Guida al Self-publishing professionale (seconda puntata)
L'articolo che segue è scritto da Elisabetta Modena. E' il secondo di una serie di interventi dedicati a chi vuole autoprodursi in modo professionale. La prima puntata la trovate qui, mentre alla fine del post c'è una presentazione dell'autrice.
C’è anzitutto un discorso da fare sulla professionalità (grafica, copertina, impaginazione) dell’offerta libraria: leggere un romanzo impaginato male indispone. Se poi si vuole venderlo, è indispensabile che la cover sia allettante. Un’autrice americana spiegava sul suo blog che ha iniziato a vendere quando ha presentato copertine belle da vedere. Ecco perché bisogna offrire un prodotto il più possibile “ben confezionato”. Molti lettori lamentano l’impaginato e le copertine malriuscite delle stesse case editrici.
Siate il più semplici possibili nell’impaginato: niente rientri strani, niente spaziature assurde che innervosiscono il lettore. Ho letto di un autore che, prima di pubblicare con Lulu, si è affidato a uno studio grafico, specialmente per la copertina. Certo, non tutti possono permetterselo…
Altro punto essenziale: l’editing. Un libro deve essere scritto bene. Sorvolo sui vari corsi di scrittura e sul making off del romanzo (sul mio blog ho inserito dei link interessanti ad autrici americane secondo me ben preparate), qui basta dire che un romanzo necessita sicuramente di un editing accurato. Sfortuna mia, nessun editor mi ha insegnato come si fa: ho imparato dalle amiche e amici che, correggendomi i romanzi, mi hanno fatto notare cosa non andava. Poi un sentito grazie va a mio marito che è stato tenacissimo, fin dall’inizio, a segnarmi errori su errori.
Qui apro una parentesi: è vero che s’impara a scrivere leggendo e facendo tanta pratica, ma la cosa fondamentale (almeno lo è stata per me) è quando mi hanno detto che errori facevo. Insomma, mi è servito un pubblico. Ora, come ci si crea un pubblico se non – appunto, almeno all’inizio –autopubblicandosi?
In Italia mancano scuole di scrittura creativa nelle università, e qualsiasi corso o agenzia letteraria è a pagamento. La scrittura è un business di cui fanno le spese i giovani autori e la pubblicazione è una strada volutamente resa elitaria: quante casalinghe italiane scrittrici conoscete? Guarda caso, invece, sono spesso insegnanti, giornaliste, addette al mestiere. E quanti scrittori ci sono che, di lavoro, fanno gli operai e sono padri di famiglia? L’unico che mi viene in mente è Antonio Pennacchi, che infatti è un’eccezione nel quadro d’insieme.
Seconda puntata: capire tutto ciò che riguarda il manoscritto
C’è anzitutto un discorso da fare sulla professionalità (grafica, copertina, impaginazione) dell’offerta libraria: leggere un romanzo impaginato male indispone. Se poi si vuole venderlo, è indispensabile che la cover sia allettante. Un’autrice americana spiegava sul suo blog che ha iniziato a vendere quando ha presentato copertine belle da vedere. Ecco perché bisogna offrire un prodotto il più possibile “ben confezionato”. Molti lettori lamentano l’impaginato e le copertine malriuscite delle stesse case editrici.
Siate il più semplici possibili nell’impaginato: niente rientri strani, niente spaziature assurde che innervosiscono il lettore. Ho letto di un autore che, prima di pubblicare con Lulu, si è affidato a uno studio grafico, specialmente per la copertina. Certo, non tutti possono permetterselo…
Altro punto essenziale: l’editing. Un libro deve essere scritto bene. Sorvolo sui vari corsi di scrittura e sul making off del romanzo (sul mio blog ho inserito dei link interessanti ad autrici americane secondo me ben preparate), qui basta dire che un romanzo necessita sicuramente di un editing accurato. Sfortuna mia, nessun editor mi ha insegnato come si fa: ho imparato dalle amiche e amici che, correggendomi i romanzi, mi hanno fatto notare cosa non andava. Poi un sentito grazie va a mio marito che è stato tenacissimo, fin dall’inizio, a segnarmi errori su errori.
