Lo strano mondo dell’editoria
Ringrazio Anna Maria Funari, autrice di questo post, e vi invito a leggere il riquadro finale per conoscerla meglio.
E quanti di noi sognano di vederlo pubblicato e (perché no?) anche venduto. Sognare non costa nulla in realtà, ma a volte ci rende sprovveduti quando cominciamo a muovere i nostri primi passi in un mondo che a noi affascina ma che spesso si rivela essere un fiume dove convivono piranha e innocui pesciolini.
Premetto che non intendo fare polemica, anzi tutt’altro. Ritengo che più si parla di queste cose e più si riesce a “fare muro” contro i piranha di cui sopra.
Scrivo da un discreto numero di anni; l’ho sempre fatto per me stessa in realtà, senza avere, all’inizio, velleità di pubblicare. Poi ho cominciato a partecipare ai concorsi letterari, un po’ per divertimento, un po’ per vedere se quel che scrivevo poteva arrivare al cuore delle persone.
Si, al cuore. Perché, a mio parere, se quel che si scrive non arriva in quel posticino così ben protetto dallo sterno serve a ben poco, solo a soddisfare il nostro bisogno di esprimere, in qualche modo, quel che abbiamo dentro.
La magia sta proprio là; arrivare al cuore, arrivare a suscitare emozioni, sensazioni, tormenti se necessario. Sta nel far affiorare una lacrima o un sorriso negli occhi e sulla bocca di chi legge.
E gli editori questo lo sanno. E sanno anche che un esordiente è facilmente “accalappiabile” (perdonatemi il termine ma in certi casi rende benissimo l’idea di come agiscono certi furbetti!); giocare sui suoi sogni è la tecnica di base.
A quel punto, ricevute le opere in lettura, cosa fanno questi signori? Passano alla “fase B”, ossia ricoprono gli autori di complimenti, gli dicono che l’opera inviata in lettura è assolutamente fantastica e… zaccc!!!! … passano a proporre contratti che vanno dall’indecente all’illegale, passando per tutto ciò che ci può essere in mezzo.
Contratto indecente: personalmente definisco tale quello che rivela palesemente che si ha a che fare con un EAP (Editore A Pagamento). Tuttavia, ne riconosco la relativa “onestà” in quanto scrive a chiare lettere quel che vuole in termini di soldi, quello a cui sei obbligato, etc. etc. etc. E regolarmente quei contratti, per quel che mi riguarda, finiscono dritti dritti nella pattumiera (rigorosamente raccolta differenziata, contenitore della carta.
Contratto quasi-indecente: somiglia un po’ al primo, non ti chiedono soldi direttamente, ma ti vedi messo in condizione di:
a) comprare un quantitativo X di copie con il prezzo scontato (e transeat, perché poi te le rivendi durante le presentazioni e in un qualche modo ci guadagni).Contratto illegale: qui ci possiamo ricomprendere tanti di quei contratti che non si finirebbe più di scrivere. Il problema è che non lo riconosciamo a prima vista perché ha tante di quelle postille, postilline e postillucce che ti ci perdi al terzo tentativo di lettura. E scopri, alla fine, che la Casa Editrice tenta di agganciarti per le orecchie mettendoti tante di quelle clausole vessatorie (e a volte perfino contraddittorie tra loro) che non ti senti più “Autore” di quell’ Editore ma schiavo alla sua totale mercè.
b) vendere un quantitativo Y di copie in un tempo stabilito (e transeat pure qui, perché come nel caso precedente, le vendi durante le presentazioni anche se non ci guadagni.
Occhio quindi… e purtroppo lo dico per esperienza diretta. Perché poi è difficile sganciarsi da queste sanguisughe che nel contratto si tutelano per benino dicendo che “l’Autore non deve disturbare l’Editore con mail e richiesta di spiegazioni” oppure che “l’Autore deve adoperarsi a fare promozione” e poi quando li interpelli perché non ti mettono in condizione, ti ritrovi a parlare con un muro di gomma.
Il mio consiglio personale? Alla luce di un paio di esperienze non troppo edificanti… OCCHIO ALLA PENNA! Quando contattate le Case Editrici, chiedete a chiare lettere se chiedono contributi di qualunque specie, chiedete di visionare un fac-simile di contratto, chiedete quale sia la distribuzione, chiedete qualunque cosa vi venga in mente. E soprattutto… NON ABBIATE MAI FRETTA.
Il mio consiglio personale? Alla luce di un paio di esperienze non troppo edificanti… OCCHIO ALLA PENNA! Quando contattate le Case Editrici, chiedete a chiare lettere se chiedono contributi di qualunque specie, chiedete di visionare un fac-simile di contratto, chiedete quale sia la distribuzione, chiedete qualunque cosa vi venga in mente. E soprattutto… NON ABBIATE MAI FRETTA.
Anna Maria Funari
Grazie Anna Maria del consiglio.
RispondiEliminaFigurati!!!! Credo che sia un dovere, cercare di aiutarci l'un l'altro per mettere finalmente al muro queste persone poco oneste!
EliminaL'EAP mi pare il demonio da sconfiggere, non che non sia d'accordo, ma faccio due considerazioni:
RispondiElimina- nessun editore punta una pistola alla tempia all'autore affinchè firmi
- la fretta di pubblicare certo è cattiva consigliera, ma può non essere solo fretta pura. Ho un'amica che ha pubblicato un libro, tra l'altro molto bello, con EAP le serviva per esorcizzare/raccontare la morte di suo figlio. Ecco è brutto il pensiero: paghi per pubblicare? Non vali niente. Certo se uno pubblica 10 testi in questo modo magari potrebbe anche affrancarsi da una formula che, a parer mio, può anche andar bene per rompere il ghiaccio. Personalmente ho pagato un editing piuttosto costoso, e questo per molti è assimilabile all'EAP, non per me, ma chiaramente tiro acqua al mio mulino. Il ritorno, non tanto economico, ma di immagine è soddisfazione è stato enorme. Credo sia diffcile EAP o altro essere davvero lungimiranti quando si sceglie un contratto. Anche un editore piccolo che stampa 250 copie e quando sono esaurite non lo stampa più, ma ti ha vincolato con una cessione di diritti per 20 anni e, in pratica, il libro anche se è dell'autore non potrà essere pubblicato da altri (è vero che i diritti si possono ricomprare ma può non essere facilissimo!) non è un grande affare. Infatti questo contratto l'ho rifiutato, per il mio secondo romanzo. Ecco in definitiva io credo che occorra scindere tra le scelte che si fanno col primo, quando si è più inesperti, e col secondo libro. Grazie per la condivisione, utile come sempre.
Una volta evitata l'EAP e il Self, i problemi restano anche con le case editrici serie. E' difficile riconoscere da soli certi cavilli contrattuali, soprattutto quelli vincolanti. L'unica soluzione è mettersi in mano alle agenzie letterarie di rappresentanza legale, che aiutano anche a trovare gli editori giusti.
RispondiEliminaSono totalmente d'accordo, ho ricevuto alcune proposte di recente per un mio libro che lasciano davvero perplessi! Il problema è che molta gente che non conosce il mondo dell'editoria rischia di cascarci...
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