Scrivere un romanzo di fantascienza (parte 2)


Seconda parte dell'articolo scritto da Gabriele Pavan che ci conduce nel mondo della fantascienzaNella prima parte del post erano emerse quattro domande preliminari per scrivere un romanzo di fantascienza:
  • da dove viene l’idea?
  • come la si sviluppa?
  • che lavoro di documentazione si rende necessario?
  • è più facile o più difficile rispetto ad altri tipi di racconto?
Oggi vedremo le ultime due. Vi auguro buona lettura e ringrazio Gabriele per questo suo interessante intervento.

Che lavoro di documentazione si rende necessario?


La documentazione da raccogliere per scrivere una storia di fantascienza dipende ovviamente dal contesto del romanzo e dai personaggi, che possono essere o meno coinvolti in vicende che richiedono una certa dose di conoscenze da parte di chi scrive.
Di sicuro non dobbiamo scrivere un trattato di meccanica quantistica, né di biologia, ma nemmeno mettere le cose senza un minimo di nozioni che – per quanto elementari – rendono lo scritto più credibile e ben congegnato.

Se per esempio nel romanzo scoppia un’epidemia da virus alieno, un minimo di conoscenze sui meccanismi e le misure da prendere in quei frangenti è necessaria; lo stesso se parliamo di un archeologo che scopre un manufatto non terrestre e inspiegabile: occorre avere quel minimo di conoscenze su come opera un archeologo, sui metodi e gli strumenti che usa e così via, in modo da riuscire a immergere il lettore nel mondo che abbiamo costruito.
Il tutto possibilmente senza trasformare un romanzo in un saggio (leggi “polpettone indigeribile travestito da romanzo”).
Potrebbe anche andar bene scrivere che “…il Professore fece un’iniezione che guarì il paziente”. Dal punto di vista di grammatica e sintassi credo che possa andar bene…un po’ meno per chi legge, che magari avrebbe preferito qualcosa come “…il Professore si procurò una fiala di atropina e l’iniettò al paziente sulla coscia, sotto l’inguine: sapeva di dover fare in fretta per poter neutralizzare l’avvelenamento da gas nervino…”
Il che è vero: l’atropina – tra le altre cose – si usa anche per questo; che poi il Professore non possa salvare il paziente perché il gas nervino di solito ti ammazza in pochi secondi… questa è un’altra storia.
Ma spero di aver reso l’idea.

Questo perché nel momento in cui ci inventiamo un mondo immaginario, alternativo o semplicemente non-terrestre, dobbiamo tenere presente che quel mondo – proprio come il nostro – ha le sue regole. E queste regole devono essere ferree quanto quelle che governano il mondo reale. E ribadisco: devono.

E questo non solo per quanto riguarda la fisica o i fenomeni che avvengono (per esempio se la vicenda si svolge su un pianeta con gravità doppia rispetto alla Terra è assolutamente ovvio che cento pagine più avanti il nostro eroe NON possa spiccare un balzo felino per atterrare il suo avversario); ma anche per quanto riguarda le civiltà descritte che, al pari delle nostre, hanno regole, convenzioni e comportamenti che devono essere del tutto coerenti (se per sposare la principessa aliena il nostro eroe deve sterminare il villaggio nemico perché questo è il solo modo per mostrare di esserne degno e lui non lo fa, è chiaro che ne pagherà le conseguenze in quanto per quel tipo di società la sua decisione lo rende indegno, sebbene secondo i nostri canoni la cosa sia improponibile).

Allo stesso modo, nel caso dei viaggi interstellari, tanto cari agli autori di sci-fi, i casi sono due.
O ci atteniamo scrupolosamente alle leggi della fisica, e qui non c’è niente da fare, se si viaggia quasi alla velocità della luce su una stella distante cento anni luce possiamo stare certi che il nostro eroe NON troverà l’amata ad aspettarlo. È praticamente certo che al suo ritorno sarà morta e sepolta da almeno un secolo e mezzo.
E non sognatevi di scrivere che l’astronave viaggia alla velocità della luce: è proibito dalle leggi di natura, e comunque la dilatazione temporale soggettiva tenderebbe a infinito, quindi il tempo a bordo si fermerebbe (l’universo all’esterno farebbe in tempo a finire prima che il nostro eroe abbia il tempo di ordinare un caffè) e addio alla storia.
Questo senza contare che la massa del veicolo tenderebbe anch’essa a infinito e questo creerebbe problemi ancor più grandi. Quindi lasciate perdere i viaggi alla velocità di crociera di 299.792,458 chilometri al secondo, ok?
Oppure ci inventiamo qualche mezzo di propulsione – ultraluce/iperluce/iperspaziale, fate un po’ voi – che possa aggirare il problema. È uno stratagemma ammesso nel genere fantascientifico, sempre a condizione che sia necessario per la narrazione e che non crei incongruenze al suo interno.

