“La follia del mondo”: ne parlo con l'autore Marco Freccero
La follia del mondo è la terza raccolta di racconti di Marco Freccero, l’ultimo della serie chiamata dall'autore Trilogia delle Erbacce. Ho ospitato Marco in un’intervista dedicata alla prima di questa serie (Non hai mai capito niente) e ho oggi il piacere di porgli qualche altra domanda, in occasione della sua recente pubblicazione.
Come per la prima raccolta, anche la lettura di questi ultimi racconti è stata per me particolarmente intensa. Sono storie brevi, che non lasciano indifferenti, tutte a modo loro in grado di segnare in profondità e a lungo. Di alcuni personaggi ho un ricordo tuttora molto vivo, e qui devo riconoscere la bravura dell’autore che è riuscito con pochi tratti e in un arco di pagine limitato a far emergere dei quadretti potenti.
Anche in questo caso si tratta di personaggi alle prese con problemi personali che potrebbero essere anche i nostri, uomini e donne immersi in situazioni difficili, impegnati in una lotta contro problemi quotidiani o vittime di circostanze avverse.
Usando una prosa schietta e lineare, l'autore riesce a trasmettere emozioni forti, parlando dritto al cuore, commuovendo senza retorica o stucchevolezze. Siamo ben lontani da un mondo impregnato di sentimentalismo, perché la realtà che viene ritratta è spesso cruda, impietosa. Tuttavia, nonostante alcuni racconti siano veri pugni nello stomaco per la durezza degli eventi e quindi apparentemente portatori di una prospettiva cinica, io trovo che non manchino dei momenti positivi, di speranza, di sincero affetto e di un messaggio etico forte.
Mi ha colpito molto, inoltre, la dignità che trasmettono i protagonisti nell’accettazione delle loro esistenze o addirittura tragedie, e per il senso morale che contrappongono a volte alle evidenti ingiustizie nel mondo e alla cattiveria del prossimo.
Ho apprezzato moltissimi aspetti di questa raccolta, che mi è piaciuta forse più della prima. Lo stile dell’autore mi è sembrato più maturo e consapevole, così come ho notato una maggiore sicurezza nelle storie.
E ora lascio spazio alla chiacchierata con l'autore, per approfondire alcuni aspetti dei suoi racconti.
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1) Ciao, Marco, sono felice di averti di nuovo qui.
Ho notato che nei tuoi racconti, in modo particolare in quest’ultima raccolta, emerge spesso un senso di incomunicabilità tra le persone. L’incomprensione e il silenzio pervadono molte relazioni, anche quelle in apparenza più serene. A un certo punto un personaggio dice una frase che mi è piaciuta molto: “Non dobbiamo avere paura delle parole, ma del silenzio”. Secondo te, la mancanza di dialogo, di comunicazione, è uno dei mali del nostro tempo, o in generale dell’umanità?
Ciao Maria Teresa. Grazie dello spazio che mi regali, innanzitutto.
Il protagonista di quel racconto, come ricorderai, tiene tutto dentro di sé. Nemmeno lui sa dire perché agisca in quella maniera, ma sente che deve fare così. È come se ci fossero “zone”, o argomenti, che dobbiamo affrontare da soli, senza l’aiuto di nessuno. È sbagliato? È giusto? È giusto, ma a un certo punto chiedere aiuto, dialogare, diventa necessario? E come si capisce che ci si è spinti un po’ troppo in là nella solitudine, e questa diventa patologia? Naturalmente io non so rispondere a queste domande. Racconto delle storie e con esse mi piace ricordare a chi mi leggerà che l’essere umano è una faccenda tremendamente complicata.
Ah, però una rivelazione la devo fare: io adoro il silenzio e non sono d’accordo con quello che ho scritto. Ma il personaggio quello ha detto, e io non potevo far finta di niente.
2) Un altro tema che accomuna spesso le tue storie è quello del denaro, non solo quando si parla di problemi economici, ma anche inteso come simbolo di avidità, come causa di spaccature profonde. Ritieni che il denaro sia alla base di tanti problemi, quasi un catalizzatore delle umane follie?
Sì, certo. Il denaro, la sua mancanza, credo che conduca l’individuo davvero alla follia. Viviamo o no in una società dove tutto ha un prezzo, dal pane all’acqua? Ma il denaro è anche l’occasione per contemplare la natura del singolo, chi è sul serio, al di là delle maschere che indossiamo quando usciamo di casa. Ma so anche che non è solo il denaro il problema, ma il potere. Il denaro è uno dei mezzi che usiamo per esercitare il potere, ma ce ne sono molti altri. E se tutti credono che il denaro sia cattivo, esiste ancora l’idea che il potere possa essere “buono”, purché usato con criterio, con tutta una serie di contrappesi che dovrebbero avere come fine, quello di renderlo “accettabile”. Temo che corroda chiunque, alla lunga...
