Diventare editori di se stessi, una testimonianza
Questo post è stato scritto da Emma K. Clarke, che ringrazio per aver condiviso la sua storia. Per conoscere meglio l'autrice potete leggere il riquadro alla fine del post.
Questo articolo nasce così: contattai personalmente il blog “Anima di carta” informandomi se fosse interessato a segnalare o recensire il libro “Petali di sangue”, romanzo che ho auto-pubblicato all’inizio del mese di Dicembre. Questione di pochi minuti e ricevetti una gentilissima risposta in cui venivo invitata a scrivere un articolo sul blog con testuali parole “…di certo come autrice avrai molte cose da raccontare o suggerimenti da dare...”.
Nell’immediato pensai “…e adesso cosa scrivo?”. Poi sfogliando gli articoli del blog, incappai nella rubrica di Elisabetta Modena Guida al self-publishing professionale e non potei far a meno di rispecchiarmi nelle sue parole. Non vi dirò con chi pubblicare, non vi dirò come fare, vi racconterò pura e semplice la mia esperienza fin dall’origine, ossia quando iniziai a scrivere le mie prime righe.
Ho appena compiuto venticinque anni e la passione della scrittura si installò in me circa quattro anni fa. Non vi dirò che ho sempre amato scrivere e leggere, perché non sarebbe assolutamente vero. Da bambina e anche da adolescente, se qualcuno voleva farmi un dispetto, poteva tranquillamente regalarmi un libro. Non amavo né leggere, né tanto meno scrivere, motivo per cui i miei scritti scolastici facevano veramente pena. A superiori concluse, forse non sentendomi più obbligata a dover leggere i libri assegnati dagli insegnanti, di mia spontanea volontà mi avvicinai sempre più alle librerie e alle biblioteche, fino a diventare una compratrice compulsiva e una lettrice accanita dei più disparati generi letterari, dai classici ai fantasy. Un giorno, più per gioco che per altro, scrissi le mie prime righe divenute in un secondo momento l’incipit del mio primo romanzo, scritto che non ho pubblicato e che probabilmente non vedrà mai la luce.
Prima di riporre il mio lavoro in un cassetto, decisi di dargli una chance e lo iscrissi a diversi concorsi letterari, tra cui il famoso “What Woman Write” indetto da Mondadori.
Ricordo ancora i sogni e le speranze di una neo-aspirante scrittrice, convinta che si sarebbero accorti del proprio scritto, che fra tutti avrebbero scelto proprio quell’improbabile testo.
Oggi, con il senno di poi, devo ammettere a me stessa che neppure io, qualora fossi stata un membro della giuria, avrei scelto il mio manoscritto. Posso solo farvi pensare agli orrori contenuti in esso.
Quattro anni però solo lunghi e nel frattempo la mia scrittura maturò, cambiò. Lungo tutto il percorso ho tentato, tentato e ritentato, partecipando a concorsi, spendendo manoscritti in formato cartaceo e in formato elettronico (ogni casa editrice ha la sua politica in queste cose), senza mai ricevere una risposta diversa dal “La ringraziamo di averci inviato il suo testo in visione, ma siamo spiacenti di comunicarle che la sua opera difficilmente troverebbe una collocazione editoriale all’interno delle nostre collane”.
Ora, non è per far polemica, ma non sono una sprovveduta. A sentire certe parole, la prima cosa che si pensa è che avessi mandato il manoscritto ad una casa editrice che non pubblicava quel determinato genere letterario. Errore. Quelle case editrici pubblicavano lo stesso genere letterario.
Ho visto chiudersi tante porte e altrettante non sono mai state aperte: sono una vera minoranza le CE che rispondono alle mail, magari qualcuno potrà dissentire con quanto affermo, ma io racconto semplicemente la mia esperienza.
Una cosa è da specificare. Alcune CE (sempre che si possano chiamare così), prima ancora di rispondere, ti mandano un contratto per posta. Avete sentito bene: un contratto editoriale a casa. L’emozione del giovane scrittore dura pochi minuti, ve lo posso garantire, almeno fino a quando non scorge le parole 3000 euro come contributo di pubblicazione o le parole 250 copie da acquistare. Vi posso assicurare che ci sono tantissimi tipi di contratti a pagamento. Onestamente credo di averli ricevuti tutti, accompagnati quasi sempre da una lettera in cui vengono riportati tantissimi bei complimenti per l’opera inviata (praticamente ripetono le stesse cose almeno cinque volte in una pagina intera).
