“Joe è tra noi”: intervista all'autore Giovanni Venturi
I cambiamenti negli ultimi decenni sul fronte tecnologico sono stati così rapidi che non si può fare a meno di chiedersi, non solo quali saranno i prossimi passi del progresso, ma soprattutto quale sarà l’impatto che esso avrà nelle nostre vite, a tutti i livelli. Questo tipo di domanda sembra essere alla base del romanzo che vi presento oggi, Joe è tra noi di Giovanni Venturi.
La storia ci proietta in un lontano futuro, il 2358, a Londra, in un’epoca dove la tecnologia è totalmente connaturata all’esistenza delle persone, in particolare grazie a una rete globale chiamata Anika, potente evoluzione del nostro Internet.
Al centro della storia però non c'è solo il progresso, con le sue conseguenze, ma soprattutto un giovane protagonista, Joe. Tormentato da angosce apparentemente senza ragione e da una voce che implora aiuto, Joe è un ragazzo che spicca subito per la sua ingenuità, il suo candore, la sua psicologia complessa, le sue inspiegabili conoscenze. Partendo dall’appello silenzioso che lo perseguita – Ti prego, Joe, aiutami, non lasciarmi morire – il ragazzo si mette alla ricerca di una risposta alle sue domande, affiancato da un coetaneo, Will, con il quale stringe un forte legame, mentre i genitori non riescono a comprenderlo e appaiono distanti.
Non solo una storia di fantascienza, dunque, ma soprattutto un thriller dai forti connotati psicologici, che ci porta avanti e indietro negli anni, alla scoperta di verità che continuano a sfuggire, fino a una conclusione sorprendente. Una storia intrigante, piena di segreti, che gioca con punti di vista multipli, a volta spiazzanti.
A mio avviso, uno dei punti di forza di questo romanzo è l’atmosfera che pervade ogni pagina, con un costante senso di attesa e incertezza, dove fino alla fine tutto può essere messo in discussione. Si sente incombere qualcosa di misterioso, in un senso di sospensione continua, talvolta claustrofobica. Non a caso forse alcune scene si svolgono all’interno di un’ascensore (che corre molto veloce, in linea con l'ambientazione).
Ho scelto questo romanzo sia perché ero da tempo curiosa di leggere qualcosa dell’autore (che conoscevo tramite il suo blog) sia perché mi ha sempre affascinato questo tipo di thriller psicologico che ci costringe a interrogarci su quali possano essere le conseguenze emotive ed etiche di una tecnologia spinta all'estremo. Durante la lettura, però, sono stata piacevolmente colpita anche da altri aspetti, per esempio dalla scrittura molto accurata e mai ridondante, dalla capacità dell’autore di entrare nella testa dei personaggi e di tratteggiarne con cura le relazioni. Mi riferisco, in particolare, all’amicizia stretta e profonda che lega Joe e Will, un rapporto che appare fin da subito emblematico per l’intera vicenda. Altra caratteristica notevole è il modo di raccontare introspettivo ma anche cinematografico, con scene che si alternano tra loro anche molto velocemente, quasi le avessimo davanti agli occhi.
Un altro valore aggiunto è poi quello della documentazione. Infatti, dalle note esplicative, si deduce chiaramente che la storia è nata da spunti reali e ha richiesto un notevole lavoro di raccolta di informazioni.
A questo punto lascio spazio all'intervista con l'autore per qualche approfondimento.
1) Ciao Giovanni, benvenuto. Vorrei cominciare con il chiederti qual è stata la scintilla che ti ha portato a scrivere questa storia ambientata nel futuro, come è maturata l’idea.
Ciao Maria Teresa, grazie a te. Un giorno mi trovavo in una zona della città dove c’erano questi palazzoni alti, questi grattacieli, era sera e c’erano delle luci accese verso gli ultimi piani e allora ho maturato un’idea. Scrivere qualcosa che parlasse di possibili segreti di chi si attarda a lavorare in questi palazzi di vetro, ma poi l’idea è cambiata leggermente, la storia si è imposta da sola e ne è venuto fuori un romanzo in cui questi palazzi di vetro avevano comunque un mistero celato che si lega alle vicende del protagonista di “Joe è tra noi”. Avevo appena scoperto la mia Anocronis.
2) Credo sia inevitabile domandarti quale sia il tuo rapporto con la tecnologia, in che misura ritieni possa favorire la vita quotidiana o la crescita personale, e quali pensi siano i limiti o addirittura i pericoli, in particolare di Internet?
