Il romanzo storico: le Sette Meraviglie del Mondo o la torre di Babele?
Oggi è mia ospite Cristina M. Cavaliere, che con questo interessante articolo ci introduce nel complesso e intrigante mondo dei romanzi storici, e in particolare della loro creazione.
La ringrazio per questo prezioso contributo e invito tutti a scoprire di più di lei leggendo il riquadro in fondo al post.
Da Wikipedia: La Società angloamericana per la promozione e la tutela del romanzo storico (Historical Novel Society) propone la seguente definizione: “Per essere ritenuto storico, un romanzo deve essere stato scritto almeno cinquanta anni dopo gli eventi descritti, o deve essere stato scritto da un autore che all'epoca di tali eventi non era ancora nato (e quindi ha dovuto documentarsi su di essi). Consideriamo storici anche i seguenti stili di romanzo: ucronico (come Fatherland di Robert Harris), pseudo-storico (come L'isola del giorno prima di Umberto Eco), fanta-storico (come la trilogia di re Artù di Bernard Cornwell) e multitemporale (come Le ore di Michael Cunningham).”
Ho scelto questo argomento specialistico nell’ambito della scrittura perché vorrei partire in bellezza, dato che il genere storico è quello che amo di più in assoluto, sia come lettrice che come autrice. Più volte ho provato a cimentarmi con generi narrativi che fossero estranei alla Storia, ma inutilmente: l’opera non era mai del tutto compiuta, mancava di spina dorsale o di vero e proprio carburante, e ritornavo sempre a narrare “storie del passato”, come un pezzo di ferro attirato al volo da una calamita. È mia convinzione, quindi, e perdonatemi se la frase risulterà pomposa e solenne, che non sia tu a scegliere la Storia, ma che la Storia scelga te.
Già, ma che cosa significa scrivere un romanzo storico? A torto, il genere è spesso percepito come il classico mattone: pesante, lento, farraginoso e denso di informazioni necessarie per la comprensione del l’epoca di cui si narra. Se ben scritto, invece, un romanzo che abbia come sfondo la Storia può davvero risultare un’opera completa, in quanto contiene in nuce tutti i generi: il giallo, la storia d’amore, il romanzo d’avventura, il resoconto di viaggio, la biografia familiare, l’autobiografia sotto mentite spoglie, la denuncia di tipo sociale e civile (non dimentichiamo che l’essere umano, purtroppo, è sempre uguale a se stesso, e certe storture e ingiustizie si ripetono immutate nel tempo), e persino l'horror e la fantascienza, come nella serie di Valerio Evangelisti sull’inquisitore Eymerich. Può dunque anche prestarsi molto bene alla commistione di generi. In effetti, il romanzo storico è un assurdo letterario, perché non è un saggio, visto che contiene molte parti generate dalla fantasia dell’autore, e addirittura personaggi inesistenti, e non è un romanzo puro, considerando che la sua struttura o gabbia è composta da un’ossatura di tipo documentale.
Per quanto riguarda i parametri di definizione di un romanzo storico, rimando all’interessante articolo di Giampiero Lovelli apparso sul sito “Storie di Storia”: Il romanzo storico, genesi e sviluppo. In questa sede vorrei invece affrontare l’argomento dal punto di vista della scrittura. Quindi proverò a fare un elenco di aspetti che si presentano a chi voglia scrivere un romanzo storico e vorrei farlo in maniera scherzosa e leggera. Alcuni potrebbero essere considerati dei vantaggi, altri degli svantaggi, sebbene ognuno contenga entrambi: così, ad esempio, il primo punto che tratterò, cioè la ricchezza e l’abbondanza del materiale a disposizione, potrebbe rivelarsi uno svantaggio e causare dispersione per eccesso.
La ricchezza e l’abbondanza del materiale – Per me entrare nella Storia è come essere Ali Baba nella caverna dei quaranta ladroni! Tutt'attorno c’è una quantità talmente spropositata di ricchezze – gioielli, diademi, scettri, collane, pietre preziose, scrigni, gemme – che ne sono affascinata e meravigliata. È tutto là, ed è bell'e che pronto, e si può scegliere tra quello che attrae di più e che si sente più affine allo spirito e al vissuto. Preferite l’epoca dell’antica Roma, o vicende della Magna Grecia? Siete attratti dall’Alto Medioevo, oppure dal mondo del Rinascimento? Prediligete storie e culture extra-europee come quelle del Medio o Lontano Oriente, o anche del Nuovo Mondo? Non c’è che l’imbarazzo della scelta, quasi non occorre inventare nulla. Si tratta piuttosto di isolare un periodo storico su cui concentrarsi, in modo da non disperdere energie. Inoltre, ci sono delle figure talmente complesse e importanti, nel bene e nel male, che sono ormai assunte ad archetipi, come Federico II di Svevia, per rimanere nell’ambito dei re, o anche scienziati e artisti che si sono rivelati veri e propri giganti sia dal punto di vista professionale che umano. Ma questi personaggi di spicco possono anche fungere da riferimento per modellarne altri, cioè comprimari altrettanto interessanti, come avventurieri, plebei, contadini, gentiluomini, funzionari, operai, prostitute, cortigiane... dando loro il volto e la personalità, magari, di persone che conosciamo bene.