3) Tra i racconti che mi hanno più colpita di questa raccolta, c’è Il lupo cattivo. L’ho trovata una storia molto bella per il rapporto padre-figlia, e anche emblematica di un modo di vedere la vita, di chi vive sempre sul chi va là, certo che ci sia sempre qualcosa di spiacevole in agguato. “Non c’è al mondo un posto sicuro, quando il lupo è a caccia”, dici. E la fine del racconto sembra dimostrare proprio questo. Tu personalmente condividi questo approccio, essere “felici, ma con prudenza” (prendo in prestito delle parole tue)?
A mio parere “Il lupo cattivo” è il migliore della raccolta, e forse uno dei migliori della Trilogia delle Erbacce. Detto questo: a me piace essere prudente non per raggiungere la felicità, che non mi interessa. Ma per conseguire i miei scopi. So che dietro ogni angolo, e in ogni istante, si cela qualcosa di imprevedibile e invincibile. Non lo vivo affatto come motivo di angoscia però: è la vita. Non puoi farci nulla. Passeggi sul marciapiede (perché sei prudente), e una macchina ti investe e muori. Fine della storia. Se camminavi in mezzo alla strada, in quella occasione, avevi salva la vita. Ma di solito se passeggi in mezzo alla strada qualcosa ti capita comunque. Alla fine, occorre vivere ogni ora come fosse l’ultima che abbiamo a disposizione. Niente sciocchezze, niente perdite di tempo, badare all’essenziale e darci dentro.
4) La cattiveria gratuita, spietata e soprattutto ingiusta, è un altro elemento che trapela. Una storia particolarmente dura a questo proposito è quella che dà il titolo all’intera raccolta. Il mondo è folle, folli gli esseri umani. Tu credi in una possibile evoluzione interiore o che l’uomo è destinato a restare quello che è?
Il problema dell’evoluzione interiore è che se io non voglio evolvere… Non evolverò. L’essere umano è libero e sceglie con consapevolezza cosa fare e come. Non credo alla pazzia (che pure esiste, ma è relegata a pochi casi), o all’ignoranza. Credo alla libertà e questa comprende, purtroppo, anche quella di scegliere il male. La Storia è zeppa di artisti eccezionali che erano dei miserabili esseri umani, che si sono prestati a ideologie totalitarie, che hanno chiuso gli occhi di fronte a tragedie e massacri. Eppure hanno scritto, o composto, o creato, capolavori che dovrebbero indurre le persone a evolversi. Non succede, però.
5) Sono curiosa: qual è il personaggio de La follia del mondo che senti più “tuo”, al quale ti sei stato più vicino durante la scrittura?
Forse il siciliano del racconto “Per sempre giovani”. Non saprei spiegare il motivo, si tratta forse di un modo, uno stile. Mi pare che lui abbia l’atteggiamento giusto di chi racconta le storie, o almeno l’atteggiamento giusto che occorre avere quando si inizia a raccontare storie. Quello di osservare fatti e persone con rispetto e compassione. Lì, a dire il vero, anche lui è oggetto di compassione da parte dei due coniugi. Ma mentre scrivevo la storia lo vedevo anche “dopo”, come chinato a riflettere sul fatto che gli era accaduto, cercando di capirci qualcosa. Ma senza recriminare, senza urlare.
6) Leggendo questa terza raccolta, ho notato diversi cambiamenti rispetto alla prima. Dal tuo punto di vista, invece, cos’è cambiato?
Questa sì che è una domanda difficile, perché sono molto coinvolto e forse dovrebbero essere i lettori a rispondere. Ma ci provo. Ormai credo di avere tracciato i confini del mio “mondo letterario”. Più o meno, è questo il cuore delle mie storie, e dubito che ci possano essere degli stravolgimenti in avvenire (ma mai dire mai). Detto questo, ho tentato di raccontare delle storie dove le persone provano ad andare avanti. Ma questo immagino fosse già presente nelle mie due raccolte precedenti. Il cambiamento, se c’è stato, riguarda adesso il male. In alcuni racconti c’è, ha un volto rassicurante (come ne “La Follia del Mondo”); o si muove, in un certo senso, dietro le quinte (come nel racconto: “Intelligenza”); oppure ha i connotati di un evaso (“Educazione italiana”). Prima, nelle mie altre storie brevi, era una presenza che aleggiava: era la crisi (che pure è non manca nemmeno qui), o l’imponderabile. Gli scrittori davvero bravi, e i critici, dicono che chi racconta storie deve prima o poi affrontare il male, anzi: la letteratura è parlare e scrivere del male. Immagino che abbiano ragione, e io ci provo.
