Le descrizioni sono come il make-up
Io mi sono formata una mia idea nel corso degli anni, e sono arrivata alla conclusione che le descrizioni sono come il trucco in una donna. Volete sapere perché?
1) Le descrizioni narrative, come il make-up, hanno il compito di abbellire e valorizzare. Entrambi possono essere evitati, ma perché non usufruire di questa possibilità di miglioramento?
2) Il troppo stroppia, sia nel trucco sia nelle descrizioni. La sovrabbondanza di dettagli, a volte fine a se stessa (infodump) danneggia e appesantisce invece di migliorare, proprio come una donna troppo truccata risulta involgarita.
3) In entrambi i casi, l'equilibrio è la strada migliore. Le descrizioni sono un'arma potente se ben usata, perché coinvolgono il lettore e lo trascinano nella nostra realtà, ma vanno usate nella giusta dose e nel giusto modo, come un trucco equilibrato e sapiente.
4) Così come il make-up permette di focalizzare l'attenzione su determinate parti del viso di una persona, le descrizioni possono essere usate per zoomare su particolari specifici, in modo da pilotare l'attenzione del lettore e mettere in primo piano qualcosa. Ovviamente va messo l'accento solo su ciò che è degno di nota...
5) Entrambi possono assolvere anche alla funzione di distogliere lo sguardo. Se si tratta di trucco, si parla di difetti su cui sorvolare o da coprire, nel caso della scrittura si possono usare dettagli per dirottare l'attenzione altrove rispetto a ciò che si vuol nascondere. Per esempio, da quel particolare che in un giallo svelerebbe subito l'assassino.
6) Il trucco deve essere personalizzato in base al tipo, ai colori di occhi e capelli, alla conformazione del viso, ecc. Le descrizioni giovano dell'adattamento al punto di vista della scena. Tra le descrizioni oggettive e quelle soggettive, queste ultime sono sicuramente di maggiore effetto e più piacevoli da leggere. Inoltre, non va dimenticato che il soggetto su cui è il focus determina anche scelte diverse nella terminologia.
7) La specificità, la scelta dei dettagli giusti è fondamentale in entrambi i campi. I termini che si usano per descrivere un ambiente, una persona, un oggetto, ecc. devono essere molto precisi per evocare il senso di realtà e risultare credibili. Anche nel make-up la precisione e la scelta dei particolari giusti sono essenziali.
8) Il trucco è più o meno intenso a seconda della situazione. Le descrizioni hanno un'intensità diversa a seconda del momento. Più il momento è drammatico, più la scelta dei dettagli va dosata e intensificata per non rallentare il ritmo o vanificare l'effetto della scena. Se è il momento è tranquillo, stiamo presentando un personaggio o un ambiente, potremo permetterci descrizioni più ampie e leggere.
9) Una buona base, lo sanno gli esperti di make-up, è fondamentale. Nella scrittura, le descrizioni devono poggiare su una struttura solida, altrimenti diventano aria fritta, inutili decori del vuoto. La scena deve avere un suo spessore e un suo ruolo prima che vengano aggiunti i particolari che la rendano più tattile, vivida, sensoriale. Io di solito per esempio scrivo prima lo scheletro della scena, solo in seguito in fase di revisione miglioro il tutto con le descrizioni.
10) Una brutta metafora, parole banali, l'uso dei cliché, sono tutti elementi che nelle descrizioni danneggiano senza rimedio un testo narrativo. Proprio come una mano inesperta e pasticciona usa male eye-liner e fard, rendendo il viso solo una brutta maschera. L'esperienza è tutto in entrambi i campi!
E voi come ve la cavate con il trucco... ehm, volevo dire con le descrizioni?
Mi piace questo paragone make-up/scrittura!
RispondiEliminaSpero solo di essere più brava a descrivere di quanto lo sono a truccarmi, perché a volte mi ritrovo addirittura a ripulirmi il viso e ricominciare tutto dall'inizio... un po' come quando cancello interi paragrafi per riscriverli ;D
Forse perché sei perfezionista? Beh, direi che anche io scrivo e riscrivo, per fortuna con il trucco sono meno esigente :)
EliminaAnche io prima scrivo lo scheletro della scena e poi la arricchisco.
RispondiEliminaInizialmente spendevo fiumi e fiumi di parole. Ora sto imparando a usare pochi dettagli, ma incisivi.
