Scrivere un romanzo di fantascienza (parte 1)
L'autore di questo articolo è Gabriele Pavan, autore di romanzi di fantascienza e del blog Storie e fantasia.
Credo che la molla che mi ha spinto a diventare prima lettore e poi scrittore di fantascienza siano state le letture giovanili dei classici del genere, in particolare i libri di Jules Verne.
E fra questi classici sicuramente posso ricordare “Dalla Terra alla Luna” e “Ventimila leghe sotto i mari” che, da soli, bastavano e avanzavano per far galoppare la fantasia di ogni ragazzo… dell’epoca.
Già, perché ho l’impressione che in quest’epoca di Internet, Facebook, Playstation e video giochi più veri del vero la componente visuale abbia prevalso su quella immaginativa, tant’è che in un tempo relativamente breve ho assistito a un generale impoverimento delle pubblicazioni in questo genere di letteratura.
Intendiamoci: sono felice che la tecnologia ci abbia portato verso mete che parevano irraggiungibili e che – in un certo senso – hanno reso reale quel che in precedenza era… solo fantascienza. Questo però ha forse impoverito le nostre aspettative e la nostra capacità di immaginare per il semplice fatto che grazie a queste conquiste ogni cosa ci sembra possibile e l’atteggiamento prevalente sembra essere del tipo “aspettiamo e prima o poi tutto accadrà”.
Complice anche l’incredibile progresso degli effetti visuali nei film, che possono farci vedere coi nostri occhi quel che prima era solo immaginabile (e io adoro queste cose, quindi sono complice anch’io!).
Del resto chiunque può vedere come nell’arco di un paio di decenni molte testate – e qui non posso fare a meno di ricordare le mitiche serie Cosmo Oro e Cosmo Argento di Editrice Nord – siano semplicemente scomparse.
Dunque la fantascienza come genere letterario in via di estinzione o come una specie di Cenerentola fra i generi letterari?
Ammesso che sia da considerare un genere letterario: qui i pareri sono discordi, il dibattito su questo argomento non è recente e magari se ne potrà discutere un’altra volta.
Dunque, perché scrivere fantascienza? E come ci si pone di fronte al classico foglio bianco che attende di essere riempito?
Sul perché scrivere fantascienza ho espresso il mio parere su un articolo comparso nel mio blog (chi fosse interessato può leggerlo qui) e che in due parole riassumo in questo modo: esistono ancora degli individui appartenenti a una sottospecie dell’Homo sapiens che ancora coltivano visioni e le vogliono raccontare. Quella dei visionari a oltranza.
Lo scrittore è un cantastorie, sempre e comunque: possono essere storie vere (il saggista o lo storico) o possono essere inventate (tutti i romanzi), ma lo scrittore di fantascienza racconta qualcosa di molto diverso.
Racconta di cose che non esistono e che con ogni probabilità mai esisteranno: lo scrittore di fantascienza è una specie di esploratore di ciò che – paradossalmente – non potremo mai conoscere.
Il che pare una contraddizione – e in effetti lo è – ma la ricompensa per chi fa fantascienza sia attiva (chi la scrive) o passiva (chi la legge) è lo sganciamento da ogni vincolo e da ogni costrizione. Cioè – perlomeno durante la lettura o la scrittura di un romanzo di fantascienza – ci si rende in un certo senso più liberi, perfino – e passatemi il termine – in grado di lasciar perdere tutto quanto ci circonda. Potremmo chiamarlo un temporaneo estraniamento totale.
Veniamo all’aspetto pratico della cosa, che affronterei per argomenti. Possiamo fare una lista di questo genere, che ad ogni modo non è esaustiva:
Nel mio caso da una domanda che mi viene lì per lì: in un caso mi sono chiesto se davvero le teorie sulla durata del Sole erano esatte, e la domanda che mi sono fatto è stata “Ma se qualcuno si fosse sbagliato?”. Ragionevolmente impossibile, ma il tarlo ormai cominciava a scavare nel territorio del dubbio, e quello è stato l’inizio (si tratta di “Un raggio di luce nel cielo”, edito da Genesis Publishing).
