Guida al Self-publishing professionale (prima puntata)
L'articolo che segue è scritto da Elisabetta Modena, che ringrazio molto per questo prezioso contributo. E' il primo di una serie di interventi in cui l'autrice, oltre a raccontare la sua personale esperienza, presenta molti utili suggerimenti per chi vuole autoprodursi in modo professionale e alternativo rispetto a un editore tradizionale.
Sull'argomento vi invitiamo anche a leggere il blog Penne indipendenti e i consigli di Beppe Servegnini.
Alla fine del post trovate una presentazione di Elisabetta Modena.
Introduzione
Qui di seguito rifletterò con voi sul mondo dell’auto-pubblicazione in generale. Non darò consigli su quale POD preferire (per queste cose rimando al libro Self-publishing a confronto, davvero ben fatto: http://www.smashwords.com/books/view/227914), mi limiterò a raccontarvi la mia esperienza e a chiarire con voi opportunità e dubbi, luci e ombri di questo percorso editoriale.
Prima puntata
All’epoca non conoscevo la rete, non sapevo cos’era il codice html, non sapevo più o meno nulla. M’interessava far pratica di scrittura (avevo appena terminato il mio primo romanzo, La punta di diamante, e bazzicavo su Pennadoca.net, un sito per scrittori esordienti) e il blog si dimostrò uno strumento efficace.
Era ancora l’epoca in cui le pubblicazioni a pagamento non erano malviste.
Ora la situazione è cambiata: il pubblico è molto più attento, gli editori a pagamento hanno fatto il loro tempo e sono sorte liste di editori free, di editori di qualità, ecc., per indirizzare la pubblicazione verso un prodotto (possibilmente) professionale.
Lo scenario stesso è cambiato: l’e-commerce (intendo i piccoli editori che vendono on-line) e il diffondersi degli e-book reader, dei tablet, dei laptop e via di seguito stanno permettendo di “bypassare” la catena della distribuzione consueta (libreria tradizionale, ordine nel magazzino centrale di Milano o Roma, arrivo del libro) e di farsi spedire il libro direttamente a casa in versione cartacea o digitale.
È vero che al momento i fruitori di e-book sono ancora pochi (in Italia so di stime intorno all’1%, un decimo del fatturato americano che si aggira intorno al 10% con punte fino al 26% stando a un articolo del Corriere letto di recente), però è indiscutibile che il mercato si stia espandendo. Veniamo a una riflessione per l’autore che voglia autoprodursi.
Non ho nulla contro chi approda a una casa editrice. Anzi, meglio per lui se si trova bene: risparmia di dover farsi l’editing da solo, di sobbarcarsi la ricerca di una foto o disegno di copertina, di dover pensare ai reading e alla promozione e così via (tuttavia ne ho sentiti davvero pochi di autori che si sono trovati bene con i rispettivi editor e direttori editoriali).
Venendo agli editori medio-piccoli, ce ne sono alcuni che propongono l’acquisto di libri delle proprie collane prima di accettare manoscritti in lettura; altri che si associano ad agenzie letterarie e occorre prima passare da loro (e quindi pagarle) per far leggere il proprio manoscritto. Tutte possibilità che scoraggiano gli autori alle prime armi… e hanno scoraggiato anche me.
Poi ci sono quelli di qualità, però in genere pubblicano libri “ad hoc” per le loro collane, quindi un romanzo di un esordiente difficilmente troverà collocazione, a meno che non sia esattamente il romanzo che il tal direttore editoriale aveva in testa. Bisogna tener conto che tanti direttori di collana hanno già in mente cosa far pubblicare e lo danno da scrivere ad autori della loro scuderia. I libri nascono al bar mentre l’autore e l’editore discutono sulla possibile trama… non sto scherzando.
Le case editrici grandi, invece, si appoggiano alle agenzie letterarie e da lì non si scappa. Occorre aprire il portafogli.