Ci sono vicende e coincidenze umane che sembrano essere il copione di una tragedia greca, tanto sono incredibili, come la storia di Thomas Becket, dapprima cancelliere del re Enrico II Plantageneto e suo amico fraterno, poi nominato arcivescovo per volere dello stesso re, e quindi sottoposto a una crudele persecuzione che culminerà con il suo martirio per mano di alcuni cavalieri che, probabilmente, travisarono le parole del re. Prendo come altro esempio la figura di un giornalista della Rivoluzione Francese, che pochi conoscono, Camille Desmoulins. Compagno di scuola di Maximilien Robespierre al Collegio Louis-le Grand di Parigi, diventa avvocato e giornalista, ed è il protagonista dei moti che portarono alla presa della Bastiglia. Amico di Danton e suo collaboratore al Ministero della Giustizia, è un membro della Convenzione, autore di libelli infuocati e direttore di giornali politici e figura di primo piano nel corso di tutta la Rivoluzione Francese. Sposa Lucile Duplessis, Robespierre è il testimone di nozze, e hanno un bambino il cui padrino è di nuovo Robespierre. Durante il Terrore si oppone alla dittatura di Robespierre al punto tale che il loro rapporto d’amicizia s’incrina. Desmoulins è arrestato, processato e condannato a morte insieme con i ‘dantonisti’. Alcuni giorni dopo anche la moglie, accusata di cospirazione antirivoluzionaria, è mandata alla ghigliottina e il bambino rimane orfano di entrambi i genitori. (*) Non sono queste due storie che forniscono materiale per scrivere romanzi appassionanti pieni di tipi umani?
Nella testa dei personaggi – “Ma è esistito veramente?” è la domanda che mi fa più piacere, cioè quando un lettore mi chiede se un personaggio sia esistito veramente, e questo personaggio magari è una mia invenzione: significa che la mia creatura è talmente credibile che si confonde in mezzo agli altri, come un camaleonte. Immergersi tuttavia nel modo di ragionare di una persona vissuta magari un migliaio di anni fa è il grande scoglio di chi scrive un romanzo storico: più indietro si va nel tempo, più è difficile immaginare lo sguardo che questi nostri avi avevano sul mondo che li circondava. Per rimanere nell’ambito dell’Alto Medioevo, che è il periodo di cui mi sto occupando adesso, stentiamo ad immaginarci come doveva essere la vita all’epoca, a noi che schiacciamo un interruttore e abbiamo la luce, apriamo un rubinetto e arriva l’acqua calda, o scendiamo in strada e sbuffiamo perché l’autobus è in ritardo di due minuti: i castelli dei feudatari erano umidi, freddi, bui, a malapena rischiarati da fuochi negli imponenti camini, e ci si scaldava dormendo in massa nello stesso letto; le case dei contadini erano anche peggio, e lì si dormiva con gli animali, alla lettera; i più ricchi avevano un cavallo o un asino, la maggior parte delle persone andava a piedi facendo lunghissimi tragitti. Ci si spostava solo per motivi importanti, come fiere, pellegrinaggi, cerimonie ed eventi, e i territori erano coperti di vaste foreste impenetrabili, piene di animali selvatici e briganti. E la vita all’epoca era permeata, intrisa profondamente di religione, spesso di superstizione.
Riusciremo a calarci veramente nella mente di un personaggio così lontano dal nostro modo di ragionare, e renderlo credibile? Questa è la vera sfida, secondo me, non tanto quella di scoprire se Tiziano Vecellio usava la bic per schizzare i suoi ritratti celeberrimi o se Lorenzo de' Medici si spalmava la brillantina sulle chiome corvine.
L’immutabilità della Storia – La Storia non può essere mutata a proprio piacimento, a meno di non ideare una Storia parallela in cui scegliamo di alterare il dato storico, di togliere dei fatti o di inventarne di nuovi. Nonostante la definizione dell'Historical Novel Society, io ritengo che non siamo più nell’ambito del romanzo storico, ma si tracima nella fantascienza o, forse, nel fantasy. Se la presa di Gerusalemme da parte dei crociati avvenne nel luglio 1099, come attestato dalle fonti e dai testimoni dell’epoca, non si può decidere di spostarla all’indietro in primavera, solo perché uno dei personaggi, mettiamo che sia un guerriero normanno, soffre il caldo o, avendo un animo gentile, gradisce di più un paesaggio in fiore. Si dovrà rassegnare a grondare sudore sotto l’elmo (rigorosamente conico e con paranaso!) e la cotta di maglia, peggio per lui (e per noi che magari volevamo una stagione migliore perché avevamo in mente una scena che era proprio un bijou, peccato!).
Occorre quindi documentarsi, nel modo più preciso e più vasto possibile, e non solamente per stabilire quali siano i paletti storici che ci delimitano, ma anche per investigare sugli usi e costumi della vita quotidiana dell’epoca, che conferiscono credibilità alla narrazione (vedi sopra). Personalmente trovo molto utili, e anche di gradevolissima lettura, i saggi sulla Vita Quotidiana editi da Rizzoli, da cui ho tratto, ad esempio, ricette per la Venezia del 1500 allo scopo di arricchire il menu dei banchetti ne Il Pittore degli Angeli o scene con spettacoli religiosi in Una Storia Fiorentina, ambientato nella Firenze di fine 1400, a cavallo tra la signoria di Lorenzo de'Medici e il governo di Savonarola.
La montagna di Sisifo delle fonti – L’immutabilità della Storia conduce a un altro degli impegni più gravosi per l’autore, cioè la lettura delle fonti (il riferimento all'elmo conico non era del tutto casuale, come avrete capito, e deriva da una ricerca che ha fatto sudare me ed Elodia Saetti anche lei autrice di romanzi storici, cioè se nel 1100 si usavano già gli elmi con la feritoia). Lui o lei si dovrà impegnare, come sotto giuramento, a leggere una montagna di saggi, trattati, volumi dell’epoca se ve ne sono, documenti, a navigare su Internet alla ricerca di siti seri, a scrivere ad associazioni culturali ed enti per avere informazioni… e a dimenticarsene l’attimo dopo aver letto.
