Chi scrive legge in modo diverso. Ma è sempre un bene?
Fonte: Paperpedia |
Un passaggio forse inevitabile per chi scrive, quello di guardare con occhi diversi tutto quanto scorre sotto i suoi occhi. Colpa forse dei manuali di scrittura, ma anche dell'interesse e della curiosità di sapere come altri autori hanno saputo dar vita a bellissimi o bruttissimi romanzi, a seconda del caso.
Leggere per scrivere meglio
Credo sia un'evoluzione comune per chi ama scrivere arrivare a leggere in modo più analitico, con l'intento di cogliere segreti, farsi ispirare o persino rubare qualche idea. Non c'è niente di male, anzi ne viene solo del bene, perché questa consapevolezza nella lettura ci aiuta a migliorare quello che scriviamo. Ho anche l'impressione a volte di riuscire ad apprezzare più di prima un passo ben scritto, un'idea brillante.
Di ragioni per leggere ce ne sono tante, Daniele Imperi ce ne ha ricordate tre pochi giorni fa nel suo suo post 3 validi motivi per leggere. E uno scrittore ne ha ancora di più, come minimo per affinare la sua prosa.
Tutto bene quindi? Non ne sono più tanto sicura.
L'occhio critico di chi scrive
Qualche giorno fa ho cominciato a leggere un romanzo. Ero impaziente di averlo tra le mani, perché di quest'autrice (Charlotte Link, di cui vi ho già parlato per un altro suo romanzo) avevo già apprezzato varie storie, tutte ben scritte e con trame sapientemente congegnate. Insomma, ho iniziato a leggere il primo capitolo tutta entusiasta. Il romanzo in questione si intitola Il peccato dell'angelo e comincia raccontando dalla prospettiva della protagonista, una certa Janet. Il narratore si concentra su di lei limitandosi completamente al suo punto di vista. Nella scena compare Janet e un taverniere; parlano per un po', poi verso il finale leggo:
Stava cominciando lentamente a capire che c’era qualcosa che non quadrava in quella donna. Non avrebbe saputo dire che cosa gli dava quell’impressione, però c’era in lei un che di...Ma il punto di vista non era di Janet? mi domando. Che c'entra ora il pensiero del taverniere?
Ok, vado avanti. Cambio di scena, altro pdv, quello del marito Philip. Alla fine della scena c'è questa frase che mi fa di nuovo sobbalzare:
Mario indugiò ancora per qualche attimo, ma suo padre sembrava ormai sprofondato di nuovo nelle sue elucubrazioni. Uscì dalla cucina senza far rumore.Ma il punto di vista non era di Philip? torno a domandarmi. Perché questi cambiamenti di punto di vista improvvisi e ingiustificati?
Tutto questo mi ha confusa e soprattutto infastidita. Una delle prime cose che viene raccomandata a chi scrive un romanzo è non cambiare pdv nella stessa scena (a meno del narratore onnisciente). E quindi...? Un'autrice come questa che non conosce questa regola? Impossibile. L'ha volutamente ignorata? Forse, non so rispondere.
Sana attenzione o pericolosa intransigenza?
Al di là dell'irritazione che ho provato, mi sono chiesta: se mi fossi trovata davanti a un romanzo di un'esordiente come avrei reagito? Probabilmente peggio. Sarei saltata subito alla conclusione che quelli erano errori imperdonabili, che l'autore era un incompetente e quindi avrei mollato il romanzo. Invece, trattandosi di una scrittrice che ammiro, le ho concesso il beneficio del dubbio e sono andata avanti.
Altra domanda che mi sono fatta: un lettore che non ha mai letto un manuale di scrittura in vita sua e non sa nulla di scrittura creativa avrebbe notato i due cambi di pdv? Secondo me no. Sono quasi tentata di far leggere le due scene a mio marito e chiedergli se nota qualcosa di strano, ma sono abbastanza sicura che non ci farebbe caso e giudicherebbe la scena da altri parametri.
Tutto questo mi dà molto da pensare. La verità è che prima leggevo e basta, se mi capitava un romanzo brutto, dicevo “pazienza” e passavo oltre. Ora un libro che non mi piace scatena tutta una serie di reazioni:
- Cavolo, che brutto questo romanzo, ma come ha fatto un editore così importante a pubblicarlo?