Internet non è un pericolo. C’è sempre da demonizzarlo? Direi che le persone pericolose sono quelle che non hanno mai nulla da fare dalla mattina alla sera e stanno sempre su internet. Rubano le identità digitali, le foto, spacciandosi per altre persone, pubblicano video in cui abusano delle compagne, dei compagni. I più pericolosi sono quelli che pur di portare meno noia nella propria vita iniziano a inventarsi una vita alternativa in cui credono e spacciano per vera agli altri. Di recente ho letto una specie di saggio/romanzo che parlava di questo rapporto anomalo, ma comunissimo, di ragazzi con internet e con la propria vita. Ma non sono solo i ragazzi, c’è gente che su Facebook documenta quotidianamente la vita dei figli con delle foto, già da appena nati. Iniziano con set fotografici di 10 o 20 foto per far sapere al mondo intero che loro hanno un figlio, che lo hanno partorito, che gli cambiano i pannolini e, spesso, sono profili pubblici, cioè chiunque, iscritto o meno al social network, ha accesso alla loro vita, alle foto, ai commenti.
La tecnologia la uso in maniera misurata. Ho uno smartphone e un computer portatile su cui scrivo e creo i miei ebook, faccio ricerche, guardo Netflix. Parlando di tecnologia e di come finiremo, spero non come nella prima e nell’ultima puntata della terza stagione di Black Mirror. Te lo consiglio. Black Mirror è una serie televisiva di fantascienza ben fatta. A me sembra che quello che si narra in quelle due puntate in particolare stia già accadendo oggi. La tecnologia come rapporto esclusivo con la realtà, unico canale dove conta il modo in cui gli altri ti considerano, quindi fonte continua di stress e condotto di riversaggio di odio.
La tecnologia può favorire chi si occupa di tecnologie, chi spinge tecnologie, non più di tanto quelli che le usano perché a furia di usare smartphone e tablet la gente può rincretinire e, come ti dicevo, crearsi una realtà alternativa dove si pensa di essere più in contatto con le persone. Vedi questi zombie per strada con questa estensione della mano (lo smartphone) che non fanno nemmeno caso a dove mettono i piedi, dove vanno. Un’auto potrebbe investirli e loro manco se ne accorgerebbero, come non si accorgono di un fantastico panorama; il loro unico pensiero, al limite, è fotografarlo in mille e cinquecento autoscatti per inviare le foto sui social network e prendere tanti “like”, ma non stanno lì ad osservarlo davvero e a lasciarsi trasportare. Io mi ci lascio trasportare molto, infatti l’ultima scena del mio romanzo “Certe incertezze” è nata proprio in questo modo. Sono passato per i luoghi del protagonista immedesimandomi in lui ed è stato sconvolgente vivere quel panorama, il mare, le onde che sbattono contro gli scogli. Sembra una banalità, ma non lo è. L’ho fatto anche per altre scene.
3) I protagonisti di Joe è tra noi sono tutti molto giovani. Anzi, sembra crearsi fin da subito una forte barriera tra loro e gli adulti. Perché questa scelta di dare voce a personaggi in un’età compresa tra l’adolescenza e la maturità?
Perché sono le voci più genuine, i ragazzi sono quelli che hanno il terrore di crescere e hanno così tante paure dentro, nessuno li segue, nessuno se ne accorge, sono incerti, indecisi. Mi piace raccontare delle paure dell’animo umano attraverso le storie di normale amministrazione, come le chiamo io. Storie in cui non ci sono super eroi, ma in cui ci sono persone vere che soffrono, che gioiscono e che combattono per diventare grandi e realizzarsi. Se Joe fosse stato un adulto, la storia non avrebbe funzionato nello stesso modo, per nulla. Forse racconto di paure, angosce, perché mi avrà influenzato molto l’aver letto tutti i romanzi di Stephen King.
4) Nonostante l’ambientazione nel futuro e tutti i cambiamenti che tratteggi, appare da subito evidente che l’essere umano resta quello che è, con le sue debolezze, le sue emozioni, le sue reazioni egoistiche. Credi dunque che in fondo né il progresso scientifico e tecnologico né il tempo possano in qualche modo cambiare quello che siamo?
No, non credo. Le comodità arrivano, i tempi maturano. Oggi ci sono i televisori con definizioni sconvolgenti, si collegano a internet, ti programmano lo spegnimento, l’accensione, la registrazione dei canali quando non sei in casa. Oggi vedi la TV via internet con cataloghi ricchi come succede con Netflix, ma alla fine l’animo umano è quello che è, per fortuna.