Inoltre la mia esperienza è che i direttori editoriali vanno molto a pelle, e decidono soprattutto in base alle tendenze del mercato e alle loro idee personali: se un libro piace loro (sponsorizzato da quei 5-6 agenti letterari che contano o da amici-giornalisti nel giro) lo promuovono, altrimenti nulla da fare. Potrei star qui a fare l’elenco dei libri di successo rifiutati: leggo dal blog di Paolo Di Stefano (Corriere Della Sera): 18 editori rifiutarono "Il Gabbiamo Jonathan Livingstone", 16 editori rifiutarono il primo romanzo di Grisham, 8 rifiutarono Harry Potter. Tre le copie di vendita previste per "L'ombra del vento" di Ruiz Zafòn da chi rifiutò di pubblicarlo perché anticommerciale: 8 milioni di copie vendute.
Questi gli esempi più famosi.
In conclusione, posso dire per esperienza che il SP (self-publishing) non è una possibilità perdente in un momento in cui pubblicare con una casa editrice “grossa” implica comunque una trafila impressionante e una spesa considerevole.
Però, c’è un’altrettanta mole di lavoro che aspetta l’autore volonteroso che si voglia auto pubblicare.
Elisabetta Modena
(QUI LA SECONDA PUNTATA)
Inoltre la mia esperienza è che i direttori editoriali vanno molto a pelle, e decidono soprattutto in base alle tendenze del mercato e alle loro idee personali: se un libro piace loro (sponsorizzato da quei 5-6 agenti letterari che contano o da amici-giornalisti nel giro) lo promuovono, altrimenti nulla da fare. Potrei star qui a fare l’elenco dei libri di successo rifiutati: leggo dal blog di Paolo Di Stefano (Corriere Della Sera): 18 editori rifiutarono "Il Gabbiamo Jonathan Livingstone", 16 editori rifiutarono il primo romanzo di Grisham, 8 rifiutarono Harry Potter. Tre le copie di vendita previste per "L'ombra del vento" di Ruiz Zafòn da chi rifiutò di pubblicarlo perché anticommerciale: 8 milioni di copie vendute.
Questi gli esempi più famosi.
In conclusione, posso dire per esperienza che il SP (self-publishing) non è una possibilità perdente in un momento in cui pubblicare con una casa editrice “grossa” implica comunque una trafila impressionante e una spesa considerevole.
Però, c’è un’altrettanta mole di lavoro che aspetta l’autore volonteroso che si voglia auto pubblicare.
Elisabetta Modena
(QUI LA SECONDA PUNTATA)
grazie seguirò questi spunti.
RispondiEliminaDo al mio romanzo e all'agenzia altri 6 mesi,
se non succede nulla mi autopubblico-.
sandra frollini a colazione
RispondiEliminaQuesti post sono molto utili per capire come funzionano le cose nel mondo editoriale.
Io ho aperto da pochi mesi il mio primo blog e, pur amando scrivere e inventare, posso definirmi una matricola in questo settore.
Grazie.
Come ho già detto altrove, ultimamente sono un po' spaventata dal fatto che in più siti ho iniziato a leggere consigli del tipo: "se un autore vuole autopubblicarsi deve affidare a dei grafici e a degli editor professionisti". Cioè pagare. Inoltre vedo spuntare come funghi siti di agenzie che fanno editing a pagamento senza che sia chiaro il curriculum di tali editor. Non vorrei che, finito il periodo degli editori a pagamento, il nuovo modo per mungere gli aspiranti scrittori sia convincerli che debbano pagare per affinare il loro prodotto e poi pagare per autopubblicarsi e poi pagare per farsi conoscere. La scrittura è il sogno e l'aspirazione di molti di noi. Credo che sia giusto investire per migliorare se stessi e i propri scritti (qualsiasi altro hobby, del resto, ha dei costi), ma non vorrei che si finisse per lucrare sulle aspettiative.
RispondiEliminaAutopubblicazione sì, dunque, ma con occhio critico!
Ciao a tutti/e!