- Ma qui è pieno di refusi, a cosa servono i correttori di bozze?
- Mio dio, ma che cavolata, che ci stanno a fare gli editor se fanno passare queste cose?
- Qui ci stava meglio un'altra parola...
- Santo cielo, che trama barbosa. Ora capisco perché quel tipo su Amazon gli ha dato due stelline.
Naturalmente proseguirò con la lettura del romanzo in questione e posso anche intuire che mi piacerà, ma non posso fare a meno di chiedermi se le nozioni che abbiamo in testa non finiscano per “inquinare” i nostri occhi di lettori.
Giro a voi la domanda.
L'eccesso di tecnica ostacola, non agevola.
RispondiEliminaTi faccio un esempio banale. Si vedono a volte quei giocolieri di strada che palleggiano con il pallone senza mai farlo cadere. Sembrano bravissimi ed uno è portato a dire: ma allora è un campione ...
No, se metti uno di loro su di un campo di calcio non tocca palla e dopo poco nessuno si accorge che è sul campo. Hanno provato ed è effettivamente così.
Io penso che la scrittura creativa ha solo poche regole basilari, per il resto quel che conta è l'anima che uno mette dentro a ciò che scrive. Se l'anima viene imbrigliata nella tecnica non uscirà mai allo scoperto.
Molti grossi editori guardano più alla sostanza che non a come è stato scritto. Guardano l'idea non tanto la maniera in cui è stata realizzata. E ti parla uno che invece è molto attento all'estetica, anche nella scrittura. Ricorda che comunque nei testi stranieri la colpa dei refusi è anche del traduttore. In ogni caso mi sto convincendo sempre di più che alla base di un libro c'è l'idea. Tutto il resto conta decisamente meno.
Sono abbastanza d'accordo, si può godere di un buon libro anche se non segue tutte le regole. Però alcune di esse esistono per una ragione e non è detto che averle applicate non avrebbe migliorato ulteriormente la storia. Non dico che sia sempre così, ma a volte può essere utile non ignorarle.
EliminaIo non sono un fanatico delle regole e finché certe violazioni o distrazioni sono assorbite da una trama coerente, scorrevole e avvincente, perdono molto facilmente. Sono più intollerante nei confronti dei refusi che mi saltano subito all'occhio.
RispondiEliminaSì, quando la trama scorre si è più inclini a non farci caso e anche gli errori più gravi distraggono solo finché non si è abbastanza assorbiti dalla storia.
EliminaGrazie della citazione :)
RispondiEliminaIn inglese come sono quelle scene? Forse potrebbe essere un errore della traduzione.
In un romanzo Einaudi che sto leggendo ho trovato "dò" e in un altro, della Mondadori, "un abitudine". Forse sono solo errori di stampa. Forse.
Tempo fa ho scritto qualcosa del genere, ma la vedevo in modo meno nero: Chi scrive legge meglio :)
Ora noto errori e lacune che prima non notavo, ma per me questo è un bene.
Sì, potrebbe essere un problema di traduzione. Non so dove cercare l'originale, che tra l'altro è in tedesco, ma proverò a vedere se c'è qualche anteprima in giro dell'ebook.
EliminaIn parte anche per me è un bene notare ciò che non va, però un po' mi toglie il piacere di leggere.
Chi scrive sa come sono i "trucchi del mestiere" e non può fare a meno di farci caso. :)
RispondiEliminaIl cambio di POV non è facile da notare, ma un lettore normale, pur non vedendolo, lo sente. Lo percepisce come una fatica nel leggere. Ecco perché vanno fatti nel momento in cui anche chi legge è più disposto al cambio. Anche le "regole di scrittura", di solito, hanno alla base un impatto di tipo cognitivo su chi legge: quanta meno fatica gli chiediamo di fare per capire, tanta più energia potrà mettere nell'immaginarsi all'interno della nostra storia!
Sono pienamente d'accordo. Certe regole esistono perché migliorano la lettura. Forse è proprio come dici tu, anche chi non individua le pecche come problemi "tecnici" le avverte in modo istintivo.
EliminaSai che me lo chiedevo anch'io? Non riesco più a godermi un dannato romanzo!
RispondiEliminaQuesta è una brutta cosa. Eppure, si può anche dire che i romanzi ben scritti si apprezzano ancora di più. E' il rovescio della medaglia!