Qui apro una parentesi: è vero che s’impara a scrivere leggendo e facendo tanta pratica, ma la cosa fondamentale (almeno lo è stata per me) è quando mi hanno detto che errori facevo. Insomma, mi è servito un pubblico. Ora, come ci si crea un pubblico se non – appunto, almeno all’inizio –autopubblicandosi?
In Italia mancano scuole di scrittura creativa nelle università, e qualsiasi corso o agenzia letteraria è a pagamento. La scrittura è un business di cui fanno le spese i giovani autori e la pubblicazione è una strada volutamente resa elitaria: quante casalinghe italiane scrittrici conoscete? Guarda caso, invece, sono spesso insegnanti, giornaliste, addette al mestiere. E quanti scrittori ci sono che, di lavoro, fanno gli operai e sono padri di famiglia? L’unico che mi viene in mente è Antonio Pennacchi, che infatti è un’eccezione nel quadro d’insieme.
su una cosa non sono d'accordo: io ho frequentato corsi di scrittura creativa ad alto livello patrocinati dalla regione a prezzi modici o del comune addirittura gratuiti. Sono di milano e chiaramente l'offerta in una metropoli è maggiore.
RispondiEliminaSi trova un po' di tutto anche per la revisione del testo, anche prezzi davvero popolari per ottimi lavori. Da soli o coi consigli di amici non del settore, salvo rari casi, non si raggiungono livelli eccezionali di scrittura.
Sandra frollini
Io non ho mai seguito un corso di scrittura creativa e sono d'accordo con Elisabetta.
RispondiEliminaSe qualcuno non ti dice quali errori fai, li ripeterai all'infinito.
Uno scrittore deve confrontarsi ma anche avere capacità di autocorrezione, per essere il più possibile indipendente. Deve anche essere critico nei confronti di sé stesso e avere l'umiltà di imparare sempre, per tutta la vita, anche quando crede di essere "arrivato" (ma non si arriva mai).
Elimina(il fatto che in Italia manchino scuole di scrittura creativa non è necessariamente un punto a sfavore)
RispondiEliminaCredo che studiare a fondo la saggistica sul tema del narrare possa insegnare a essere dei buoni lettori, passo indispensabile per rendere la lettura utile oltre che piacevole.
RispondiEliminaConosco persone che divorano romanzi ma che scrivono malissimo. Ne conosco altrettante che pur avendo studiato manualistica sullo stile narrativo non ha ottenuto alcun risultato.
Libri come "l'officina del racconto" possono davvero portare l'aspirante scrittore dietro le quinte della narrazione, per saggiarne i meccanismi non sempre visibili.
Aggiungo che l'editing completo di un'opera è un'esperienza altamente formativa e che tutti gli aspiranti scrittori dovrebbero sottoporvisi almeno una volta nella vita(ccia). Comprendere i propri errori attraverso gli occhi di un imparziale professionista può davvero alleviare i travagli di un percorso di crescita artistica già di per se ricco di ostacoli e situazioni demotivanti.
Sul lavoro di revisione bisogna dividere tra l'auto correzione che si può imparare anche attraverso corsi e manuali (nella mia provincia ENAIP offre corsi di scrittura gratuiti, ma non so quale sia il livello). Secondo me, però, se proprio bisogna spendere, meglio farlo per imparare qualcosa e un buon corso di scrittura può rivelarsi un buon investimento.
RispondiEliminaPer l'editing vero e proprio serve invece l'occhio esperto di un lettore vorace che, riuscendo a mantenere il giusto distacco dalla nostra "creatura" ci segnala soluzioni migliori o i punti deboli. Non è un lavoro che un autore possa autogestire, tanto che tutti gli scrittori, premi nobel inclusi, hanno degli editor di fiducia. Teoricamente questa fase dovrebbe essere a totale carico dell'editore, optando per l'autopubblicazione io sconsiglio di affidarsi ad agenzie a pagamento a meno che non siano di comprovata serietà. Vedo infatti dilettanti allo sbaraglio (ragazzi neo diplomati che l'anno prima venivano corretti dai loro prof e poi pontificano a pagamento sui testi altrui...). Meglio cercare un amico fidato che sia un lettore appassionato del genere che stiamo scrivendo. Almeno siamo sicuri che farà il nostro bene.