In genere l’attenersi rigorosamente in tutto e per tutto alle leggi conosciute che regolano l’universo è caratteristico di autori che per lavoro utilizzano proprio quelle leggi: fisici, matematici e così via. Una specie di intromissione del lavoro nel mondo dell’immaginario.
Nemmeno io ne sono esente: di mestiere faccio il programmatore e in pratica computer e intelligenze artificiali sono quasi una costante in quel che scrivo. Non posso farci niente: mi affascinano troppo.

Di conseguenza tutti i comportamenti, gli avvenimenti e le considerazioni dovranno essere secondo le regole di quel mondo che noi stessi abbiamo creato e non del nostro: è quindi necessario un adattamento mentale, tale da far agire i protagonisti anche in modi completamente diversi o addirittura “ribaltati” rispetto ai valori e alle regole secondo le quali agiamo ogni giorno.
Questo non si verifica quasi mai in romanzi di altro genere, che di solito sono ambientati in culture molto simili alla nostra e delle quali condividiamo valori, usi e costumi.
E ricordate che il fatto di scrivere di guerre interstellari non implica che chi scrive sia un guerrafondaio:  sarebbe lo stesso dire che il dentista fa il suo mestiere perché si diverte a far soffrire i pazienti (evitate di farmi notare che ‘paziente’ significa proprio ‘colui che soffre’)!

In altri termini: se è funzionale alla storia inserire certe scene – anche cruente – inseritele, magari con un po’ di buon gusto per non cadere in eccessi ‘splatter’, se lo ritenete opportuno o se lo splatter non è proprio il vostro genere, ma non temete di venire giudicati per questo.
Mi è capitato di leggere romanzi di autori mai teneri nelle loro descrizioni, ma questo non mi ha mai impedito di considerarli sia grandi scrittori, sia scrittori che – proprio attraverso quelle descrizioni – hanno messo allo scoperto l’animo e i sentimenti delle persone con una maestria invidiabile.

Voglio qui ricordare un romanzo (“Pensa a Fleba” di Iain Banks) nel quale mi hanno semplicemente commosso due cose in particolare: una riguarda scrivere tutto senza risparmiare nulla al lettore; l’altra nell’esatto contrario, e sempre nello stesso libro:
  • la prima all’inizio – proprio nel primo capitolo –  le vicissitudini di due alieni (marito e moglie), quando lei viene uccisa e lui preso prigioniero. Le scene appaiono reali, proprio come esserci, puoi toccare con mano lo scoramento, le speranze, il dolore fisico e le menomazioni dei protagonisti. Paradossalmente proprio il non lasciare nulla di non detto riesce a far pienamente partecipe il lettore!
  • la seconda, verso la fine: l’alieno sopravvissuto all’inizio del romanzo viene preso nel suo tentativo di distruggere un intero habitat popolato da milioni di persone. Comprende che il suo tentativo era stato causato dalla perdita della moglie e dalla sua voglia di vendetta e ne parla a quella che avrebbe dovuto essere la vittima più importante chiedendogli se comprendeva e lui, molto semplicemente gli risponde “Sì”.
Ora, quella parola di due sole lettere riesce a esprimere in modo incredibile la totale comprensione delle motivazioni e la contemporanea assoluzione del colpevole. Hanno una pregnanza che solo in pochi riescono a mettere in una frase.
Non nascondo che leggere quelle due lettere (lasciate perdere il fatto che lui essendo di lingua anglosassone ha scritto “Yes” e quindi ne ha usate tre) ha avuto un effetto devastante sul sottoscritto: l’autore è riuscito a rendere la scena in modo incredibile con solo due lettere!

I dettagli sono importanti, come nell’ultimo esempio, e non sempre occorre dilungarsi: io personalmente preferisco che siano i personaggi a mostrare e coinvolgere attraverso i dialoghi e le loro azioni, più che una introspezione troppo spinta, che spesso riesce ad annoiare più che a interessare.

La fantascienza è più facile o più difficile rispetto ad altri tipi di racconto?


