Come Bonnie e Clyde - Racconto noir

Foto elaborata di Mateas Petru (Pexels) e Zohre Nemati (Unsplash)

Con questo racconto partecipo al contest Racconti da spiaggia del blog Webnauta. Si tratta di una gara che prevede un racconto a tema libero con il vincolo di usare alcune parole precise per un totale di 10.000 battute. Sul blog di Barbara Businaro trovate tutto il regolamento.
Devo dire che mi è piaciuto molto partecipare ed è stato davvero stimolante (nonché inusuale per me) dovermi attenere a una lunghezza determinata.
Per l'occasione ho optato per una storiella noir, quindi non aspettatevi niente di zuccheroso...
Se avete voglia di leggere il racconto qui di seguito, potete scaricarlo anche in versione pdf.

* * *

Come Bonnie e Clyde

Federica era lì da ventiquattro ore e già detestava quella topaia. Infissi logori che lasciavano passare spifferi taglienti, scricchiolii misteriosi, polvere annidata in ogni angolo, una puzza di umidità da far rivoltare lo stomaco. Una vera catapecchia in mezzo alle frasche, poco meno di un rudere, ma perlomeno lontana da occhi indiscreti.
Luciano aveva scelto il posto proprio per l’isolamento. Il capanno apparteneva alla sua famiglia da sempre, ma nessuno ci andava più da tempo immemore. Sarà un rifugio perfetto, le aveva detto. Ti raggiungo lì, il tempo di far calmare le acque, questione di un paio di giorni, poi ce ne andremo lontano e dimenticheremo tutto questo schifo. Promesso, piccola. E lei aveva dato il suo assenso, docile come sempre, fiduciosa e innamorata.
Al secondo giorno però era già un fascio di nervi.
Cominciò ad aggirarsi per la baracca come un leone in gabbia, contando le ore, il cuore in gola ogni volta che udiva un rumore anomalo, temendo da un momento all’altro colpi alla porta che avrebbero segnato la fine della sua libertà.
Doveva però riconoscere che Luciano aveva fatto del suo meglio per sistemare il capanno. Le aveva lasciato cibo in scatola, pane in cassetta e parecchie bottiglie d’acqua. Ed era stato così premuroso da preparare una brandina con lenzuola pulite e una coperta per scaldarsi nelle gelide notti in mezzo al bosco.
D’altra parte come avrebbe potuto dormire? Il pensiero di quanto avevano fatto non le dava tregua. Aveva sonnecchiato sì e no un paio di ore, rigirandosi e visualizzando ispettori di polizia che la torchiavano fino a farle confessare quella dannata truffa.
Luciano sarà qui tra poco, si disse, stringendo addosso la coperta, le orecchie tese a cogliere ogni minimo cigolio.
Ma lui non si era presentato. Federica si alzò all’alba del terzo giorno con i muscoli doloranti e la testa che scoppiava.
Barcollando, si avventurò fuori e per un pelo non cacciò un urlo vedendo una busta sulla soglia della porta.
Niente mittente. Niente destinatario. Doveva essere un messaggio di Luciano che annunciava un imprevisto nel piano. E di chi sennò? Con le dita tremanti strappò la busta e tirò fuori un foglio scritto a penna. Non era la calligrafia di Luciano. Per un attimo non riuscì a leggere neppure una parola, lo sguardo annebbiato dall’angoscia. Sembrava una poesia. Una riga dopo l’altra capì che era un sonetto di Shakespeare. Certo che era lui, il grande Bardo! Lo aveva riconosciuto al volo, lei amava così tanto la poesia…
Dovrei paragonarti a un giorno d’estate?
Tu sei ben più raggiante e mite:
venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
e il corso dell’estate ha vita troppo breve. 
Per alcuni minuti Federica rimase incatenata a quelle parole, finché la parte razionale non la costrinse a scuotersi. Che diavolo significava? Un messaggio in codice? Nessuno era al corrente di quel nascondiglio.
La gola le si strinse al pensiero che qualcuno sapeva della truffa. Le dita si torsero intorno al foglio fino ad accartocciarlo.
Trascorse il resto della giornata distesa sul letto a guardare il soffitto, in preda a un rimuginare ondivago e torbido, finché il crepuscolo e un buco allo stomaco non la fecero decidere ad aprire una scatola di tonno. Smozzicò un po’ di pane in cassetta, di malavoglia, e tornò a guardare il sonetto, tentando di decifrarne il senso.
Il quarto giorno mise il naso fuori la porta e percorse un centinaio di metri sul sentiero che partiva dal capanno diramandosi per il bosco.
Aveva scrutato tutt’attorno a lungo, senza intravedere anima viva.
Che fine aveva fatto Luciano? Era stato troppo incauto e l’avevano beccato? Avrebbe fatto il suo nome? Forse gli agenti di polizia stavano già venendo a prenderla. Visto che il piano era saltato, era il caso di svignarsela, si disse. No, Luciano era in gamba, un uomo brillante. E l’amava, non avrebbe mai puntato il dito contro di lei. Erano uniti e inseparabili fino alla morte, come Bonnie e Clyde.
Quando risalì verso il capanno, sulla soglia trovò un’altra busta. Questa volta c’era anche un fagotto. Federica si chinò a raccogliere entrambi, mentre la nausea le saliva dal profondo.
Uno strofinaccio a quadri avvolgeva un piatto con un dolce. Era una clafoutis di ciliegie. Un profumo delizioso di burro, frutta e zucchero le penetrò nelle narici, facendole scordare per un istante tutta la sua angoscia. Dio, doveva essere buonissima. La busta conteneva un altro sonetto del Bardo, la cui vista bastò a riportarla alla realtà.
Lascia ch’io confessi che dobbiamo separarci anche se il nostro amore è un uno indivisibile, così quelle colpe che son soltanto mie senza il tuo aiuto, le sopporterò da solo.
