantasticare e riflettere, vedi Wikipedia). Gli estroversi, per contro, non sono più simpatici degli introversi, più parlano del loro libro e meno mi viene voglia di acquistarlo. Mi chiedo, per entrambi: ma se dovessero per ipotesi andare da Fazio, saprebbero dire una cosa originale e interessante per il pubblico a partire dai propri testi? Saprebbero efficacemente presentare in due minuti, in una frase, in una battuta tutta la propria arte? Farebbero venire la voglia di acquistare il proprio testo solo parlando di se stessi e delle proprie esperienze di scrittura e di vita?

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    1. No, è vero: l'essere interessanti o il saper presentare uno scritto in modo da suscitare la voglia di comprarlo, non ha niente a che vedere con l'estroversione e l'introversione. Direi anche che ci sono autori molto bravi (autori nel senso indicato da te) che quando parlano dal vivo non risultano affascinanti quanto la loro scrittura.
      Però non sarebbe bello un mondo dove il testo si pubblicizza da solo, senza che chi l'ha prodotto debba costituire di per sé un'attrazione?

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  15. Ma esistono davvero estroversi e introversi puri? Mah!
    Io tendo più per la prima categoria eppure talvolta mi scopro selvatica. :D
    A ogni modo, per rispondere alla tua domanda, sono convinta che le presentazioni, se affrancate da un sistema sinergico, non facciano la differenza nella promozione di un libro. A meno che l'evento non sia supportato da una grande casa editrice. In quel caso, l'editore, se sei un signor nessuno ti sosterrà semplicemente imprimendo il logo del brand in copertina (che ha un suo fascino magnetico), se sei "qualcuno" muoverà le masse facendo leva su più livelli di comunicazione. Ciao! :)

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    1. Indubbiamente ci sono anche altri fattori che entrano in gioco nel successo o insuccesso di un libro, io parlavo solo dell'indole personale che ci porta a essere più o meno disposti a parlare e fare pubblicità alle nostre creature. D'altra parte anche un grosso nome non garantisce la fama, no?
      Penso che esistano estroversi e introversi puri, ma è anche vero che ci sono molte sfumature :)

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  16. Nella vita di tutti i giorni mi ritengo un'estroversa, mi piace stare con la gente e socializzare. Nella scrittura, all'opposto, divento introversa, non pubblicizzo neppure l'esistenza del blog e non amo parlare della mia passione per la scrittura. Se dovessi pubblicare, sarebbe un fallimento in partenza. Penso si tratti del fattore autostima: probabilmente non credo fino in fondo nelle mie capacità scrittorie (:

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    1. Non sei la prima che parla di questa reticenza nel parlare dei suoi libri, nonostante il carattere estroverso. Ci sarebbe da ragionare su questo fenomeno. Forse inconsciamente li riteniamo dei prodotti molto intimi e quindi non siamo portati a condividere troppo...

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  17. Un libro che ha venduto molto è quello di Elena Ferrante e nessuno la conosce (sebbene si avanzano ipotesi sulla sua identità...)
    A volte non penso che occorra troppo mettersi in mostra. nel caso dei libri funziona molto il passaparola e quello si innesca solo se il libro in qualche modo piace. Attenzione: piace non vuol dire che è bello. Piace e basta. Piace il genere, piace come è scritto, piace in quel momento. Ecco, il momento è fondamentale. Se Omero avesse pubblicato oggi qualche suo scritto avrebbe venduto ben poco. Altresì se Heminguay si fosse trovato nell'antica Grecia probabilmente avrebbe fatto altro. Il momento è fondamentale. Per tutto.

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    1. Però bisogna dire che intorno al nome di Elena Ferrante c'è stato molto chiacchiericcio e anche questo ha scatenato la curiosità e la conseguente fama.
      E' vero comunque che i tempi hanno un grande peso, ci sono le mode da considerare, le tendenze di lettura, dunque alla fine non dipende totalmente dall'autore il suo successo ma anche dal "tempismo" che ha avuto la sua storia.

