Storie in cammino

Fonte Pixabay
Nella vita appartengo al genere di persona che ama gli schemi, i grafi, gli elenchi e le tabelle, insomma tutto ciò che punta a rendere più chiaro qualcosa. Normalmente programmo le cose che devo fare e non parto mai prima di aver progettato un viaggio. Ma non quando scrivo.

Ho provato a seguire certi suggerimenti, del tipo preparate uno schema della storia, una scaletta degli avvenimenti, un elenco dei conflitti, le schede dei personaggi, bla bla bla. E ogni volta che l'ho fatto, quello che ne è venuto fuori è stata una sequenza di vicende aride e senz’anima.


Suppongo sia una faccenda soggettiva, in ogni caso ho scoperto che schematizzare uccide l’ispirazione. Preferisco procedere come un eremita nella notte, con un piccolo lume a farmi strada, scoprendo passo dopo passo come stanno le cose, ciò che accade ai miei personaggi e perché. Ho rinunciato ad avere subito il quadro, il disegno globale, perché quando si comincia una storia in base a un’idea iniziale, poi strada facendo le cose cambiano e restare vincolati a ciò che si è deciso a priori non porta frutti.

Per esempio nel romanzo che sto scrivendo, all’inizio uno dei personaggi era una odiosa saccente che non andava oltre al proprio naso. Ora questa immagine si è ammorbidita, sfaccettata, quello che è successo ha messo in discussione il suo mondo. Il suo ruolo è diventato importante, mentre all'inizio l'avevo relegata a fare da comparsa. Inoltre, la storia stessa, anche se a grandi linee era già nella mia testa, ha subito moltissime trasformazioni.

Così preferisco procedere passo dopo passo. Certo, succede che ad un certo punto il lumino con cui mi faccio strada diventi così fioco da non lasciarmi vedere più cosa ho davanti, o addirittura si spegne e io resto bloccata e chiedermi “e ora?”. Succede quando non si ha il famoso quadro, quando non si conosce la meta del viaggio e tantomeno le tappe.

Allora, per riaccendere il lume non mi resta che guardarmi indietro, chiedermi come sono arrivata a quel punto della storia e perché. Ripercorrere tutta la strada, rileggere quello che ho scritto, insomma, mi aiuta.

Non avere una scaletta da rispettare, ma soprattutto non avere chiaro in mente il disegno dell'intera storia, è alquanto frustrante, lo ammetto. E ti obbliga a fare continui passi indietro per controllare se quello che hai scritto prima sia coerente con il dopo, ti costringe a tenere a mente tutti gli elementi che hai introdotto perché non restino fili pendenti. Ti obbliga a mettere tutto in discussione se a un certo punto decidi di introdurre un importante colpo di scena, una svolta che neppure tu conoscevi e che ora cambia tutto, forse persino il finale.

In ogni caso ad un certo punto la visione d'insieme si rende necessaria, perché chiaramente una storia non è un insieme di eventi più o meno collegati, ma deve avere un senso globale, un suo filo conduttore. Dunque, arriva il momento in cui devo per forza farmi un'idea più ampia di tutto.

Non vi sto consigliando di usare questo metodo, forse è più sensato realizzare il progetto di una storia prima di scriverla. In ogni caso, credo che ognuno abbia il suo metodo o se non ce l'ha lo troverà prima o poi.

Tutto questo suonerà forse un po’ strano per una come me che parla sempre di tecniche e di regole di scrittura. Ma il fatto è che io non credo che le regole debbano ingabbiarci, non devono tarpare le ali al processo creativo ma solo aiutarlo. Una volta una persona mi disse: “Io scrivo spontaneamente, non mi pongo problemi di regole, non ho mai letto manuali di scrittura e cose simili”. Lo ha detto con un certo orgoglio. Ma perché privarsi di una guida, di un sostegno, quando puoi averlo?
Anche se procedendo passo dopo passo nel creare la storia devo affidarmi molto all’intuizione, i consigli di chi ne sa più di me di scrittura mi tornano sempre utili.

Così è la storia che sto scrivendo, in divenire. Anzi la storia che sto riscrivendo, perché ho ripreso in mano un vecchio lavoro che avevo realizzato proprio con un approccio schematico. Ma non mi aveva mai convinto. Ora va molto meglio, o almeno così mi sembra...

E le vostre storie come sono, storie in cammino o decidete tutto prima di cominciare a scrivere?

Commenti

  1. Storie in cammino, ma con una torcia di riserva nel caso in cui si spegnesse il lume ;)
    Prima usavo il tuo stesso metodo, ma mi sono resa conto che per le storie mastodontiche che scrivo non andava bene: a un certo punto mi perdevo e basta. Così ho deciso di provare con una scaletta "flessibile": segno gli eventi principali per ciascun personaggio. Funziona abbastanza, anche se mentre scrivo li modifico. L'importante è che, almeno questa volta, sono sul sentiero al 100%. Miracolo! XD
    A proposito: complimenti per il blog!