In quanto al facile o difficile, la cosa è molto semplice: il romanzo facile non esiste e non è mai esistito. Checché ne dica chiunque, scrivere un romanzo a malapena decente è un lavoro lungo e impegnativo, sempre e comunque.
Francamente credo poco ai fenomeni editoriali che affermano di scrivere decine di pagine al giorno e di fare un lavoro perfetto: poco ma sicuro, quelle decine di pagine andranno tagliate, riviste, corrette, implementate, e poi si ripete il procedimento (ma questo credo lo sappiate tutti).

Se poi qualcuno ha la fortuna di potersi avvalere delle capacità di un ghostwriter… buon per lui (magari ce l’avessi io un buon ghostwriter, ma purtroppo quel che scrivo è tutta farina del mio sacco!).

Per quanto mi riguarda, la prima stesura non mi prende mai meno di un anno – o anche di più – con una sola eccezione (un solo libro mi ha preso circa sei mesi per la prima stesura). Ma poi le revisioni, le correzioni, i tagli prendono perlomeno lo stesso tempo.
Questo riferito a persone che scrivono con continuità nel tempo libero, non a chi lo fa per mestiere, e quindi oltre a lavoro, famiglia e impegni vari ci si mette anche la scrittura. E mica di un genere semplice, ma l’esatto contrario.

Quindi armatevi di pazienza e perseveranza perché – probabilmente più che per altri generi – la fantascienza richiede un lavoro extra non da poco in fatto di documentazione e verosimiglianza.
Ricordate sempre che il mondo che avete creato deve stare in piedi, essere coerente, funzionare bene: chi legge deve credere a quel mondo come se fosse reale. Di conseguenza: mai, mai e poi mai fare ricorso al classico deus ex machina che vi risolve il casino in cui vi siete cacciati quando avete complicato tutto all’inverosimile. Piuttosto riscrivete qualche pagina, ma fate in modo che la trama e il mondo che avete creato funzionino.

E in quanto all’ultima domanda, quella inespressa e che ogni autore si pone (e dai, che lo pensiamo tutti): venderò?
Mah… teniamo presente che qui in Italia un romanzo di fantascienza – tranne rarissimi casi – vende si e no qualche migliaio di copie… se si tratta di un successo strepitoso. Incredibile. Galattico. Stratosferico.
Ho esaurito gli aggettivi.
Ma se non altro saprete che i quattro gatti che leggeranno il vostro libro di fantascienza apparterranno alla vostra stessa schiatta: quella dei visionari irrecuperabili e senza speranza.

E quindi, tranquilli: siamo in buona compagnia.

Gabriele Pavan

L'AUTORE DI QUESTO GUEST POST Gabriele è un vecchiaccio bavoso e permaloso di classe 1962. Ha scritto qualche breve saggio storico e alcuni famosissimi romanzi (!) che hanno fatto la storia della fantascienza.
Per tirare a campare fa il programmatore, ma il suo sogno segreto è quello di veder arrivare una vera astronave aliena, così da poterci fare un giro.
Durante la notte sogna il fantasma di Isaac Asimov, che gli confessa fra le lacrime di aver sempre voluto scrivere come lui.
A chi gli chiede qual è il suo romanzo migliore, lui risponde: “Lo devo ancora scrivere. Grrrr!!!!”.

Gestisce il neonato blog Storie e fantasia.
Per una rapida carrellata sulle sue pubblicazioni è possibile visitare la pagina Le mie pubblicazioni che contiene anche qualche informazione in più.

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Commenti

  1. Purtroppo non sono riuscito a far diventare la scienza il mio lavoro, ma l'ho studiata comunque per anni e continuo ancora, anche se ora è semplicemente una passione. Per questo, sono assolutamente d'accordo sul fatto che in fantascienza si possa inventare fino a un certo punto, se no l'opera scade, a parte rare eccezioni (per esempio Star Wars è molto poco scientifico, ma visto che è più uno "sword and sorcery" con le astronavi che una vera e propria opera di fantascienza, allora funziona). Purtroppo però ultimamente mi sono accorto che ci sono tantissime opere sci-fi (ma anche in altri generi) che con facilità cambiano le leggi del proprio mondo: la mia reazione, quando me ne accorgo (e di solito succede) è di fastidio, non ci posso far niente :D !

    Concordo tristemente anche sulla scarsa diffusione, in Italia, del genere fantascientifico: nella mia vita ne avrò conosciuto si e no una decina! Purtroppo la maggior parte degli italiani considera la fantascienza un genere di serie Z, fatto solo di invasioni aliene, astronavi, viaggi nel tempo e simili, di certo non una branca seria della letteratura. Non capisco proprio il perché, sinceramente: basta leggere autori come Asimov (che credo sia più citato che letto), Le Guin, Bradbury, Heinlein per rendersi conto che questo genere è tutt'altro che poco profondo. E' una delle tante cose di questo paese che mi lasciano perplesso :/ .