5) Immagino che Joe è tra noi sia anche frutto di letture di un certo tipo di storie, improntate a dimostrare i mali di una tecnologia senza freni. C’è qualche autore o racconto in particolare che ti ha ispirato?
In realtà no. L’ho sempre pensata una cosa del genere, la si vede anche nel quotidiano, mi è bastato amplificarla dentro una storia. Non c’è qualcuno che mi ha ispirato particolarmente, però ho letto tutti i libri di fantascienza di Rita Carla Francesca Monticelli. Sto giusto finendo il suo ultimo: “Ophir – codice vivente” e mi piace il suo stile. Ritengo che sia molto più brava di blasonati autori best seller venduti da case editrici. Infatti leggevo di recente un libro di fantascienza pubblicato da un editore e mi sono messo le mani nei capelli. Carla è molto più brava e coinvolgente, anche nel confezionare l’ebook. Io sono fissato per un ebook fatto bene. Se è fatto male, posso togliere anche due stelle dal mio voto di recensione.
Carla racconta di viaggi su Marte, di esplorazione, di tecnologie, cura i dialoghi per bene, la storia, l’intreccio, come molti altri non sanno fare. È più professionista dei professionisti ed una selfpublisher come me e te.
6) Sono anche curiosa di chiederti perché hai scelto Londra come luogo di ambientazione per la storia.
Perché io amo Londra. L’ho amata dal momento in cui ci ho messo piede la prima volta per appena tre giorni. Sono stati i tre giorni più belli di tutta la mia vita. Ci sono tornato spesso, costa meno che organizzare un viaggio in Italia ed è molto più facile da raggiungere di alcuni posti in Italia. Pensa che volevo andare in treno dalle parti dell’Umbria, alcuni paesini meno noti e ho scoperto che ci volevano otto ore e cambi vari di treno e corriera. Per Londra prendi un aereo e in due ore e mezza stai a destinazione all’aeroporto, poi prendi un treno stesso dall’aeroporto e 47 minuti dopo sei a Londra centro. Mi sento molto vicino ai londinesi. Ho lasciato un pezzo di me per quelle strade, poi si dice che chi è stanco di Londra è stanco della vita e io, quando ci torno, mi accorgo di non essere stanco di Londra, ogni volta vedo cose nuove, mi soffermo su piccoli dettagli. Poi adoro i parchi. Quando è bel tempo, l’esperienza del parco è stupenda. E lì, nonostante la nebbia (che non ho mai trovato), lo smog (che non ho mai trovato), ci sono tantissimi parchi.
7) So che questo romanzo non è la tua unica produzione, ma hai scritto altri romanzi e racconti. Attualmente quali sono i tuoi progetti di scrittura?
Sono molti. Sto facendo l’editing di un nuovo romanzo che spero di pubblicare per inizio del mese di marzo. Parla delle difficoltà di amare e di vivere in una città problematica. È quasi una commedia, a tratti divertente (almeno l’intenzione è quella), ma amara e sullo sfondo ci sarà un incontro, ma non voglio svelare altri dettagli.
Dovrò poi editare un altro romanzo ancora (frutto di due anni di scrittura). Il terzo della serie “Le parole confondono”, dove ritroveremo Andrea, Francesco e Giulia proprio a Londra. La storia presente è ambientata per l’appunto in questa fantastica città. Ti dirò di più. Il primo capitolo inizia in un cafè londinese. Poi sto scrivendo il quarto volume de “Le parole confondono” visto che non posso fare due editing in parallelo, rischio di non riuscire a concludere nessuno dei due. Poi ci stanno due romanzi da completare. Uno dei due è molto ambizioso. È ambientato a Roma ed è ricco di personaggi. Mischia due tematiche, parla di politica e di editoria, devo ancora finirlo, ma siamo prossimi. Ci sto lavorando oramai da sette anni. Va pubblicato perché è una scrittura ironica, pungente. Poi ci sta un altro romanzo ancora che va risistemato. Il problema è che io scrivo le cose e poi mi innamoro di nuove storie. “Le parole confondono” è stato il mio primo romanzo serio che ho pubblicato da qualche tempo e che ha richiesto moltissimo tempo tra stesura, revisione ed editing. Me ne sono innamorato così tanto che nel tempo ho pensato a quella storia attraverso i punti di vista dei vari protagonisti. Nel primo c’è quello di Andrea, nel secondo c’è quello di Francesco, nel terzo sarà Giulia, nel quarto invece un personaggio introdotto nel secondo e nel quinto (ho definito in maniera definitiva giusto ieri il titolo e la copertina) sarà il nonno di Andrea, conosciuto nel primo libro. Avrei una mezza idea anche per il sesto, ma mi rendo conto di stare delirando.