Il povero scrittore esordiente, nel leggere tutti quegli apprezzanti, non si accorge subito che nella lettera non si parla nemmeno una volta esplicitamente del suo libro, dei personaggi, del modo in cui è stato scritto… sono parole che potrebbero andare bene per qualsiasi libro, sia di saggistica, sia di narrativa.
Personalmente sono contraria a questa tipologia di contratto, quindi all’epoca rifiutai tutte le proposte pervenute ben sapendo che nemmeno una di quelle “CE” aveva letto realmente il mio libro.
Circa un anno fa partecipai all’ennesimo concorso di racconti, dopo aver versato una quota iniziale di partecipazione di una decina di euro circa.
Morale della favola? Fui stranamente scelta per quell’antologia. Per qualche mese fui la persona più felice del mondo, poi la mia testa dovette sbattere su qualcosa di più duro delle morbide illusioni giovanili.
Dopo un anno circa, l’antologia fu ritirata dal mercato (non vi sto a spiegare il motivo, altrimenti l’articolo potrebbe non finire). Le quote previste come introito per l’autore non furono mai versate e dopo aver organizzato presentazioni (a cui l’editore non si presentò, seppur informato), rimase solo la delusione di essere stata presa in giro.
Per questo e per tanti altri motivi, decisi di auto-pubblicarmi.
Come dice giustamente Elisabetta Modena nei suoi articoli, auto-pubblicarsi non è una cosa da poco e richiede impegno, tanto impegno e una buona dose di tempo.
Ho fatto personalmente l’editing al mio manoscritto perché non ho soldi per affidarlo ad un’agenzia letteraria. Ovviamente qualche errore sfugge sempre e vi dico che ormai conosco ogni riga del mio romanzo a memoria.
Ho creato da sola la copertina del libro, l’ho impaginato per la stampa e l’ho inserito nelle piattaforme per la rivendita di ebook (Amazon e Narcissus) e per la stampa cartacea (CreateSpace).
Attualmente mi sto adoperando per fargli pubblicità. Dovete sapere che nessuno farà pubblicità al vostro romanzo se prima non siete voi stessi a interessarvi: è la cruda politica dell’autore esordiente.
Ho creato una pagina facebook per sponsorizzare il mio libro e per creare un po’ di curiosità nel lettore, ho inserito i primi capitoli da leggere gratuitamente, mi sono iscritta a gruppi e forum per farmi conoscere, ho inserito il romanzo nel catalogo di anobii, ho contattato almeno una trentina di blog, se non di più, uno per uno, tramite mail, per avvertirli della pubblicazione ed eventualmente per avere una recensione dagli interessati tramite un file pdf da me spedito. Da specificare che non tutti sono disposti a leggere formati pdf (giustamente spetta al singolo blogger la decisione), quindi o vi mettete l’anima in pace e rinunciate a un tot di recensioni oppure iniziate a stampare e spedire copie cartacee anche fra i blogger. A mio modesto parere diventerebbe un compito oneroso e dispendioso per un autore esordiente che non ha soldi da investire, soprattutto se è ancora uno studente, quindi resta l’unica scelta sensata: mettersi l’anima in pace e cercare altri canali. Vi posso garantire che basta cercare: per quanti blog troverete, ce ne saranno altrettanti che ancora non conoscete.
Potrei stare una giornata intera a parlarvi di come ho trascorso questi ultimi giorni, di come stia incollata allo schermo del computer controllando la posta elettronica ogni ora, rispondendo alle mail e scrivendo con i fan della mia pagina facebook.
Questo è il duro lavoro che deve fare chi vuole diventare editore di se stesso: devi editare, devi impaginare, devi diventare artista della tua copertina, devi venderlo e soprattutto devi saperlo promuovere.
Non so ancora dirvi se quest’esperienza sarà gratificante o deludente, ma sono convinta che per realizzare un sogno bisogna tentare ogni via, anche quella che sembra più insidiosa e complicata. Sto scoprendo a mie spese che realizzare un sogno può essere difficile, ma sono fiduciosa e continuo a combattere per realizzarlo.