Ancora, ho provato a immaginare un’Italia in cui la Storia degli anni Quaranta ha preso una piega diversa e in cui il Primo Contatto con creature aliene diventa realtà. Quindi la domanda era “Come potrebbe essere l’Italia se NON fosse entrata in guerra”? (“Diario di Sabet”, edito da GDS)
Oppure, ho affrontato la dissoluzione di una società i cui valori sono annientati dai nuovi arrivati giunti dalla Terra. Di conseguenza volevo rispondere al quesito “Cosa accadrebbe se domani arrivasse qualcuno che vuole soggiogare il mondo che conosco?” (si tratta di “La pianura dei demoni”, edito da GDS).
A questo punto la domanda c’è ma lo sviluppo è tutto da fare. Non esiste una regola per questo, ma posso dirvi come faccio io.
Parto dalla scena finale. O dalla frase che non riesco a togliermi dalla testa e che rappresenta l’ultima cosa da scrivere prima della parola ‘fine’.
Lo faccio sempre.
So dove voglio arrivare: all’immagine che ho in mente su come deve finire la storia. E in definitiva la prima cosa che scrivo è il finale.
A questo punto scelgo il punto di partenza e vado avanti con una mezza idea che prende corpo man mano che il racconto prosegue.
Avviso: se qualcuno vuole utilizzare il metodo “Fiocco di Neve” – o altri metodi simili – per fare un romanzo è liberissimo di farlo. Io non lo uso e in linea generale lascio che le cose accadano. Certo, le guido verso il punto a cui voglio arrivare, ma è un po’ come se fossero i personaggi a fare il lavoro.
Diciamo che è come se volessi andare a Roma partendo da Trento: so che voglio arrivare all’Urbe, ma non necessariamente prenderò il percorso Trento-Padova-Bologna-Firenze-Roma. Anzi, di solito è l’esatto opposto: ho un’infinità di potenziali percorsi – tutti buoni – per arrivare; quel che sceglierò lo vedrò strada facendo.
Per le altre domande, l'appuntamento è alla prossima puntata.
Gabriele Pavan
Credo che la molla che mi ha spinto a diventare prima lettore e poi scrittore di fantascienza siano state le letture giovanili dei classici del genere, in particolare i libri di Jules Verne.
E fra questi classici sicuramente posso ricordare “Dalla Terra alla Luna” e “Ventimila leghe sotto i mari” che, da soli, bastavano e avanzavano per far galoppare la fantasia di ogni ragazzo… dell’epoca.
Già, perché ho l’impressione che in quest’epoca di Internet, Facebook, Playstation e video giochi più veri del vero la componente visuale abbia prevalso su quella immaginativa, tant’è che in un tempo relativamente breve ho assistito a un generale impoverimento delle pubblicazioni in questo genere di letteratura.
Intendiamoci: sono felice che la tecnologia ci abbia portato verso mete che parevano irraggiungibili e che – in un certo senso – hanno reso reale quel che in precedenza era… solo fantascienza. Questo però ha forse impoverito le nostre aspettative e la nostra capacità di immaginare per il semplice fatto che grazie a queste conquiste ogni cosa ci sembra possibile e l’atteggiamento prevalente sembra essere del tipo “aspettiamo e prima o poi tutto accadrà”.
Complice anche l’incredibile progresso degli effetti visuali nei film, che possono farci vedere coi nostri occhi quel che prima era solo immaginabile (e io adoro queste cose, quindi sono complice anch’io!).
Del resto chiunque può vedere come nell’arco di un paio di decenni molte testate – e qui non posso fare a meno di ricordare le mitiche serie Cosmo Oro e Cosmo Argento di Editrice Nord – siano semplicemente scomparse.
Dunque la fantascienza come genere letterario in via di estinzione o come una specie di Cenerentola fra i generi letterari?
Ammesso che sia da considerare un genere letterario: qui i pareri sono discordi, il dibattito su questo argomento non è recente e magari se ne potrà discutere un’altra volta.
Perché scrivere fantascienza?
Dunque, perché scrivere fantascienza? E come ci si pone di fronte al classico foglio bianco che attende di essere riempito?
Sul perché scrivere fantascienza ho espresso il mio parere su un articolo comparso nel mio blog (chi fosse interessato può leggerlo qui) e che in due parole riassumo in questo modo: esistono ancora degli individui appartenenti a una sottospecie dell’Homo sapiens che ancora coltivano visioni e le vogliono raccontare. Quella dei visionari a oltranza.
