Il premio Italo Calvino: più ombre che luci


L'intervista che vi presento oggi è un po' particolare. Si tratta della testimonianza di una persona che ha partecipato quest'anno al Premio Italo Calvino, che come forse saprete è un concorso tra i più prestigiosi riservati agli scrittori esordienti. Per ragioni di privacy l'intervistato ha scelto di restare anonimo (qui lo chiamerò Michele), ma ha voluto far conoscere la sua esperienza, che in qualche modo getta un'ombra per niente lusinghiera su questo famoso concorso.

Il nostro testimone ha presentato un'opera mai pubblicata con un editore tradizionale, come stabilisce il regolamento. Un comitato di lettura composto da nomi celebri, pubblicati sul sito del Premio, legge le opere proposte. Il passaggio successivo prevede la selezione dei finalisti, premiati nel corso di una cerimonia, e dei segnalati, cioè coloro che vengono menzionati per opere degne di nota. Perlomeno secondo quanto asserito nel sito, sia i finalisti che i segnalati hanno ottime possibilità di ricevere una proposta di pubblicazione da case editrici. A tutti i partecipanti viene inviata una scheda di valutazione dell’opera, indipendentemente dal loro piazzamento.

Michele ha quindi atteso i risultati del concorso, annunciati sul sito del Premio nel mese di giugno con qualche ritardo rispetto ai tempi. Ha quindi appreso di non essere entrato a far parte della rosa dei finalisti, e nemmeno di quella dei segnalati. Non è stata quella, tuttavia, la causa del suo stupore. Nel mese di luglio ha ricevuto, infatti, la scheda di valutazione dove venivano usati toni ben lontani dall'obbiettività che ci si potrebbe aspettare in un concorso di un tale livello.

Prima di tutto l'opera veniva giudicata (come poi si spiegherà anche nell'intervista) sulla base non tanto del testo vero e proprio ma di una nota finale aggiunta dall'autore stesso per spiegare com'era nata la storia. Inoltre, si faceva riferimento più volte e in modo denigratorio ad alcuni elementi di carattere spirituale presenti nella storia, con un giudizio del tutto parziale. Per farvi un'idea, immaginate per esempio di essere atei convinti e che il romanzo citi l'immortalità dell'anima: valutereste la storia con toni sarcastici perché non condividete questa ipotesi? O, viceversa, immaginate di essere credenti e di ricevere l’opera di un agnostico e, indipendentemente dal contenuto, di rigettarla sulla base delle vostre convinzioni. Personalmente trovo che sia davvero poco serio avanzare delle critiche di questo genere al contenuto di un romanzo e, peggio ancora, usare il sarcasmo.

Ho avuto modo di leggere anche io questa scheda, ma per ragioni di privacy non è possibile pubblicarla. So di persone che inviano ogni anno il loro manoscritto a questo concorso, non solo con la speranza di vedere il loro nome tra i finalisti, ma di ricevere questa famosa scheda di valutazione, in modo da capire quanto valga quello che hanno scritto. Ma a questo punto dubito che valga la pena di partecipare, vista la totale mancanza di una critica oggettiva.

Infine, non che questo conti, ma ho letto anche io il romanzo che concorreva e posso assicurarvi che meritava come minimo di risultare tra i finalisti.

Ma ora bando alle mie chiacchiere, vi lascio all'intervista con Michele.

Statua dell'Arcangelo Michele
1) Come introduzione, vuoi raccontarci brevemente qualcosa del tuo percorso letterario? Prima di arrivare al Calvino, avevi già pubblicato o partecipato a concorsi?

Ti ringrazio per questa prima domanda. Il mio percorso letterario si svolge ormai da parecchio tempo, in quanto ho sempre scritto fin dalla mia prima gioventù. Dal che si capisce che non sono un autore… in erba. Inoltre, sì, avevo già partecipato a concorsi con alterne fortune, conseguendo vincite oppure ottimi piazzamenti. Considero lo strumento del concorso come una strada valida quanto un’altra per mettersi in gioco. Soprattutto non ho mai sindacato il giudizio espresso dalle varie giurie, anche se non è stato a me favorevole o si è risolto in un nulla di fatto. Ho anche considerato del massimo interesse la lettura di una scheda critica ben costruita, perché mi ha permesso di crescere sia come scrittore sia come essere umano.

Per inciso posso raccontare anche di aver partecipato a un concorso letterario di provincia, in qualità di membro della giuria. Per una volta ho potuto quindi trovarmi dall’altro lato della barricata e cominciare a capire i meccanismi che regolano i concorsi.

2) Che tipo di aspettative avevi riguardo alla partecipazione a questo concorso?

Piuttosto alte, non lo nascondo. I motivi che mi hanno convinto a partecipare erano essenzialmente due: il concorso è noto e assicura visibilità presso le case editrici e un’amica scrittrice, che aveva letto il romanzo, aveva insistito affinché lo inviassi. Altre persone hanno caldeggiato la mia partecipazione. Speravo non tanto in una vincita, quanto in un ingresso nella rosa dei segnalati, e contavo quantomeno in una scheda critica bene argomentata sul mio lavoro, sia al positivo che al negativo.

3) Vuoi dirci di più sull'opera che ha partecipato al concorso? Si trattava di un inedito? Quali motivi ti hanno indotto a proporre questo romanzo?

Per partecipare al Premio Italo Calvino occorre essere esordienti assoluti, cioè non avere mai pubblicato con casa editrice. Sono ammesse però opere autopubblicate, e la mia ne fa parte. Anche l'autopubblicazione può essere un buon banco di prova perché ti permette di uscire dalla cerchia protettiva di parenti e amici e cominciare a mettersi in discussione su un territorio un po' più vasto. Ti permette anche di capire i tuoi errori per pubblicare nuove edizioni più corrette.

Proprio sulla base di riscontri, per la maggior parte positivi, tra cui quelli menzionati, ho scelto questo romanzo particolare perché mi sembrava potesse essere gradito sia in termini di contenuti che di lunghezza. Si tratta infatti di un romanzo insieme avventuroso ed esoterico di circa 270 pagine.

4) La partecipazione al concorso comporta una quota di iscrizione. Come viene calcolata?

La partecipazione non è stata a buon mercato. Ci sono due modalità di invio del manoscritto: per testi inferiori alle seicentomila battute (spazi inclusi) come il mio, la quota di iscrizione è di 80 euro. Se si desidera avvalersi del servizio di stampa delle copie cartacee, vale a dire della modalità di caricamento del file nel sito del Premio, per lo stesso numero di battute c’è una maggiorazione di 18 euro. Ho quindi pagato in totale 98 euro.

Per testi superiori alle seicentomila battute (spazi inclusi) la quota di iscrizione è di 120 euro + euro 18 per il servizio di stampa. Il totale ammonta quindi a 138 euro.