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    1. Grazie Sam per i complimenti!
      Effettivamente il rischio è proprio quello di perdersi... Con il mio metodo bisogna tenere ben presente l'obiettivo del protagonista e dove deve andare a parare la storia. La scaletta flessibile di cui parli mi sembra una buona idea, almeno per avere una specie di linea guida. La torcia di riserva dove si compra?! :)

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  2. anche io sono dell'opinione che la vita senza schemi sia una vita meno gioiosa... sarà perché sono una compulsiva nata... ma trasportare tutto ciò nella stesura del mio libro mi pare una cosa bizzarra... non so, mi vien più il "di getto"

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  3. La nostra vita è un cammino e non conosciamo il futuro, quindi, anche per me le storie che ho scritto e continuo a scrivere, non hanno una scaletta o uno schema, nasce da un idea, molte volte prende vita nei mie sogni notturni che poi scrivo al mio pc; in seguito, quando la storia avanza di progressi, rileggo ciò che ho scritto e mi faccio una scaletta dei principali avvenimenti, mi annoto i nomi dei personaggi (se sono tanti)e descrivo le loro caratteristiche caratteriali principali. Quindi preferisco iniziare "di getto" e poi seguire una scaletta progettata in testa e valutare la probabile fine della storia

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    1. I sogni ispirano molto anche me... Mi è capitato moltissime volte di svegliarmi con le idee giuste!

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  4. Condivido al 100%, anch'io procedo a tentoni, come se non fossi io la burattinaia ma personaggi, luoghi, accadimenti a sorpresa che miracolosamente si oggettivano sulla pagina. Credevo fosse un mio difetto. Poi ho letto che anche Marìas procede in questo modo. Leggo la stessa cosa qui, in Anima di Carta. Mi rassereno. Torno a scrivere non so ancora cosa...

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    1. E' una bella sensazione quella che dici, di personaggi ecc. che si oggettivano sulla pagina... L'ho provata anche io varie volte, anche se purtroppo non è la regola. Sarebbe troppo comodo!

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  5. Una programmazione è necessaria al fine di non perdere la bussola in un romanzo magari lungo e complesso. Tuttavia, come anche tu dici, un'eccessivo programmare sicuramente impedisce la creatività, lo spaziare per inventare. Ho scritto in proposito alcuni post che parlavano di spaziare e restringere il campo nella scrittura, di creatività e riflessioni sulla programmazione nella scrittura del romanzo. Se ti fa piacere...li trovi nel mio blog. Post interessante!

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  6. Ultimamente lavoro sul giallo, che impone di lavorare con una scaletta rigida (o, almeno, troppo rigida per il mio normale modus operandi). All'inizio arrivare con uno schema preciso prima della prima parola e attenercisi mi sembrava impossibile. Pian piano sto prendendo l'abitudine e alla fine trovo i racconti scritti così più compatti e efficaci dei precedenti.
    Di certo, però, ogni regola rimane frangibile, deve funzionare per noi e per la storia che stiamo scrivendo, non essere scolpita in un ipotetico decalogo del buono scrittore.
    E l'immagine dell'eremita nella notte è bellissima

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  7. Credo ci siano dei generi che necessitino di maggiore programmazione rispetto ad altri, per esempio il Giallo, come dice Tenar. Molto dipende, quindi, dal tipo di storia.
    Per quanto mi riguarda, l'idea nasce sempre da un "colpo di fulmine"; un'energia, che viene da chissà dove, mi colpisce e mi rapisce, mi seduce e impossessa di me. All'inizio vedo solo la protagonista e la scoperta che farà (che è l'obiettivo, il messaggio, della storia). Dopo questa visione, decido la contestualizzazione e gli altri personaggi. E così cominciano a formarsi nella mia mente delle scene, delle situazioni e anche dei dialoghi. A questo punto parto con la scrittura e a questo punto la scrittura mi porta dove vuole lei e, come hai detto tu Anima, può capitare che alcune cose si modifichino strada facendo o si creino situazioni non previste, ecc.
    Il processo della scrittura sorprende ed è meraviglioso.

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  8. Un altro aspetto che vorrei sottolineare è quello della documentazione. Siccome le storie che racconto non sono mai storie personali vissute da me o da persone a me vicine è necessario, perciò, che mi documenti sui luoghi o ambienti nei quali contestualizzo la storia e sulla psicologia, il comportamento e il linguaggio dei personaggi. Diventa così anche un lavoro di ricerca.

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    1. Certo, il lavoro di ricerca ha il suo peso. In certi casi è importante documentarsi, è una cosa che trovo utile anche io. Internet poi è una tale fonte di sapere, che non si può proprio essere approssimativi quando si scrive...

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  9. Le mie sono proprio storie in cammino perchè so solo alcuni passi della storia (che poi sono quelli che mi spingono a cominciarla). Invento tanto sul momento stupendo anche me stessa!

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