A parte che ci si dimentica proprio delle informazioni – almeno, a me accade così, quindi devo continuamente andare a compulsare i tomi di riferimenti – l’autore è obbligato a dimenticarsene proprio per non incorrere nella tentazione di prendere di peso interi paragrafi e trasferirli nel romanzo così come sono, senza un minimo di rielaborazione. Quello che adesso si chiama ‘copia e incolla’, e che un tempo era semplicemente la copiatura o peggio il plagio, si vede eccome, specie se la persona poco furba prende spezzoni tradotti dall’inglese all’italiano con qualche traduttore automatico. Ma anche l’autore più coscienzioso può correre il rischio di voler introdurre qualche chicca, e che gli sembra sia imperdibile per il lettore, e passa intere ore a rosicchiarsi le unghie su come fare per non farla apparire una forzatura o, peggio, introdurla come un riferimento didascalico (la classica “voce dell’autore” che interrompe la narrazione e monta in cattedra per far sfoggio di erudizione e che infastidisce moltissimo).
Come ci dice Sir Edward Bulwer-Lytton nel suo Dell’arte della narrativa: “La pecca abituale del romanziere storico è l’eccessiva minuziosità nella descrizione di costumi e banchetti, cortei e processioni.” Evitiamo quindi di far slogare la mascella al lettore con inserti di questo genere, che oltre ad annoiare rischiano di sciupare l’effetto d’insieme. In Emilio Salgari si poteva perdonare, primo perché non esisteva la televisione e i documentari; e quindi quando lo scrittore piemontese inseriva un bel paragrafo sulle scimmie nasiche nella giungla del Borneo, magari mentre i suoi pirati stavano avanzando a fatica inseguiti dai nemici, il lettore che sapeva a malapena leggere imparava tante cose interessanti su fauna e flora anche nel bel mezzo di una scena d'azione. E, in secondo luogo, si perdonava perché Salgari è Salgari, punto e basta. Potrebbe essere che, per quanto a fondo vi documentiate, possiate incorrere un errori, ma il lettore percepirà comunque il vostro sforzo dietro le righe, e sarà portato a scusarvi più facilmente per le emozioni che gli avrete regalato.
L’importanza nella lettura delle fonti però, a parte l’ovvia questione della documentazione e nell’avere delle nuove idee, è di natura più sottile: occorre calarsi nell’atmosfera dell’epoca. E, alla fine della vostra improba fatica e dopo aver buttato via i vostri trenta saggi di cui non vi sembrerà di ricordare nulla, e aver attraversato vere e proprie sedute di psicanalisi letteraria per immergervi nella testa di persone morte e sepolte mille anni fa, o anche più indietro nel tempo, qualcosa vi rimarrà attaccato addosso, come una nuvola, un profumo, un’aura impalpabile, e quel qualcosa vi accompagnerà e vi guiderà anche quando scrivete. Avrete creato il vostro nume tutelare. Vi sembrerà di essere quegli antichi romani, quei guerrieri medievali, quelle coraggiose rivoluzionarie, e avrete la certezza di avere dominato il tempo per effetto di qualche rito magico, e di aver vissuto quelle vite, non solo la vostra, e di essere ritornati più ricchi e completi e... perché no? di aver compreso qualcosa anche del tempo in cui vivete.
Pronti, dunque, ad impugnare la penna e a scrivere un bel romanzo storico, o anche un semplice racconto? Partite lancia in resta e che Dio vi accompagni!
Cristina M. Cavaliere
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(*) Camille Desmoulins è uno dei due protagonisti del mio atto storico teatrale Il Canarino.
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La ringrazio per questo prezioso contributo e invito tutti a scoprire di più di lei leggendo il riquadro in fondo al post.
La
Torre di Babele di Pieter Bruegel il Vecchio (1563)
Kunsthistorishes
Museum - Vienna
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Ho scelto questo argomento specialistico nell’ambito della scrittura perché vorrei partire in bellezza, dato che il genere storico è quello che amo di più in assoluto, sia come lettrice che come autrice. Più volte ho provato a cimentarmi con generi narrativi che fossero estranei alla Storia, ma inutilmente: l’opera non era mai del tutto compiuta, mancava di spina dorsale o di vero e proprio carburante, e ritornavo sempre a narrare “storie del passato”, come un pezzo di ferro attirato al volo da una calamita. È mia convinzione, quindi, e perdonatemi se la frase risulterà pomposa e solenne, che non sia tu a scegliere la Storia, ma che la Storia scelga te.
Già, ma che cosa significa scrivere un romanzo storico? A torto, il genere è spesso percepito come il classico mattone: pesante, lento, farraginoso e denso di informazioni necessarie per la comprensione del l’epoca di cui si narra. Se ben scritto, invece, un romanzo che abbia come sfondo la Storia può davvero risultare un’opera completa, in quanto contiene in nuce tutti i generi: il giallo, la storia d’amore, il romanzo d’avventura, il resoconto di viaggio, la biografia familiare, l’autobiografia sotto mentite spoglie, la denuncia di tipo sociale e civile (non dimentichiamo che l’essere umano, purtroppo, è sempre uguale a se stesso, e certe storture e ingiustizie si ripetono immutate nel tempo), e persino l'horror e la fantascienza, come nella serie di Valerio Evangelisti sull’inquisitore Eymerich. Può dunque anche prestarsi molto bene alla commistione di generi. In effetti, il romanzo storico è un assurdo letterario, perché non è un saggio, visto che contiene molte parti generate dalla fantasia dell’autore, e addirittura personaggi inesistenti, e non è un romanzo puro, considerando che la sua struttura o gabbia è composta da un’ossatura di tipo documentale.