Per il romanzo su cui sto lavorando un amico mi ha fatto notare cose che a me sarebbero sfuggite anche alla centesima rilettura. In particolare (è un giallo) mi ha fatto capire che non tutti i particolari della scena del crimine erano chiari per chi leggeva, io che avevo le immagini stampate in mente non me ne sarei mai resa conto.
Ecco, anche questa volta sono stata super prolissa...
Sono d'accordo con Tenar sul fare una differenza tra editing e revisione, e sul fatto che la prima dovrebbe farla la casa editrice che pubblica. La revisione del testo invece spetta all’autore, che può aiutarsi con corsi o manuali di scrittura o anche con i consigli degli amici. Non è necessario spendere soldi per questo, considerata la mole di materiale che si trova in rete. Con un po' di buona volontà si trovano preziose risorse che insegnano a scrivere meglio, a revisionare, ad affinare stile e modo di esprimersi, ecc.
RispondiEliminaPer quanto riguarda l’editing, anche in questo caso, se non c’è un editore dietro, si può essere autodidatti. Tutto il gran parlare di editing che c'è in questo periodo, abbinato a servizi a pagamento che affiorano dappertutto come funghi, ci sta trasmettendo l'idea che non si possa far a meno di questo passaggio. Invece, si può imparare a scrivere in modo professionale, perché l'editing non è una misteriosa scienza che conoscono solo gli iniziati!
I due aspetti evidenziati da Elisabetta, l'aspetto grafico (copertina) e la forma del contenuto (editing) sono più che condivisibili. Così come condivido le puntualizzazioni di Alessandro e Tenar.
RispondiEliminaIn linea generale c'è il bene e il male dappertutto e ognuno deve scegliere ciò che è meglio per sé. Se pensi che un corso di scrittura possa esserti utile seguilo e cerca quello migliore per te; e non è sempre detto che quelli a pagamento siano migliori, così come non è detto il contrario. Insomma, occorre valutare caso per caso. Ciò che conta è che il "prodotto finito" sia di qualità e sia in grado di "competere" sul mercato. Tanto per usare un linguaggio che oggi, purtroppo, va molto di moda. E va beh. Ma questo per dire che l'editing che fa un editore può essere semplicemente finalizzato a rendere il prodotto più commerciabile, non necessariamente migliore dal punto di vista stilistico o letterario.
L'unico appunto che ti faccio Elisabetta è sull'ultima parte del tuo articolo.
Che anche nell'editoria ci siano logiche lobbistiche questo è certo, ma siccome la scrittura è una professione, almeno per chi la vive o vorrebbe viverla come professione e non come passatempo, va trattata come professione. Non si può pensare di fare l'operaio scrittore, così come non si può fare l'insegnate al mattino e l'operaio di pomeriggio, ecc. Se una/o sceglie una professione, e vuole farla bene, si dedica totalmente a questa.
Il caso Pennacchi è uno dei pochi, e per fortuna dico io, perché sinceramente non è certo il mio modello di scrittore, al di là del testo che ha scritto che può anche essere un capolavoro, ma che io non ho letto e non ho intenzione di leggere.
Uno scrittore non è solo un autore, E' uno scrittore, il che significa che tutto il suo essere e il suo fare è relativo alla scrittura. Un libro è il prodotto finito di uno stile di vita innanzitutto, cioè di come ti organizzi la giornata, delle ore passate a fare ricerche, le ore davanti al video per scrivere, a volte le notti insonni, ecc.
Questo, ovviamente, per chi vuole ESSERE uno scrittore e non semplicemente l'autore di un libro.
Che bellissimo dibattito! Vi ringrazio tantissimo! Ogni vostro contributo è prezioso perché raccoglie la vostra esperienza.
RispondiEliminaRispondo in breve alle vostre osservazioni, spero di non dimenticarne nessuna.