5) La partecipazione al concorso prevede una valutazione sotto forma di "scheda", nella quale viene analizzato e giudicato il testo sulla base di criteri idealmente oggettivi. Vuoi parlarci della scheda di lettura da te ricevuta, relativa al tuo romanzo?

Data la levatura del premio e il notevole esborso per parteciparvi, mi aspettavo di ricevere certamente una scheda più ricca. La scheda, purtroppo non pubblicabile come dicevi poc’anzi, si compone di trentasei righe, in otto delle quali sono ripresi passaggi dal mio romanzo. Abbiamo quindi un totale di ventotto righe di puro commento sul contenuto, da parte del cosiddetto Comitato di Lettura.

Al di là, però, del numero delle righe (dove si può dire tanto in poco spazio), quello che mi ha lasciato di stucco è stato il contenuto della scheda. In tono sarcastico, infatti, il primo paragrafo irride la genesi dell’opera. Ho commesso io, forse, l’ingenuità di mandare il romanzo allegando anche le note dell’autore dove spiegavo la mia teoria sulla sua nascita, ma certamente non mi aspettavo un giudizio a partire da una postfazione. Togliendo quindi altre sette righe di questo tenore, ne abbiamo altre ventuno sul contenuto. Qui il giudizio, invece, si fa positivo e lusinghiero in massima parte, sia come trama che come stile, ma come se fosse espresso di malavoglia e a denti stretti (non solo a mio parere ma anche di altri che hanno letto la scheda).

Nell’ultimo paragrafo si dice inoltre che il romanzo è “un po’ lungo”, ma non si capisce sulla base di che cosa, dato che non si precisano i punti in cui si sarebbe allungato inutilmente. Insomma, una scheda critica molto povera e insoddisfacente – e anche ai limiti dell’offensivo nel primo paragrafo.

6) Dopo questa tua esperienza, parteciperai ancora a concorsi?


Questa vicenda mi ha lasciato davvero l’amaro in bocca. Al momento, mi ha tolto la voglia di partecipare a concorsi, celebri o meno che siano. Con il tempo può darsi che cambi idea, ma al momento non ho più intenzione di battere questa strada, perché se l’atteggiamento “politico” è questo, significa che il giudizio su un’opera non potrà mai essere del tutto imparziale.


Ringrazio Michele per aver condiviso questa vicenda, con l'augurio che il suo romanzo trovi altre strade per il successo.
Se volete rivolgergli qualche domanda per approfondire quanto ci ha raccontato, potete farlo qui e vi risponderà nei limiti del possibile. Oppure potete scrivere a me e gli girerò in privato il messaggio.

Commenti

  1. Sembra di esser tornati alle superiori, quando la professoressa di Lettere valutava i temi in base alle proprie idee politiche ed a quelle dei genitori dell'alunno.
    Che dire...Già trovare una casa editrice è un terno al lotto, se poi anche i concorsi, con la giuria composta da scrittori (che quindi dovrebbero conoscere le difficoltà), ci si ritrova in questi pantani...rimane davvero l'autopubblicazione.

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    1. Buongiorno Barbara,
      grazie per il gentile commento. In effetti ricevere una scheda di questo tenore mi ha riportato alla memoria i temi corretti dal mio professore d’italiano alle superiori (sinistrorso o destrorso non ha importanza), in cui mi dava un sei tirato per i capelli e “nonostante tutto”. A prescindere dal campo di applicazione, trovo un atteggiamento del genere estremamente scorretto da ogni punto di vista. Almeno con l’autopubblicazione si ha il pieno controllo del processo editoriale e non si corre il rischio di ricevere un giudizio sul proprio lavoro inutile e oltretutto pagato a caro prezzo.
      Michele

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  2. Io ho partecipato al Calvino con una raccolta di racconti qualche anno fa. La scheda che mi è stata fornita era stringata ma tutto sommato accettabile, anche nelle critiche che esprimeva. Certo, a fronte del costo per la partecipazione, mi sarei aspettata almeno qualche considerazione che mi fosse utile a migliorare, invece si sono mantenuti sul generico. Ho visto che non rientravo nella rosa dei finalisti, e nessuno mi ha contattata. Poi - sorpresa! - Google Alerts mi avvisa che il mio nome è finito sul sito... dei segnalati al concorso, con tanto di pubblicazione di uno dei racconti. Fantastico, no? Ho scritto loro una mail in cui mi dicevo stupita di non essere stata avvisata, e pensi che mi abbiano risposto? In seguito non ho più potuto partecipare perché intanto era stato pubblicato il manuale, ma non lo avrei fatto comunque. Non dico che sia una truffa, ma di sicuro è meglio usare altrimenti soldi ed energie.

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    1. Buongiorno Grazia,
      grazie per il suo preciso contributo. Anche i particolari nella gestione di un premio letterario la dicono lunga sull'insieme. Io avevo ricevuto a suo tempo una mail in cui mi si confermava, bontà loro, della ricezione del bonifico, e da quel momento in poi si invitava a non tempestare la segreteria per sollecitare il responso finale (?). Ho quindi dovuto consultare costantemente il sito del premio, apprendendo così i risultati, annunciati in due momenti diversi. Sarebbe bastato, invece, inviare una mail a tutti i partecipanti comunicando il nome di finalisti e segnalati al momento opportuno. Sullo stesso sito era specificato che ci sarebbero stati ritardi anche nella consegna delle schede di valutazione, e che, se non le avessimo ricevute entro una certa data, avremmo dovuto provvedere a farne noi richiesta alla segreteria del premio. Alla fine, ho ricevuto l’impareggiabile scheda di cui abbiamo parlato, diffusamente per quanto possibile, nell’intervista.
      Michele

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    2. Pensavo che il mondo dell'editoria (e dei concorsi) non potesse più stupirmi, invece...

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    3. Buongiorno Giordana, grazie per la sua osservazione. Le rivelerò in questa sede che lavoro in ambito editoriale ormai da molti anni, ed è la prima volta che mi confronto con un atteggiamento così retrivo. Mi sarebbe bastata una scheda neutra o anche negativa (purché argomentata), ma evidentemente qualcosa ha punto sul vivo.
      Michele

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    4. Ancora di più di tutta la vicenda di Michele, mi stupisce l'avventura di Grazia. E' possibile che qualcuno si arroghi il diritto di pubblicare un racconto senza chiedere il permesso? La cosa mi sembra molto grave. Come si può regolare adesso Grazia se volesse pubblicare (ri-pubblicare) il racconto insieme ad altri?
      Come si possono evitare questi 'furti' mandando il proprio lavoro a concorsi o a case editrici?
      Paola

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    5. Ciao Paola, scusa ma il tuo commento mi era sfuggito. Credo anche io che queste situazioni non dovrebbero verificarsi o perlomeno che ci sia sempre chiarezza sulle norme di partecipazione ai concorsi. Da parte nostra è importante stare all'erta!