Emma K. Clarke
Questo articolo nasce così: contattai personalmente il blog “Anima di carta” informandomi se fosse interessato a segnalare o recensire il libro “Petali di sangue”, romanzo che ho auto-pubblicato all’inizio del mese di Dicembre. Questione di pochi minuti e ricevetti una gentilissima risposta in cui venivo invitata a scrivere un articolo sul blog con testuali parole “…di certo come autrice avrai molte cose da raccontare o suggerimenti da dare...”.
Nell’immediato pensai “…e adesso cosa scrivo?”. Poi sfogliando gli articoli del blog, incappai nella rubrica di Elisabetta Modena Guida al self-publishing professionale e non potei far a meno di rispecchiarmi nelle sue parole. Non vi dirò con chi pubblicare, non vi dirò come fare, vi racconterò pura e semplice la mia esperienza fin dall’origine, ossia quando iniziai a scrivere le mie prime righe.
Ho appena compiuto venticinque anni e la passione della scrittura si installò in me circa quattro anni fa. Non vi dirò che ho sempre amato scrivere e leggere, perché non sarebbe assolutamente vero. Da bambina e anche da adolescente, se qualcuno voleva farmi un dispetto, poteva tranquillamente regalarmi un libro. Non amavo né leggere, né tanto meno scrivere, motivo per cui i miei scritti scolastici facevano veramente pena. A superiori concluse, forse non sentendomi più obbligata a dover leggere i libri assegnati dagli insegnanti, di mia spontanea volontà mi avvicinai sempre più alle librerie e alle biblioteche, fino a diventare una compratrice compulsiva e una lettrice accanita dei più disparati generi letterari, dai classici ai fantasy. Un giorno, più per gioco che per altro, scrissi le mie prime righe divenute in un secondo momento l’incipit del mio primo romanzo, scritto che non ho pubblicato e che probabilmente non vedrà mai la luce.
Prima di riporre il mio lavoro in un cassetto, decisi di dargli una chance e lo iscrissi a diversi concorsi letterari, tra cui il famoso “What Woman Write” indetto da Mondadori.
Ricordo ancora i sogni e le speranze di una neo-aspirante scrittrice, convinta che si sarebbero accorti del proprio scritto, che fra tutti avrebbero scelto proprio quell’improbabile testo.
Oggi, con il senno di poi, devo ammettere a me stessa che neppure io, qualora fossi stata un membro della giuria, avrei scelto il mio manoscritto. Posso solo farvi pensare agli orrori contenuti in esso.
Quattro anni però solo lunghi e nel frattempo la mia scrittura maturò, cambiò. Lungo tutto il percorso ho tentato, tentato e ritentato, partecipando a concorsi, spendendo manoscritti in formato cartaceo e in formato elettronico (ogni casa editrice ha la sua politica in queste cose), senza mai ricevere una risposta diversa dal “La ringraziamo di averci inviato il suo testo in visione, ma siamo spiacenti di comunicarle che la sua opera difficilmente troverebbe una collocazione editoriale all’interno delle nostre collane”.
Ora, non è per far polemica, ma non sono una sprovveduta. A sentire certe parole, la prima cosa che si pensa è che avessi mandato il manoscritto ad una casa editrice che non pubblicava quel determinato genere letterario. Errore. Quelle case editrici pubblicavano lo stesso genere letterario.
Ho visto chiudersi tante porte e altrettante non sono mai state aperte: sono una vera minoranza le CE che rispondono alle mail, magari qualcuno potrà dissentire con quanto affermo, ma io racconto semplicemente la mia esperienza.
Una cosa è da specificare. Alcune CE (sempre che si possano chiamare così), prima ancora di rispondere, ti mandano un contratto per posta. Avete sentito bene: un contratto editoriale a casa. L’emozione del giovane scrittore dura pochi minuti, ve lo posso garantire, almeno fino a quando non scorge le parole 3000 euro come contributo di pubblicazione o le parole 250 copie da acquistare. Vi posso assicurare che ci sono tantissimi tipi di contratti a pagamento. Onestamente credo di averli ricevuti tutti, accompagnati quasi sempre da una lettera in cui vengono riportati tantissimi bei complimenti per l’opera inviata (praticamente ripetono le stesse cose almeno cinque volte in una pagina intera).
Il povero scrittore esordiente, nel leggere tutti quegli apprezzanti, non si accorge subito che nella lettera non si parla nemmeno una volta esplicitamente del suo libro, dei personaggi, del modo in cui è stato scritto… sono parole che potrebbero andare bene per qualsiasi libro, sia di saggistica, sia di narrativa.