Lo scrittore è un cantastorie, sempre e comunque: possono essere storie vere (il saggista o lo storico) o possono essere inventate (tutti i romanzi), ma lo scrittore di fantascienza racconta qualcosa di molto diverso.
Racconta di cose che non esistono e che con ogni probabilità mai esisteranno: lo scrittore di fantascienza è una specie di esploratore di ciò che – paradossalmente – non potremo mai conoscere.
Il che pare una contraddizione – e in effetti lo è – ma la ricompensa per chi fa fantascienza sia attiva (chi la scrive) o passiva (chi la legge) è lo sganciamento da ogni vincolo e da ogni costrizione. Cioè – perlomeno durante la lettura o la scrittura di un romanzo di fantascienza – ci si rende in un certo senso più liberi, perfino – e passatemi il termine – in grado di lasciar perdere tutto quanto ci circonda. Potremmo chiamarlo un temporaneo estraniamento totale.
Veniamo all’aspetto pratico della cosa, che affronterei per argomenti. Possiamo fare una lista di questo genere, che ad ogni modo non è esaustiva:
- da dove viene l’idea?
- come la si sviluppa?
- che lavoro di documentazione si rende necessario?
- è più facile o più difficile rispetto ad altri tipi di racconto?
Da dove viene l’idea?
Nel mio caso da una domanda che mi viene lì per lì: in un caso mi sono chiesto se davvero le teorie sulla durata del Sole erano esatte, e la domanda che mi sono fatto è stata “Ma se qualcuno si fosse sbagliato?”. Ragionevolmente impossibile, ma il tarlo ormai cominciava a scavare nel territorio del dubbio, e quello è stato l’inizio (si tratta di “Un raggio di luce nel cielo”, edito da Genesis Publishing).
Ancora, ho provato a immaginare un’Italia in cui la Storia degli anni Quaranta ha preso una piega diversa e in cui il Primo Contatto con creature aliene diventa realtà. Quindi la domanda era “Come potrebbe essere l’Italia se NON fosse entrata in guerra”? (“Diario di Sabet”, edito da GDS)
Oppure, ho affrontato la dissoluzione di una società i cui valori sono annientati dai nuovi arrivati giunti dalla Terra. Di conseguenza volevo rispondere al quesito “Cosa accadrebbe se domani arrivasse qualcuno che vuole soggiogare il mondo che conosco?” (si tratta di “La pianura dei demoni”, edito da GDS).
Come si sviluppa l'idea?
A questo punto la domanda c’è ma lo sviluppo è tutto da fare. Non esiste una regola per questo, ma posso dirvi come faccio io.
Parto dalla scena finale. O dalla frase che non riesco a togliermi dalla testa e che rappresenta l’ultima cosa da scrivere prima della parola ‘fine’.
Lo faccio sempre.
So dove voglio arrivare: all’immagine che ho in mente su come deve finire la storia. E in definitiva la prima cosa che scrivo è il finale.
A questo punto scelgo il punto di partenza e vado avanti con una mezza idea che prende corpo man mano che il racconto prosegue.
Avviso: se qualcuno vuole utilizzare il metodo “Fiocco di Neve” – o altri metodi simili – per fare un romanzo è liberissimo di farlo. Io non lo uso e in linea generale lascio che le cose accadano. Certo, le guido verso il punto a cui voglio arrivare, ma è un po’ come se fossero i personaggi a fare il lavoro.
Diciamo che è come se volessi andare a Roma partendo da Trento: so che voglio arrivare all’Urbe, ma non necessariamente prenderò il percorso Trento-Padova-Bologna-Firenze-Roma. Anzi, di solito è l’esatto opposto: ho un’infinità di potenziali percorsi – tutti buoni – per arrivare; quel che sceglierò lo vedrò strada facendo.
Per le altre domande, l'appuntamento è alla prossima puntata.
Gabriele Pavan
Molto interessante :) Quasi quasi mi cimento anche io......e vediamo cosa ne esce :)
RispondiEliminaNon mi resta che da augurarti un buon lavoro, Parsifal!