RispondiEliminaRingrazio Maria Teresa per lo spazio che mi ha offerto. In effetti anch'io sono spaventata dal SP professionale, nonostante sia una strada che ho iniziato a percorrere; stamattina continuavo le mie ricerche sui vari siti per capire quanto si venda esattamente (secondo me non tanto), e mi sono sentita come Davide contro Golia: quanto tempo e soldi deve investire un autore per farsi conoscere e apprezzare? Io gioco in casa perché mio marito è grafico: tanto per dire, la copertina di "Sorpresa da un angelo" l'abbiamo comprata, poi lui me l'ha fatta (con titolo ecc.), idem per l'impaginazione: me l'ha fatta lui; l'editing me lo sono fatto fare da un'autrice con più esperienza di me che scriveva anche lei per Guido Veneziani Editore.
Però, poi, c'è tutta la parte della distribuzione e della pubblicità: tra social network, capire come funziona google advertising, mandare mail a siti e giornalisti perché ti recensiscano... uno dovrebbe sempre stare su internet!!!!!! Io mi sono detta: e chi lavora come fa? Chi ha famiglia come fa? Io che ho quattro figli dove trovo il tempo? C'è anche una vita vera da vivere... per cui guardate: io ho scritto questo contributo perché è una via che sto provando, però anch'io sono critica e, soprattutto, vedo la mole di lavoro che ho davanti e mi domando se ne valga la pena per poche decine di copie vendute. Per ora mi rispondo di provarci, anche perché è proprio bussando di qua e di là che si trovano lettori, quando meno uno se lo aspetta...
grazie a tutti quelli che leggeranno questa mia esperienza!
Sul mio blog ho provato ad articolare un po' meglio il mio pensiero. Condivido in toto i tuoi dubbi e mi chiedo se da parte di noi esordienti non sia un po' arrendersi...
RispondiEliminaUn paio d'anni fa ero anch'io una convinta sostenitrice del self-publishing, per i motivi evidenziati nell'articolo. Poi mi sono ricreduta per un semplice motivo: io non sono un'esperta di marketing.
RispondiEliminaUna volta sentii dalla bocca di un editore, che gli editori non si occupano di cultura, ma di comunicazione. Fu come una rivelazione. Gli editori sono esperti di marketing, infatti, essi possono fare arrivare in cima alle classifiche testi scadenti e banali e vendere centinaia di copie.
Benissimo, allora questo lavoro lo lascio fare a loro che sono esperti, io, invece, mi dedico alla scrittura e al perfezionamento della scrittura, senza portare via tempo a questa per studiare il funzionamento di Google advertising, dei SocialNet per fare promozione, ecc. (perché se ci vuoi ricavare qualche guadagno devi conoscerli professionalmente).
Poi, se una scrittrice esordiente ha già un suo bacino di lettori/trici attraverso il blog personale, o è già molto attiva e seguita su FB o TW, o è inserita in un tessuto sociale a livello comunale, associativo, gruppi o altro, allora può tentare di autopubblicarsi sperando che i suoi amici, conoscenti, followers, acquistino il suo testo e poi passino parola.
Sono anche d'accordo con te, Lady Flo
RispondiEliminaperò cosa si fa quando scrivi un genere (è il mio caso) che attira i lettori ma non gli editori? Come scrivevo sul blog di Tenar, il mio genere è la narrativa rosa romantica, non erotica. Adesso, però, gli editori del mio settore (quelli che accettano manoscritti in valutazione) cercano libri erotici per la maggior parte: da LeggereEditore a Mondadori-Harmony, e così via.
E comunque il marketing non lo fanno bene tutti gli editori, anzi. Quando Falconi pubblicava con Curcio si lamentava che l'editore non gli mandava i libri alle fiere... un'amica si è lamentata anche di LeggereEditore, che si sta muovendo molto bene con le autrici anglosassoni e meno con le italiane... (sono notizie che ho racconto di seconda mano, se non sono vere smentitemi pure)
ciao!