Personalmente sono contraria a questa tipologia di contratto, quindi all’epoca rifiutai tutte le proposte pervenute ben sapendo che nemmeno una di quelle “CE” aveva letto realmente il mio libro.
Circa un anno fa partecipai all’ennesimo concorso di racconti, dopo aver versato una quota iniziale di partecipazione di una decina di euro circa.
Morale della favola? Fui stranamente scelta per quell’antologia. Per qualche mese fui la persona più felice del mondo, poi la mia testa dovette sbattere su qualcosa di più duro delle morbide illusioni giovanili.
Dopo un anno circa, l’antologia fu ritirata dal mercato (non vi sto a spiegare il motivo, altrimenti l’articolo potrebbe non finire). Le quote previste come introito per l’autore non furono mai versate e dopo aver organizzato presentazioni (a cui l’editore non si presentò, seppur informato), rimase solo la delusione di essere stata presa in giro.
Per questo e per tanti altri motivi, decisi di auto-pubblicarmi.
Come dice giustamente Elisabetta Modena nei suoi articoli, auto-pubblicarsi non è una cosa da poco e richiede impegno, tanto impegno e una buona dose di tempo.
Ho fatto personalmente l’editing al mio manoscritto perché non ho soldi per affidarlo ad un’agenzia letteraria. Ovviamente qualche errore sfugge sempre e vi dico che ormai conosco ogni riga del mio romanzo a memoria.
Ho creato da sola la copertina del libro, l’ho impaginato per la stampa e l’ho inserito nelle piattaforme per la rivendita di ebook (Amazon e Narcissus) e per la stampa cartacea (CreateSpace).
Attualmente mi sto adoperando per fargli pubblicità. Dovete sapere che nessuno farà pubblicità al vostro romanzo se prima non siete voi stessi a interessarvi: è la cruda politica dell’autore esordiente.
Ho creato una pagina facebook per sponsorizzare il mio libro e per creare un po’ di curiosità nel lettore, ho inserito i primi capitoli da leggere gratuitamente, mi sono iscritta a gruppi e forum per farmi conoscere, ho inserito il romanzo nel catalogo di anobii, ho contattato almeno una trentina di blog, se non di più, uno per uno, tramite mail, per avvertirli della pubblicazione ed eventualmente per avere una recensione dagli interessati tramite un file pdf da me spedito. Da specificare che non tutti sono disposti a leggere formati pdf (giustamente spetta al singolo blogger la decisione), quindi o vi mettete l’anima in pace e rinunciate a un tot di recensioni oppure iniziate a stampare e spedire copie cartacee anche fra i blogger. A mio modesto parere diventerebbe un compito oneroso e dispendioso per un autore esordiente che non ha soldi da investire, soprattutto se è ancora uno studente, quindi resta l’unica scelta sensata: mettersi l’anima in pace e cercare altri canali. Vi posso garantire che basta cercare: per quanti blog troverete, ce ne saranno altrettanti che ancora non conoscete.
Potrei stare una giornata intera a parlarvi di come ho trascorso questi ultimi giorni, di come stia incollata allo schermo del computer controllando la posta elettronica ogni ora, rispondendo alle mail e scrivendo con i fan della mia pagina facebook.
Questo è il duro lavoro che deve fare chi vuole diventare editore di se stesso: devi editare, devi impaginare, devi diventare artista della tua copertina, devi venderlo e soprattutto devi saperlo promuovere.
Non so ancora dirvi se quest’esperienza sarà gratificante o deludente, ma sono convinta che per realizzare un sogno bisogna tentare ogni via, anche quella che sembra più insidiosa e complicata. Sto scoprendo a mie spese che realizzare un sogno può essere difficile, ma sono fiduciosa e continuo a combattere per realizzarlo.
Emma K. Clarke
L'aspetto più positivo, per Silvia alias Emma, è che è giovane e ha tutto il tempo di seminare e poi raccogliere. Coraggio, Silvia, il problema è che il mercato dei libri è saturo e risulta molto difficile imporsi, ma mi sembri determinata ed energica. Un milione di auguri. (Tutto quello che hai scritto sulle CE e sull'autopubblicazione non può essere smentito, è una utile testimonianza!)