Dio, no! Cos’era, un addio? Così Luciano la scaricava, con delle stupide righe che per giunta aveva rubato a Shakespeare? Con un dolce e un sonetto?
Raccolse il piatto con la clafoutis e lo scagliò con ferocia contro una parete.
Un’altra notte insonne l’attendeva. Durante le ore buie, ripercorse l’incontro con Luciano, i giorni bollenti del loro amore, e finì per rimuginare su come si era fatta abbindolare a compiere un crimine. Quel pallone gonfiato si merita di essere fregato, aveva detto lui con un sorrisetto scaltro. Saremo come Bonnie e Clyde. Ma lo sai che fine hanno fatto? Dai, piccola, non fare la guastafeste!
Federica si svegliò di soprassalto. L’unica spiegazione possibile per quei sonetti era che qualcuno sapeva e voleva ricattarla. Doveva andarsene. Ma se poi Luciano arrivava e non la trovava?
Era passata una settimana, i viveri cominciavano a scarseggiare. Aveva cominciato a dosare l’acqua. E l’estate stava finendo, tra pochi giorni sarebbero cominciate le piogge e il freddo, quello vero. Come avrebbe fatto a resistere in quel tugurio? Forse sarebbe rimasta per sempre lì, pensò in un momento di panico. Ma no, non è previsto che le cose nella vita rimangano sempre uguali, lo status quo prima o poi trova un nuovo assetto. Com’è che diceva sempre Luciano? La legge dell’entropia. La natura tende a disgregarsi, al disordine. E quella storia non era destinata a finir bene, non almeno come lei e il suo Clyde avevano sognato in un attimo di dolce follia.
Non doveva cedere alla paura, doveva farsi forza e andare in paese per controllare i giornali. Luciano era stato arrestato? Se così fosse, che senso aveva aspettarlo in quella stamberga fino a morire di inedia? Ma non ce la faceva a ripercorrere di nuovo a piedi tutta quella strada. Era così stanca… Da giorni mangiava come un uccellino. Si lasciò andare sul letto e pianse fino a quando venne l’imbrunire.
Nella mente annebbiata, si chiese se prima o poi sarebbe arrivato un altro assurdo sonetto. Decise di aspettare sveglia tutta la notte, pronta a cogliere sul fatto il misterioso mittente, decisa ad affrontarlo. Ma poco prima dell’alba cedette al sonno, dopo tante notti in bianco.
Nondimeno una busta era sulla soglia, bagnata di rugiada.
Le poche righe che riuscì a leggere furono come staffilate al cuore.
Talora, venuto in odio alla Fortuna e agli uomini,
io piango solitario sul mio triste abbandono.
Luciano non sarebbe più venuto dunque? Doveva esserci una spiegazione, anzi era di certo tutto un equivoco. Le tempie le martellavano, il cuore minacciava di esplodere. Si lasciò scivolare nel pavimento polveroso del capanno e crollò a piangere.
Aveva gli occhi accecati dalle lacrime e il corpo scosso dai singhiozzi, quando la porta si aprì con uno scricchiolio sinistro.
Ancora accovacciata sul pavimento, Federica si tirò indietro e con uno scatto si sollevò in piedi, incollandosi alla parete dietro la porta. La sconosciuta fece un passo all’interno. Era più alta di lei, dalla corporatura snella. Quando si girò, i loro occhi si incontrarono. Una sconosciuta dallo sguardo limpido e adamantino, bella da togliere il fiato. Federica le si scagliò addosso in un lampo, ma prima che potesse colpirla, l’altra reagì, urlò come una pazza e si difese spingendola contro il muro. Federica annaspò per riprendere il controllo ma fiaccata dal digiuno, non poté fare altro che tirare un calcio alla donna, che schivò il colpo e mandò di nuovo a terra Federica, producendo un rumore sordo.
In preda al terrore, la donna si chinò e vide un rivolo di sangue scorrere da un lato del viso del suo aggressore. Sobbalzò, trattenendo a stento un grido, mentre la porta si apriva di nuovo.
«Dio, grazie al cielo sei qui, per poco non mi ammazzavano!».
«Amore, ma… cos’è successo?».
«C’era una senzatetto! Mi è saltata addosso come una furia, ho dovuto… ha urtato contro il muro, oh dio, ho paura che sia…». Non riusciva a placare l’affanno.
«Calmati, amore». La strinse forte. «Si sistema tutto, sta’ tranquilla». Estrasse dalla tasca il cellulare. «Dobbiamo chiamare un’ambulanza».
«Ma qui non prende!», disse lei con voce isterica. «E poi non credo che… sia ancora viva».
Lui si piegò sul corpo, portando il cellulare all’orecchio. «Ma questa è…».
«Chi è? Conosci questa donna?».
«No, ma… l’ho vista sul giornale. È ricercata per truffa. Hanno arrestato il suo complice l’altra settimana».
«Stai dicendo che si nascondeva qui?».
«Penso di sì». Le tastò la gola, non c’era battito.
«Non avevi detto che non ci veniva mai nessuno? Che potevamo usarlo come ci pareva?».
Lui non rispose. Deglutiva a fatica. «Dobbiamo chiamare la polizia».
«No! E se non mi credessero? E poi non voglio che mio marito ci scopra. Lasciamo tutto così. Prima che qualcuno trovi il cadavere passeranno mesi».
«Ma sei impazzita?».
«Non lo capisci che non abbiamo scelta? Vuoi che anche tua moglie sappia come stanno le cose?».
«Ma qui c’è la nostra roba! Le lenzuola, la coperta, il cibo…».
«Tanto si è mangiata tutto questa bastarda. Ora ho capito che fine ha fatto la clafoutis che ti avevo portato».
«Non ho avuto tempo di fermarmi, la bambina aveva la febbre», si schermì lui. «Ti ho lasciato un sonetto, come al solito».
«Non c’era niente quando sono passata io», replicò lei col broncio.
«L’avrà preso lei». Gettò un’occhiata al corpo riverso. «Forza, puliamo tutto e andiamocene».