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  3. Proprio una brutta esperienza! Io non ho mai partecipato al Calvino, ma un mio amico è stato finalista, ha pubblicato e ha ottenuto delle buone recensioni su quotidiani nazionali. Da come me ne parlate mi sembra che ci sia scarsa attenzione agli autori, sia segnalati che semplici partecipanti.
    Non so, io devo molto ai concorsi del circuito Mondadori, dove mi sono sempre trovata bene. Però, anche nel caso dei concorsi per romanzi, non rilasciano alcuna scheda e, leggendovi, inizio a pensare che sia meglio così (oltre tutto sono per lo più gratuiti o si deve allegare il tagliando che si trova in calce ad alcune pubblicazioni come il Giallo Mondadori, del prezzo inferiore ai 5€)
    Tenar

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    1. Buongiorno Tenar,
      per fortuna non tutte le esperienze sono come quella che ho vissuto io, e le sue parole mi confermano che esistono ancora premi seri in circolazione e per cui vale la pena partecipare. Ha ragione, c'è stata molta incuria nei confronti degli autori, ed è un vero peccato che la scheda non sia pubblicabile così com’è. Le persone della mia cerchia che, a vario titolo, bazzicano da molti anni il mondo letterario, sono rimaste di stucco oppure si sono proprio indignate. Non so se sia il risultato della composizione dei diversi pareri dei giurati, come fosse un patchwork, o le parole di uno solo, ma posso assicurare che l’attacco è estremamente aggressivo e sarcastico. Anche tagliando il primo paragrafo, però, la scheda è a malapena accettabile in quanto il sarcasmo iniziale si trasforma in un’ironia che corre, palpabile, sottotraccia. La definirei inoltre poco professionale, di qualcuno che non ha mai redatto una valutazione critica puntuale.
      Michele

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  4. Mi dispiace molto per la pessima esperienza capitata a Michele, non avrei voluto trovarmi nei suoi panni! Anch’io mi sarei aspettata da un concorso di questo calibro una “signora scheda critica”, invece a quanto pare non solo si sono dimostrati arroganti e miopi ma anche di scarsa utilità nel loro giudizio (profumatamente remunerato a priori, peraltro).

    Tanto per fare un esempio, è come se uno storcesse il naso davanti a "I Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni, ritenendo ridicola e fuori luogo la sua visione religiosa della vita, o deridendo la fede espressa da Mario Luzi nelle sue poesie, e buttando di conseguenza alle ortiche anche il contenuto!

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    1. Buongiorno Cristina,
      grazie infinite per il suo commento. Le parole del secondo paragrafo inquadrano esattamente il problema. Certamente non posso reggere il paragone con un Manzoni o un Luzi, ma il punto è quello: evidentemente c’è stato qualcosa, nelle note dell’autore, che ha disturbato i membri della giuria, come se si fossero sentiti toccati sul vivo. Come a dire: “l’autore farnetica, quindi soprassediamo sul resto”. Tuttavia sono convinto che anche il contenuto sia stato molesto a prescindere. L’altra questione su cui vorrei tornare è il commento in cui si dice che è il romanzo “un po’ lungo”. Allora, classificando le opere sul numero di pagine, dovremmo buttar via romanzi come “Guerra e Pace” o “Anna Karenina”? Che dire allora de “Il Signore degli Anelli”? O dei romanzi di alcuni autori contemporanei, come Falcones o Ken Follett? Un commento del genere non ha senso.
      Michele

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  5. Non è la prima volta che sento (leggo) parlar male delle schede di valutazione del Calvino. Non ho mai pensato di partecipare, farlo poi per ricevere semplicemente una scheda di valutazione simile a mille altre - perché ricevono e leggono troppi romanzi per essere obbiettivi con la singola opera, ne avrei le scatole piene anch'io se dovessi leggere centinaia di libri di esordienti e per ciascuno stilare una scheda - non ne vale proprio la pena. Se si partecipa solo per questo, come fanno alcuni, non ha granché senso. Invece se si ha in mano un buon libro allora forse si può tentare la fortuna - in genere io giudico tutti sempre in buona fede, quindi non accennerò neanche lontanamente alla possibilità di brogli politici - e, nel caso di esserlo, fortunati, aspettarsi sicuramente dei grandi vantaggi lato editoria.

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    1. Buongiorno Salvatore,
      grazie delle sue osservazioni. Ho solo un paio di puntualizzazioni da fare: il Premio Italo Calvino non è una casa editrice che si vede inondare la redazione da centinaia di manoscritti (non richiesti) di speranzosi esordienti, per cui poi si trova costretta a redigere schede critiche tutte uguali. Si tratta di un Premio blasonato e che richiede una cospicua tariffa per parteciparvi. Solo per quest’ultimo motivo dovrebbe quantomeno produrre schede critiche di ben altro spessore. La seconda puntualizzazione riguarda la scheda critica, che dimostra di come il cosiddetto Comitato di Lettura abbia letto – eccome – il romanzo. Non la definirei uguale a molte altre, semmai è vero il contrario. C’è della genericità solo in alcuni passaggi, specie quando si menziona il fatto che è “un po’ lungo” come ricordavo alla commentatrice precedente. La verità è che il romanzo viene chiaramente rigettato sulla base della tematica spirituale su cui si impernia.
      Per quanto riguarda, invece, schede critiche davvero ben fatte, l’amica menzionata nell’intervista mi aveva fatto poi leggere la valutazione di un suo lavoro, scritta da Il Quadrotto, un service editoriale di Roma. In essa c’era un’analisi complessiva eccellente e che evidenziava i punti solidi nel lavoro. Essa si concludeva con l’unico punto davvero critico nel romanzo, per risolvere il quale si offriva utilmente anche una soluzione.
      Michele

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  6. 270 pagine è un romanzo un po' lungo? Ma dove li prendono questi del comitato di lettura? :)

    Il concorso mi sembra molto esoso, non spenderei mai tutti quei soldi. Comunque non è stata una valutazione professionale. Io sono ateo e ritengo Gargantua e Pantagruele un romanzo superbo e il fatto che quasi in ogni frase ci sia un riferimento a Dio non mi crea alcun problema (Rabelais era un monaco e non poteva essere diversamente). Quando si giudica un'opera letteraria, vanno messe da parte le proprie ideologie.

    Non capisco, inoltre, cosa c'entri la nota dell'autore. Che problemi può mai dare? A me piace leggerle e anche scriverle, completano il romanzo, secondo me.

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    1. Grazie per il commento, Daniele. Il suo giudizio esprime quello che anch’io ho pensato: se 270 pagine scritte in corpo 12 sono valutate come romanzo “un po’ lungo”, bisognerebbe buttare a mare gran parte della lettura del passato e presente, Proust in testa. In letteratura non ci sono romanzi lunghi o brevi, ogni romanzo richiede un certo numero di pagine per essere ben sviluppato. Credo che oggi vadano di moda, invece, opere della serie usa-e-getta, massimo di cento pagine, consumabili come uno snack al bar, che non affaticano e non lasciano tracce nella memoria.