EliminaAnche i miei racconti di fantascienza (che sono più della metà del totale :D ) partono spesso da una domanda/questione che mi pongo. Il mio primo romanzo, che sto scrivendo da qualche mese, invece ha avuto una genesi un po' diversa, anche se comunque cerco di mantenere alto il livello di speculazione. In ogni caso, non vedo l'ora di leggere anche la seconda parte!
RispondiEliminaSeconda parte che spero non ti deluderà, né ti abbatterà il morale, visto che per uno scrittore di fantascienza (italiano!) non sono proprio rose e fiori!
EliminaMa se ti darà qualche buona dritta, allora avrò fatto un buon lavoro!
Ciao
Da appassionato (sia attivo che passivo) di fantascienza devo storcere un po' il naso a questa tua affermazione sul genere: "(la fantascienza) racconta di cose che non esistono e che con ogni probabilità mai esisteranno".
RispondiEliminaLa sf ha invece un grande "potere previsionale": Clarke - per esempio - ipotizza con alcuni decenni di anticipo la formazione dei buchi dell’ozono, la creazione di una rete informatica globale; inoltre la Fascia di Clarke si chiama così proprio perché fu lui il primo a ipotizzare l’utilizzo dell’orbita geostazionaria per i satelliti dedicati alle telecomunicazioni.
Capisco quello che volevi dire, però puntualizzare questa cosa è stato più forte di me: uno scrittore di fantascienza non può recar danno a un lettore, o permettere che con la sua inazione un lettore riceva danno ;-)
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaHo cancellato la precedente risposta perché l'ho integrata con qualcosa in più...
RispondiEliminaLa tua osservazione è perfettamente valida e del resto sono il primo a ricordare un precursore come Jules Verne. E' anche vero che si tratta in generale di autori con una forte predisposizione e una grande cultura sotto l'aspetto tecnico e scientifico (anche senza arrivare agli estremi prospettati da autori come D. Brin e G. Benford).
Di conseguenza un autore come quello da te citato sarà maggiormente incline a estrapolazioni più "ragionevoli e plausibili".
Romanzi come "Incontro con Rama", "Terra imperiale", "Le guide del tramonto", "Le fontane del paradiso" si pongono come estrapolazioni molto spinte ma sempre con un occhio di riguardo alle possibilità - come dire - ragionevoli di realizzazione.
Direi che in Clarke l'unica cosa veramente inventata è...la trama!
Ad ogni modo il senso del discorso ti è chiaro e credo che possa essere valido nella grande maggioranza dei casi.
Ehm...per caso ti sei letto i libri di Asimov? :-D
Ciao!
Asimov --> Del resto, esiste davvero qualcuno su questo orrido mondo che non li abbia letti? (cit.) :D
EliminaRibatto con "in Clarke l'unica cosa veramente inventata"... sono i personaggi :-)
L'idea, il "cosa sarebbe successo se" è sempre uno spunto straordinario per una creazione letteraria a a sfondo fantastico in generale e fantascientifico in particolare.
RispondiEliminaHo scritto pochissimi racconti di fantascienza, per ò ho avuto un approccio simile per racconti di tipo ucronico.
Infatti, Ariano: sostanzialmente ci sono due tipi di domande alle quali cerca di rispondere chi scrive fantascienza: la prima è "il cosa sarebbe successo se" che è tipico dei romanzi ucronici; l'altro è il "cosa succederebbe se..." che riguarda più o meno tutto il resto. In questo senso la fantascienza esplora mondi e situazioni "...che con ogni probabilità mai esisteranno" come ho scritto nell'articolo.
EliminaE' un tema affrontato anche nell'ultimo lavoro pubblicato "Un filo di luce nel cielo" : parlando del collasso di funzione d'onda (concetto quantistico per il quale ti rimando a fonti diverse da questa) viene messo in evidenza che il fare una certa cosa riduce istantaneamente a zero le probabilità che qualche altro fatto si possa verificare. Di conseguenza qualunque altra possibilità rientra nel campo delle illazioni o delle possibilità mai realizzate.
Paradossalmente...è proprio questo il campo d'azione di chi scrive fantascienza!
Grazie Gabriele, Post interessante. Aspetto con ansia la seconda puntata. Come esiste una fanta-scienza, esiste anche una fanta-politica e la fantasia può riscrivere qualsiasi fatto diventando un racconto fantastico, pur risultando credibili o addirittura scientificamente (quasi) impeccabili. Si pensi a 2001 Odissea nello Spazio o al recente Interstellar, citando due film che amo. Fantasia ma non troppo lontana da una possibile realtà, che magari anche si realizza in qualche modo.