Le descrizioni migliori secondo me sono quelle inserite di straforo all'interno delle scene: poche parole per focalizzare ciò che accade e aumentare l'impatto visivo di quanto sta accadendo. Io mi sto allenando in questo senso. :)
P.S. Pensa che qualche giorno fa stavo paragonando il make-up all'applicazione della tecnica, ma la mia intuizione era troppo semplice e immediata per poter creare un post...
Sono pienamente d'accordo, direi che il lettore non dovrebbe quasi accorgersi delle descrizioni. E sì, la tecnica è proprio come il make-up, bisogna applicarla ma dare l'impressione che sia tutto naturale... :)
EliminaEsatto! L'idea mi è venuta grazie a un personaggio televisivo che detesto : Belen Rodriguez, la quale diceva che impiega ore per avere un look acqua e sapone...
EliminaUna volta ne sapevo abbastanza, di trucco. Adesso mi limito a terra, correttore, eye-liner e ombretti :)
RispondiEliminaMi piace il paragone: è sensato.
Anche se, ultimamente, sto cercando di calare le descrizioni "pure" a favore dei dialoghi. Rimangono come sfondo, come a teatro.
Mi sembra una tendenza condivisa quella di usare poche descrizioni "pure", forse dipende anche dal fatto che la scrittura sta cambiando. Poi se ci sono dei dialoghi, inserire delle descrizioni rallenta troppo il ritmo, no?
EliminaHo provato a mettermi il rossetto una volta. Forse era colpa del colore, ma non credo mi donasse.
RispondiEliminaProva con il lucidalabbra :P
EliminaChe brutta immagine ... :D
EliminaBel paragone davvero ^^ Non ce l'avrei mai fatta a scrivere un pezzo così ^^ che brava! Io forse sono più portata per il trucco vero ;) che per la scrittura. eheh. Comunque come hai detto tu le descrizioni quando sono troppe o troppo dettagliate annoiano e stancano. ^^
RispondiEliminaSarebbe bello riuscire a trovare un equilibrio giusto! A presto .. Dream Teller ^^
Grazie :D Penso anch'io che vada cercato un'equilibrio, anche se non è facile quando si ha la tendenza a dilungarsi o al contrario a essere stringati, ma è importante tentare :)
EliminaSei esperta di trucco? wow!
Oddio, se descrivo come mi trucco... è meglio che scelga di fare altro! ;)
RispondiEliminaE con le descrizioni come te la cavi?
EliminaMi piace restituire al lettore idee ben precise di luoghi e situazioni, così anche se non mi dilungo nelle descrizioni cerco di essere il più e puntuale possibile
EliminaMi ritrovo molto in queste parole di Chiara:
RispondiElimina"Le descrizioni migliori secondo me sono quelle inserite di straforo all'interno delle scene: poche parole per focalizzare ciò che accade e aumentare l'impatto visivo di quanto sta accadendo".
Non avrei potuto dirlo meglio. D'altronde non è un caso se voi due avete un blog che si occupa di scrittura e io no ;D
Non mi sembra che tu parli di carciofi e patate! E poi noi non abbiamo una blog-novel! Comunque grazie mille! :-D
EliminaNoi parliamo di scrittura, tu ne dai prova a tutti ogni giorno... :) E prima o poi la scriveremo anche noi una blog novel ;)
EliminaNon mi trucco! Per le descrizioni non so. Io ho scritto e scrivo tutt'ora molti racconti, quindi ho l'abitudine a cercare sempre la massima sintesi. Le descrizioni sono proprio due righe qua e là. Nei romanzi posso dilungarmi, un po' mi ci diverto, ma appena supero le cinque righe consecutive mi annoio. Io non mi trucco. Per i miei scritti direi che adotto uno stile acqua e sapone con quel minimo tocco di colore che valorizzi i lineamenti.
RispondiEliminaIn effetti nei racconti non credo che le descrizioni siano poi così necessarie, no? Sarà per quello che preferisco scrivere romanzi... :) Però troppe descrizioni annoiano anche me, soprattutto quando non c'entrano niente con la storia o la rallentano.
EliminaAdoro le descrizioni minuziose, fin nei minimi particolari.