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  18. Io da buona Bilancina mi ritengo una persona estroversa, seppur con riserve. Penso di avere delle buone doti comunicative, e non mi ritengo affatto timida, però non sono "socio-dipendente" come molte mie amiche, che se non sono sempre circondate da frotte di persone si senton delle emarginate sociali. Io amo la compagnia, ma ho bisogno dei miei spazi e della mia tranquillità, nonché la necessità di circondarmi solo di persone che apprezzo veramente. Non mi piacciono la falsità e l'ipocrisia, e questo mi rende difficilissimo il lavoro di venditrice. Riesco solo a fare ciò che mi viene naturale. Comunicare mi viene naturale, e questo mi agevola, ma non sono come alcuni miei conoscenti, venditori di professione, che al posto degli altri esseri umani vedono banconote che camminano...

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    1. Anche io sono Bilancia, eppure sono introverso :)

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    2. Saper comunicare e soprattutto avere voglia di farlo aiutano molto a vendere, ma capisco quello che dici. Essere venditori non dovrebbe comportare falsità e ipocrisia, così come si dovrebbe conservare il rispetto per i possibili acquirenti, cosa che non sempre accade. Io quando fiuto "manipolazione" scappo a gambe levate.

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    3. Esatto, è proprio questo il punto. Come ho scritto la settimana scorsa sul blog della Bilancia atipica qui sopra (ciao, Daniele :-D), un esempio è quello del comment-marketing. Io non ho mai concepito il commentare i blog altrui come una strategia di autopromozione, anche perché quand'ho iniziato a frequentare il tuo blog, così come Penna Blu, Appunti a Margine non esisteva ancora. Leggere e dire la mia è semplicemente una cosa che mi piace, e che faccio volentieri. Se porta un vantaggio in termini di visibilità ben venga, ma non è questo lo scopo. Stessa cosa accadrà quando dovrò fare "marketing vero": seguirò la mia estroversione, senza forzature.

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    4. Sono pienamente d'accordo con questo modo di vedere le cose. Anche io mi sento allergica a certe strategie marchettare. Mi fa però rabbia vedere che il mondo funziona proprio su queste basi e che va avanti chi mette in pratica certi sistemi. Da parte mia io sto commentando in giro solo quando mi va di farlo, senza doppi fini. Vedo che questo comporta spesso che le persone spariscono da "casa mia", ma in fondo meglio così, è un filtro naturale rispetto alla triste pratica del commento di scambio.

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    5. Anch'io, che ultimamente ho meno tempo per seguire i blog altrui, ho notato che i commenti da me sono diminuiti. Però la loro qualità è migliorata, sono tutti di un certo spessore. Non ci sono più persone che vengono solo per far presenza e nemmeno leggono l'articolo (me ne sono accorta tante volte) ma tutti quelli che mi seguono lo fanno perché vogliono, quindi non fanno finta di leggere ciò che scrivo. :)

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  19. Potrei sintetizzare così: io sono molto estroversa e tuttavia mi vergogno quando mi faccio pubblicità e mi ripeto che un buon libro parla da solo (ma non è così). Datemi un addetto al marketing, datemelo subito!!!!!

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    1. Ahahahha! Eh, sarebbe bello averne uno tutto personale, in effetti. Potrebbe cominciare con l'occuparsi della quarta di copertina... e via dicendo. Diciamocelo, a molti di noi piacerebbe scrivere e basta. Purtroppo pare che non si possa... :)

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  20. Io sono introverso di natura e mi ritrovo in ciò che scrivi, ma devo dire che essere un self publisher e dover promuovere i propri libri aiuta un po' ad essere meno introversi. Dobbiamo semplicemente trovare un certo equilibrio, anche se non è facile, per permettere agli altri di scoprire le nostre storie.

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    1. In effetti essere self publisher ti mette in una situazione particolare, perché ti senti totalmente responsabile del destino della tua "creatura". Beh, forse non totalmente, però di certo costringe a trovare l'equilibrio di cui parli. E no, non è facile trovarlo.