7) Anche nello stile ho notato delle modifiche. Salta subito all’occhio per esempio che la prosa è ancora più asciutta. In particolare, volevo chiederti come mai non ci sono quasi mai punti interrogativi nei dialoghi diretti?
Mi piace essere sobrio. Cerco di esserlo non per un motivo estetico, ma di efficacia. Come diceva Raymond Carver: “Le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste”. I punti interrogativi, adesso. È un mio vezzo, lo confesso, e infatti alcuni si trovano un po’ spaesati. Ma se scrivo: “Gianni chiese”, ho già spiegato di cosa si tratta. È una domanda e per questo motivo non metto il punto di domanda. Mi sembra una ripetizione inutile. E se scrivo: “Come stai?” non metterò mai il verbo Chiese o Domandò, perché è evidente che siamo alle prese con una domanda. Il mio è un maldestro omaggio a Cormac McCarthy: lui nei dialoghi non mette né caporali né lineette. Io provo a fare qualcosa di simile, ma con risultati ben inferiori, si capisce.
8) Per chiudere, vorrei parlare del futuro di Marco Freccero autore. So che bolle in pentola un famoso progetto di scrittura, ci dai in anteprima un assaggino?
Mica semplice! Si tratta, ma per adesso molto è avvolto nella nebbia, di una nuova trilogia, stavolta però si tratta di romanzi. Ancora una volta tutto è ambientato nella città di Savona (e non saprei ambientarla altrove), e prevede un discreto numero di personaggi e di sotto-temi (si dirà così? Mah!). Ma il tema forte mi è apparso mentre terminavo di scrivere il racconto “La fabbrica”. Sono le poche parole che pronuncia un personaggio che appare proprio verso la fine, e che le rivolge al protagonista. Lì mi è sembrato di trovare un tema interessante, ma anche difficile da affrontare e da rendere sulla pagina. E magari non ne farò nulla, però ci proverò lo stesso. Come ho ripetuto più volte sul mio blog, il primo capitolo di questa trilogia (che identifico con l’hastag #progettoIOTA), apparirà verso la fine del 2018. Ma magari non ne farò nulla...
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Ringrazio Marco per aver risposto alle domande. Di seguito riporto alcuni dati sulla raccolta e sull'autore.
Bellissima intervista, complimenti Maria Teresa.
RispondiEliminaHo ritrovato un Marco Freccero del tutto a suo agio in questo scambio di informazioni sempre molto interessanti e sempre più bravo. Anche io di tutta la trilogia ho amato di più questa parte finale, e non vedo l'ora di leggere quello che bolle in pentola. Tra tutti gli autori letti al momento è il migliore nei dialoghi e nella sobrietà, una caratteristica che lo denota e rende unico.
Nadia è ligure, quindi il suo parere non vale perché è troppo di parte ;)
Elimina😜Però è tutto vero!
EliminaGrazie Nadia! E' tutto vero, assolutamente. Anche io apprezzo molto la sua sobrietà, non c'è una sola parola di troppo, e i dialoghi sono così realistici che ti sembra di assistere di persona alla scena. E io non sono di parte :P
EliminaCiao Maria Teresa e buon giorno Marco. Ho letto con avidità l'intervista e mi incuriosiva l'idea della raccolta di racconti. Ho cominciato anche io a scribacchiare storie brevi con l'idea poi di metterle insieme in una pubblicazione. Ma qui invece mi pare di capire che ci sia una ricerca, un 'idea primigenia, una scelta di raccontare un mondo con temi di fondo simili che tengano insieme il discorso... Insomma un progetto. E' così? Quanto tempo ci hai messo per realizzarlo?
RispondiEliminaSul racconto e il confronto con il male poi, sono assolutamente d'accordo (vedi post precedente qui ;) ). Grazie per esserti raccontato, Maria Teresa è sempre un'ottima padrona di casa :)
Ciao Elena.
RispondiEliminaL'idea... È venuta un po' dopo. Prima ho scritto "Non hai mai capito niente", nel 2014. Poi ho cominciato a scrivere "Cardiologia" e solo allora ho capito che c'era un "filo rosso" che legava le due raccolte. Che a dicembre 2017 sono diventate 3. Ma all'inizio non c'era altro desiderio che cimentarmi con dei racconti.