RispondiElimina"Con le forbici per le unghie fanno graffi nell’intelaiatura metallica del letto, disegnano sulla lacca con le loro matite colorate e con le penne a sfera lunghi pupazzetti indecenti. L’avvocato, dopo aver scosso la stanza col suo “salve”, ficca sempre il cappello di nailon sul pomo di sinistra, in fondo al letto. "
Ecco... questo incipit correi averlo scritto io (mi hanno preceduto, purtroppo). A parte questo io mi dilungo eccessivamente nelle descrizioni, forse sbaglio, però le amo. Come nelle donne amo il trucco, anche eccessivo.
Wow, un uomo che ama le donne truccate... non se ne trovano molti in giro :) E pochi sono anche quelli che amano le descrizioni minuziose. Secondo me tutto sta alla bravura dell'autore, sono in pochi quelli che ti fanno apprezzare questo genere di testo.
EliminaCuriosità: che incipit è?
Tamburo di latta di Günter Grass (premio Nobel per la letteratura nel 1999). E' un libro stupendo :-)
EliminaBella questa similitudine! Io mi trucco pochissimo ed infatti le mie descrizioni sono piuttosto brevi, quando ci sono... Eppure come lettrice adoro leggere lunghe e miminuzioso descrizioni.
RispondiEliminaCurioso che ti piaccia leggerle ma non scriverle! Io un tempo ero molto più stringata, adesso sto cominciando a dilungarmi, forse si passano varie fasi.
EliminaSono una contraddizione vivente! Il fatto è che quando scrivo ho il terrore di annioare il lettore per cui non mi dilungo.
EliminaA me piacciono, una volta ne abusavo quasi, ma per il romanzo che sto scrivendo sono riuscito a non usarne quasi per niente :D
RispondiEliminaMe lo ha fatto notare un'amica che ha letto la prima parte. In revisione dovrò fare un bel lavoro...
Secondo me, comunque, vanno dosate, ma soprattutto inserite quando davvero è necessario.
Quando si revisiona si ha sicuramente un occhio più obbiettivo per capire dove c'è bisogno di arricchire le descrizioni e dove è meglio lasciare tutto com'è. E qualche dettaglio d'effetto si può sempre aggiungere.
EliminaPrima non riuscivo a scrivere, a procedere se non mettevo a fuoco per bene tutto. Non sono (più) un patito delle descrizioni, ma se non riuscivo a conoscere bene un posto, o un personaggio, mi rifiutavo di andare avanti. Adesso sto cercando di cambiare modo di lavorare perché non credo che sia il migliore, anzi.
RispondiEliminaLa sobrietà di Raymond Carver è ciò che vorrei conseguire: vedremo!
Visualizzare prima un posto o una persona a me aiuta molto, anche se poi non tutto quello che "vedo" finisce sulla carta. La sobrietà ha il suo fascino, alla fine è una questione di stile, ognuno deve trovare quello che sente più consono. Però il tuo modo di lavorare aveva sicuramente dei vantaggi.
EliminaIo mi trucco pochissimo, invece a volte dovrei usare più make-up perché sono di un grigio cemento in faccia molto milanese...
RispondiEliminaPer quanto riguarda la scrittura, una volta impazzivo per le descrizioni lunghe e prolisse, con il tempo invece tendo a dosarle di più e a lasciare più spazio all'immaginazione del lettore, specie se riguardano le caratteristiche fisiche dei personaggi. Se invece ci vogliono alcuni dettagli "tecnici", come la tipologia di armatura, o ambientali, non esito a usarle ma senza esagerare.
Nel caso di elementi storici penso sia inevitabile usare molte descrizioni, c'è sicuramente bisogno di mostrarli al lettore.
EliminaQuanto alle descrizioni fisiche, io ho notato una cosa curiosa, i miei personaggi secondari li descrivo tutti, i protagonisti pochissimo, anzi a volte per niente. Chissà perché...
Sarà che sono un uomo, io sono per l'essenziale. Non amo l'eccesso descrittivo, reputo che debba essere funzionale alla narrazione quanto basta per creare una scena e un'atmosfera, per tratteggiare un personaggio senza fargli i raggi X. Gli scrittori ridondantemente descrittivi non mi sono mai piaciuti.
RispondiEliminaLa ridondanza la detesto anche io, le parole devono essere funzionali a tratteggiare ciò che il lettore non vede, quindi ben vengano quelle che assolvono a questo scopo. Per me è importante soprattutto ciò che tu chiami "creare un'atmosfera".
EliminaLa metafora con il make-up è perfetta.
RispondiEliminaPer me, il trucco dipende dall'ambiente: se vado in palestra, il trucco è minimal, quasi nullo; ad una riunione di lavoro è discreto; con un abito da sera, dev'essere chic. Mai eccessivo comunque.