EliminaIn effetti hai ragione, sto leggendo "Delitto e castigo" di Fëdor Dostoevskij e mi piace un sacco. :)
EliminaAllora spero ne farai una recensione :)
EliminaSinceramente io non considero la maggiore attenzione che noi scrittori diamo ai testi in termini di "bene" o di "male": è una cosa che semplicemente ESISTE, la accetto e cerco di viverla con serenità.
RispondiEliminaNe parlavo proprio qualche sera fa con un mio amico che è cantante e musicista professionista: se io ascolto una band in un locale non mi accorgo delle "stecche" a meno che non siano particolarmente evidenti. Lui invece storce il naso e dice "questo qui è stonato". Ma dove?!?! A me sembra bravissimo!
Ecco: credo che la stessa cosa avvenga a noi con i libri. Abbiamo una sensibilità maggiore, rispetto al lettore comune, che può esserci di grande aiuto per imparare. :)
Son d'accordo, la sensibilità è quella che si sviluppa in ognuno di noi, sta però a noi cercare di non legarci nelle nostre regole e tornare a godere di ciò che leggiamo o ascoltiamo.
Elimina:D
Il paragone con la musica mi pare perfetto e mi piace l'idea che si tratta di una "sensibilità" :) Certo tutto dipenda da come viene usata per non farsene condizionare troppo.
EliminaMi permetto un'osservazione da profana.
RispondiEliminaCredo che la capacità di critica di un lettore dipenda da ciò che la persona attende da un libro, dal suo personale livello di qualità linguistica.
Se ciò che leggo, mi annoia, non tanto per il refuso quanto per la banalità della prosa, leggerò poco e male, perchè dominerà in me quel senso di frustrazione, che mi indurrà a pensare che costui (o costei) ha trovato chi ha creduto in lui/lei, a mio parere immeritatamente.
E va ancora peggio se saprò indovinare cosa mi attende al paragrafo seguente.
I repentini cambiamenti di punto di vista, invece, mi fanno pensare che manchi una parte del testo, che ci sia stato un problema di revisione.
Da quando ho provato a scrivere per hobby, mi sono accorta di aver sviluppato una ferocia critica veramente poco amabile (forse anche frutto di invidia e di un pessimo snobismo intellettuale,lo ammetto - brutta roba): posso assicurare di non aver mai letto un testo di scrittura creativa e di non essere influenzata da aspetti tecnici.
Applico sugli altri la stessa ferocia critica che pongo su me stessa.
Credo sia un errore molto grave, perché mi accorgo di leggere volentieri solo opere che appartengono ad autori che hanno fatto storia, verso i quali maturo e ho maturato una sorta di "captatio benevolentiae" (in senso inverso - perdonate l'espressione latina) non concessa ad altri.
Il rischio di esagerare con la critica esiste e va sicuramente evitato, proprio per poter continuare a leggere un po' di tutto con serenità. Capisco quello che vuoi dire, è vero che in certi casi si è più indulgenti. Il giusto sta sicuramente nel mezzo: mantenere un occhio attento senza quella ferocia di cui parli.
EliminaLa mia risposta è "no". Se ci sono errori di impostazione evidente nel testo saltano all'occhio anche a un lettore che non ha mai letto manuali di scrittura. Credo che bisogna distinguere dall'errore grossolano rispetto alla generica sensazione che una certa scena non vada bene perché "non rispetta i canoni". Se uno scrittore si dovesse fossilizzare sul rispetto dei canoni staremmo ancora ai tempi di Omero presumo (esagero, ma tanto per farti capire come la penso in materia). Non bisogna mai perdere il gusto della lettura e se il testo scorre bene è giusto goderselo senza farsi troppe domande. In linea di massima credo che i manuali di scrittura debbano essere uno strumento utile ma non una bibbia con sacri e inviolabili dogmi.
RispondiEliminaForse si dovrebbe trarre il buono che si trova evitando di farsi condizionare da ciò che "non rispetta i canoni". Hai indubbiamente ragione: mai perdere il gusto della lettura. Sarebbe terribile!