RispondiEliminaIl senso di premonizione e di mistero sono le cose che più mi attirano. Ma anche le innovazioni tecnologiche, i salti spazio temporali, chi sarà il killer, perché l ha fatto, riuscirà a farla franca... sono i misteri, fantastici o meno ... le cose che non sai e non vedi l'ora di sapere.
Bellissimo "Interstellar"! Estrapolazione sociale e scientifica tirata quasi al massimo! La fantasia di chi scrive prima e di un buon regista poi, riesce a trasportarci in mondo e situazioni che - come dette nella prima parte dell'articolo - con ogni probabilità non riusciremo mai a vedere.
EliminaMa è proprio questo ciò che trovo affascinante in questo genere letterario: il poter immaginare - e nel caso di un film, vedere - ciò che per ora ci è precluso, proprio quell'estraniamento dal mondo di cui parlavo. L'esplorazione di una possibilità che forse non si realizzerà mai, ma che in qualche modo imperfetto possiamo provare a capire, sia pure idealmente.
La seconda puntata sarà un po' più "tecnica" e spero che possa ugualmente essere interessante.
Ciao
È un po' come riscrivere la storia da un possibile futuro, se lo guardi dalla parte del protagonista. È affascinante vedere quante cose già scritte da Dick molto tempo fa, o da Kalergi il secolo scorso, si stiano proprio ora manifestando. Disegno diabolico o semplice previsione? He he... dai tutti sotto a imbrattare carta con noir distopic 😈
Elimina"Per tirare a campare fa il programmatore" abbiamo un perverso destino comune :(
RispondiElimina"...il suo sogno segreto è quello di veder arrivare una vera astronave aliena, così da poterci fare un giro." dopo quello che ha detto Hawking non ne sono così entusiasta.
Anzi, diciamo pure che io e gli Alieni non andiamo d'accordo. Certo i programmi di Focus (Alieni nuove rivelazioni, Alieni incontri ravvicinati, Enigmi alieni, Codici e segreti - che sò sempre sti alieni a passarceli...) non mi aiutano. Mò per colpa loro non riesco più a guardare le stelle senza avere il terrore di vederci lucine strane in movimento.
Comunque, ho il massimo rispetto di chi scrive di fantascienza. Perchè ti devi scontrare con molte materie complesse ed ostili. Dalla fisica alla cinetica, dall'informatica (!!) alla robotica. E' vero che è fanta-scienza, e che possiamo stravolgere tutti i concetti conosciuti sul suolo della Terra. Ma per stravolgerli, occorre conoscerli.
Anche se...."Non si possono cambiare le leggi della fisica!" Scott a Kirk, in quasi tutte le puntate.
Guarda Barbara, prima di fare il programmatore ho fatto le pulizie, l'operaio e altri lavori che non ti sto a dire: meglio fare il programmatore! :-) Anche se è perverso!
EliminaVenendo alle tue osservazioni: sono al corrente di quel che ha detto Hawking, ma prima di lui io - e chissà quanti altri - ne avevo già parlato allo stesso modo, tant'è che "La pianura dei demoni " affronta proprio uno scenario simile.
Purtroppo credo che siamo i soli nella Via Lattea ad appartenere a una civiltà tecnologica. Lo dico per motivi che esulano dal contesto di questo intervento, che ci porterebbero fuori tema.
Riguardo alla tua ultima osservazione: sì. Sì: non si possono cambiare le leggi della fisica. Ricordo che quand'ero ragazzo diverse collane di fantascienza ("Galassia", ma anche "Urania") pubblicavano romanzi di quella che veniva chiamata "heroic fantasy": romanzi di fantascienza in cui potevi trovarci di tutto purché ci fossero - nell'ordine - eroe + eroina + creature strane + cattivo di turno.
Dagli anni '70 le cose sono cambiate - secondo me in meglio - nel senso che un minimo di plausibilità ci vuole. Riesce a trasportarti meglio nella storia. Preferisco la fantascienza più recente rispetto a quella "vecchia" , dove l'aggettivo non va inteso come dispregiativo, ma come segno del cambiamento dei tempi .