Per quanto riguarda i parametri di definizione di un romanzo storico, rimando all’interessante articolo di Giampiero Lovelli apparso sul sito “Storie di Storia”: Il romanzo storico, genesi e sviluppo. In questa sede vorrei invece affrontare l’argomento dal punto di vista della scrittura. Quindi proverò a fare un elenco di aspetti che si presentano a chi voglia scrivere un romanzo storico e vorrei farlo in maniera scherzosa e leggera. Alcuni potrebbero essere considerati dei vantaggi, altri degli svantaggi, sebbene ognuno contenga entrambi: così, ad esempio, il primo punto che tratterò, cioè la ricchezza e l’abbondanza del materiale a disposizione, potrebbe rivelarsi uno svantaggio e causare dispersione per eccesso.
Ali Baba
Illustrazione di Imak El
Khanza (1909)
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Ci sono vicende e coincidenze umane che sembrano essere il copione di una tragedia greca, tanto sono incredibili, come la storia di Thomas Becket, dapprima cancelliere del re Enrico II Plantageneto e suo amico fraterno, poi nominato arcivescovo per volere dello stesso re, e quindi sottoposto a una crudele persecuzione che culminerà con il suo martirio per mano di alcuni cavalieri che, probabilmente, travisarono le parole del re. Prendo come altro esempio la figura di un giornalista della Rivoluzione Francese, che pochi conoscono, Camille Desmoulins. Compagno di scuola di Maximilien Robespierre al Collegio Louis-le Grand di Parigi, diventa avvocato e giornalista, ed è il protagonista dei moti che portarono alla presa della Bastiglia. Amico di Danton e suo collaboratore al Ministero della Giustizia, è un membro della Convenzione, autore di libelli infuocati e direttore di giornali politici e figura di primo piano nel corso di tutta la Rivoluzione Francese. Sposa Lucile Duplessis, Robespierre è il testimone di nozze, e hanno un bambino il cui padrino è di nuovo Robespierre. Durante il Terrore si oppone alla dittatura di Robespierre al punto tale che il loro rapporto d’amicizia s’incrina. Desmoulins è arrestato, processato e condannato a morte insieme con i ‘dantonisti’. Alcuni giorni dopo anche la moglie, accusata di cospirazione antirivoluzionaria, è mandata alla ghigliottina e il bambino rimane orfano di entrambi i genitori. (*) Non sono queste due storie che forniscono materiale per scrivere romanzi appassionanti pieni di tipi umani?
Nella testa dei personaggi – “Ma è esistito veramente?” è la domanda che mi fa più piacere, cioè quando un lettore mi chiede se un personaggio sia esistito veramente, e questo personaggio magari è una mia invenzione: significa che la mia creatura è talmente credibile che si confonde in mezzo agli altri, come un camaleonte. Immergersi tuttavia nel modo di ragionare di una persona vissuta magari un migliaio di anni fa è il grande scoglio di chi scrive un romanzo storico: più indietro si va nel tempo, più è difficile immaginare lo sguardo che questi nostri avi avevano sul mondo che li circondava. Per rimanere nell’ambito dell’Alto Medioevo, che è il periodo di cui mi sto occupando adesso, stentiamo ad immaginarci come doveva essere la vita all’epoca, a noi che schiacciamo un interruttore e abbiamo la luce, apriamo un rubinetto e arriva l’acqua calda, o scendiamo in strada e sbuffiamo perché l’autobus è in ritardo di due minuti: i castelli dei feudatari erano umidi, freddi, bui, a malapena rischiarati da fuochi negli imponenti camini, e ci si scaldava dormendo in massa nello stesso letto; le case dei contadini erano anche peggio, e lì si dormiva con gli animali, alla lettera; i più ricchi avevano un cavallo o un asino, la maggior parte delle persone andava a piedi facendo lunghissimi tragitti. Ci si spostava solo per motivi importanti, come fiere, pellegrinaggi, cerimonie ed eventi, e i territori erano coperti di vaste foreste impenetrabili, piene di animali selvatici e briganti. E la vita all’epoca era permeata, intrisa profondamente di religione, spesso di superstizione.
Riusciremo a calarci veramente nella mente di un personaggio così lontano dal nostro modo di ragionare, e renderlo credibile? Questa è la vera sfida, secondo me, non tanto quella di scoprire se Tiziano Vecellio usava la bic per schizzare i suoi ritratti celeberrimi o se Lorenzo de' Medici si spalmava la brillantina sulle chiome corvine.
L’immutabilità della Storia – La Storia non può essere mutata a proprio piacimento, a meno di non ideare una Storia parallela in cui scegliamo di alterare il dato storico, di togliere dei fatti o di inventarne di nuovi. Nonostante la definizione dell'Historical Novel Society, io ritengo che non siamo più nell’ambito del romanzo storico, ma si tracima nella fantascienza o, forse, nel fantasy. Se la presa di Gerusalemme da parte dei crociati avvenne nel luglio 1099, come attestato dalle fonti e dai testimoni dell’epoca, non si può decidere di spostarla all’indietro in primavera, solo perché uno dei personaggi, mettiamo che sia un guerriero normanno, soffre il caldo o, avendo un animo gentile, gradisce di più un paesaggio in fiore. Si dovrà rassegnare a grondare sudore sotto l’elmo (rigorosamente conico e con paranaso!) e la cotta di maglia, peggio per lui (e per noi che magari volevamo una stagione migliore perché avevamo in mente una scena che era proprio un bijou, peccato!).