      Sono anche d’accordo sull’osservazione a proposito della presenza o meno di riferimenti religiosi nella storia. Come a dire che, leggendo “Il nome della rosa”, potrei sentirmi infastidito in quanto i protagonisti sono monaci benedettini che passano gran parte del tempo in chiesa a cantare le lodi a Dio oppure a pregare il Signore? (o ad ammazzare i confratelli, ma quella è un’altra questione…)

      Anche a me le note dell’autore piacciono, di solito le leggo volentieri per capire meglio il pensiero di chi ha scritto l’opera. Siccome, poi, non c’era nulla da nascondere, le avevo inviate senza pormi problemi. Ma a quanto pare non ero io ad averne, di problemi.
      Michele

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  7. Che tristezza! Adesso c'è il concorso Neri Pozza, pubblicazione e 25 mila euro il premio. Ingolosisce parecchio direi.

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  8. La mia amica aveva intenzione di partecipare, infatti, ma dopo quanto mi è successo ha deciso di soprassedere. C'è una quota di iscrizione da pagare, immagino. Non che io abbia l'intenzione di ripetere l'esperienza...
    Michele

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  9. La verità è nuda e cruda. Il romanzo ha dato fastidio alla giuria perché tratta la spiritualità che è la tematica portante del romanzo. A malincuore hanno riconosciuto le doti dello scrittore. E E non gli sono sfuggite. La rabbia è che ancora oggi, il calendario dice anno 2014, si giudichi un lavoro in base al credo religioso-politico personale che invece deve essere messo da parte. Perché così è stato. Diversamente ci sarebbe stata una menzione fra i meritevoli ovvero degni di nota. Io posso non condividere quello che scrivi ma posso dire che lo sai fare egregiamente e hai talento. E aprire un finestra per farti conoscere agli altri. Mi chiedo a cosa realmente servano questi concorsi. Non so. Mi piacerebbe fare un sondaggio e vedere cosa ne esce.

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    1. Ciao, ti do del tu perché ti conosco di persona e so che hai letto il romanzo e la scheda critica. Per questo motivo ti ho invitato a commentare sul sito di Anima di Carta. Ti ringrazio quindi della tua osservazione. Come te, il mio senso di allarme nasce per l’appunto dal fatto che si giudichi un’opera sulla base della tematica, e non di altri aspetti tecnico-letterari – gli unici in questa sede a dover essere presi in considerazione. Ogni autore ha uno “sguardo” sul mondo differente ed è bello vedere come la realtà circostante cambi a seconda dello stesso, esattamente come un artista può dipingere lo stesso soggetto in maniera antitetica o incredibilmente diversa. La bellezza della letteratura è proprio che è trasversale e raggiunge tutte le culture, avvicinandole, per cui si può leggere le considerazioni di Erri De Luca sugli eventi biblici riconoscendo il suo valore di studioso pur sapendo che non è credente, o le opere di Murakami Haruki con grande ammirazione, affascinati dalla sua ottica surreale, per cui il mondo diviene irriconoscibile, e dalla sua abilità stilistica. Viceversa, valutare un lavoro sulla base considerazioni politiche o religiose, come fosse fatto da una consorteria intellettuale, porterà sempre ad un appiattimento nel giudizio… e chi si adegua a questo diktat produrrà opere omologate e tutte uguali.
      Michele

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  10. Che tristezza sì, e non solo! Esordire con una nota sarcastica mi pare oltremodo arrogante da parte della giuria. Tra l'altro, se ho ben capito, il commento negativo non si riferiva all'opera ma alla postfazione dell'autore, che non credo possa essere oggetto di analisi critica da parte di un comitato di lettura. Se proprio ritenevano necessario quel commento, avrebbero dovuto metterlo in fondo alla scheda. La scelta di metterlo in apertura evidenzia "malafede" e volontà di svalutare il giudizio lusinghiero sui contenuti e sullo stile narrativo, che loro malgrado hanno dovuto esprimere. 98 euro per ricevere una critica, oltretutto denigratoria, sul proprio credo personale invece che sulla propria opera mi sembrano una vera indecenza! Per non parlare dell'inopportuna e ridicola considerazione riguardo alla lunghezza del romanzo: si sono proprio arrampicati sugli specchi, non trovando nel manoscritto niente di negativo da evidenziare. Questa esperienza non è di incoraggiamento per nessuno, tuttavia esorterei Michele a non desistere e a partecipare a concorsi meno costosi o gratuiti. Quello indetto da Neri Pozza non prevede quota di iscrizione.

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    1. Grazie, Stella, per il tuo gentile commento. Anche a te do del tu perché ci conosciamo ormai da molto tempo, e so che hai parlato con cognizione di causa avendo letto sia il romanzo che la scheda critica. A questo punto il mio auspicio è che i signori del Premio si facciano vivi e che diano il consenso affinché si possa pubblicare in chiaro la scheda critica e rivelare il titolo del romanzo e dell’autore, il che dimostrerebbe quantomeno il coraggio delle loro azioni. In fondo, non c’è niente di segreto: la scheda non contiene dettagli di transazioni bancarie o dossier di Stato criptati, ed è del tutto self-explanatory, come dicono gli anglosassoni. Per quanto mi riguarda, non ho niente da nascondere e l’adozione di uno pseudonimo è stata solamente dettata dal vincolo di segretezza di cui sopra. Ti ringrazio per le informazioni sul concorso indetto da Neri Pozza!
      Michele

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  11. Mi dispiace veramente molto per la bruttissima esperienza di Michele. Qualsiasi autore, decidendo di partecipare ad un concorso letterario di buon livello, dimostra sempre e inequivocabilmente piena fiducia nella giuria immaginando di poter contare, ancora prima che sul risultato (premio o segnalazione che sia), su un giudizio, competente, serio e imparziale, utile a mettere a segno eventuali ottimizzazioni del flusso narrativo, della forma, dello stile. Quindi, una simile risposta non può che lasciare l’amaro in bocca a chiunque. Tuttavia, mi sento di suggerire a Michele di continuare a credere nel proprio lavoro, così come nelle proprie idee e di partecipare ad altri concorsi, magari meno costosi, ma ugualmente prestigiosi.