EliminaQuando leggo romanzi del genere che scrivo io, in effetti ho le antenne attivate e leggo in maniera differente, tutto sommato però il godimento non viene meno. Bacio Sandra
RispondiEliminaCapita anche a me con quei romanzi che sono più affini alla mia scrittura. Dopotutto è normale cercare di carpire i segreti di altri autori :)
EliminaMi sa che hai ragione, una volta conosciuti gli ingranaggi che fanno funzionare la storia è impossibile recuperare l'innocenza perduta. Si spera che sia perduta per qualcosa! Il cambio di punto di vista non crerdo che lo avrei notato, prima. Anche dopo che ho scoperto in cosa consistesse il problema, ci ho messo un po' ad acquisire la sensibilità giusta.
RispondiEliminaPenso che se si è lettori attenti, si avverte comunque in modo inconscio che c'è qualcosa di stonato. Per i nostri scopi (migliorare la nostra scrittura) è però anche utile capire cosa esattamente non funziona e perché. In questo senso credo che "l'innocenza" l'abbiamo perduta per ottime ragioni :)
EliminaNon l'ho detta giusta, però: da un lato certe carenze mi sono diventate evidenti, e non posso non notarle; dall'altro la lettura, quando mi piace, mi trascina e mi impedisce non solo di dare peso a certi difetti, ma anche anche di carpire i segreti dell'autore. L'esperienza della storia resta forte, ma forse il livello deve essere un po' più alto.
EliminaMi viene da pensare che se una storia ha il potere di trascinarci a tal punto e farci dimenticare che stiamo leggendo qualcosa di finto, è riuscita pienamente nel suo intento. In questo caso varrebbe la pena di fare una seconda lettura solo per capire come ha fatto :)
EliminaPer quanto riguarda il cambio del punto di vista: nel romanzo "I demoni" di Dostoevskij, la storia è raccontata in prima persona, ma... Ci sono interi capitoli dove di fatto è in terza persona, e chi legge pensa: "Ma! Come è possibile?". Eppure accade.
RispondiEliminaCerti errori e limiti si notano perché quando si inizia a scrivere, il modo di affrontare la pagina cambia. È un po' quello che succede quando da semplici guidatori di auto si decide di diventare meccanici. Ma alla fine certi autori si apprezzano persino di più.
Sì, lo penso anche io, come dicevo più sopra. Si riescono ad apprezzare di più le cose ben fatte.
EliminaMa secondo te perché ne "I demoni" c'è quel cambio di pdv? Magari aveva una sua ragione... E questo mi fa pensare che non sempre sono errori, ma forse sperimentazioni.
Non so se il mio atteggiamento è cambiato. Non credo. Se un libro non mi piace lo abbandono, non sto tanto ad arrovellarmi sul perché non funzioni. Se mi piace mi ci immergo al 100% e poi lo passo a setaccio per capire perché mi piaccia, ma lo facevo anche prima di pensare di scrivere.
RispondiEliminaSono peggio con il fim, da che ho studiato critica cinematografica noto un sacco di cose e spessissimo so anticipare le svolte di trama. Se il film è pessimo si può anche giocare a indovinare quel che viene dopo con marito, ma se il film lo prende a ogni commento rischio la vita...
Non me ne parlare, faccio anche io così con le trame nelle serie tv. Solo che io non ho studiato critica cinematografica, è solo che dopo averne viste tante impari un po' a capire i meccanismi e ti accorgi se qualcosa è fatto bene o solo la solita zuppa. Sarà così anche con i libri. Dovrei fare come te, passare a setaccio dopo e non durante la lettura.
EliminaIo, invece, sono una lettrice "passiva", nel senso che mi lascio vincere dalla storia che mi prende e non mi accorgo se al narrante sfugge qualche regola di scrittura creativa. Da scrittrice, però, devo dirti che questa consapevolezza mi inquieta, perché so che ho una responsabilità verso ogni tipo di lettore, soprattutto il più attento. In passato, anche quando ho scritto il mio primo libro, sconoscevo tante sfumature, oggi sono più matura e anche la mia scrittura, adesso, spero lo sia.
RispondiEliminaSi spera che le cose vadano di pari passo, tra lettura e scrittura :)
EliminaSecondo me dobbiamo temere di più chi è pronto a criticare a prescindere, magari senza una base precisa, piuttosto che chi lo fa con cognizione di causa. Tu pensa a come certe opere grandiose di autori del passato non vengano minimamente capite oggi... quello sì che è triste.