RispondiEliminaNadia
Cara Silvia, leggendo la tua storia "editoriale" mi è sembrato di vedere me qualche anno fa. La strada del self-publishing non è per nulla facile e a meno di essere già famosa in internet o di avere doti virali non è che il ritorno sia poi così proporzionato allo sforzo. Con questo non voglio scoraggiarti, i destini delle persone sono diversi e non si sa mai la fortuna chi abbia voglia di baciare.
RispondiEliminaMa facendo un ragionamento più generale (non riferito a te Silvia)... la rivoluzione industriale non è nata proprio dal momento in cui si è usciti dalla logica medievale del lavoro fatto tutto da sé (dalla A alla Z)ad una organizzazione del lavoro divisa in fasi di lavorazioni?
Ora, se Silvia/Emma deve scrivere, revisionare, imparare nozioni tecniche di grafica, fare e-marketing, ecc. ... Io devo scrivere, revisionare, imparare nozioni tecniche di grafica, fare e-marketing, ecc. ... Elisabetta deve scrivere, revisionare, imparare nozioni tecniche di grafica, fare e-marketing, ecc. ... Anima deve scrivere, revisionare, imparare nozioni tecniche di grafica, fare e-marketing, ecc. ... e ognuno di noi che cerca di fare tutto da sé deve fare tutte queste cose... insomma, questo non è un enorme spreco di energie?
Non sarebbe più razionale che ci fosse un grafico per tutte le scritrici? Un esperto di e-marketing per tutte le scrittrici? Insomma, questa è la struttura che ha una Casa Editrice, appunto, organizzata secondo una divisione razionale dei compiti, in modo da non duplicare e sprecare competenze e sforzi.
Io sono convinta che scrivere sia un'attività molto impegnativa e che se si vuole raggiungere un livello alto occorra dedicare una marea di tempo e di energie alla scrittura... un vero professionista fa il proprio lavoro non i mille altri lavori collaterali.
E' che purtroppo il lavoro dello scrittore è il più bistratto di tutti, perché oggi tutti scrivono... giornalisti, medici, operai, professionisti, politici, ecc. Questo porta inevitabilmente all'inflazione della scrittura.
Io, purtroppo o per fortuna, ho ancora una visione "romantica" della scrittura e dello scrittore. Per me lo scrittore è un intellettuale che osserva e cerca di interpretare il mondo, che utilizza le parole per descriverlo al meglio e per creare scenari immaginifici in grado di aprire la mente dei lettori su nuovi orizzonti interpretativi.
Un sogno? No, una convinzione.
Carissima Lady Flo, anche a me piacerebbe continuare ad avere questa visione "romantica" dello scrittore, ma purtroppo in un mondo dove pubblicano libri "scritti" da atleti o da tronisti di "Uomini e donne", bisogna aprire gli occhi e rendersi conto che la maggior parte dei libri pubblicati, lo sono per puro scopo commerciale o per la tendenza del momento.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il self-publishing sono convinta che oggi ci siano più mezzi rispetto a qualche anno fa. Già il solo fatto di poter creare, stampare e distribuire il proprio libro senza versare un soldo per me è una conquista. Oltre a createspace, che ti offre anche un canale di vendita vasto attraverso Amazon, ci sono solo piattaforme che per pubblicare vogliono essere pagate, vedi Ilmiolibro, YoucanPrint, ecc...
Nonostante tutto non smetterò mai di cercare una casa editrice: personalmente mi sento una scribacchina auto-pubblicata, non una scrittrice.
La passione c'è tutta e una piccola parte di me continua ancora a sperare di uscire dall'anonimato. Nel contempo, però, la mia parte realista pensa che oggi emergano solo persone che hanno già un nome, che sono già conosciute. Magari questo è solo il mio modo per farmi un nome.
trovo curiosa l'inversione di ruoli tra Emma e Lady Flo. Mi spiego la + giovane tra le 2 è la + disillusa. Quando avevo 25 anni queste possibilità non c'erano, manco avevo il pc. Oggi credo che ognuno debba trovare la propria strada in un ventaglio di offerte maggiore, ma il self publishing non fa per me.
RispondiEliminaGrazie per la testimonianza
Cara Sandra, io rispetto appieno la tua scelta.
EliminaHo avuto molte remore prima di intraprendere la strada del self- publishing. Come ho già detto, non so se sarà un'esperienza positiva o meno... incrocio le dita e più avanti vedremo!
Un bacione.