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    1. Buonasera, Daniela. Grazie delle sue osservazioni e del suo tempo. Il Premio Italo Calvino è rinomato e quindi, come ben dice, mi ero fidato ampiamente, cosa che non faccio con tutti i premi. Spesso non sono altro che specchietti per le allodole e fanno leva sulla vanità dei partecipanti. Seguirò senz'altro il suo consiglio e batterò altre strade.
      Michele

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  12. Ringrazio tutti per gli interventi e Michele per aver accettato di condividere questa spiacevole esperienza.
    La mia impressione (molto soggettiva) è che quanto è stato scritto nella scheda di lettura fosse una sorta di pretesto per non inserire il romanzo tra quelli più meritevoli, visto che non sono state fatte altre critiche all'infuori di quella sui contenuti spirituali.
    Ormai è andata così, possiamo solo sperare che non tutti i concorsi siano così parziali, anche se la voglia di partecipare viene inevitabilmente meno.
    La mia esperienza sui concorsi è scarsa, partecipai circa 20 anni fa a un piccolo concorso per venire poi a sapere che dietro c'era un editore a pagamento (a quell'epoca non si sapeva molto su di loro). Poi ho partecipato un paio di anni fa a uno di quelli di cui parla Tenar, è vero che non si spendono molti soldi (relativamente, visto che le spese di spedizione non sono state affatto insignificanti). Ed è anche vero che non mi aspettavo nulla, era più un esperimento. Ma due righe sul romanzo sarebbero state apprezzate, perlomeno avrei saputo che era stato letto.

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  13. Tutto è stato detto nei commenti precedenti e non mi resta che unirmi all'indignazione generale. So che è inutile nascondersi dietro al dito della speranza che la politica non ammorbi ormai tutti i campi (soprattutto e in special modo dove dovrebbe essere totalmente assente), ma i toni sarcastici dovrebbero almeno rimanere dietro al velo della decenza e del corretto relazionamento imposto dalla funzione (ossia: nemmeno capaci far finta di essere obiettivi).
    Detto questo, la mia impressione è una sola: pure il premio Italo Calvino è una sóla.

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    1. Buongiorno, Isabel, grazie di aver aderito al mio invito di stamattina via FB, aver letto l'intervista e averci dato la sua impressione. Ho gradito in modo particolare il suo gioco di parole: sola - sòla. Vorrei aggiungere che sono un lettore fisso del bel sito di Storia da lei gestito, anche se non sempre commento.
      Michele

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  14. Ho partecipato anche io al Calvino per due anni di seguito e posso dire che la scheda di valutazione fa ridere. È del tutto generica e non entra mai nel merito del testo. Non ti dicono per esempio che questa cosa va male per questo motivo. Troppo stringata per un prezzo così elevato, perchè mettete i costi di stampa di 2 volumi e le spese di spedizione... Meglio spendere in una buona associazione che ti fa editing, tanto l'editoria è a un passo dal baratro

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    1. Buongiorno, grazie del suo contributo. Mi dispiace solamente che le schede di valutazione non siano pubblicabili liberamente. Non si capisce perché, non essendo nemmeno firmate se non con un generico "Comitato di Lettura" e non contenendo dati sensibili. Mi viene da pensare che si siano voluti mettere al riparo.
      Michele

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  15. C'è poco da fare, quando si invia il proprio manoscritto e non si sa chi "davvero" (oserei dire -di pirsona pirsonalmente-) lo leggerà, ci si affida all'imponderabile! Ma non dovrebbe essere così, ovviamente! Esistono criteri "oggettivi" di lettura che sia un insegnante sia un lettore professionista dovrebbe rispettare. C'è anche, certo, il gusto personale, ma questo non impedisce di riconoscere la validità di un'opera. Buttiamo a mare Ezra Pound per le sue abominevoli opinioni politiche? O non leggiamo più Dante perché le sue meditazioni astronomiche sono viziate dal geocentrismo? Una scheda di valutazione non è la ghiotta occasione di prendersi gioco di qualcuno. Perciò sono indignata! Perciò perdo fiducia! Capita di tutto, ormai, nel mondo editoriale o in quello dei (ricchi) Premi (e cotillons): a me è capitato di veder sparire in un pouf una CE che aveva indetto un concorso o, come penso sia capitato ad altri, di vedermi premiata con una pubblicazione antologica a patto che ne comprassi un buon numero di copie, e così via... Ma poiché già tanti amari commenti sono stati pubblicati prima del mio, voglio qui rendere merito alle persone serie che operano nel campo dell'editoria: cito IL QUADROTTO che gratis et amore dei ha compilato un'ottima scheda critica del mio romanzo dicendosi disposta a fornire ulteriori servizi ma senza obbligo alcuno, e cito la CE Einaudi che ha rifiutato un altro mio romanzo inviandomi una lettera cortese e ricca di commenti motivati. Insomma, caro Michele, non abbatterti, la selva è piena di lupi e di Cappuccetti Rossi. Speriamo di finire nella pancia giusta della nonna "giusta". E riguardo agli altri... CHE PESTE LI COLGA! Prosit!

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    1. Einaudi che risponde a un rifiuto? Mi è nuova questa. Davvero. :) Fortunatissimissima.
      Oggi se ci si investe in un buon editor, invece di regalare soldi a concorsoni e concorsini, e ci si sa muovere non serve un editore, non è facile diventare editore, ma bisogna farlo perché purtroppo anche la qualità del pubblicato spesso è abbastanza bassa. E allora non è che abbia molto senso parlare di oggettività e di non pubblicabilità in assoluto, ma è pur vero che bisogna sapersi fare valutare ed evitare di mettere in circolazione qualsiasi cosa si scriva (anche se alcuni editori per alcuni autori così fanno, va di moda il nome dell'autore, non l'opera che ha pubblicato).
      A me, in un altro concorso, si son fatti pagare 20 euro per le spese di gestione del concorso e poi sono spariti. Il concorso non ha mai dato alcun esito e non c'è nemmeno stata la comunincazione sul sito dell'«editore», quindi oramai nulla mi fa più impressione.

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    2. A questo punto non posso che ringraziare Nadia dell'arguto commento e unirmi al suo PROSIT di vero cuore! Aggiungerei al brindisi anche l'aria del Rigoletto "Cortigiani, vil razza dannata..."
      Michele

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  16. Beh, Calvino scriveva lunghe lettere al povero Svevo in risposta alle sue richieste di pubblicazioni, dicendogli in pratica che non sarebbe mai andato da nessuna parte. Quindi prendiamo i giudizi "calviniani" per quel che sono e voltiamo concorso. ;)

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  17. Anche io ho partecipato al concorso Italo Calvino! Che dire? La mia scheda di valutazione è addirittura arrivata tre mesi dopo la proclamazione del vincitore.... Ti lamenti per il tono sarcastico? A me, fra le righe, hanno dato addirittura dato della "copiona" paragonandomi a un romanzo che neppure sapevo esistesse (e comunque, da quanto ho capito, di un genere del tutto diverso). Quello, però, era più bello del mio! Nella mia opera pare infatti mancasse una profonda indagine introspettiva dei personaggi. 'Vorrei specificare di aver scritto un romanzetto comico, con l'unico scopo di divertire il lettore. Sottolineo che avrei accettato, e con piacere, una critica costruttiva, finalizzata a ricevere un buon consiglio e a migliorarmi. L'impressione che ne ho ricavato è invece di un "critico" incattivito, stanco di valutare centinaia di opere. "Astioso", direi anzi, l'aggettivo più appropriato. Premetto che in altri concorsi alcuni miei racconti sono stati poi graditi e scelti per la pubblicazione in antologie (e questo senza spendere un soldo!). Avevo considerato gli 80 euro spesi un investimento a prescindere, attendendo con ansia il giudizio, invece... Altro che! Da parte mia lo sconsiglio a tutti, poi fate voi. Ciao, ciao!