Elisabetta, non c'è genere che tenga, nemmeno l'erotico per gli editori grandi/medi... checché se ne dica. Perché sai, le Sfumature andavano bene perché scritto da un'autrice inglese e perché era già stato un successone negli Usa. Fosse stata una scrittrice italiana a presentarsi alla Mondadori con quel testo non le avrebbero nemmeno risposto... perché che vuoi, che una donna media italiana, magari sposata e con due figli si metta a scrivere quelle cose? Sarebbe socialmente inaccettabile portarla alle presentazioni magari con il marito e i figli in sala... capisci no? :-)
RispondiEliminaIo sono convinta che arrivare alla pubblicazione con una casa editrice offline media o grande sia semplicemente un colpo di fortuna per chi non ha agganci particolari o posizioni di rilievo già acquisite in altri ambiti.
Si scrive e si continua a scrivere perché non riusciamo a farne a meno, perché ci è capitato questo destino "ingrato", che va contro tutte le leggi economiche e di buon senso, perché lo sforzo (tempi ed energie) è sproporzionato alla resa. E' un'attività in passivo, che va in attivo solo quando e come vuole la Dea Bendata.
E' così, mettiamoci l'anima in pace.
Non posso che condividere ^^
RispondiEliminaUn abbraccio!
Lady Flo ha centrato bene il punto: si scrive perché non se ne può fare a meno. Per il resto penso sia lecito aspirare a essere letti e di conseguenza pubblicati, ma non ci sono davvero certezze né formule per riuscire a farlo. Forse è davvero questione di fortuna per chi non ha agganci, non lo so. Come già ho avuto occasione di dire, per il momento guardo al SP come a una possibilità che offre degli innegabili vantaggi ma che ancor non mi convince fino in fondo. Magari quando sarò definitivamente delusa dall'editoria tradizionale mi affiderò a questa strada... chissà. Nel frattempo ringrazio molto Elisabetta per i suoi consigli e per averci offerto la sua esperienza, e tutti voi che avete commentato. A presto con la seconda puntata...
RispondiEliminamolto interessante Elisabetta. Io sto per autopubblicare in digitale e il blog mi sta aiutanto tanto. Hai ragione tu !!
RispondiEliminaDavvero un post interessante! Io sto cercando editore, ma visti gli esempi illustri di autori rifiutati... continuo a sperare ancora un po', ma intanto seguirò questi post sul SP, non si sa mai!
RispondiEliminaSeguo da tempo il fenomeno del self-publishing, oltre ad aver auto-pubblicato un ebook di racconti per l'infanzia. Capisco l'obiezione di chi non vede di buon occhio l'onere di promuovere e diffondere il proprio libro, attività canonicamente deputata all'editore, tuttavia invito tutti a rovesciare la prospettiva e a considerare tutto ciò come un'opportunità di crescita.
RispondiEliminaIn altri ambiti editoriali in cui la produzione indipendente è da tempo affermata, l'artista/autore è il primo promotore di se stesso e non si spaventa a sporcarsi le mani con faccende economiche od organizzative. Prendiamo i gruppi musicali indipendenti, consideriamo tutte le attività non artistiche che si sobbarcano non dico per sfondare, ma semplicemente per esistere: organizzazione del gruppo, acquisto o noleggio degli strumenti, noleggio della sala prove, ricerca di locali per serate, realizzazione e diffusione di demo o videoclip ecc.
E' verissimo che il mercato italofono non ha e non avrà mai le dimensioni e la ricettività di quello anglofono, nel quale i successi degli autori auto-pubblicati sono ormai all'ordine del giorno, tuttavia non bisogna lasciarsi abbattere: è recentissima la notizia di due autori italiani messi sotto contratto dalla Newton Compton dopo aver acquisito visibilità da indipendenti.
Mi rendo conto di essermi dilungato e chiudo, se posso permettermi una piccola auto-promozione vi consiglio di ascoltare il mio podcast audio dedicato agli ebook indipendenti: Narrativa Digitale, gratuito su itunes.
Grazie del suggerimento!
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