Bella osservazione Sandra....
Eliminail fatto è che io, la più vecchia, ho già fatto il giro di boa... nel senso che dall'illusione entusiastica giovanile, sono passata alla disillusione depressiva dell'età adulta, per risalire, nell'attuale fase, a una nuova rifioritura dell'entusiasmo... diverso però dall'entusiasmo giovanile, diciamo una sorta di ancoraggio a valori forti e profondi, gli unici in grado di dare un minimo di senso alle nostre esistenze, dopo la fase "disillusiva".
Sono d'accordo, sei giovane e sveglia.
RispondiEliminaHai tanto tempo davanti a te e, a quanto ho capito, anche le capacità organizzative per trovare la tua strada.
Continua!
Vi riporto un commento che mi è arrivato x e-mail da una persona che non è riuscita a inserirlo:
RispondiElimina"Sono nuova di questo spazio non per quanto riguarda la lettura, da quando l'ho trovato è diventato un appuntamento fisso per me, ma per la scrittura, non ho mai lasciato commenti
Saluto Nadia che ho avuto il piacere di conoscere su ilmiolibro e questo vi può orientare sul mio intervento.
Tempo fa ho fatto una ricerca sui giardini di dieci scrittrici, non visitandoli di persona , ma leggendo le opere delle scrittrici prese in esame, le lettere scritte ad amici e parenti, gli articoli scritti negli anni in cui loro stesse facevano riferimenti alla forte passione per il giardino che curavano con amore.
Ne è uscito un lavoro ben documentato e arricchito di fotografie relative alla casa e al giardino di ogni scrittrice.
A lavoro finito, ottenuti i permessi da ogni autore delle fotografie usate, impostata una copertina, dopo innumerevoli prove, corrette più volte le pagine, riletto fino allo sfinimento il testo, era il periodo pre natalizio di qualche tempo fa, ho deciso di stampare il libretto per farne regalo ad amici e così ho fatto scegliendo ilmiolibro.
Con mia grande sorpresa ho cominciato ad avere avvisi di vendita, persone che non conoscevo erano interessate al mio lavoro, ne ero felice !
Poi la mia vita si è fermata per due lutti che mi hanno allontanato dal mondo e solo ora, a distanza di tempo, sto riprendendo i contatti con ciò che mi circonda ed ho deciso di mandare il mio lavoro ad alcune case
editrici.
Una di queste, venerdì scorso mi ha risposto poco dopo l' invio del manoscritto dicendosi molto interessata all'argomento.
Cinque minuti dopo una seconda mail in cui mi si diceva che avevo già pubblicato il mio lavoro con ilmiolibro e quindi non potevano prendermi in considerazione.
Mi sono stupita due volte, una per la velocità di risposta, non succede in genere, i tempi sono lunghissimi e spesso le case editrici nemmeno rispondono, e poi per il resto.
Io non ho pubblicato, ho stampato il mio lavoro, non ho nemmeno acquistato il codice ISBN come ilmiolibro propone, non sono in vendita nemmeno alla Feltrinelli.
Questo è quanto , inutile dirvi come mi sento...
Scusate per la lunghezza del mio intervento"
Adele - www.albumdiadele.it/
Per rispondere ad Adele....
Eliminaè risaputo che gli editori tradizionali non gradiscono per nulla i testi non inediti.
E per quanto la tua pubblicazione (o stampa) sia stata limitata, non è più inedita... tipo vergine sulla quale mai occhio si è posato (scusate la licenza poetica :-) )
Carissima Adele, posso comprendere il tuo dispiace.
RispondiEliminaPurtroppo le case editrici pubblicano solo materiale inedito quindi, una volta che si decide di pubblicarlo con piattaforme di self- publishing, anche senza codice isbn, il tuo lavoro perde la caratteristica di "inedito", in quanto è possibile acquistarlo presso altri canali.
Se si prende la via del self-publishing, si dev'essere consapevoli del fatto che il tuo lavoro non potrà più essere pubblicato da altri. Oltretutto non so se ilmiolibro ti vincoli con dei contratti di pubblicazione.
mi permetto di dissentire perchè ci sono diversi casi negli USA di libri auto pubblicato e notati da grossi editori che li hanno portati al successo. Oppure, è il caso della saga di Eragon pubblicata a spese dell'autore quindi EAP, era un ragazzino e i genitori lo finanziarono e un editore vide il libro e lo ripubblicò. In italia di recente l'autore di un romanzo auto pubblicato su amazon ha ricevuto una proposta da Newton Compton. Dipende sempre dall'editore. Scusate ma anni fa ricorderete il fenomeno Jack frusciante? pubblicato da trans europa e poi da Baldini e castoldi che lo portò al successo.