Stavo pensando a queste cose proprio ieri... e sono arrivata a due diverse conclusioni.
RispondiElimina1) non c'è niente di male a "darsi una calmata". Ogni tanto interrompo la lettura e mi dico: non c'è bisogno di "spegnere l'interruttore dello scrittore", devi solo renderlo un po' più leggero, metterlo in disparte... e funziona. Riesco a godermi la storia senza spaccare il capello in quattro, a meno che non incontri una bruttura (o una genialata) colossale, e in quel caso ho tutto da imparare. Le riflessioni si possono sempre fare a freddo, col senno di poi.
2) Dal nostro atteggiamento verso la scrittura altrui capiamo quanto siamo rigidi con noi stessi. Non provo fastidio per i lavori altrui solo perchè violano i consigli dei manuali di scrittura. Non ha importanza per me. Ciò che conta è la mia sensibilità personale. Se un pezzo mi sembra ben scritto non considero nemmeno quello che ho letto nel tal manuale. E se mi sembra mal scritto, non mi interessa quanto rispetti il manuale.
In conclusione secondo me, se serve un atteggiamento più sciolto/intuitivo nella nostra scrittura, lo notiamo proprio da come leggiamo. Insomma, lo scrittore che non riesce pi a godersi un libro, non è un controsenso?
Secondo me è possibile (mi capita tantissime volte) che la nostra arte ci aiuti a goderci di più un libro, invece che ostacolare il divertimento. Certi miei conoscenti credono che più pensi alla struttura interna di una storia, meno te la godi. Secondo me, loro ci hanno sempre pensato nel modo sbagliato ;)
Ti do ragione su entrambi i punti, credo che la pensiamo uguale. Forse l'ideale in questo senso sarebbe fare due letture: una a caldo spegnendo l'interruttore e una a freddo, attivando tutta la capacità critica. E questo vale sia per ciò che è ben fatto che per ciò che non lo è. Ma è solo una teoria, perché chi ha tempo per leggere due volte i libri? E poi se sono brutti ne basta e avanza una :)
RispondiEliminaCapisco perfettamente il tuo fastidio. Non riesco più a leggere nulla perdendomici completamente, come facevo un tempo. C'è anche da dire che ho cambiato tipo di letture, se prima leggevo best-seller internazionali adesso cerco di leggere autori esordienti oppure che mi sono stati consigliati da altri blogger per imparare (per esempio, adesso sto leggendo Irene Nemirovsky per studiare il suo stile descrittivo). Le case editrici comunque pubblicano a caso, ho sentito molti lettori lamentarsi del fatto che anche le più affidabili (Adelphi, per esempio) non sono più il marchio di garanzia di un tempo.
RispondiEliminaQuindi, forse noi siamo lettori più critici, ma anche il prodotto a disposizione è peggiorato.
Un'ultima cosa. Gli autori famosi, oltre a scrivere i libri nuovi, devono occuparsi delle vendite e far lezioni in giro per pagarsi le bollette, visto che le royalties non bastano, per cui spesso sono affiancati a ghost writers che li aiutano a finire i nuovi romanzi in tempo per la pubblicazione, rischiando così di abbassare la qualità dei testi.
Immagino che leggere specifici romanzi allo scopo di imparare influisca parecchio sul piacere della lettura. Forse dovremo tenere separate le due fasi, non so.
EliminaQuello che dici sull'editoria invece mi sembra preoccupante... Magari c'è stato davvero un abbassamento della qualità. Proprio ieri leggevo su Fb un brano tratto da un romanzo candidato al premio Strega: neanche si capiva cosa c'era scritto.
Non lo so... credo che diventando forti lettori si cominci comunque a pretendere di più, a vedere con altri occhi quello che c'è scritto sulla pagina, a sussultare per piccole sviste. Il fatto di essere pure scrittori, forse, accellera l'arrivo di questa fase.
RispondiEliminaGiusto, non ci avevo pensato. Le aspettative si alzano quando hai letto tanto e si affina anche l'attenzione ai dettagli.
EliminaPenso che sia inevitabile diventare più esigenti come lettori se siamo anche scrittori. Un po' come succede con l'età quando si diventa più selettivi nelle amicizie!