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  21. Interessante, direi che facendo un'autoanalisi sono un mix tra i due. Di partenza sono un'introversa, ma su alcuni aspetti sono molto migliorata specialmente facendo alcune esperienze "formative" come la presentazione dei miei libri. Parlare in pubblico è uno dei metodi più traumatici ma efficaci che esistano, un po' come essere buttati in piscina senza saper nuotare! Una volta mi è capitato di dover parlare davanti a un gruppo di esperti medievisti senza aver preparato nulla sull'argomento. :-(

    Anch'io, come te, ho messo la mia foto sul blog dopo molte resistenze, e ora come ora mi chiedo come mai non lo abbia fatto prima. Le persone sono contente di vedere la mia faccetta spuntare qua e là, per assurdo che possa sembrare.

    Ho ancora alcune sacche di resistenza da vincere, ad esempio mi vergogno molto quando chiedo le recensioni dei libri, ma ho scoperto che bisogna farlo in quanto le persone sono prese da mille altre cose e non se lo ricordano.

    Quello che non faccio e non penso che farò mai - a meno di un impazzimento totale - è andare in giro a starnazzare sui social.

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    1. Pensa che a me sembri tanto naturale nelle presentazioni! Immagino che sia proprio come dici, una questione di pratica, anche se all'inizio deve essere traumatico.
      Oggigiorno fa piacere abbinare un volto a un testo, che si tratti di articoli di un blog o di libri. Sembrava assurdo anche a me che la cosa possa fare la differenza, ma mi sono dovuta ricredere.
      Sulle recensioni, hai ragione, spesso bisogna sollecitarle... c'è pure che si rifiuta punto e basta, non ci stanno santi di fargli mettere due righe! Pazienza :)

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  22. Come giustamente dicevi, spesso non si è una categoria netta. Io potrei dire di essere dalla parte introversa, ma per alcuni aspetti mi sento più vicino all'estroverso.
    In ogni caso "avere la faccia tosta", proporsi spesso e volentieri, fare strategie di marketing, non è detto che funzioni, possono tranquillamente andare a vuoto per quanti sforzi un estroverso faccia (parlo per esperienza personale, insomma).
    Ciao, buone cose e buon proseguimento.

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    1. Eh sì, non sempre funziona, a prescindere dagli sforzi o dal temperamento più o meno comunicativo. I meccanismi del successo di un libro restano per lo più oscuri, così come sono imprevedibili le reazioni dei lettori.

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  23. Se avessi pubblicato, come autore sarei simile a Jerome David Salinger o Thomas Pynchon. Si è parlato in questi interventi della misteriosa Elena Ferrante: dejà vu: che dire, al confronto, di B. Traven (cercate B, Traven su google e wikipedia)?

    Volete sapere di cosa parla il mio libro? Volete proprio saperlo? Strano! Quasi sospetto. Non sarete mica della Finanza? (se vende...). Siete invece soltanto curiose/i o interessate/i? Curiosità e interesse solo apparentemente sembrano coincidere: sono, in realtà due concetti diversi. Bé, tornando al mio libro, la cosa più semplice da fare al riguardo e comprarselo e leggerselo, non vi pare? che altro? Se proprio volete che ne parli(amo), do per scontato l'abbiate letto. Altrimenti, di cosa parliamo quando parliamo del mio libro? Mi auguro l'editore abbia una distribuzione efficace, e se non lo trovate in libreria (il libro non l'editore) lo possiate ordinare con facilità.

    A pensarci bene, cosa c'entro io con il libro? Mi dicono ci sia il mio nome sulla copertina? Non può che trattarsi di un puro caso di omonimia. Davvero curioso!

    Come? Se sono sui social? (è roba che se magna?). No, sono più originale: io sono a-social! Se volete trovare scrittori; veri, presunti o sedicenti, andate pure sui social. Se volete trovare me, leggete il mio libro. Pensate: lo potrete fare anche in mia assenza. E quando non ci sarò più (prima o dopo, a queste cose bisogna pure pensarci, no!). E' bello non sentirsi indispensabili.