Ammetto che qualche risposta l'ho saltata a più pari per non spoilerarmi i racconti! Sono a metà di Cardiologia (il secondo della trilogia delle erbacce) e giusto ieri sera ne ho letto uno che...quasi stentavo a riconoscere Marco! Il titolo è "La gioia del mondo" (perché passare dalla gioia alla follia così di colpo?!). Per tutto il racconto pensavo [SPOILER]: "no eh, Marco, non me lo far spiaccicare anche questo, no eh! ti tiro dietro il kobo fino a Savona se si spiaccica!"[FINE SPOILER] Il finale molto bello, gli dev'essere scappata la speranza sul quel racconto! :D
RispondiElimina"La follia del mondo" è lì in coda, seguirà a ruota.
Ma i miei racconti sono tutti all'insegna della speranza! Anzi: "Cardiologia" sono tutti racconti d'amore ;)
EliminaAhah! Non vedo l'ora di leggere "La gioia del mondo" e scoprire questo inusuale finale di speranza! Da dire che nonostante il finale terribile ormai uno se lo aspetta nei suoi racconti, si rimane sempre comunque scioccati!
EliminaUna bella intervista, io ho letto i primi due eBook della trilogia e il terzo mi manca, sicuramente lo leggerò perchè questa intervista mi ha incuriosita...
RispondiEliminaSe ti sono piaciuti i primi due, non ho dubbi che ti piacerà anche questo. E' una lettura molto coinvolgente emotivamente.
EliminaLeggendo le tue interviste mi sta venendo la voglia di proporti di realizzare prima o poi una intervista congiunta fatta da noi due. Ci penso un po e se ti va mettiamo in piedi qualcosa.
RispondiEliminaAlla prossima.
Sarebbe semplicemente fantastico Nick! :D
EliminaHo trovato molto interessanti i riferimenti a Carver e McCarthy. Trovo anch'io che sia un po' spiazzante, dato che siamo tutti abituati in altro modo, ma fatta l'abitudine intrigante.
RispondiEliminaA volte trovare una punteggiatura diversa dal convenzionale può essere spiazzante, è vero. Ho visto che in questo caso dopo un po', oltre a farci l'abitudine, hai la sensazione di sentire parlare le persone, come se con quel diverso modo di scrivere venisse trasmessa una certa cadenza, un'intonazione particolare.
EliminaIl racconto resta un genere non sempre preferito da ciò che si definisce "lettore forte".
RispondiEliminaIo ho amato i racconti della letteratura ottocentesca, continuando a preferirli rispetto alle tante prove del Novecento.
Da quello che leggo, i racconti di Marco Freccero hanno quell'interessante che li rende godibili.
Bella l'intervista.
Grazie Luz. Devo dire in generale di non amare affatto i racconti, ho bisogno di storie lunghe per affezionarmi ai personaggi. Qui però sono riuscita subito a calarmi nella storia, forse anche per via di un tema comune.
EliminaBelle domande e belle risposte, molto sentite! Complimenti a entrambi. Di Marco ho letto "Non hai mai capito niente" e il suo stile mi è piaciuto davvero molto, come pure le storie. Non ho ancora letto, invece, la seconda raccolta. Mi pare da quello che c'è scritto nell'intervista che Marco stia avendo un'evoluzione nello stile, nel modo di raccontare, mantenendo inalterati i temi.
RispondiEliminaGrazie a tutti. E alla squisita padrona di casa, Maria Teresa :)
RispondiEliminaMaria Teresa ti ha fatto le domande giuste per farti parlare un po' più delle storie che scrivi e, in fondo, anche di te. Mi è piaciuta molto l'intervista. È bello che tu abbia trovato il tuo mondo narrativo e la tua cifra stilistica, ispirata o meno ad altri scrittori, è comunque quella che sentì più tua e ti rappresenta.
RispondiEliminaSi va per trilogie anche con il romanzo, dunque?
Chissà ;)
EliminaBella intervista, per cui ringrazio entrambi. :) Non ho ancora letto "La follia del mondo", Marco, ma mi è piaciuto sentirti parlare in modo tanto maturo del tuo mondo narrativo. Credo che per molto tempo ogni autore, nonostante le propensioni si facciano sentire, brancoli alla ricerca del proprio mondo, del proprio stile e dei propri colori. Non che questo debba diventare una prigione, ma dà solidità a ciò che si scrive.
RispondiEliminaGrazie anche a te.
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