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    1. Ciao, ti ringrazio molto per la tua testimonianza.
      Un tono non oggettivo di critica è sempre fastidioso e di nessun aiuto, quindi hai ben ragione a essere delusa e seccata.

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  18. Quando ho mandato li mio testo qualche anno fa sono stati critici ma senza esagerare, hanno fatto un commento negativo ma buon commento, come è giusto che sia.

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    1. Grazie per il tuo commento, Daniele. Una critica costruttiva è sempre benvenuta, il problema nasce quando una critica è inutile e lascia trasparire poca comprensione per il testo oppure un atteggiamento prevenuto.

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  19. Sono reduce anch'io della valutazione della "Signora Comitato", il giudizio mi è arrivato solo pochi giorni fa. Sono rimasta interdetta per gli stessi identici motivi del signor Michele. Il mio romanzo, che ho auto pubblicato, è stato giudicato pesantemente, nonostante i giudizi più che favorevoli dei miei lettori. La Signora Comitato, perché presumo sia una signora che scrive, e non un gruppo di critici, mi contesta tutto: troppo lungo e troppi personaggi. Dialoghi improbabili e scene forzate. Il finale - che ha sorpreso molto tutti i miei lettori - alla Signora pare semplicemente un escamotage perché non sapevo come terminare la storia, e priva assolutamente di originalità. Il mio romanzo, a quanto sembra, pecca di svariate ingenuità, addirittura si contesta il nome di uno dei protagonisti, cambiandolo nella versione spagnola a piacimento del critico (inaudito!). Inoltre viene travisato il topos letterario (a mio avviso non è stato capito dalla Signora, ed è stata l'unica persona che non lo ha compreso...), adducendo a troppo sentimentalismo, e l'inutilità di certi personaggi che non servono alla storia. Nella conversazione tra due adolescenti viene contestato un paio di espressioni dialettali (ripeto, nella conversazione fra due ragazzi toscani) e come per Michele, usa una mia frase del libro per giustificare un suo pensiero. Come dire, se lo dice l'autrice, la pensa come me. In realtà la frase appartiene a un personaggio, che a mio avviso, non necessariamente pensa e agisce come l'autore. Sono rimasta molto amareggiata: in tutto il giudizio (a parte un breve riassunto che chiaramente è inutile visto che l'autrice sono io), la Signora Comitato si diverte a contrastare ogni punto, senza menzionare alcun personaggio di spicco che tanto hanno amato i miei lettori, evitando persino di riconoscere che la storia ha un senso logico e il finale esce dal binario che io tanto faticosamente avevo costruito per spiazzare il lettore alla fine. Poi, vado a vedere gli incipit di alcuni segnalati e vedo milioni di puntini di sospensione alla fine di ogni paragrafo e nel mezzo di ogni frase ovvia di cui i puntini sono superflui, e leggo le critiche piene di entusiasmo piene anch'esse di puntini di sospensione. Gli odiati puntini di Umberto Eco, che lui raccomandava di usare con parsimonia. Deduco pertanto che la mia pecca sia stata ometterli, provvederò... provvederò... lo giuro... Tornando alle cose serie, pagare per essere insultati e troppo masochistico. Questa è la prima e ultima volta che ricorrerò al giudizio della Signora Comitato per i miei romanzi. Anzi, magari la renderò protagonista del mio prossimo romanzo... adoro i finali splatter! :)

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    1. Ciao, intanto grazie per aver condiviso questa tua esperienza. Posso comprendere pienamente la tua amarezza per il giudizio e condivido quello che dici, cioè che "pagare per essere insultati è masochistico". Credo che le persone che si affidano a questo tipo di concorsi lo faccia soprattutto per avere un parere autorevole e accurato, non solo per il concorso in sé, quindi è davvero avvilente constatare che alla fine si ottiene tutt'altro .
      In ogni caso, il parere dei lettori secondo me conta molto di più.

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  20. Leggo solo ora questa testimonianza e posso confermare analoghe impressioni per l'edizione 2016. La scheda di lettura ricevuta era per tre quarti il riassunto del mio testo (come se non lo conoscessi), ma forse serviva a fornire l'illusione che vi era stata una lettura completa e approfondita. Il giudizio sul contenuto era lusinghiero (definito "intrigante", aggettivo forse non del tutto appropriato per un romanzo storico di avventura), ma alcune "pensose" osservazioni sarebbero risultate "didascaliche" (cosa direbbero di Proust?) al "Comitato di lettura" che stranamente espone le sue opinioni in prima persona "mi sembra..."; e soprattutto manca di credibilità "il linguaggio non adeguato alla seconda metà dell'Ottocento". Ovvero, avrei dovuto scrivere come Ippolito Nievo, per la gioia degli editori e lettori italiani contemporanei (perché Il Nome della Rosa non è stato scritto tutto in latino medioevale?). Allora, se la questione è che un testo deve corrispondere al gusto di un singolo lettore, e che la sua opinione condiziona l'esito finale, allora è il Premio Calvino a mancare di credibilità. Per la cronaca, il mio libro è ad oggi tra i 12 finalisti di un altro importante Premio Nazionale per inediti, a cui hanno partecipato oltre 1300 opere (circa il doppio del Calvino 2016).

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  21. Buonasera,
    in primo luogo mi scuso del mio prolungato silenzio e del fatto di non aver commentato le ultime osservazioni, ma la modalità "Anonimo" che avevo scelto non mi permetteva l'arrivo delle notifiche di rito. La gentile titolare del blog mi ha avvisato che gli ultimi commenti erano particolarmente interessanti e avvaloravano la mia esperienza.

    Da una parte sono dispiaciuto del cattivo trattamento ricevuto (mi riferisco in modo particolare a 'maldimaldive' e all'ultimo Anonimo commentatore) e dall'altra confortato nella mia teoria... seppure con profonda amarezza visto che ognuno di noi ha impiegato tempo e denaro nella convinzione di avere un riscontro autorevole alle proprie pagine. Probabilmente per questi signori 98 euro sono quisquilie; invece si tratta di una cifra di tutto rispetto, come degne di rispetto sono le persone che a loro si rivolgono.

    In quanto al contenuto delle schede di valutazione, sembra proprio che il fantomatico comitato, o la Signora Comitato, proceda prendendo qua e là brani del romanzo e, per il resto, provveda a un copia-incolla per tutte le opere, tanto si assomigliano tra loro le osservazioni e persino gli aggettivi impiegati. Quello che sicuramente è difficile da accettare è una critica astiosa e poco argomentata, con un fondo di derisione. Come dicevo all'inizio di questa nostra rassegna, ho fatto leggere la mia scheda a più persone e quasi tutte sono state d'accordo nel rilevare una forte sfumatura di acredine.