Occorre quindi documentarsi, nel modo più preciso e più vasto possibile, e non solamente per stabilire quali siano i paletti storici che ci delimitano, ma anche per investigare sugli usi e costumi della vita quotidiana dell’epoca, che conferiscono credibilità alla narrazione (vedi sopra). Personalmente trovo molto utili, e anche di gradevolissima lettura, i saggi sulla Vita Quotidiana editi da Rizzoli, da cui ho tratto, ad esempio, ricette per la Venezia del 1500 allo scopo di arricchire il menu dei banchetti ne Il Pittore degli Angeli o scene con spettacoli religiosi in Una Storia Fiorentina, ambientato nella Firenze di fine 1400, a cavallo tra la signoria di Lorenzo de'Medici e il governo di Savonarola.
Sisifo che trasporta il masso |
A parte che ci si dimentica proprio delle informazioni – almeno, a me accade così, quindi devo continuamente andare a compulsare i tomi di riferimenti – l’autore è obbligato a dimenticarsene proprio per non incorrere nella tentazione di prendere di peso interi paragrafi e trasferirli nel romanzo così come sono, senza un minimo di rielaborazione. Quello che adesso si chiama ‘copia e incolla’, e che un tempo era semplicemente la copiatura o peggio il plagio, si vede eccome, specie se la persona poco furba prende spezzoni tradotti dall’inglese all’italiano con qualche traduttore automatico. Ma anche l’autore più coscienzioso può correre il rischio di voler introdurre qualche chicca, e che gli sembra sia imperdibile per il lettore, e passa intere ore a rosicchiarsi le unghie su come fare per non farla apparire una forzatura o, peggio, introdurla come un riferimento didascalico (la classica “voce dell’autore” che interrompe la narrazione e monta in cattedra per far sfoggio di erudizione e che infastidisce moltissimo).
Come ci dice Sir Edward Bulwer-Lytton nel suo Dell’arte della narrativa: “La pecca abituale del romanziere storico è l’eccessiva minuziosità nella descrizione di costumi e banchetti, cortei e processioni.” Evitiamo quindi di far slogare la mascella al lettore con inserti di questo genere, che oltre ad annoiare rischiano di sciupare l’effetto d’insieme. In Emilio Salgari si poteva perdonare, primo perché non esisteva la televisione e i documentari; e quindi quando lo scrittore piemontese inseriva un bel paragrafo sulle scimmie nasiche nella giungla del Borneo, magari mentre i suoi pirati stavano avanzando a fatica inseguiti dai nemici, il lettore che sapeva a malapena leggere imparava tante cose interessanti su fauna e flora anche nel bel mezzo di una scena d'azione. E, in secondo luogo, si perdonava perché Salgari è Salgari, punto e basta. Potrebbe essere che, per quanto a fondo vi documentiate, possiate incorrere un errori, ma il lettore percepirà comunque il vostro sforzo dietro le righe, e sarà portato a scusarvi più facilmente per le emozioni che gli avrete regalato.
L’importanza nella lettura delle fonti però, a parte l’ovvia questione della documentazione e nell’avere delle nuove idee, è di natura più sottile: occorre calarsi nell’atmosfera dell’epoca. E, alla fine della vostra improba fatica e dopo aver buttato via i vostri trenta saggi di cui non vi sembrerà di ricordare nulla, e aver attraversato vere e proprie sedute di psicanalisi letteraria per immergervi nella testa di persone morte e sepolte mille anni fa, o anche più indietro nel tempo, qualcosa vi rimarrà attaccato addosso, come una nuvola, un profumo, un’aura impalpabile, e quel qualcosa vi accompagnerà e vi guiderà anche quando scrivete. Avrete creato il vostro nume tutelare. Vi sembrerà di essere quegli antichi romani, quei guerrieri medievali, quelle coraggiose rivoluzionarie, e avrete la certezza di avere dominato il tempo per effetto di qualche rito magico, e di aver vissuto quelle vite, non solo la vostra, e di essere ritornati più ricchi e completi e... perché no? di aver compreso qualcosa anche del tempo in cui vivete.
Pronti, dunque, ad impugnare la penna e a scrivere un bel romanzo storico, o anche un semplice racconto? Partite lancia in resta e che Dio vi accompagni!
Cristina M. Cavaliere
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(*) Camille Desmoulins è uno dei due protagonisti del mio atto storico teatrale Il Canarino.
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Grazie, Maria Teresa, per la tua ospitalità. Mi auguro di aver fatto venir voglia a tutti di cimentarsi con qualcosa di "storico"! :-)
RispondiEliminaLa voglia l'hai fatta venire, almeno a me. Ma sono consapevole dei miei limiti e quindi me ne astengo! La torre di Babele è proprio l'immagine giusta per tutto il lavoro che sta dietro a un romanzo storico, di cui però riconosco il grande fascino. "Calarsi nell'atmosfera dell'epoca" come hai detto è forse per me il lato più intrigante, l'esplorare un mondo reale e allo stesso tempo sconosciuto. In conclusione hai tutta la mia ammirazione :)
EliminaIo interpreto la Storia coma una sorta di carta d'identità non solo di popoli, ma anche di individui. E quindi aiuta a capire meglio quello che siamo diventati... in realtà non molto diversi dal passato, spesso tristemente. Abbiamo solo cambiato casacca o gonnellina, e potenziato il tipo di armi. :-(
EliminaDa scrittrice anche di gialli storici mi ci ritrovo in pieno! Ottimo articolo! Dal mio blog, nella sezione "liberi nella rete" si può leggere gratuitamente "La donna col liuto" uno dei miei primi esperimenti di narrazione storica
RispondiEliminaApprofitto biecamente dell'ospitalità di Maria Teresa per risponderti che andrò a curiosare sul tuo blog. Ti faccio anche una domanda, Tenar: ti sei mai trovata a scoprire una nuova, inaspettata fonte che ti ha cambiato le carte in tavola? A me è capitato, e la sensazione non è stata per nulla piacevole...