    Piccola avvertenza finale ma necessaria: abbiate la cortesia di attendere che qualche editore, bontà sua, il mio libro lo pubblichi.

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    1. Purtroppo oggi non funziona così. Certo, un editore con risorse a disposizione (ma c'è crisi, non dimentichiamolo...) potrebbe fare la differenza, ma nella stragrande maggioranza dei casi, l'autore deve metterci del suo nel far conoscere il libro. La mole di roba pubblicata è così grande che nessuno verrà da te e si interesserà a cosa hai scritto. Con la concorrenza che c'è, sei praticamente invisibile. Anche se si tratta di un editore importante e il libro compare sugli scaffali delle librerie, non è detto che qualcuno lo compri, a meno che non ha già sentito parlare dell'autore o della storia. Bisogna prendere atto di questa cosa, per quanto dolorosa possa essere.

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    2. Non so se e quanto si sia notato ma in genere quando si presenta o annuncia la pubblicazione di un libro, l'autore raramente è "solo" scrittore. Il più delle volte viene presentato come "Tizio, giornalista e scrittore", quindi una persona che prima si è fatta conoscere con la propria firma o magari in TV e proprio in virtù di questa conoscenza e/o visibilità, gli è facile trovare un editore (non sempre, per giornalisti poco noti, i quali han anche loro un bel daffare per cercarsi un editore). Si arriva quindi al paradosso che per farsi (ancor più) conoscere, comprare e leggere, bisogna già in certa misura essere conosciuti. Per l'editore l'esordiente, come lo scrittore di racconti, dovrà comunque esserci sempre, se non altro come alibi per poter ribattere a qualche accusa o critica "Non è vero che non pubblichiamo testi di esordienti e men che meno raccolte di racconti: guardi i nostri cataloghi!" uno, due c'è sempre. Alla fin fine quella che resta (e vende) è l'opera anche se per l'editore che è e rimane pur sempre un imprenditore che deve far quadrare i conti e realizzare utili, sarà invece l'autore che gli fa vendere e se lo terrà ben stretto nella sua scuderia.

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  24. Considerazioni che condivido pienamente e che vivo anche sulla mia pelle, considerando che anch'io sono un'autrice esordiente( ci siamo già incontrati con la presentazione sul tuo spazio) e non sono il tipo che fa un gran vociare in giro, presentando il suo libro come il capolavoro del secolo che tutti aspettavano.
    Estroversi sì, ma al punto giusto e soprattutto trasmettendo qualcosa di valido, senza diventare rappresentanti che vogliono vendere a ogni costo!
    Difatti quelli disinvolti sfrontati hanno la meglio, scalano le classifiche e incassano. Il libro sta diventando sempre più un prodotto commerciale che non un frutto dell'arte.
    E vedi questa degenerazione in ogni settore della vita: chi appare chi sa vendersi ha la meglio sulle persone che lavorano con serietà coscienza.
    Detto questo non posso fare altro che farti i migliori auguri per il successo di quello che scrivi come romanziera e come blogger.
    Ciao

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    1. Ciao Silvana, senza dubbio è vero quello che dici, il libro è ormai un prodotto commerciale e come tale viene trattato da editori e dagli addetti ai lavori.
      Credo anche che per il genere di libri che scrivi tu e in generale per chiunque voglia mandare un messaggio con le sue storie, sia importante il tipo di comunicazione che suggerisci, ovvero trasmettere qualcosa di valido anche nella fase promozione.
      C'è comunque da dire che certi strombazzamenti hanno sì un effetto, ma anche vita breve, se dietro non c'è una buona storia.