@Sui corsi di scrittura creativa: abito in provincia di Verona e non sono mai venuta a conoscenza di corsi seri patrocinati dal comune, dalla regione o dalla provincia. Ovviamente continuo a cercarli, non mi do per vinta ^^
Ci sono corsi a pagamento (ad es. promossi dalla famosa rivista Inchiostro, però non so quanto siano preparati sul genere romance, il mio). Per ora ho studiato i corsi di Gail Martin, molto belli e pratici, e vari manuali di scrittura.
@editing:ho amici che mi hanno girato pezzi dei loro romanzi corretti da editor professionisti e ho visto che razza di lavoro sia... concordo che un romanzo non lo si può autocorreggere. Ho delle persone fidate a cui faccio leggere le pagine che scrivo. Sono curiosa di vedere le prossime recensioni di Sorpresa da un angelo... (da ieri è su Amazon, sia e-book che cartaceo^^)
@trattare la scrittura come professione: certo! Però siccome non ti da da vivere (o intendevi quello?), poi bisogna scendere a compromessi con la realtà. Uno lavora di giorno, di solito, e scrive la sera e nel tempo libero. Così fanno i miei amici ed editor importanti come Beatrice Masini ad es.: in un'intervista ha detto che si mette a scrivere dalle 21.30 alle 24.00 (se non ricordo male). Ed è uno degli editor di Rizzoli, pluripremiata.
Al di là del fatto che ognuno è obbligato a i conti con il proprio portafoglio e con le proprie disponibilità e con i propri impegni personali e familiari, ecc. Al di là di questo, secondo me, non bisogna perdere di vista (e non bisogna capitolare) quelli che sono gli ideali, i desideri e le giuste retribuzioni, di uno scrittore e su desiderare che la scrittura venga considerata una vera e propria professione. Perché il "principio di piacere", come espressione di bisogni/desideri profondi e non semplicemente fuga dalla realtà, non deve essere sacrificato in nome di un "principio di realtà" spesso stabilito arbitrariamente da altri e quindi con la possibilità di cambiarlo per farlo aderire maggiormente al "principio di piacere".
RispondiEliminaLa Beatrice Masini, citata, non è un'operaia o una cassiera che di giorno lavora al supermercato e dalle 21.30 alle 24 scrive. Essa è giornalista, traduttrice e scrittrice... attività inerenti alla professione della scrittura.
Io penso che, al di là delle necessità e ristrettezze contingenti alle quali gli scrittori e soprattutto gli aspiranti scrittori sono sottoposti, occorre che questi, per primi, rivendichino uno "status professionale" dignitoso, riconoscito socialmente e retribuito equamente. Perché altrimenti continueremo a perpetuare una realtà che non è giusta e che è possibile cambiare, se lo vogliamo e lo rivendichiamo.
c'è anche tanta ma tanta gente con ambizioni di scrittura che ha zero consapevolezza, intasa le case editrici con manoscritti penosi, poi magari approda in EAP (non li biasimo eh anch'io ho pagato per l'editing) leggi il libro e trovi - giuro che non sto inventando - soggetto singolare e verbo plurale. Allora visto che è sempre difficile giudicare se stessi, un investimento credo che lo possano fare tutti, per migliorare il testo, o anche x sentirsi dire "lascia perdere". L'obiettivo qual è? Pubblicare e basta? o pubblicare un buon prodotto?
RispondiEliminadirei il secondo. sandra frollini
@Lady Flo, Quoto: "Io penso che, al di là delle necessità e ristrettezze contingenti alle quali gli scrittori e soprattutto gli aspiranti scrittori sono sottoposti, occorre che questi, per primi, rivendichino uno "status professionale" dignitoso, riconoscito socialmente e retribuito equamente. Perché altrimenti continueremo a perpetuare una realtà che non è giusta e che è possibile cambiare, se lo vogliamo e lo rivendichiamo."
RispondiEliminaGiustissimo! Poi ti scontri con ritardi mostruosi nel saldo dei pagamenti da parte degli editori, io almeno sono in questa situazione ed è avvilente... comunque sto lottando, un caro saluto a tutti!