EliminaMi è capitato di inciampare in una fonte e da lì scrivere una storia. Per le storie lunghe sono una pianificatrice, quindi la parte di documentazione è in gran parte precedente alla stesura. In quel momento magari cerco informazioni su una storia e ne trovo un'altra. Quando inizio la stesura, invece, cerco di rimanere focalizzata, per evitare che la storia mi sfugga di mano. A quel punto, a meno che non salti fuori uno studio nuovo che rivoluzioni la mia idea sul periodo, alcune fonti potrebbero anche essere ignorate, sopratutto se sono contraddittorie. Molte cose semplicemente non si sanno e gli studiosi sono in disaccordo. Come narratrice devo scegliere con criteri più narrativi che storiografici.
EliminaTu come ti regoli? In che senso la fonte ti ha cambiato le carte in tavola?
Divido la mia risposta a Tenar in due parti. Per quanto riguarda la pianificazione, sono d’accordo con te: nel romanzo storico è una fase lunghissima che non solo è fatta di letture di saggi e ricerche, ma di veri e propri schemi e mappe fatti dall’autore. Ad esempio per quanto riguarda i personaggi, io uso schemi in Excel a colonne, in orizzontale metto gli avvenimenti storici, e in verticale la colonna con il personaggio (storico o di fantasia) dove inserisco la data di nascita e di morte e quello che combina durante la narrazione. In questo modo non perdo il controllo e non gli faccio fare cose magari assurde a livello temporale, tipo prodezze amatorie all’età di cinque anni! ;-) Va bene che i miei personaggi sono a volte eccessivi, però non mi sembra il caso di esagerare… Oltre agli schemi in Excel, preparo anche degli schemi più semplici in Word, con gli anni in cui agiscono i personaggi, ad esempio nel romanzo Le Strade dei Pellegrini si muovono sulla Via Francigena, per cui scrivo dove si trovano nel mese di aprile o maggio, quando arrivano a Roma ecc. Mi servo anche di calendari perpetui, ce ne sono di comodissimi su Internet e ti danno anche il corrispettivo del calendario islamico ed ebraico.
EliminaIl romanzo storico in effetti è un assurdo letterario perché è composto da una parte di Storia e da una parte di fantasia che si devono armonizzare tra loro in modo che siano indistinguibili. Lo scrittore lavora di fantasia su quelli che io chiamo “i coni d’ombra” della Storia, specie se è situata molto indietro nel tempo. A me è successo proprio quello che dici tu, mi sono imbattuta in una diatriba tra storici – che poi oltretutto possono anche sbagliare – e in fonti oscure su alcuni personaggi. Questi non sono altro che i supposti fondatori dell’ordine templare: Hugues de Payns e Geoffroy de Saint-Omer. Non roba da poco, direi! Il problema è che nessuno sa niente di certo di loro, specie del secondo che pure compare in testimonianze ufficiali di contemporanei a Gerusalemme, e nel Concilio di Troyes dove l’ordine ricevette il beneplacito del Papa. La fonte che mi è capitata tra capo è collo durante la revisione del nuovo romanzo è un albero genealogico dei Saint-Omer basato su documenti notarili, in cui… Geoffroy non compare né per il dritto né per il traverso… Cioè, probabilmente c’è, ma ha un nome diverso o simile, oppure non compare perché si tratta solo di documenti notarili in cui lui non era chiamato in causa. Vai a sapere! Dopo essermi ingarbugliata con le date e alcune notti insonni, ho dovuto prendere delle decisioni per rendere verosimile la narrazione, ma ho sudato davvero freddo.
EliminaLascio a te, cara Cristina, l'impresa immane di accingersi a scrivere un romanzo storico, io sono troppo lenta, mi perderei tra le carte e i documenti, preferisco leggerti. Aggiungo che apprezzo il romanzo storico sempre ma soprattutto quando, come fai tu, raggiunge livelli estetici e letterari che travalicano il genere.
RispondiEliminaGrazie, Nadia, sei sempre gentile. A quanto scritto nel post aggiungerò anche che, nel mio inguaribile masochismo, di recente mi trovo a gestire romanzi-fiume di circa 600 pagine che lievitano come la pasta frolla... per cui il rischio di errore si moltiplica a dismisura!
EliminaIl romanzo storico mi spaventa molto: scrivo nel presente e la vicenda non dura mai più di un anno anche se si tratta di un romanzo di 300 pagine. Bellissimo Fatherland, mentre mi pare strano che Le ore sia definito romanzo storico. Caspita complimenti 600 pagine sono davvero tante!
RispondiEliminaGrazie, Sandra. La cosa curiosa è che una volta scrivevo e centellinavo le pagine, ora sono diventata debordante, letterariamente parlando. Poi ,per quanto riguarda la narrazione, ognuno deve scrivere di ciò che sente più affine al suo spirito. Ad esempio io non potrei mai scrivere un romanzo di spionaggio: lo sento intricato e lontanissimo come se fosse anni luce… questo mi accade anche sui film, specie se gli attori sono in uniforme, non distinguo un personaggio dall’altro!