RispondiEliminaPer quanto riguarda le stonature nella pagina di romanzi tradotti, mi è capitato proprio di recente di chiedermi se certi passaggi zoppichino per via di una traduzione fatta male, o perché sono stati scritti proprio così. Sto leggendo "La Mano di Fatima", un romanzo storico di Falcones, e in alcuni punti c'è davvero qualcosa che non funziona.
Sulla questione del pov, di solito non sono fiscale, anzi. Il mantenimento rigido di un pov potrebbe persino appiattire la scrittura. Basta che il passaggio non sia confuso, quello sì. Ci sono modi di scrivere che trascendono le regole, e che possono essere anche la cifra dell'autore. I grandi autori del passato certamente non frequentavano scuole di scrittura creativa, eppure...
Sì, comincio a credere anche io che tutto questo sia inevitabile e (se non si esagera) anche giusto.
EliminaPer quanto riguarda il punto di vista, è vero che ora ci faccio molto caso, e devo dire che di solito il fastidio coincide proprio con i cambi bruschi nell'ambito della stessa scena o capitolo. Le regole si possono trascendere, per carità, basta che l'effetto sia piacevole :)
Per quel che mi riguarda, trovo che le regole, o meglio, l'eccesso di regole imbrigli l'ispirazione.
RispondiEliminaIl dubbio qui espresso me lo sono posto tempo fa, quando hanno cominciato a duplicarsi i manuali di scrittura ad ogni livello ed i blog che trattano di scrittura creativa come questo. Il rischio è di stare talmente dietro alla tecnica narrante da impoverire trama ed emozioni.
A tal proposito, mi è stato molto utile il "campionato italiano di incipit" di Michele Scarparo. Chi ha votato era per lo più un lettore-scrittore, ed i risultati sembrano evidenziare una certa attenzione per la tecnica, penalizzando sembra gli incipit famosi e premiati. Ma se a votare fossero stati dei completi profani?
Forse perchè frequento parecchi lettori-non-scrittori e ancora di più non-lettori-acuti, mi rendo conto che ciò che li attrae è la trama e le emozioni che quelle parole gli scatenano. Non gliene frega un accidente del cambio di pov o del lettore onniscente contro la prima persona. Certo gli errori grammaticali li notano, per quelli non c'è giustificazione. Ma per il resto, se la storia funziona, il resto non conta.
Quindi, in realtà, ragionando in termini di prodotto, la vera questione dovrebbe essere su qual è il target del vostro scritto. Se puntate ad un lettore evoluto, di nicchia, critico allora si continua a studiare la tecnica, con un prodotto di alta qualità (ed alto costo). Se volete massimizzare il guadagno, con una platea più ampia, dovete lavorare con le idee e le sensazioni, i sorrisi e le lacrime, il dolore e la gioia. E sinceramente non so cosa sia più facile...
Io sono una ribelle per natura, quindi le regole di per sè già mi stanno antipatiche. Ne subisco parecchie nel mio lavoro "ufficiale", ergo per me la scrittura dev'essere evasione. Le uniche regole che ammetto sono quelle grammaticali e di punteggiatura, per il resto mi lascio trasportare.
Forse l'unica regola è che scrivo ciò che mi diverte, sperando che il mio divertimento scivoli dentro le pagine. E sì, i romanzi ancora me li gusto fino all'ultimo rigo :)
Dici cose giustissime, Barbara. La maggior parte dei lettori non guarda la tecnica, non fa le pulci alla trama e così via, è attenta ad altri fattori e alle emozioni che un libro sa scatenare.
EliminaIo penso però che alcune tecniche (non mi va di chiamarle regole) puntino solo a far funzionare una storia, siano nate con l'obiettivo di migliorare la leggibilità, quindi usarle può essere utile. Sicuramente non bisogna lasciare che questo tarpi le ali dell'ispirazione, ma servirsene quel tanto che basta non fa di certo danni :)
Io credo di no. affinare la lettura e affinare la scrittura sono due cose secondo me parallele, vanno di pari passo.