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    2. Già, molto arguto. Esiste la letteratura "alimentare" come la chiamava Simenon e la Letteratura che resta, quella che dobbiamo studiare a scuola o all'università, la quale non è fatta dagli editori (di cui diffidare assai quando cominciano ad adulare l'esordiente: "sei il nuovo... l'erede di ... e via il Grande Nome. Non spetta a loro dire questo). Non mi ricordo più se sia stato "I malavoglia" o "Mastro don Gesualdo" ad avere scarsissima fortuna editoriale: poche vendite, in pratica. Eppure Giovanni Verga fa parte della nostra cultura, mi auguro non solo scolastica. Altri ora dimenticati (Guido da Verona, Carolina Invernizio e altri) un tempo parecchio noti fecero anche parecchi soldi. E adesso? L'avevo trovato in rete il titolo e l'autore di un libro che faceva proprio la storia di questi un tempo notissimi scrittori italiani dello scorso secolo ora pressoché del tutto dimenticati, ma non lo ricordo più. Dev'essere un testo comunque interessante.

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  25. Sono una scrittrice introversa che si trova bene con gli altri, se non mi sento spinta a fare per forza cose che non sono nel mio carattere. Non ho l'animo della piazzista; lo dico pensando a un mio amico, che fin da bambino è sempre stato capace di vendere tutto a tutti, dal turacciolo al diamante. Convivo bene con la mia introversione, pur rendendomi conto che il carattere influisce sulle vendite. Quello che non sono, non sono. Intendo invece cercare modi di farmi conoscere che mi siano congeniali (se ne esistono). Non attribuirei troppe connotazioni negative allo scrittore introverso, comunque. Creare e vendere sono attività molto diverse; non c'è da meravigliarsi se non si è bravi in entrambe. :)

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    1. E' un'atteggiamento molto equilibrato. Che si sia estroversi o introversi bisognerebbe stare bene con se stessi e accettarsi negli aspetti negativi come in quelli positivi. Certo, è vero che creare e vendere sono attività diverse, l'ideale sarebbe lasciare quest'ultima a chi lo fa per professione e con l'indole giusta. Da parte nostra ci si può solo provare, magari nei modi che ci sono più congeniali, come hai detto, senza troppe forzature.

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  26. Nella vita, secondo me, gli estremismi non fanno bene a nessuno.
    In determinate situazioni sono d'accordo per un “sì” o per un “no”, ma in altre è meglio ponderare sempre le scelte. Il mio professore di latino era solito dire: «Non rispondete mai “no” o “sì”. È meglio un “ni” (affermava ridacchiando). Se sarete categorici vi precluderete la possibilità di cambiare idea.»
    Bisogna essere quanto basta estroversi e quanto basta introversi.
    Che l'Italia sia il Paese in cui pochi leggono e tanti scrivono è risaputo da tempo. Tempo fa ho acquistato un giallo su Amazon (ebook). Che delusione! Il tizio avrebbe dovuto rileggere prima la grammatica e poi scrivere. Dopo 20 anni di lettura libri, però.
    Non è detto che le recensioni positive siano sinonimo di vendita.
    Un autore famoso e affermato che conosco molto bene (abita nella mia zona), mi ha confessato di aver venduto pochissimo nelle librerie. Molto di più nelle presentazioni, in tutta Italia. E sì, perché alle presentazioni vanno gli interessati e un libro se lo portano via quasi sempre. Quasi. In libreria è sempre un azzardo, a meno che non si conosca bene (molto bene) il libraio che potrebbe privilegiare la posizione del romanzo in primo piano e non su uno scaffale seminascosto e polveroso.
    Gli editori incoraggiano l'auto-promozione per un semplice motivo: per vendere. Non importa in che modo, non importa quando e come. Non sono società di beneficenza, sono imprese commerciali. In pratica, tutto fa brodo!
    Riporto qualche esempio che mi riguarda.
    Stressato da amici e parenti ho pubblicato il mio secondo romanzo. Il primo era un horror in un concorso che ho vinto. Il secondo è un giallo. Ebbene, ho venduto abbastanza nelle presentazioni, qui in Liguria e nel basso Piemonte. Basta rivolgersi in tempo ai comuni o alle pro-loco che sono felici di mettere in calendario l'evento e a disposizione le sale per le presentazioni. Tutta pubblicità turistica gratuita per loro e per gli autori. Su certe persone, un evento “culturale” fa sempre effetto.
    Se poi il romanzo è ambientato in una determinata località storica allora le vendite sono assicurate. Io l'ho fatto e lo faccio tuttora. Basta saper individuare la struttura più adatta. In questo caso, per me, è stato un museo etnografico. Centinaia di copie vendute. E non credo che sia finita.
    Sono un "markettaro"? Sì. Faccio "marketing" in parallelo all'editore? Sì. Che c'è di male e che c'è di strano?
    Nelle "strutture" dedicate, si vende bene e molto. Le persone che vanno a visitare un museo sono di parte e sono propense e disposte ad acquistare anche un romanzo, purché il tema trattato e l'ambientazione richiamino quella del posto.
    Se scriviamo di un morto annegato, facciamolo morire nel Canal Grande, oppure sulle sponde del lago Maggiore, in una località ben definita e studiata nei particolari. Una gita di perlustrazione è d'obbligo. Non vi fidate di Wikipedia. Le sensazioni si provano sulla pelle non nel virtuale.
    Non ambientiamo un romanzo a Copenaghen, se non ci siamo mai stati. Meglio il borgo vicino a casa. Quello a pochi chilometri. C'è sempre qualcosa che ci è sfuggito, facciamolo vivere lì.
    Un tizio scrisse un romanzo ambientato in Norvegia. Dato che conosco molto bene la Norvegia, non vi dico gli strafalcioni che si era permesso di scrivere e inventare. Era rimasto ancora ai vichinghi con le corna sugli elmi. Falso! I vichinghi non si sono mai messe le corna in testa. Non date retta a Hollywood.