Ma ogni tanto, nei momenti difficili, mi piacerebbe poter dire " Signor Scott, mi riporti su!"
Ah, Barbara, non preoccuparti di "...i programmi di Focus (Alieni nuove rivelazioni, Alieni incontri ravvicinati, Enigmi alieni, Codici e segreti - che sò sempre sti alieni a passarceli...) non mi aiutano. Mò per colpa loro non riesco più a guardare le stelle senza avere il terrore di vederci lucine strane in movimento."
EliminaSe dovessero davvero arrivare gli omini verdi dallo spazio sta pure certa che non sarebbe Focus a dircelo: basterebbe guardare il cielo!
ciao!
Grazie dell'interessante articolo, a tutti e due (se poi non ti definisci vecchiaccio, Gabriele, mi sento meglio... ;) ). Ho l'impressione che non esista una buona via di mezzo tra la vecchia fantascienza di pura invenzione e la nuova fantascienza basata sulle conoscenze scientifiche. Credo che l'appassionato, oggi, si aspetti delle basi teoriche per niente... campate in aria.
RispondiEliminaEhm...non intendevo dire che sei una vecchiaccia... :-D
RispondiEliminaSono d'accordo: non c'è una via di mezzo fra i due tipi (old/new) di fare fantascienza: la transizione è stata davvero rapida, quasi come fare un salto. Prima c'era Hamilton con la sua fantascienza eroica ("La spedizione della Quinta Flotta" o "Il lupo dei cieli" per fare un esempio, tra l'altro godibilissimi) poi tutto il resto.
Ma già da prima la fantascienza "reale" (passami il termine) bussava insistentemente alle porte: già Asimov e Heinlein si davano da fare per cambiare le cose, anche se forse non se ne rendevano pienamente conto.
Ad ogni modo devo ammettere che la fantascienza "new" mi piace molto di più.
Ciao
Mi è piaciuto questo post, ma mi allineo all'affermazione di Grazia (sono della classe 1963!). La fantascienza mi piace, ma non oserei mai imbarcarmi nella scrittura di un romanzo di questo genere, perché bisogna avere comunque una buona base scientifica, o quantomeno una forte predisposizione. In fondo non è molto diverso che scrivere di Storia, bisogna fare comunque molta ricerca ed esserne interessati.
RispondiEliminaAd ogni modo uno dei miei autori preferiti è Philip K. Dick: tranne la trilogia di Valis, aveva letto tutto di lui. Ha "predetto" cose che si sono poi verificate in maniera davvero inquietante.
Sostanzialmente la differenza fra scrivere di storia e fantascienza è che - a parte la buona documentazione, che va sempre cercata - la prima appartiene al nostro mondo, conosciuto e in buona parte ben compreso e condiviso; la seconda richiede la costruzione di un mondo che deve stare in piedi, pur se immaginario.
RispondiEliminaAvendo scritto di entrambi i generi posso dire che nessuno dei due si presenta come un obiettivo facile.
Con riguardo a Philip Dick devo ammettere di non averlo molto seguito: ho letto soltanto i tre romanzi apparsi in Millemondi inverno 1975, della collana Urania.
Ho apprezzato molto il secondo romanzo della raccolta ("La città sostituita") in cui la lotta fra il bene e il male è stata ben resa. Un po' meno gli altri: in particolare "Cronache del dopobomba" pur non essendo malaccio, mi ha fatto angosciare (non che gli altri due romanzi dessero molte speranze, anche se "La città sostituita" termina - se ben ricordo - col bene (Ormazd) che trionfa sul male (Ahriman).
E poi, perché prendervela se siete di annata 1963? L'ho sempre detto che gli anni '60 hanno sfornato il meglio! :-D
ciao!
Dick - dalla lettura di quei romanzi - non è riuscito a far breccia su di me e in seguito non l'ho più ripreso.
Ciao, Gabriele!
EliminaDiciamo che lo stesso Philip Dick non era un allegrone, per così dire. "Cronache del dopobomba" era piuttosto angosciante, sì. Ma non hai letto, per caso, "Ubik" o "Le tre stimmate di Palmer Edlritch"? Per me sono dei capolavori, ti rimando al mio penultimo post con i 100 libri più importanti della mia vita dove Dick ha un ruolo di tutto rilievo.