RispondiEliminaSandra, il mercato americano ha logiche proprie non paragonabili alle nostre.
EliminaAnche in Italia ci sono stati alcuni, pochi pochissimi, casi di gente che prima si è fatta conoscere in internet, "pubblicato" in internet, reso famoso dalla rete e poi pescato da qualche editore che sapeva di andare a colpo sicuro, commercialmente parlando, avendo già un il tizio/la tizia in questione un proprio bacino di lettori/seguaci/follower e quant'altro.
Ma sono casi rari... generalmente gli editori tradizionali non gradiscono il self-publishing.
Dicono anche che gli editori non gradiscono autori che pubblicano precedentemente con case editrici a pagamento, eppure ci sono autori odierni che oggi pubblicano per grandi case editrici (non faccio nomi)che hanno iniziato proprio così. Io credo che la pubblicità sia tutto: al giorno d'oggi è quella che vende.
RispondiEliminaIl classico "mai dire mai" a volte capita, soprattutto oggi. Magari succede raramente, ma bisogna ammettere che avviene.
Il problema dell'auto pubblicazione, per come la vedo io, è la promozione. Chi ha tempo, energie, carattere e risorse può ottenere grandi risultati. Io che mi barcameno, come molte di noi, tra lavoro (precario), famiglia e qualche altro impegno e per di più ho un carattere molto chiuso non posso farmi carico anche dell'organizzazione della promozione. Per questo devo, a costo di limitare tantissimo le mie opzioni, affidarmi a progetti che offrano poi un'adeguata promozione. Negli ultimi mesi sono stata davvero fortunata perché per alcune antologie dove ci sono dei miei testi questo lavoro viene svolto in maniera egregia. I risultati sono che le antologie stanno girando parecchio e facendo parlare di loro.
RispondiEliminaNon ho ancora pubblicato un romanzo, ma, se mai lo farò, dovrà essere a queste condizioni.
Trovo ora questa new nel web e la voglio condividere con voi e con tutte/i coloro che si rivolgono al self-publishing.
RispondiEliminaGuardate la trovata commerciale/comunicativa di Mondadori su Istagramers per il libro di Gaia Coltorti, "Le affinità alchemiche".
http://instagramersitalia.it/le-affinita-alchemiche-per-immagini/
Instagramers Italia è la community italiana degli appassionati di Instagram, app dell’anno nel 2011 su iTunes Store. http://instagramersitalia.it/chi-siamo/
Tutto questo per ricordare che il self-publishing oggi e soprattutto domani viaggerà sulle app.
Ciao Emma, grazie che mi hai citata! ^^
RispondiEliminaHo letto con attenzione la tua esperienza e il "carteggio" di risposte tra noi autrici. Che dire? Ognuna di noi affronta la scrittura a partire dalla propria esperienza quotidiana, dal proprio vissuto, dal proprio sistema di valori, desideri, energie, aspettative... ogni strada che si scelga è percorribile, a patto siamo coerenti con noi stessi. Io, ad esempio, mi dicessero "scrivi un romanzo giallo" che ti mettiamo sotto contratto ecc ecc, risponderei di no perché il giallo non rientra nelle mie corde. Detto questo, va considerato che la scrittura ha uno sbocco che sono i lettori. In qualche modo vanno pur incontrati questi lettori, altrimenti che scriviamo a fare? Io scrivo per essere letta, quindi ben venga la strada che uno sceglie per raggiungere i lettori. Ovvio che, senza la mediazione di un agente letterario e di una casa editrice, questi lettori saranno pochi. A me personalmente va bene lo stesso, anche perché nel corso degli anni i lettori mi hanno dato feedback positivi che mi hanno spronato a crescere, a migliorarmi, a continuare a scrivere. Uno scrittore ha bisogno del rapporto con i suoi lettori: non siamo esseri isolati, che scriviamo in una turris eburnea...
@ Lady Flo: ho visto e concordo, bella strategia!
Bellissimo post, interessantissimo..mi sa proprio che queto libro lo acquisterò su amazon
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