Show, don't tell. Sì, ma quando?

Avevo in mente questo post da molto tempo, ma la spinta decisiva mi è stata data da Drama Queen (autrice dell'omonimo bel blog sul teatro), che mi domandava "quando è opportuno mostrare e quando raccontare?".

Più che illustrarvi questa tecnica, su cui troverete fiumi di parole altrove, vorrei parlarvi dell'idea che mi sono fatta su di essa e come cerco di usarla. Quindi non prendete queste riflessioni come oro colato...

Show, don't tell che in italiano suona come “mostra, non raccontare”, è una delle regole più famose di scrittura, sicuramente la conoscete bene o l'avete già sentita se bazzicate manuali, corsi o siti di scrittura creativa. E' una sorta di pilastro per chi vuole scrivere un romanzo, tanto da meritarsi anche una pagina su Wikipedia.

Mostrare piuttosto che raccontare, in pratica, è un invito a descrivere una scena piuttosto che dire a parole qualcosa, per la semplice ragione che una scena vale più di mille parole. L'immediatezza è dunque il primo vantaggio. Si può comunicare in modo diretto e potente attraverso: immagini, azioni, gesti, dialoghi, dettagli sensoriali. Raccontare, al contrario, è come guardare un film con una voce fuori campo che ti dice tutto il tempo cosa accade. Noioso, no?

Mostrare ha anche il pregio di evocare, suggerire, piuttosto che imporre, lasciando così libero il lettore di farsi una sua idea, senza costringerlo a pensarla in un modo definito come invece accade quando gli viene raccontato qualcosa. Lasciamo la possibilità a chi legge di interpretare, anche se poi uno scrittore di talento sa come portare chi legge dove vuole. Come dicevo anche nelle mie riflessioni a proposito della morale di una storia, i lettori moderni non vogliono essere imboccati!

Mostrare significa quindi soprattutto creare una scena, ma non si può pensare a un romanzo come a una serie di scene, sia perché la narrativa è molto diversa rispetto alla sceneggiatura, sia perché paradossalmente dovremmo creare scene per qualsiasi circostanza. E questo comporterebbe oltre che un testo lunghissimo, anche un appiattimento, cioè daremmo un'importanza uniforme a tutto ciò che accade nel romanzo.
Show don't tell, quindi, non può essere una regola da applicare sempre e comunque.

In linea generale, penso che sia utile mostrare quando vogliamo dare importanza a qualcosa e attirare l'attenzione del lettore.

Uno dei momenti in cui è opportuno mostrare è quello in cui si introduce il protagonista, cosa che normalmente avviene all'inizio della storia. E' una parte fondamentale e dipende da essa se il lettore andrà avanti o no. Dobbiamo quindi fare tutto il possibile per generare empatia. In questo senso, raccontare è un modo di prendere le distanze, di tenere il lettore un po' alla larga, mentre il mostrare lo avvicina, lo fa immedesimare e interessare.
La presentazione del personaggio principale, quindi, si dovrebbe svolgere attraverso una scena che dia una dimostrazione concreta delle sue caratteristiche, della sua personalità, dei suoi problemi e obiettivi inerenti alla trama.

Devo dire che sono davvero pesanti quegli capitoli iniziali in cui l'autore racconta chi è il protagonista. E' un errore molto comune in chi scrive da poco tempo, che distrugge subito l'interesse in chi legge. Quindi è proprio da evitare il dire sul protagonista, il fare una lista di pregi e difetti, raccontare cosa fa e cosa pensa. Decisamente meglio è una scena in cui è impegnato in un'azione o in un dialogo che illustrano in maniera diretta chi è, rivelando qualcosa di lui senza obbligare il lettore a sorbirsi le nostre opinioni di autori.

Anche i co-protagonisti andrebbero presentati dimostrando al lettore "chi sono" attraverso esempi pratici, anche se in questo caso bastano pochi accenni. Ancor meglio è mostrare la relazione tra i personaggi piuttosto che annunciarli con etichette, come "erano grandi amici" e così via.
Per i personaggi secondari invece non dovremmo farci scrupolo a raccontare a grandi linee di loro, perché ai fini della storia non ci interessa generare un'empatia nei loro confronti, anzi sarebbe antieconomico attardarci a mostrare ciò che li riguarda.

Mostrare è anche indispensabile durante i momenti di svolta della storia, quelli in cui si porta avanti la trama. Se ci limitiamo a dire cosa è accaduto, senza dialoghi, dettagli sensoriali, pensieri, ecc., stiamo privando il lettore del piacere di entrare nell'azione, di partecipare emotivamente alla situazione. In modo particolare, poi, sui momenti drammatici o comunque particolarmente significativi non si dovrebbe mai sorvolare, ma al contrario soffermarci con scene più coinvolgenti possibili.
Al contrario, i passaggi tra queste scene importanti devono essere raccontati per non cadere nell'eccesso opposto di disperderci in lunghe descrizioni, come per esempio quando un personaggio si sposta da una parte all'altra. Se poi la storia si dispiega in un periodo molto lungo di tempo, sarà obbligatorio riassumere spesso alcuni fatti.

Gli stati d'animo rappresentano un altro aspetto importante per quanto riguarda il mostrare. Io spesso faccio l'errore di dire come si sentiva un personaggio, e in fase di revisione devo modificare quelle frasi con gesti che rendano in modo più immediato lo stesso concetto. Raccontare gli stati d'animo rende quasi sempre pesante la lettura. Per esempio, dire “si sentiva nervosa durante il colloquio" è molto meno efficace del dire che la persona in questione "tormentava tra le mani una matita durante il colloquio".