Il prossimo obiettivo? È la pubblicazione di questo nuovo romanzo per marzo, poi c’è il terzo de “Le parole confondono” e poi non lo so. Non so se avrò tempo a sufficienza per finire gli altri progetti per quest’anno. Sarebbe già una gran cosa visto che mi prometto sempre di pubblicare due romanzi all’anno, ma alla fine non riesco che a pubblicarne uno e da autoeditore quale sono spesso vedo che tante energie poi si disperdono completamente. A me piace scrivere e continuerò, ma prima o poi potrei anche non pubblicare più nulla. Non saprei.
Grazie tante per questa bella intervista.
* * *
Chiudo questa chiacchierata ringraziando a mia volta Giovanni per aver risposto alle mie domande e consigliandovi di leggere il suo intrigante romanzo.
Bello ricordare il tuo libro "rileggendolo" nelle parole di questa come sempre interessante intervista di M. Teresa. Al solito sei una fucina di idee letterarie, Giovanni. Quella de "Le parole confondono" non sarà allora una Trilogia, ma una saga. :) Io, sia inteso, aspetto tutte le tue nuove uscite.
RispondiEliminaIn bocca al lupo.
Anche il prossimo romanzo è legato a "Le parole confondono", ma è totalmente indipendente. Leggendolo si capirà. E, sì, sta diventando una saga. Speriamo bene di renderla degna del nome. :) Ho avuto il solito problema a commentare... l'avevo fatto dallo smartphone dopo mille difficoltà, ma non appariva come risposta.
EliminaAnche il prossimo romanzo è legato a "Le parole confondono", ma è totalmente indipendente. Leggendolo si capirà. E, sì, sta diventando una saga. Speriamo bene di renderla degna del nome. :)
RispondiEliminaIntervista interessante, mi incuriosisce questo romanzo anche se la fantascienza non è un genere che prediligo. Complimenti :)
RispondiEliminaGrazie Giulia, be', non è un classico della fantascienza. Come lo definisce un altro mio lettore è: un romanzo di "fantaformazione" :) . Puoi sempre avvalerti dell'anteprima per capire, magari leggere anche la recensione di Marina Guarneri su Amazon dove spiega anche lei che non preferisce la fantascienza, ma di come abbia trovato il romanzo. Niente astronavi, alieni e dominazione dei mondi. A prescindere dal fatto che leggerai o meno il romanzo, grazie per il tempo dedicatoci.
EliminaPurtroppo quando si sente parlare di fantascienza vengono in mente astronavi e alieni, un tipo di romanzo che neppure io riesco a leggere. Qui si tratta di tutt'altra cosa, andrebbe coniato un altro termine. "Fantaformazione" è un'idea :)
EliminaCiao Maria Teresa. Molto interessante questa intervista e grazie per avermi fatto conoscere un nuovo scrittore. Hai presentato questo libro come un thriller. Amo i thriller, in tutti i suoi sottogeneri: storici, esoterici, religioso, psicologico, ecc. Forse sono un fanatico. Non posso farne a meno di leggerli. Di thriller psicologici conosco quelli della scrittrice Lorenza Ghinelli. Ma questo, ambientato in un lontano futuro intriga molto, soprattutto per la tematica. Al di là del tema dell'amicizia, dell'aiuto reciproco, delle battaglie interiori che un uomo deve affrontare, quello della tecnologia appare molto forte. Mi piacerebbe leggerlo, proprio per questo motivo.
RispondiEliminaCiao Giuseppe, mi fa piacere di aver fatto tua conoscenza :) . Della Ghinelli ho iniziato a leggere tempo fa (devo riprenderlo visto che è in cartaceo e mi sono totalmente convertito agli ebook) "J.A.S.T. Just Another Spy Tale" edito da Marsilio e mi sembrava interessante.
Elimina@Giuseppe Anche io amo tantissimo i thriller. Mi informerò su quelli di Lorenza Ghinelli, grazie per il suggerimento e per aver letto l'intervista :)
EliminaLa trama è intrigante e il tema davvero sconosciuto. Perché in effetti tra 341 anni chi lo sa come vivremo? A me il futuro mette sempre una certa ansia.