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    1. (continua da sopra)
      A proposito di marketing fai-da-te. Ho dato in esclusiva il mio romanzo a una sola edicola per paese e città (dodici in tutto). Soltanto lì si può acquistare, in forma esclusiva, così l'edicolante è più propenso e interessato a spingere le vendite. C'è tanto di cartello esposto in bella mostra, in vetrina e dentro. Inoltre, ho fatto stampare un migliaio di locandine/inserti personalizzati che i dodici giornalai inseriscono all'interno dei quotidiani acquistati. Qui entra in funzione un po' di buona parlantina. Bisogna sapersi vendere. E convincere. Per il guadagno (non ricavo), ho convenuto fifty e fifty.
      Nelle librerie il nostro libro si perde, nell'edicola meno. Molto meno. Lì, ci sono pochissimi libri e il nostro "capolavoro" può essere disposto molto bene.
      Faccio male, faccio bene? La risposta non mi interessa. Il fine ultimo è vendere copie cartacee (volete mettere il profumo della carta stampata?), non importa come e non importa dove.
      Io non scrivo né per la gloria, né per fare soldi, scrivo per il mio piacere, parafrasando le parole di Awda Abu Tayi in Lawrence d'Arabia. Se poi ricavo un po' di soldini, ben vengano. Me li vado a "scoppiare" con moglie, figli e nipoti.
      Non so che cosa facciano gli altri autori e come lo facciano, mi interessa relativamente, io ho adottato il metodo che ho esposto e sta dando i suoi frutti. Ottimi frutti, al di là di ogni previsione.
      Non so dalle vostre parti, ma da me ci sono pochissime persone con le quali confrontarsi. Hanno tutti da fare, vanno tutti di corsa, avanti e indietro.
      L'unica libreria nel mio paese vende pochissimo (capito perché non gli ho dato il mio romanzo?). Alla fine dell'anno probabilmente chiuderà. Qui sono veramente in pochi a leggere libri. Che tristezza.

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    2. Gentile Giorgio, la ringrazio molto per aver condiviso con noi tutto questo dopo esserci confrontati in privato. Penso che le esperienze che si fanno in questo campo possano essere sempre utili agli altri, sia per chi comincia che per chi ha già all'attivo delle pubblicazioni. E' vero che non è facile trovare con chi parlarne, è un dato di fatto che la gente legge poco ed è ancora meno interessata a parlare di libri. Per fortuna esiste la rete. Grazie ancora.

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