    Svelo in questa sede che scrivo romanzi storici ambientati nel Medioevo, ma non solo, e quindi l'osservazione dell'ultimo commentatore a proposito del linguaggio - secondo loro - inadeguato al periodo ottocentesco mi trova molto sensibile all'argomento. Sarebbe non solo impossibile scrivere come si usava all'epoca, ma anche controproducente perché nessuno riuscirebbe a calarsi nello stato d'animo dei personaggi, e il tutto risulterebbe pesantissimo oltre che inutile. Mi è capitato persino con romanzi scritti da autori risorgimentali ambientati nel Medioevo, e che quindi sono piuttosto prossimi a noi; uno per tutti, "Marco Visconti" di Tommaso Grossi. Non sono riuscito ad arrivare oltre le dieci pagine, pur avendo esperienze di lettura assai impegnative. Mi è andata meglio con "La Ca' di Can" di Carlo Tenca, pure contemporaneo del Manzoni, che possiede uno stile più snello.

    Aggiungo che di recente ho avuto la fortuna di veder pubblicati i miei ultimi romanzi storici con una casa editrice, e molte altre soddisfazioni in questo ambito. Scrivo infatti anche copioni teatrali d'impronta storica, uno dei quali verrà a breve rappresentato. Confido quindi che la mia produzione non sia tutta da cestinare come ha sostenuto, non troppo tra le righe, il Comitato del Premio Italo Calvino!

    Michele

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  22. Personalmente, mia opinione modestissima, non amo i concorsi, perché non amo le competizioni in generale e molto spesso le giurie sono formate da persone non all'altezza del compito. Credo infatti, che il romanzo per Urania a cui sto lavorando non lo invierò al concorso, ma lo invierò normalmente, se non piacerà non verrà preso in considerazione come è giusto che sia. Stessa cosa per un altro romanzo (non di fantascienza) che appena terminato invierò alle sole case editrici che non ti chiedono una "partecipazione" alla produzione. Eh si, purtroppo in Italia stanno crescendo di numero le case editrici che usano questo trucco per levarti anche qualche migliaio di euro, complice il fatto che moltissime persone amano e sognano di diventare scrittori. Mi è capitato qualche anno fa che mandai una quarantina di poesie ad una casa editrice. Dopo tre giorni fui contattato per telefono da un signore che lavorava nella casa editrice che mi riempì di complimenti, dicendo che le mie poesie erano piaciute a tutto lo staff e quindi sarebbero stati felici di pubblicarmele. Io risposi che mi faceva piacere che le avessero apprezzate così tanto. Subito dopo mi accennò ad una proposta editoriale e mi disse che mi avrebbe mandato un'email con tutti i dati della proposta e che mi avrebbe ricontattato verso fine settimana. Quando arrivò la mail, la lessi e rimasi allibito. Praticamente per pubblicare il libro con le mie poesie nel numero... mi pare di 300 o 500 copie, non ricordo bene, mi si chiedeva di pagare una certa cifra che in effetti corrispondeva al prezzo di copertina per l'ammontare delle copie. Quando a fine settimana lo stesso signore mi contattò mi chiese cosa pensavo della proposta. Ovviamente, nel modo più educato possibile gli ho spiegato che io avevo mandato loro delle poesie, che loro avevano apprezzato e che quindi erano loro che dovevano pubblicarle a loro spese e io avrei come di norma preso solo la percentuale del prezzo di copertina per ogni copia venduta. Qui apro una parentesi anche se credo voi tutti già sapete quanto sto per scrivere. In America, come anche nei paesi Europei, la percentuale all'autore va dal 50% al 70% del prezzo di copertina come media, in Italia invece oscilla tra il 10 o 12 % per autore sconosciuto al 18% per autore noto. Chiusa questa parentesi, il signore mi rispose che essendo io un autore sconosciuto, non potevano rischiare e quindi loro offrivano questo tipo di proposta editoriale. Io, sempre molto gentilmente gli dissi che la cosa non mi interessava minimamente, in quanto personalmente, se volevo autoprodurmi, c'erano già molti modi anche su internet. Non avevo nessuna intezione di mettere neanche un cent, loro avevano detto che le poesie erano belle e valeva la pena pubblicarle e quindi l'onere era tutto loro. Da ciò che mi rispose capii che questo era il loro modo abituale e quindi lo salutai e misi giù.

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  23. Quelche mese dopo fui contattato da un mio amico che aveva pubblicato un libro con loro e che era in causa perché avevano fatto i furbi quando si trattò della vendita del suo libro all'estero, soprattutto America e Giappone dove fu molto apprezzato, in quanto, loro con un s'intascarono la percentuale che spettava al mio amico e a lui gli versarono la percentuale del 12% che era quella tipica della distribuzione e vendita in Italia mentre ad esempio, in America il contratto con una casa editrice americana disponeva il 50% direttamente all'autore, 50% che intascavano loro (la casa editrice italiana) e che poi passavano solo appunto il 12% al mio amico. Ovviamente c'è stata la causa legale che il mio amico ha vinto e aveva ottenuto anche che il titolo fosse tolto dal loro catalogo cosa che invece non avevano fatto perché quando mi mandarono il materiale illustrativo circa la loro attività, vi era anche il catalogo con ancora inserito il libro del mio amico, il quale, saputo da un nostro amico in comune che io avevo avuto a che fare con questa casa editrice mi chiese la cortesia di spedirgli il catalogo così che lo petesse dare al suo avvocato per procedere nuovamente per vie legali. Voglio scusarmi, per questo mio lungo commento, ma volevo farvi capire che nell'editoria, qui in Italia c'è da stare sul chi vive. Siamo pieni di case editrici che si muovono in maniera truffaldina (per usare termini non volgari) e i concorsi di questo genere abbondano, soprattutto usando nomi di personaggi famosi sia tra gli scrittori, poeti che dello spettacolo, chiaramente tutti personaggi non più in vita, tipo (Alda Merini, Anna Magnani etc...) Quindi, io ho già trovato un elenco tempo fa di case editrici che non chiedono contributi o fanno proposte editoriali oscene, molte nell'elenco sono anche prestigiose, e procederò solo inviando a loro, non m'importa se non riuscirò mai ad essere pubblicato ma non voglio certo essere una preda per certi pescecani ;)

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    1. Ciao Mirt, ti ringrazio per la tua testimonianza. E' molto importante secondo me condividere le esperienze, proprio perché la realtà editoriale è piena di truffatori come quelli di cui hai parlato. Di fatto è proprio una truffa vera e propria, perché contratti di questo tipo non portano mai a una pubblicazione di qualità e nessuna promessa fatta viene poi mantenuta. Aggiungo solo che oggigiorno bisogna prestare attenzione anche ad altre forme di raggiri, come richieste di editing a pagamento o altri servizi simili da parte di sedicenti editori. Infine, non è detto che una casa editrice free sia poi la soluzione, perché purtroppo le risorse a disposizione dei piccoli editori sono quasi sempre molto limitate e non ci si può aspettare grandi cose.
      In conclusione fai bene a diffidare!