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    1. In effetti la saga di Guerre Stellari è un fantasy con le astronavi al posto dei draghi e i Jedi al posto degli stregoni, ma va bene anche un po' di pura e semplice evasione (e poi, diciamolo chiaro...ci piace un sacco veder volare il Millennium Falcon e vedere Han Solo che fa tanto antieroe)!
      La fortuna della fantascienza in Italia è che...non ci sono lettere oltre la Z, altrimenti sarebbe perfino peggio... :-D

      ciao!

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  2. Tu intendi la fantascienza in modo che la scienza prevalga rispetto al fanta. Ho notato però che negli ultimi decenni ha avuto più successo quella dove il fanta prevale sulla scienza, forse la fantascienza si sta evolvendo in una sorta di fantasy futuristico...

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  3. Si e no: diciamo che la fantascienza tipo eroica o un simil-fantasy non mi soddisfa più da decenni e chiedo che - entro i limiti - ci sia un minimo di verosimiglianza, volendo non ne serve moltissima, ma serve.
    Del resto, come fatto notare più sopra, la saga di Guerre Stellari non ha mai conosciuto momenti di stanca, anzi! Questo è allo stesso modo un segno di come il pubblico - tra cui è presente il sottoscritto - abbia anche bisogno di una componente più immaginativa e meno legata a schemi rigidi.
    La mia impressione però è che sia un aspetto prevalente più presso il pubblico del cinema che fra i cultori o gli scrittori di fantascienza.
    E' anche vero che abbiamo per esempio un autore contemporaneo e godibilissimo come Mike Resnick che se ne frega bellamente delle leggi di natura e nella sua recente serie dell'astronave pirata ci fa vivere avventure degne della fantascienza di più vecchio stampo.
    Potrebbe essere in atto un'inversione di tendenza, ma credo che si tratti più verosimilmente di un periodo di ritorno alle "vecchie glorie" che non durerà a lungo (opinione personale, eh!).

    ciao!

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  4. "La fantascienza è più facile o più difficile?"
    Personalmente, per formazione e gusti mi risulta più facile scrivere fantascienza che non, che ne so, un giallo (per scrivere il quale non saprei dove cominciare) e, oltretutto, mi diverte un mondo farlo.
    Un saluto Gabriele. Aggiungerò il tuo blog sul mio feed RSS ;)

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    1. Grazie mille per la fiducia, Angelo. Spero di trovare sempre argomenti di interesse per te e per altri. Se qualche volta ritardo negli aggiornamenti non preoccuparti: ci sono sempre tante cose da fare e il tempo è sempre poco!

      E' vero che se scrivi cose del "tuo" genere le cose vengono più facili: circa quattro anni fa provai a cimentarmi con un simil-fantasy, ma dopo circa 70 pagine realizzai che non faceva per me. A chi lesse quelle righe lo scritto piacque, ma non riuscii a farlo "girare" come si deve.
      Ma non fu tutto inutile: diverse di quelle pagine le riutilizzai in "Diario di Sabet" (nella parte in cui spiega com'è il linguaggio degli alieni), come dire: non si butta via niente!
      La fantascienza - se fatta secondo certi criteri - è più difficile nel senso che richiede un certo lavoro di documentazione. Anche qui non esistono regole scolpite nella pietra, ma se voglio che la storia che racconto sia verosimile, un minimo di realismo ci vuole.

      Ciao!

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  5. Grazie Gabriele, mi hai definitivamente confermato che la fantascienza è fuori dalle mie possibilità. In cambio mi hai fatto venire voglia di andare oltre la mia passione per la Le Guin e leggermi qualche altro autore. :)

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    1. Nessun problema, Grazia: ognuno ha dei generi su cui preferisce scrivere e altri...che preferisce leggere, come hai potuto vedere nella mia risposta ad Angelo!
      Se ti ho fatto venir voglia di leggere qualche altro autore di fantascienza...benissimo!

      Ciao

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  6. Ciao Gabriele, seguo il tuo blog e ti ritrovo con piacere anche qui. Articolo interessante, come il precedente, per una che ama leggere fantascienza come me. Quando scrivo, tendo a contaminarla con altri generi, ma fa parte del mi stile. La fase di ricerca, come dici, è molto importante per rendere credibile l'incredibile e per questo, durante la stesura dei miei romanzi, ho chiesto aiuto a un amico esperto, ingegnere socio di una fondazione per le energie rinnovabili e proprietario di una DeLorean con il flusso canalizzatore, che mi ha dato parecchi suggerimenti in questo senso.
    Per coinvolgere il lettore in una storia di fantascienza è importante rendergli familiari certi principi e tecnologie altrimenti si sente distaccato, uno spettatore passivo che fatica a comprendere il mondo che gli stiamo raccontando.