Commenti

  1. Però Maria Teresa! Gran ritorno con il botto. Qui scatta l'applauso e tutti i complimenti che sotto il mio commento fioccheranno come neve a Natale.
    Davvero un bel racconto con al punto giusto ogni parola speciale. Inutile dire che il concorso si è arricchito di un altro pezzo da 90!

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    1. Grazie di cuore, Nadia, sono molto felice che ti sia piaciuto! Le parole obbligatorie sono state una bella sfida, ma anche mantenermi in una data lunghezza non è stata una cosa da poco, visto quanto mi dilungo di solito :)

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  2. E lei è quella che no, non scrive racconti perché non ne è capace...!!!
    Complimenti! E' terribile! Il che, dato che è un noir, vuol dire che è bellissimo! :D
    E vedo che davvero le hai usate tutte, 10.000 caratteri pieni! Dì la verità: quante parole hai limato per tagliare a 10.000? XD

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    1. Ahah grazie Barbara!! Hai visto, il tuo contest ha avuto il potere di farmi rompere il ghiaccio con i racconti :) Alla fine ci ho preso gusto a scriverlo, chissà magari che non ripeta l'esperienza!
      Eh sì, i caratteri li ho usati tutti, mentre scrivevo ogni tanto tagliavo qualche parola, ma è stata dura non eccedere :D

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  3. Per un po' non ho capito che succedeva nel finale, ma quando ci arrivi ha un bell'effetto, come uno schiaffo. Triste... ma mi è piaciuto :) .

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    1. Eh già, triste di sicuro, d'altra parte un noir non finisce mai bene, infatti non credo potesse esserci una conclusione diversa. Sapessi quante volte mi è capitato di leggere romanzi noir e rimanerci malissimo alla fine. Grazie, Mattia :)

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  4. Complimenti Maria Teresa, ho letto tutto d'un fiato fino alla fine, davvero un bel colpo di scena finale!

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    1. Grazie mille, Giulia! Sono contenta che ti sia piaciuto. Il finale non è arrivato subito nella mia testa, ma a un certo punto ho capito che non poteva essercene uno diverso.

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  5. Bravissima Maria Teresa, ho apprezzato come sei riuscita a inserire le parole senza alcuna forzatura, complimenti!

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    1. Grazie di cuore, Rosalia! Alcune parole secondo me erano difficili da inserire e una in particolare mi ha un po' mandato in crisi, ma alla fine è arrivata un'intuizione, per fortuna ^_^

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  6. Un finale ad effetto! Ma tu saresti proprio brava sui noir anche senza soprannaturale... Una temibuile avversaria per il contest. Peccato non aver assaggiato quella clafoutis...

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    1. Grazie mille, Elena! L'ho trovata una sfida interessante, visto che di solito non scrivo racconti. Ma una storia senza soprannaturale prima o poi la scriverò, mi piacerebbe molto farlo.
      Eh vero, almeno quella clafoutis poteva godersela... :)

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