RispondiEliminapensa che proprio oggi ho iniziato la mia sessione di lettura provando proprio questo. Passare gli occhi sulle lettere, ma senza pensare. Prendendone velocemente il succo e vedere quanto dura. Dopo 3 pagine mi sono bloccato. E dove? Su un paragrafo quantomeno contorto, direi quasi incomprensibile. C'erano troppi pronomi possessivi...
ho riletto quindi le tre pagine precedenti, analizzandole, e in effetti erano proprio lisce. Ne deduco che l'attenzione si sofferma in ciò che è scritto male e quindi non comprensibile, volenti o meno.
Bel post, Maria Teresa. Notte a tuti ^^
Grazie Enrico. Il tuo esperimento è interessante. Ti sei bloccato in modo automatico come semplice lettore, però dopo ci hai ragionato su per capire perché quel pezzo non funzionava. Penso che si dovrebbe fare così sempre: prima leggere senza troppi pensieri, dopo analizzare.
EliminaCiao Maria Teresa. Concordo con te, interessarsi alla scrittura, approfondirne le tecniche da una parte affina l'arte, dall'altra sviluppa un senso critico maggiore. Niente di negativo, c'è un'evoluzione anche nel percorso della lettura. I classici sono il porto sicuro in cui rifugiarci, forse perché certi autori hanno superato l'esame dei lettori più critici Una bella riflessione :)
RispondiEliminaScusa Rosalia, ho visto per caso il tuo commento, credo non mi sia arrivata la notifica :(
EliminaVero, i classici danno una certa sicurezza. Per il resto, sto cercando di scendere a compromessi con la mia natura già ipercritica di suo :)
Sono perfettamente d'accordo con te... e mi capita spessissimo di notare simili "violazioni" o errori in autori strafamosi. Anche io, come te, mi chiedo: non sapeva o semplicemente ha fatto così, pur sapendo che, per esempio, confondeva i PdV? Ma mi chiedo anche perché a noi "scrittori per diletto" (ho deciso di adottare questo termina: esordienti non mi soddisfa...) rompano tanto le scatole in proposito, visto che gli autori che davvero vendono, fanno a modo loro? Non sarà per vendere i libri di scrittura creativa? :)
RispondiEliminaCiao e benvenuto/a!
EliminaIl dubbio è lecito, tanto più che si notano moltissime "infrazioni" di questo tipo negli autori del passato, quelli considerati grandi all'unanimità. Non so cosa risponderti, forse dovremo imparare tutti a essere più elastici, valutando caso per caso cosa funziona al di là delle regole dei manuali.
Bella la dicitura "scrittori per diletto"... :)
"Bella la dicitura "scrittori per diletto"... "
EliminaGrazie :)
Proviamo a farla diventare virale e sostituire i vari aspiranti/esordienti? :)
Già, sono termini diventati antipatici. Soprattutto "esordiente" ormai è carico di una pessima fama ;)
EliminaCiao Maria Teresa, è un po' come quando vedi un film non sapendo che dietro le scene c'è una macchina da presa. In quel caso il sapore della magia (certe volte solo e non con i film di oggi), te lo godi appieno.
EliminaQuando poi qualcuno ti "svela" il segreto della telecamera, beh, a quel punto la magia decade... e tutto perde di significato. Almeno per me è stato così. Da quando ho saputo che altro non era che un copione (intorno ai dodici anni eh!), ogni immagine o vicenda pur bella e coinvolgente, non valeva più nulla. Artificiosa! Organizzata. Così, ritengo sia per i libri; finché li leggi con occhio ignorante sono un dolce passatempo, quando cominci a essere consapevole di certi meccanismi e logiche, diventa un lavoro e vai in cerca di ogni aspetto con cui confrontarti. W l'incontenibile leggerezza... dell'uomo primitivo.
Complimenti per i tuoi preziosi articoli. Prosegui a tutta dritta!
Pier
Ciao Pier, devo chiederti scusa perché non mi è arrivata la notifica a questo tuo commento e l'ho notato oggi solo per caso.
EliminaIl tuo paragone con il cinema è perfetto, anche lì la magia viene a mancare quando scopri che tutto è semplicemente riconducibile a un copione. Forse in entrambi i casi la bravura di chi scrive consiste proprio nel farci dimenticare che si tratta di finzione e non lasciarci mai uscire dall'illusione. In alcuni casi questo è possibile anche per chi conosce tutti i meccanismi, a volte no.
Grazie per il commento e i complimenti. E scusami ancora per il ritardo nella risposta. Ciao :)