EliminaArticolo molto interessante, ancora di più per la mia allergia alla storia, di cui non vado certo orgogliosa. Ho ancora in mente la mia insegnante di storia del liceo, dall'aria grigia come il libro su cui studiavamo; forse le radici di questo disinteresse sono da ricercare proprio lì. C'è di bello che le parole di chi, come te, la storia la ama, accendono in me qualche scintilla. Non credo che scriverò mai un romanzo storico, ma forse darò alla storia un'altra possibilità. Complimenti per la competenza e per la passione che metti in ciò che fai. :)
RispondiEliminaAh, l’effetto scolastico della prof stile signorina Rottermaier di Heidi… a me succedeva la stessa cosa con la matematica, però ho avuto un tardivo amore per la materia grazie al mio ultimo insegnante di algebra, ahimè troppo tardi, credo. Per quanto riguarda per la Storia, ne sono innamorata, anzi, ne vado proprio pazza anche se con tutte le trappole che ho descritto sopra.
EliminaSto progettando un romanzo che, pur non essendo propriamente storico in quanto racconta il decennio piuttosto recente che va dal 2000 al 2010, prevede una certa fase di ricerca. L'ambiente socio-culturale che ospita le vicende non è solo uno sfondo, ma si intreccia alle vicende dei protagonisti in un rapporto di interscambio fra vita individuale e vita collettiva. Pertanto, occorre documentarsi su quanto accaduto. Sicuramente è molto più facile che non scrivere una storia ambientata nel rinascimento, perchè (e questo posso dirlo con certezza) io c'ero. Le letture colmano il gap dei miei ricordi. Ho parenti ed amici con cui conversare. Ho la strada, non dico in discesa, ma almeno in pianura. La cosa difficile, tuttavia, è riconoscere il momento in cui poter dire "si, sono pronta, possono sedermi al pc e scrivere." Ho già interrotto una volta, perchè la progettazione non era stata adeguatamente approfondita. Ora sto sviscerando (e devo dire che sia Anima di Carta, sia Scrivere è Vivere di Grazia Gironella mi stanno aiutando tantissimo) ma la mia mentalità da esordiente tira sempre fuori la ridicola paura di non essere in grado. Perdonate se sono andata leggermente off-topic!
EliminaQuella "ridicola paura di non essere in grado" non passa mai, Chiara! Almeno per me e per ora è così. ;) Magari, al ventesimo romanzo...
EliminaSono d'accordo con Grazia, quella paura non passa del tutto, però man mano ci si sente un po' più sicuri. A me ha aiutato molto leggere manuali di scrittura nel tentativo di capire i meccanismi che stanno dietro la creazione delle storie. Anche documentarsi sull'argomento, sul periodo, ecc. aiuta tanto. Ma quello che poi conta è la tua stessa esperienza, il fiuto che sviluppi. Comunque sia, non farti troppi problemi, la prima stesura può avvenire anche senza che tu sia "pronta", hai sempre tempo per approfondire, precisare, aggiungere. Anzi, l'eccesso di documentazione rischia di bloccarti, secondo me.
EliminaInfatti ho deciso che il 25 aprile inizierò a scrivere, non importa a che punto sia giunta la preparazione. Ho una settimana di ferie, e voglio utilizzare almeno i giorni in cui sarò in città per portarmi avanti, in modo da non dover fare questo lavoro di avvio quando dovrò barcamenarmi fra lavoro e passatempi. Ho intenzione di definire le schede con i punti della trama, come suggerisce Grazia Gironella (che ringrazio per la risposta!) sul suo blog. Non amo molto i manuali, anche se voglio riprendere in mano “Il viaggio dell’eroe”, che ho studiato anni fa per un esame all’università, e comprare “Per scrivere bisogna sporcarsi le mani”, già inserito nella lista della spesa che farò a breve su IBS! Desidero moltissimo arrivare alla fine di questo romanzo, vederlo completo, è una sorta di regalo che sento di dovere a me stessa. Arrivata a 32 anni, mi rendo conto che aver messo a tacere la mia passione in nome di altre priorità (uscire dalla disoccupazione, ad esempio) sia stato un grandissimo errore, che mi ha portato via anni preziosi, ed ora proseguire nella mia storia è un vero e proprio viaggio spirituale. Vivo questa esperienza come un’occasione per evolvere, non solo come scrittrice, ma anche come donna
EliminaMI inserisco brevemente nello scambio con Chiara per dire una cosa che forse può sembrare banale e fuori tema, cioè che scrivere è soprattutto una gioia. Un vero e proprio piacere! Quando lo si vive come un "dovere", la scrittura comincia a perdere molto del suo fascino... per trasformarsi in un lavoro o nell'ennesima cosa da fare. (Ciò non toglie che il lavoro di documentazione e revisione sia sempre meticoloso e pesante.) Qualunque cosa sia: che la Scrittura sia con voi! :-)
Elimina@Cristina: Non è affatto banale, è una saggia verità. Non dovremmo mai dimenticarcelo!
Elimina@Chiara: Vorrei suggerirti un libro che secondo me fa al caso tuo: "A volte ma magia funziona" di Terry Brooks (ne ho parlato qui: http://animadicarta.blogspot.it/2013/10/ho-letto-2.html). Non è un manuale e si legge con molto piacere, ma contiene dei suggerimenti molto utili per chi vuole scrivere. A me è piaciuto molto, trasmette tutto l'amore che dovrebbe provare uno scrittore per quello che fa.
E comunque quello che dici è bello, condivido in pieno il tuo approccio :)
@ Cristina sono d'accordissimo con quanto tu scrivi: la gioia è fondamentale in qualunque cosa si faccia, anche il lavoro di tutti i giorni. Sono impiegata in una grande azienda della zona e, anche se a volte il lavoro è ripetitivo è banale, tutto diventa più semplice quando lo affronto con il sorriso. "Chi ama il suo lavoro non lavora nemmeno un giorno nella vita"... non ricordo chi l'abbia detto, ma penso sia profondamente vero!