Le descrizioni lunghe le ho sempre odiate, ancora dai tempi dei Promessi Sposi, con quel benedetto ramo del lago di Como lungo due pagine...Però ho adorato quella dell'avvocato Azzecca-garbugli!
Infatti la totale mancanza di descrizioni mi lascia perplessa, mi dà l'idea di uno scritto sterile, di un autore che non c'ha nemmeno provato. E sì, capisco le ragioni di Carver, ma una cosa è scrivere racconti ed una cosa scrivere romanzi. Il racconto è un flash, un'istantanea dove per forza si focalizzano poche cose, il romanzo è un percorso lungo ed ho bisogno di calarmici dentro totalmente.
Quindi, come il trucco dipende dall'ambiente, le descrizioni dipendono da cosa si sta scrivendo e cosa si vuole ottenere. Un fantasy senza descrizioni ambientali mi sembrerebbe alquanto arduo. Mentre al contrario una buona tecnica per immedesimare il lettore è dare descrizioni vaghe sull'aspetto dei personaggi principali, così (soprattutto se scritto in prima persona) ognuno vede se stesso. E' una cosa che ho notato nelle recenti letture.
Per quel che mi riguarda, su questo aspetto, seguo il consiglio di Chuck Palahniuk che sta in testa a questo sito. ;)
Verissimo, anche il tipo di romanzo conta molto. Il punto è proprio che le descrizioni vanno adattate alle circostanze, al contesto, come il trucco.
EliminaCome dicevo a Cristina, io ho sempre dato descrizioni piuttosto vaghe sui protagonisti (anche se non scrivo in prima persona), e quello che hai detto a proposito dell'identificazione mi rincuora molto :)
Con il trucco me la cavo benone, visto che non lo tocco da circa quarant'anni. ;) Con le descrizioni, sinceramente non lo so. Come dici tu, i gusti qui giocano un ruolo importante. Per me è importante dare al lettore abbastanza dettagli da fargli percepire la scena in modo vivo, ma quanti sono "abbastanza"? Io sono abbastanza sintetica, perciò cerco di inserire pochi dettagli significativi, ma ognuno ha una sua idea. Donna Tartt, per esempio, ne "Il cardellino", esprime tutte le descrizioni sotto forma di lista: "la strada era rumorosa, bambini dalle guance rosse che correvano, alberi addobbati a festa, mendicanti avvolti nei loro stracci, odore di ciambelle, tintinnio di campanelli". La frase è mia, ma lo stile è questo. Di solito i dettagli elencati sono tra i tre e i cinque. All'inizio della lettura lo trovavo piacevole, ma dopo un po' le descrizioni hanno iniziato a sembrarmi tante liste della spesa. Credo che per scriverle serva molto equilibrio, e anche una mano leggera, a meno che l'ambientazione sia il fulcro della scena.
RispondiEliminaMamma mia, penso che così sia parecchio stancante. Certe descrizioni tipo lista mi fanno pensare a una sorta di virtuosismo dello scrittore. Condivido in pieno il bisogno di equilibrio, anche qui come in molte altre questioni che riguardano la narrativa. Un equilibrio che forse si raggiunge solo con il tempo e l'esperienza.
EliminaMetafora azzeccatissima :D
RispondiEliminaGrazie Francesca :)
EliminaChiacchierando con Maria Teresa, è saltato fuori il “problema” delle descrizioni che ci vogliono, certamente, quando non si riesce a conciliare comunicazione e rappresentazione.
RispondiEliminaTanto per fare un esempio, uno scrittore comasco (deceduto nel 2003), conosciuto tanti anni fa, era solito dire che in un romanzo (non storiografico) di 300 pagine, 100 si devono dedicare alle descrizioni, ma le rimanenti 200 vanno obbligatoriamente ai dialoghi. Infatti, nel suo romanzo di maggior successo mantiene più o meno queste percentuali. Bisogna tener presente che le "espressioni" degli attori vengono conteggiate come se fossero dialoghi.
Per esempio: Giulio guardò negli occhi Sofia e sussurrando esclamò: «Sapessi come ti amo!»
Tutto ciò che non è compreso tra le "caporali" (o il trattino medio spaziato) è da considerarsi parte integrante dei dialoghi perché si riferisce alle espressioni comportamentali dei protagonisti.