RispondiEliminaComplimenti per l'intervista ad entrambi.
Grazie a te, Nadia :) . Un tema, tra le altre cose, un po' alla 1984 di Orwell ;) .
EliminaNon so se questo romanzo possa essere inserito nel filone YA, ma questa idea ha fatto drizzare le mie orecchie di lettrice. Grazie del suggerimento di lettura e dell'intervista, a entrambi.
RispondiEliminaGrazie mille Grazia per il tempo dedicato alla lettura dell'intervista. Rispondo subito alla tua domanda di lettrice. Non penso si possa collocare in quel filone per presenza di alcune scene abbastanza esplicite, cosa che nei YA non accade :) .
RispondiEliminaScusate se ho commentato solo ora, ma ho avuto difficoltà a lasciare i commenti. Ho provato a inserirli più volte, ma nulla. Ci sono riuscito solo usando l'account di Google+ e su Safari. Non ho capito perché Blogger fa i capricci con tutti gli altri metodi di commento. Mah. :)
RispondiEliminaMi spiace Giovanni, per fortuna hai risolto così.
Elimina"Ingegnere Informatico che usa/ama/odia Linux" Ma come? Io uno che odia Linux giuro non l'avevo mai sentito!! :D
RispondiEliminaComunque, non sono appassionata del genere fantascienza, e non lo so perché. Pensare al futuro, al lungo futuro davanti, dove io di sicuro non ci sarò, mi innesca tali pensieri negativi che non mi godo la storia. Lo so, è un peccato.
Se poi c'è di mezzo la tecnologia, si, i rischi di usarla male ci sono tutti eccome e anche questo mi spaventa.
Però ho un casino di amici Urania-addicted e il genere è quello giusto? Quindi adesso gli passo il link e vediamo se gli scappa la curiosità di leggerlo tutto!
No, no, non facciamo come la stampa che travisa le notizie :) . C'è scritto: usa/ama/odia .
EliminaHo un rapporto conflittuale coi sistemi operativi. Ogni tanto danno i numeri. E Linux era una scheggia quando c'erano i kernel 2.4 e 2.6, da quando si è iniziato a usare il 3 e il 4 va malissimo, per non parlare dei Desktop Environment che se non hai il computer della NASA non funzionano, vanno lenti come la morte. Ho un PC datatissimo, tipo 15 anni che quando c'erano le vecchie versioni volava. Ora con tutte ste risorse che richiedono per aprire un browser ti serve un quad core i7 con 4 GByte di RAM. Per commentare questo post non si riesce. Firefox è diventato peggio di un sistema operativo intero e fanno un nuova versione a ogni virgola che cambiano. E se non hai quad core e RAM a iosa va lentissimo. Con il Software Libero ci ho lavorato parecchio, ho fatto Linux Day da relatore a Roma varie volte, facevo parte del progetto KDE come traduttore e sviluppatore, poi ho abbandonato dopo certe storie di comunità allucinanti. Ogni volta che qualcuno dice comunità penso sempre a quelle di recupero. Ci si potrebbe fare una saga sulle storie che ho dovuto subire per credere in un progetto. La gente che ha iniziato a girarmi attorno solo per farsi una nomea. Stavo per organizzare un meeting internazionale qua nella mia città e a qualcuno ha dato molto fastidio. Veramente non riesco a riassumere con un banale commento :) .
Uso Mac OS Sierra e GNU/Linux, ma ho un rapporto conflittuale con questi sistemi che ogni tanto si bloccano, rallentano a ogni nuova versione del sistema operativo si va peggio. Tutto perché ti devono vendere l'ultimo computer che ti fa pure il bucato mentre scrivi, per esempio. E che magari ha 8 cuori (core) con una frequenza di clock da capogiro. Ricordo ancora quando usavo il mio primo 286 con pochi MHz di frequenza, forse un 20-30 MHz, boh non mi ricordo e un hard disk da 20 MByte... :D
Sante parole le tue! Analoghe esperienze fatte con PhpNuke e non so quant'altre community ;)
EliminaLe tue interviste sono sempre più belle, ogni volta imparo qualcosa di nuovo da te.
RispondiEliminaGrazie mille, Nick, è un complimento molto lusinghiero detto da te che fai delle interviste sempre interessanti :)
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