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    2. Ciao Maria Teresa. Sai, sono capitato sul tuo blog perché un mio amico sta partecipando al premio Calvino nonostante io lo sconsigliavo, e stavo cercando il sito per controllare alcune cose riguardanti la partecipazione che lui mi chiesto di verificare, avendo usato google per cercare il sito del premio ho notato tra i risultati anche il titolo del post del tuo blog e quindi sono entrato e dopo averlo letto ho avuto conferma di ciò che penso riguardo ai concorsi e ai furbastri di certe case editrici che purtroppo fanno leva sul desiderio di moltissime persone che aspirano ad un riconoscimento letterario nella loro vita. Io ho sempre amato scrivere ma non mando mai niente perché sono estremamente pignolo su ciò che scrivo, diciamo che sono il peggior (nel senso di analizzare e stroncare) critico di me stesso. Odio le cose mediocri e quindi se qualcosa che scrivo non mi convince la "cestino". Quelle poesie le mandai perché le scrissi in un momento molto triste della mia vita e sono legate ad una donna che ho amato e quindi pensavo che sarebbe stata una cosa carina e dolce renderle omaggio. Non saapevo che esistevano queste situazioni ed era la prima volta che sentivo la frase "Le facciamo una proposta editoriale". Ma per quanto le mie intenzioni fossero dettate dal cuore ho subito sentito odore di truffa e quindi li ho mandati educatamente a quel paese. Sono d'accordo con te anche per quanto riguarda le piccole realtà editoriali free, poiché non si ottiene niente se non rientrare in una nicchia e quindi rimanere comunque invisibile, è sempre meglio puntare a grosse case editrici e tra quelle che non chiedono niente ce ne sono un pò, anche perché se uno è convinto di aver scritto un bel libro non vedo perché non debba fare dei tentativi su larga scala, nel senso che è meglio spedirlo a Mondadori (ad esempio) piuttosto che ad una casettina sconosciuta che ha anche una ristretta distribuzione. ;)

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    3. Certo, indubbiamente vale la pena di puntare in alto, se si reputa il proprio scritto degno di essere accolto anche da editori importanti.
      Io sono del parere che tra un editore microscopico che non fa nessuna promozione e il self publishing (al quale mi affido personalmente da alcuni anni), sia meglio quest'ultima strada. Poi ognuno fa le valutazioni che reputa giuste.
      In questo periodo si parla molto del concorso della DeA Planeta con un bel po' di euro in palio, ma anche lì io non credo parteciperò per svariati motivi, tra cui quello che sono sfiduciata.
      In ogni caso, in bocca al lupo per tutto.

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    4. Sono d'accordissimo con te riguardo il self publishing. In bocca al lupo anche a te.

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  24. Ho partecipato al Calvino e anche a uno dei call per racconti brevi e sono rimasto scioccato dalla scheda di lettura. In pratica si sono appigliati a delle assurdità per giustificare l'eliminazione, come termini a dir loro desueti(quando in realtà non lo sono affatto poichè vengono correntemente adoperati non solo nel linguaggio comune ma anche da altri autori) ma, cosa più grave, in base ad un commento che hanno scritto mi è stato chiaro che a mala pena avevano letto il mio racconto(anzi, secondo me gli avevano buttato addosso si e no un'occhiata di striscio) poichè se lo avessero fatto, quel loro commento non avrebbe avuto ragione di esistere. Il mio testo è stato letto da un professore, prima di essere spedito, giusto per essere sicuro che avessi fatto tutto bene. La critica si accetta, ma deve essere intelligente e sensata altrimenti, per me, equivale ad una pura e gratuita denigrazione. Ovviamente, come mi diceva questo professore, dipende dalla testa che ha colui che andrà a valutare il testo. Morale della favola, non credo che parteciperò mai più ad un loro concorso e non perchè io sia stato eliminato ma semplicemente perchè ho notato una estrema faciloneria e poca competenza nelle loro valutazioni. Un conto è dire non mi piace la tua storia, un conto è appigliarsi a delle assurdità per giustificare che sia stata eliminata. Ovviamente, questa è solo la mia esperienza. Chi ha vinto ed è stato selezionato per la finale, indubbiamente avrà delle impressioni migliori delle mie. Ogni esperienza è sempre soggettiva. ma sono rimasto interdetto dalla loro scheda di lettura. Diciamo che forse avevo riposto troppe aspettative in questa esperienza e nel loro giudizio. Altra cosa che ho notato: si tende a privilegiare, ma questo forse è un atteggiamento diffuso in questo settore, persone laureate(in particolare in materie umnistiche)e che hanno già avuto esperienze collegate all'ambito della scrittura. Se leggete per esempio le biografie dei 10 finalisti del premio Calvino, noterete che i curriculum sono tutti molto simili. Come se ci fosse una sorta di discriminazione verso chi è soltanto diplomato. Questa, ovviamente, è una mia impressione.

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    1. Ciao, prima di tutto grazie per aver lasciato testimonianza della tua esperienza. Mi dispiace constatare che la situazione non sia cambiata affatto (o persino peggiorata?) da quando Michele ci aveva raccontato la sua partecipazione al concorso. Personalmente non riesco a capire perché venga fuori tanta acrimonia nelle critiche, lo trovo un comportamento poco professionale. Sento spesso che chi partecipa a questo tipo di concorsi così importanti, lo fa soprattutto per mettersi in gioco, per avere un'opinione spassionata e competente su quello che ha scritto, proprio grazie alle schede di valutazione. Ma a quanto pare non è quello che poi viene fuori.
      Ti auguro vivamente di trovare una strada migliore per il tuo scritto. Ciao e grazie ancora.

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  25. Buongiorno, la ringrazio molto del suo prezioso contributo. Penso anch'io, come la nostra gentile padrona di casa, che la situazione potrebbe essere persino peggiorata nel tempo. Ahimè, queste schede di valutazione, lungi dall'offrire un parere realmente utile all'autore, proprio come accade con i propri beta-reader o lettori-cavia, sembrano essere lo specchio di rancori e frustrazioni personali. Ignoro quali siano le identità di questi critici letterari (sic), ma l'atteggiamento è senz'altro poco professionale. Lavoro nel mondo editoriale quasi nello stesso ruolo di questi signori, ma non mi permetterei mai di deridere il lavoro di altri, per quanto io possa ritenerlo mediocre, o viceversa cercando dei risibili pretesti affinché venga scartato. Queste esperienze ci rendono guardinghi e disamorati rispetto a concorsi che invece dovrebbero costituire una tappa per mettersi alla prova e migliorare la propria scrittura. Le auguro anch'io di trovare maggiore soddisfazione percorrendo altre vie.

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