“Giulio guardò negli occhi Sofia e sussurrando esclamò” : espressione dell'attore.
«Sapessi come ti amo!» : dialogo.
Quanto detto sopra è ovviamente da considerarsi come una specie di linea-guida per alcuni editori, i più attenti, applicabile solamente in un certo tipo di romanzo. Ovviamente, in libri storiografici i dialoghi sono inesistenti. Ci si affida soltanto alle descrizioni e alla narrazione selettiva.
Una brutta parola che rende l'idea potrebbe essere questa: "spalmabile". Dialoghi e descrizioni vanno "spalmate" lungo tutto il percorso narrativo.
Dove si può, facciamo descrivere l'ambiente dal personaggio principale o da quelli secondari. L'osservazione di ciò che ci circonda diamola in "comodato d'uso" agli attori. Ci divertiremo tantissimo, anche perché potremo sempre dire che non siamo stati noi a raccontare e descrivere quelle cose, ma Tizio e Caio. Quindi, noi non c'entriamo niente. Escamotage di bassa lega! Va beh!
I dialoghi sono la parte più difficile da gestire. Devono essere realistici, naturali. A volte, in alcuni romanzi ci imbattiamo in dialoghi improbabili, poco genuini e molto artefatti, innaturali. È molto arduo "far parlare" i personaggi. Molto. E non sempre viene dato il giusto risalto, anche da editor che si autodefiniscono tali. Perché poi andiamo a leggere cose come queste:
“Lucio si alzò dal divano, svegliato dalla televisione a tutto volume. Guardò la moglie che era molto triste perché la sera prima il gatto morì, e sonnecchiando disse: «Gianna, dove hai messo l'ombrello? Credo che fuori stia piovendo, devo uscire, per fare una commissione, ma posso farne a meno, se serve a te.» Lucio uscì di casa con il vecchio impermeabile.”
Eh? A parte la concordanza dei tempi errata, che sta dicendo questo tizio?
Si è appena alzato. Probabilmente si era addormentato sul divano. La Tv lo ha svegliato, però si è accorto che piove. Alla faccia delle troppe virgole, alla fine è conciliante verso la moglie, dato che il gatto è morto. E in famiglia dispongono soltanto di un ombrello. Appare chiaro dalla frase. Oppure la moglie lo tiene nascosto tra le mani per darglielo sulla testa, visto come scrive.
(continua sotto)
(continua da sopra)
RispondiEliminaDescrizione:
Lucio si sveglia all'improvviso, infastidito dal volume troppo alto del televisore. Si alza dal divano sbadigliando e, avvicinandosi alla finestra, si accorge che sta piovendo (la parola “fuori” andrebbe omessa. Ovvio che piova fuori e non in casa). Si volta verso la moglie e le domanda dove abbia messo l'ombrello, poiché si è ricordato di dover fare alcune commissioni (anche in questo caso è ovvio che le commissioni si facciano “fuori” casa, pertanto è superfluo scrivere “devo uscire”). Si accorge che Gianna è ancora triste per la morte del gattino e, disponendo di un solo ombrello, Lucio pensa di poterne fare a meno nel caso possa servire a Gianna ed esce con il vecchio impermeabile sgualcito.
Dialogo con descrizione:
Lucio si svegliò all'improvviso, infastidito dal volume troppo alto del televisore. Si alzò dal divano sbadigliando e, avvicinandosi alla finestra, si accorse che stava piovendo. Si volse verso la moglie. «Gianna, dove hai messo l'ombrello? M'è venuto in mente che debbo fare alcune commissioni urgenti.» Si accorse che sua moglie era ancora triste per la morte del gattino e, disponendo di un solo ombrello, Lucio pensò di poterne fare a meno. «Mi metto il vecchio impermeabile, cara, ti lascio l'ombrello nel caso anche tu dovessi uscire.»
Io mi affido spesso e volentieri ai dialoghi. Più ai dialoghi che al resto. La vita stessa è fatta di comunicazione, quindi di dialoghi tra persone, non viviamo nel paese dei muti. A volte lascio le descrizioni dell'ambiente addirittura ai personaggi, che le vivono come sensazioni. Altre volte non si può. E allora mi soffermo un po' di più, se devo far "rivivere" nella mente del lettore ciò che circonda la storia, ma non per etichettare l'attore alla stregua di una guida turistica. Infine, bisogna fare molta attenzione con le descrizioni. Si rischia di essere prolissi.