Anche le riflessioni dei personaggi possono essere rese in modo migliore tramite il mostrare. Per esempio se qualcuno è combattuto, non sa che decisione prendere, è turbato da qualcosa, ecc. è molto più efficace usare un dialogo o una discussione con un altro personaggio, che metta in luce i suoi dilemmi, piuttosto che un monologo o una serie di riflessioni tutte raccontate.

I dialoghi sono un modo molto incisivo per mostrare, ma anche qui può essere preferibile a volte adottare il discorso indiretto. Convenevoli e chiacchiere prive di importanza possono essere raccontate, piuttosto che fare perdere tempo al lettore.

In conclusione, la tecnica del Show, don't tell è davvero potente, ma va adottata con cautela. Voi che idea ve ne siete fatti?
Come usate questa celebre regola quando scrivete?

Anima di carta

Commenti

  1. Ti ringrazio davvero molto, hai risposto a tutte le mie domande! Ora ho capito veramente che cosa vuol dire "mostrare" e ho anche capito che... racconto troppo. Ma sono sempre in tempo per imparare.
    Se ho capito bene, dovrei fare un po' come in teatro: la scena si deve capire senza una voce narrante. in teatro, in realtà, si crea il problema opposto, perché è difficile far capire tutta la storia ed i rapporti tra i personaggi solo "mostrando". A volte si creano degli infodump terribili, tipo "Ciao, fratellone" (quando, nella realtà, non ho mai sentito due fratelli che si salutassero così).

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    1. Sono felice se ho potuto fare un po' di chiarezza. Hai ragione, il teatro è un buon paragone, sicuramente migliore del cinema, e anche nella narrativa ci sono momenti in cui c'è solo la voce narrante. Carino il tuo esempio :)

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  2. Post interessante e completo ;) grazie

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  3. I tuoi post sono sempre illuminanti. =)

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  4. Confesso che sull’argomento ‘Show, don’t tell’ ho le idee molto confuse. Premetto che, col tempo e scrivendo, ho imparato a procedere per sottrazione e non per addizione: una volta mi sembrava che più le frasi erano lunghe e involute, e cariche di verbi di percezione, più dovessero essere belle, ora penso esattamente il contrario. Se posso dire una cosa in cinque parole anziché in dieci, la dico senz’altro in cinque parole. Naturalmente dipende molto dal periodo di cui scrivo, perché se scrivo di personaggi ed eventi che hanno luogo nel 1560, adotterò un tipo di linguaggio per i personaggi, che di conseguenza si rifletterà sulla sintassi. Se, come ora, sto scrivendo di rudi guerrieri del 1100, è chiaro che devo asciugare la scrittura perché la sensibilità all’epoca, e lo sguardo sul mondo, erano del tutto differenti.

    Premesso appunto quanto sopra, chiedo: come possiamo classificare la scrittura quando parliamo di monologo interiore, dei pensieri e delle emozioni dei personaggi? A volte questi sono frammisti alle scene, a volte costituiscono veri e propri capitoli, vedi “La signora Dalloway” di Virginia Woolf, o “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust, per non parlare dell’ “Ulysses” di Joyce (che peraltro non ho avuto ancora il coraggio di leggere). Sono ‘show’ o ‘tell’? Che ne pensate?

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  5. Ciao Cristina, credo che in merito ai periodi lunghi o brevi si attraversino varie fasi, e come dici tu molto dipende anche da ciò che scrivi.
    Sui monologhi interiori mi verrebbe di risponderti d'istinto che sono per lo più "raccontare", ma credo di capire cosa vuoi dire con la tua domanda. Di fatto esistono vari livelli di profondità con cui si entra nei personaggi, si può essere superficiali - e quindi si mostra tutto ciò che si mostrerebbe con una telecamera - o si va più a fondo, e quindi il mostrare diventa più ampio e profondo. In questo senso, forse, i monologhi di cui parli sono un "mostrare". E' qualcosa su cui riflettere... Grazie per il tuo commento.

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  6. L'ideale è un giusto equilibrio fra "mostrare" e "dire".
    Non fidiamoci di memoria e perspicacia dei nostri lettori!
    Alla base di una storia ci vuole un minimo di descrizione.
    Mi è capitato di leggere un intero capitolo prima di rendermi conto di aver confuso un personaggio con un altro...
    La narrativa si legge per evadere, nei ritagli di tempo, nei momenti di stanchezza: aiutiamo il lettore.
    Se la trama è complessa e ricca di personaggi, spediamo qualche parola in più, meglio essere chiari.

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    1. Hai ragione, le spiegazioni a volte sono necessarie. E' capitato anche a me di leggere storie in cui si davano troppe cose per scontate. L'importante come dici tu è trovare il giusto equilibrio. Per questo, poi, l'opinione di un lettore esterno è sempre importante.

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  7. ...che sono d'accordo sulla tua ultima frase. Come ogni cosa il giusto equilibrio. Ma come si fa a mandare avanti un romanzo a suon azioni attraverso infiniti dialoghi? La voce narrante dell'autore conduce la trama ai paragrafi e agli eventi successivi o no? Ciao e grazie.

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    1. Ciao Luca! Certo, la voce narrante è essenziale, oserei dire che è l'elemento portante della narrazione scritta. Come hai giustamente detto, non si può mandare avanti una storia solo con dialoghi o azioni, c'è molto di più. Proprio per questo è giusto mantenere un certo equilibrio tra parti mostrate e parti raccontate. Ognuno poi cercherà il suo, anche a seconda del gusto personale, del tipo di romanzo, del proprio stile di scrittura.
      Grazie per il tuo commento :)

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