Comunque il romanzo di fantascienza che mi ha generato più angoscia in assoluto è "1984" di Orwell.
No, non li ho letti, anche perché se un autore ti va un po' di traverso poi è molto difficile "recuperarlo". Inoltre negli anni successivi ho scoperto altri autori che mi hanno affascinato e che ho seguito assiduamente (o almeno fino al punto in cui i vari editori hanno tradotto i loro lavori).
Elimina"1984" E' angosciante (scritto in maiuscolo, non è un errore di battitura), se non altro perché rimanda alla sensazione che già da ora siamo (più o meno) monitorati.
Ma sai cosa mi ha fatto capire che il mondo di "1984" è un mondo senza speranza?
Questo: 2+2=5
Questo dice più di ogni altra cosa.
Ciao Cristina!
Volevo aggiungere una cosa che mi è venuta in mente ora leggendo altri commenti. A parte Azimov e pochi altri, sono stati proprio i film grazie a Rambaldi prima e alla Computer Animation poi a rendere finalmente giustizia a scrittori ormai quasi dimenticati e relegati nell'ultimo polveroso scaffale della biblioteca, vicino alle malattie dovute al Soylent Green. Ora si abusa dei film e libri fantasy e c'è una sorta di infodumping mediatico. A fronte dei film capolavoro, trovi spesso scenografie originali o tratte anche, ma non sempre, da best seller di genere. Più spesso ancora sono libri da one click publishing di serie z, a cui darei un 3 di incoraggiamento in pagella. Ma sti zombie e licantropi non finiscono mai? Anche i fratellucci wachowski ^^ in Jupiter ce ne hanno uno tosto (Channing Tatum). Ciao a tutti.
RispondiEliminaRiguardo il primo punto da te affrontato sono d'accordo, anche perché sono io il primo ad andare al cinema quando c'è un film che promette bene sotto l'aspetto visuale (e tranne "Self/Less" credo di non essermene perso uno negli ultimi mesi).
RispondiEliminaE, no, zombie e licantropi non finiscono e non finiranno mai - e nemmeno i vampiri "belli da far spavento" o gli angeli che vanno tanto per la maggiore negli scaffali - e non per il loro valore dal punto di vista letterario, credo.
Nei casi da te menzionati credo sia perché certe storie toccano tasti - il mistero, i sentimenti, il chiedersi cosa è bene o male - che affascinano e anche...provocano brividi con la certezza che per fortuna si tratta solo di un film!
Un altro motivo da ricercare credo sia il fatto che moltissime persone, vuoi per lavoro, vuoi per altri motivi, hanno sempre meno tempo per leggere o da dedicare a se stessi (pensa solo a chi lavora in un negozio, che prima delle 20 o 20,30 non arriva a casa) , e quindi il film è il compromesso migliore fra svago e impegno.
Del resto se un film - per quanto di un genere abusato - riesce a porre domande o perlomeno a inquietare lo spettatore, significa che qualche risultato lo ha raggiunto.
Per dire: non è un mistero per nessuno che io trovi affascinanti le Intelligenze Artificiali. Di recente ho visto "Automata", "Humandroid" e "Ex machina" . Ebbene, ognuno di questi film e ognuno a suo modo, ha affrontato temi importanti e ho avuto l'impressione che il pubblico se ne sia accorto.
E riguardo al soylent...è uno dei vecchi film di fantascienza che preferisco. :-)
Anch'io amo Soylent Green. Ho visto pure i tre film da te citati e tra i tre "Ex Machina" è quello che mi è piaciuto di più. Fantastica l'atmosfera creata da Garland, in un'opera prima da brividi. Aspetto la seconda puntata e buona domenica. Ciao
RispondiEliminaSono rientrata oggi e ho visto con piacere che il post di Gabriele ha avuto un certo successo :) Avevo in mente di pubblicare venerdì la seconda parte, ma non ho fatto in tempo perché ero fuori casa, quindi sarà online domani.
RispondiEliminaGrazie a tutti per l'interesse e i commenti!
Scriverei un libro di fantascienza (col vostro aiuto)w Azimov ciao (viaggio allucinante)nel futuro di noi stessi
RispondiElimina