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  7. Infatti, Simo, altrimenti sarebbe un fantasy, dove non c'è bisogno di spiegazioni, e tutto ci va bene perché alla fine sconfineremmo nel mondo della magia.
    Ma dal contesto della frase qui sopra sembra che il possessore della DeLorean possieda davvero un modello dotato di flusso canalizzatore! Non è che esistano veramente i viaggi nel tempo e non ci hanno detto nulla? :-)

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  8. Purtroppo è solo una riproduzione anche se s'illumina. Ti avviserò quando ne monterà uno funzionante!

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  9. Attenzione, avviso importante!
    A causa di una disattenzione di quel vecchio babbione che ha scritto l'articolo il titolo del libro di Iain Banks NON è "Pensa a Fleba" ma "Volgi lo sguardo al vento".

    Ce ne scusiamo con i lettori e con quanto ci seguono da casa.

    Fine trasmissione. Grazie.

    Ciao a tutti!

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  10. Anche i film, prima di kubrick e scott, erano considerati di seconda o terza fascia. Forse il genere, l'ambientazione non erano a quei tempi abbastanza verosimili, e importava più la difesa dello stato o un diario di viaggio. Allora non c'erano media, se si eccettua radio Londra in onde lunghe, o qualche canale di musica e i libri aprivano mondi di evasione. Non per altro furono bruciati dal Führer a Berlino. Anch'io, se fossi vissuto lì, avrei preferito Il conte di Montecristo, anche perché pochi libri venivano tradotti e di copie non c'è n'erano milioni in tutti i negozi del mondo.
    Credo il cinema di fantascienza come quello di guerre, imprese (Apollo, Marte, ecc) e saghe spaziali abbia risvegliato l'interesse per molti autori, relegati nello scaffale dell'oblio. Altro effetto meno "artistico" fu il fatto che erano un ottimo spot subliminale per rendere sostenibili le spese per la ... ricerca spaziale.
    Adoro leggere di misteri e complotti e più mi immergono e più ci credo! Sto scrivendo un manifesto del NWO, del mio personalissimo New World Order. Non lo dico in giro sennò mi rinchiudono. Ho 55 anni e i miei figli mi guardano e mi dicono: papà ma come sei cambiato. Non so cosa intendono e la cosa un po mi preoccupa. Ma la gente rifiuta di darci peso. Beati loro. Mi sa che sono proprio infognato, bello fuori, come dicono loro 😊

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    1. "Papà, ma come sei cambiato" preoccuperebbe anche me! Che fai, ti chiudi nel tuo laboratorio segreto a fare il tuo muro del complotto? :D Scherzo, eh!

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    2. Dopo che ho letto il libro intervista che vinse il Pulitzer l'anno scorso (No Place to hide di Glenn Greenwald) e che fece scoppiare il caso mondiale di ed Snowden e del datagate, in effetti il mio punto di vista su molte cose geopolitiche è completamente cambiato e sono meno "credulone", scettico ed euroscettico. Ma non sono complottista, diciamo più impegnato a svelare gli inganni di politici e lobby. Mamma, se mi prende. Capisco i miei figli 😈

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    3. Ho letto pure io quel libro e non mi è piaciuto (non lo considero nemmeno da Pulitzer, ma nemmeno pubblicabile) in quanto non risponde a nessuna domanda (chi, come, dove, quando, perché) limitandosi alla fine a ripetere le solite cose in diverse salse e senza - alla fine - sbilanciarsi dando VERE informazioni.
      Il merito di quel libro sta forse nell'aver messo in piazza - su scala globale - quello che molti pensano. Ma di fatto l'autore non ha fatto nulla più che scalfire la superficie. E nemmeno con troppo impegno.
      Quando l'ho acquistato mi aspettavo molto di meglio.

      Il cambiamento: sono del tutto d'accordo. Mi rendo conto di come considero le cose in modo diverso rispetto a vent'anni fa; di come consideri ogni notizia detta per TV come una versione edulcorata e monca (molto monca) della realtà; di come sia scettico anche riguardo a quelli che una volta mi parevano valori assoluti, come ad esempio l'amicizia.
      Ma è un dato di fatto che proprio il mondo ci apre gli occhi su molte cose.
      Preferisco così.

      Ciao!

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