@ elisabetta io ho pubblicato un racconto su una rivista femminile a gennaio e non mi hanno mai pagata, nonostante fosse chiaramente espresso il compenso con ritenuta d'acconto. Mail telefonate ritardi niente!
RispondiEliminaPer i diritti d'autore il primo anno bene, il secondo alla fine ho litigato con l'editore. Non è giusto svendersi, ma per farlo occorre avere un buon prodotto, questo non mi stancherò mai di dirlo, forse sembro spocchiosa, ma ci sono in giro libri penosi. Nel tuo blog hai linkato un'agenzia, nella casella contatti c'è il modulo per inviare una mail... l'ho fatto, non hanno risposto. Ecco questo mi fa arrabbiare, denota scarsa serietà.
Elisabetta e Sandra... come non essere solidale con voi visto che anche io sono nella vostra stessa barca ed è proprio per questo che continuerò a "pestare i piedi" e a ripetere ovunque e con chiunque parli in rete o offline che la scrittura è una professione, che se fatta come si deve è un enorme investimento di energia e di tempo. Va trattata con dignità.
RispondiEliminaPoi, se il prodotto è scadente non venderà, ma questo è un effetto negativo di un lavoro che comunque si è tentato di fare nel migliore dei modi.
Voglio dire, anche tra i produttori di bulloni ci sarà quello che venderà di più, che avrà più clienti, perché ha un prodotto migliore o perché ha saputo aprirsi ad altri mercati e a fare un buon marketing, ma nessuno si sognerebbe di dire a chi ha venduto meno che lui non è un professionista e che produce bulloni solo per passatempo o solo per realizzare un sogno di bambino.
lady flo@ concordo!
RispondiEliminadel resto anche a cercare un buon ristorante capita di prendere delle sonore cantonate, ma difficilmente il ristorante chiuderà. Insomma l'impegno nel cercare la strada è lunga e piena di insidie, se poi le persone vogliono pensare che le mie velleità siano sciocche fantasie infantili è un problema loro!
No Sandra, è un problema di tutti, perché se le persone pensano che le mie velleità siano solo sciocche fantasie infantili, tu capisci che daranno poco valore a ciò sto facendo.
RispondiEliminaE' una cultura generale che deve cambiare... e purtroppo in questo gli editori non aiutano di certo gli scrittori e aspiranti scrittori, comportandosi come si comportano e mi riferisco ai diritti pagati in ritardo, alle mail alle quali non rispondono, al silenzio totale quando ricevono un manoscritto, ecc.
Lottiamo, ovvio, tutti i giorni e questo blog ci dà la possibilità di sentirci meno sole... almeno, per è così. :-)
@ si si anch'io mi sento meno sola!
RispondiEliminabaci e in bocca al lupo a tutti
"E' una cultura generale che deve cambiare.."
RispondiEliminaESATTO!!!
Guardate, ne parlavo con mio marito stamattina a colazione (^^): il problema è che in Italia impera una "cultura d'autore" (che affonda le radici nei secoli passati mi ha spiegato lui che è prof di lettere e storia) che divide le offerte culturali in offerte di serie A e di serie B.
Mi spiego (ma ci scriverò un post perché è una riflessione che voglio sviluppare): quando il mercato propone un libro di un autore famoso, in realtà non offre solo un libro scritto più o meno bene; vende il libro di quell'autore che ha uno "status riconosciuto" e perciò è come se avesse il "bollino d'autore".
Esempi: Paola Mastrocola e Maria Pia Veladiano sono uscire dal Premio Calvino (bello, però le recensioni dei giornalisti sorvolano sul fatto che l'iscrizione sia sui 100 euro - ho letto ultimamente - e che bisogna spedire 11 copie del proprio libro inedito agli 11 giurati... ): il "pacchetto promozionale" che si offre al pubblico è che l'una è insegnante e l'altra è preside. Detengono uno "status", non so come chiamarlo, e questo fa sì che il lettore comune, che si sente in inferiorità, dica: "Loro sono arrivate, perciò quel che dicono sarà vero..."