Elimina@Maria Teresa Grazie per il suggerimento, aggiungo questo libro alla mia wish-list!
Tornando nell'argomento, vorrei porvi una domanda: vi è mai capitato di procedere in parallelo fra la stesura e la documentazione? La mia storia ha una suddivisione temporale abbastanza definita. Procede infatti lungo due binari paralleli, alternando il passato e il presente. Ho pensato che, pur definendo i punti principali della trama, mentre mi occupo della stesura di una sezione potrei contemporaneamente reperire il materiale per quella successiva.
Questo modus operandi mi aiuterebbe molto all'atto pratico e si inserirebbe perfettamente nella mia giornata tipo. Quando ho momenti di buco in ufficio, leggo i vostri blog, faccio ricerche ma proprio non riesco a scrivere, perchè non avrei la concentrazione necessaria. Quella è un'attività privata, da svolgere a casa, in santa pace. Qui dentro posso soltanto operare nel backstage.
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EliminaDi solito ogni scrittore ha il suo metodo per procedere, che è molto personale. Secondo me dipende anche da quello che si scrive. Per quanto mi riguarda, di solito c’è un grandissimo lavoro di documentazione prima dell’inizio della stesura vera e propria, e poi comincio a scrivere. Ciò non toglie che, strada facendo, mi venga voglia di leggere qualche altra cosa per approfondire un personaggio o un tema. Ad esempio in quest’ultimo Libro II della saga che sto rivedendo, c’è la figura di una donna esperta in erboristeria – una vera e propria guaritrice – le cui doti erano appena accennate nel Libro I. Così mentre approfondivo il personaggio e operavo delle integrazioni, mi è venuto voglia di leggere un trattato di medicina medievale, che mi è stato utilissimo!
EliminaComplimenti, vorrei davvero avere la metà della tua esperienza e della tua competenza! :)
EliminaQualsiasi cosa si scriva, penso che la fase di documentazione sia una tappa obbligata. Persino per scrivere una lista degli ingredienti di una ricetta, occorre riflettere su quello che bisogna comprare al negozio. Per quanto riguarda il momento di mettersi a scrivere, bisogna affidarsi all'intuito, capire cioè quando si è fatto il pieno al motore e quindi si può partire. Anche e soprattutto nel romanzo storico, ad un certo punto è necessario proprio dire 'basta' con la documentazione e iniziare, altrimenti si potrebbe andare avanti all'infinito!
RispondiEliminaCiao Cristina, quello che ho letto sopra e stato illuminante, tutte sensazioni che provo e ostacoli che vivo, sono dieci anni che sto scrivendo un romanzo storico sembra la bibbia, non finisce mai :) a gennaio mi metto in coda per fare la corte a un agente letterario, avrò bisogno della tua immensa professionalità e della tua pazienza.
RispondiEliminagrazie, ciao
Ciao Calypso, grazie di aver lasciato un commento a questo post che ormai ha un paio d'anni, ma che, a quanto pare, è sempre attuale. Ti faccio moltissimi auguri per il tuo romanzo storico. Posso chiederti in che epoca e località è ambientato?
RispondiEliminaciao Cristina, certò che puoi, mio dovere parlarne: Seconda guerra mondiale molti fronti di guerra un po' tutta Europa, si intreccia con il 1978 epoca della guerra fredda, qui i luoghi più o meno sono gli stessi della prima epoca fatta eccezione di Gerusalemme e l'America! E un giallo filosofico, mette a nudo l'umanità senza i filtri dei libri di scuola!
RispondiEliminaCaspita, si tratta di un tema davvero molto impegnativo e scottante. La Seconda Guerra Mondiale è vicenda di ieri e le ferite sono ancora aperte. Non so se avrei il coraggio di affrontare questo periodo storico, io mi fermo alla Rivoluzione Francese. Pensa che proprio di recente in casa di una zia, da poco deceduta, ho trovato scatole con lettere che mio padre e i suoi fratelli si scrivevano dai vari campi di prigionia dove si trovavano. Veri e propri pezzi di esistenze.
EliminaAllora ti aspetto volentieri sul mio blog, se vuoi passare a trovarmi. L'ho rinnovato proprio di recente e la Storia vi ha un grande risalto.
Per tua zia mi dispiace :(
RispondiEliminaPer le lettere (ma che spettacolo) ci potrei ricamare un romanzo intorno :)
Cristina il periodo della seconda guerra mondiale non è così sentito purtroppo da rischiare qualcosa tipo l'integrità morale o altro, solo gli ebrei sentono la ferita ancora sanguinante ma il resto del mondo se ne frega, i giovani ...neanche a parlarne!
Ad ogni modo e un romanzetto nulla di così accademico e impegnativo, e parte della mia immaginazione mescolata con eventi reali e personaggi di quell'epoca, ma comunque lo leggerai prima o poi :) almeno che tu non sia troppo costosa per le mie tasche prima di mandarlo in giro passerà da te :) sempre che tu l'ho voglia ovviamente!
Hai un blog?
Capisco quello che vuole dire Cristina, anche io considero quel periodo come ancora "caldo", ma non stento a credere che per i giovani le cose siano diverse. Tutto ciò a ben pensarci è molto triste, dunque ben vengano storie che riportano l'attenzione su quei terribili eventi.
EliminaIl blog di Cristina è http://ilmanoscrittodelcavaliere.blogspot.it/
grazie Maria ;)
EliminaBuon fine settimana!