è questo che intendevo quando dicevo che non si trovano casalinghe scrittrici (a parte me? eh eh). Non per sminuire la professionalità dell'essere scrittori, ma per dire che una semplice madre di famiglia che passa le sue mattine e le sere a scrivere e perfezionarsi non interessa al mercato editoriale, dove oltre al prodotto conta anche chi sei. Per cui Carofiglio è giudice, la Mazzantini figlia del famoso scrittore e moglie di Castellitto, Maria Venturi è stata direttrice di riviste e così via.
La mia riflessione sarà parziale e discutibile e tutto quello che volete, comunque anch'io come voi dico: mai smettere di rivendicare la qualità del proprio lavoro!
Anch'io sono molto contenta di questo spazio di discussione che si è creato qui. Un po' di solidarietà femminile anche tra scrittrici esordienti non può che farci bene! E poi è bello che si venga da esperienze e generi differenti, cosa che rende più stimolante il confronto
RispondiEliminaQuoto!
EliminaElisabetta, quello che dici nell'ultimo post è la logica della lobby, appunto. E in un certo senso è anche "normale". Pensa a quanti "piccoli archimedi" ci sono in giro che hanno progettato in casa macchinari innovativi o steso teorie rivoluzionarie, ma non facendo questi parte della comunità scientifica nessuno dei ricercatori strutturati li prende in considerazione, anche se le loro teorie e tecnologie sono vere e utili. (a scanso di equivoci, il caso di Steve Jobs è una questione di soldi, non di teorie e comunità scientifica).
RispondiEliminaCosì è nell'editoria, l'editoria di "classe" perpetua le proprie "classi" e all'interno delle classi le "famiglie" perpetuano gli individui appartenenti a quelle famiglie.
Ma, per fortuna, alcuni casi rari di mobilità sociale ci sono, ma quelli che ci sono stati hanno potuto esserlo più che altro per il passaparola della gente comune che ha fatto impennare le vendite, a prescindere dai giudizi della critica.
Voglio precisare che anche io sono "figlia di nessuno", socialmente e letterariamente parlando e so bene quanto questa mia condizione di svantaggio mi renda la vita difficile, ma sono ostinata e come dissi in un altro commento... un giorno spero di essere baciata dalla Dea bendata. :-)
Allora continuiamo a essere ostinati, chi la dura la vince!
RispondiEliminaBacioni a tutti!
E aspettiamo di leggere il post che hai preannunciato...
EliminaLo sto scrivendo, intanto l'ho salvato come bozza...
RispondiEliminaProprio ora leggo questo articolo sul self-publishing. Un autore, Mauro Casiraghi, che ha già pubblicato con Fazi e nel 2008 ha vinto il Premio Carver e il Premio Cassola, ora approda speranzoso (o senza altre alternative) al self-publishing. http://www.scuolatwain.it/blog/self-publishing-digitale-unalternativa-in-un-periodo-di-crisi/
RispondiEliminaQuando leggo certe notizie ancora più mi passa la voglia di sentire discorsi sulla qualità dei testi che arrivano nelle redazioni delle case editrici, perché queste sono mosse da logiche che con la qualità dei testi ha ben poco a che vedere.
Che arrivino anche testi scadenti può essere, ma siccome spesso gli editori giustificano con la qualità scadente beghe loro di tipo economico... io non credo più a queste str... e spererei di non sentirle più in giro, soprattuto negli ambienti in cui si tratta di scrittura e di libri.
Non m riferisco a questo sito, ma ai molti siti "letterari" che se la tirano e che, sostanzialemente, dicono che la maggior parte degli esordienti è formata da incapaci, illusi e presuntuosi che intasano in modo improprio le redazioni.
Scusate lo sfogo, ma ci sono giorni che proprio non riesco a trattenermi... e pensare che siamo solo a lunedì :-(
Anch'io credo molto nella segnalazione degli errori. Per mia fortuna conosco molti colleghi aspiranti scrittori davvero competenti che mi aiutano a trovare e colmare le mie lacune. Io invece sono una pignola abbastanza spietata, quindi chi mi conosce sa che se ho qualcosa da dire (che sia un accento o una virgola oppure altro) non me ne sto zitta. Sbagliando si impara, ma ciò avviene solo quando si sa che si sta sbagliando.
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