Come reagire alle critiche e alle recensioni negative

Premetto che con questo post non voglio entrare in nessuna polemica attuale o passata circolante in rete (a volte i social network e i blog sono peggio del bar dietro l'angolo), ma solo dirvi quello che penso riguardo allo spinoso argomento delle recensioni negative.

Il punto è questo: se hai pubblicato qualcosa, che si tratti di un racconto, di un romanzo o solo di un articolo, sei soggetto in modo naturale alle opinioni altrui, critiche comprese. In pratica se ti esponi, gli altri verranno a dirti come la pensano su quello che hai scritto. Chi scrive dovrebbe farsene una ragione e imparare a trattare nel modo giusto tali opinioni.
Se non siamo pronti a confrontarci con ciò che pensano gli altri di ciò che scriviamo, è meglio custodire gelosamente nel nostro computer le nostre creazioni o al massimo farle leggere a qualche amico. Personalmente mi sono trovata sia dalla parte di chi scrive che da quella di chi critica, so come ci si sente in entrambi i casi.

Secondo la psicologia alle critiche negative si può reagire in due modi: in modo aggressivo o passivo. Nel primo caso, lo scrittore criticato si scaglierà contro chi ha parlato male della sua opera, difendendosi attaccando a sua volta. Nel secondo non reagirà in nessun modo, ma non per questo proverà meno rabbia o si sentirà meno ferito.

Nessuno di questi due metodi ci aiuterà a diventare scrittori migliori.
Reagire in modo aggressivo, respingendo una recensione negativa o tentando di giustificarla non fa altro che inasprire il confronto.
Le persone potranno anche darvi ragione, ma non per questo avrete guadagnato qualcosa da questa polemica. Quello che ne deriva è attirare attenzione negativa su di sè, sollevare un polverone che cresce in modo proporzionale a quanto vi arrabbiate e alle persone che vengono coinvolte.
Risultato: meno lettori, reputazione distrutta.

Reagire in modo passivo potrebbe sembrare una soluzione più elegante. Fingo di non accorgermi neppure di quella critica, lascio spegnere la polemica, l'attenzione è distolta, la reputazione è intaccata ma non distrutta.
Eppure, dentro di me continuo a covare odio per chi ha mosso la critica e quell'opinione negativa sta lì a ricordarmi quanto non sono perfetto, come una fastidiosa macchia nella bella tovaglia delle feste.
Le critiche non digerite restano sullo stomaco a lungo, ci impediscono di continuare a scrivere con serenità, danneggiano la creatività, minano l'autostima e frenano ogni progresso.
Risultato: gastrite, voglia di scrivere azzerata.

Cosa dobbiamo fare delle critiche, dunque?

Prima di tutto analizzarle, capirle. A meno che non arrivino direttamente dal nostro nemico numero uno, qualcuno che ce l'ha a morte con noi, dobbiamo prenderle in considerazione e usarle per migliorarci, non per mangiarci in fegato.

Ho avuto critiche al mio libro? Sì, e non ero preparata. Tutti quelli che l'avevano letto mi avevano detto solo cose positive. Ero in una torre d'avorio. Poi un giorno qualcuno che non mi conosceva - un lettore qualsiasi - mi ha detto che certe descrizioni non gli erano piaciute, che andavano scritte meglio.
Lì per lì ho pensato: ecco, non capisce niente. Ma in seguito la sua opinione è stata utile, perché nel romanzo successivo ho curato di più le descrizioni, ho capito che aveva ragione, che non aveva parlato per invidia o altro. E' successo anche con altri aspetti del mio primo romanzo. Un'altra persona mi ha detto che era rimasto delusa da come avevo sviluppato un certo personaggio. Anche questa opinione mi ha aiutato a capire che dovevo scavare più a fondo nelle motivazioni dei personaggi, ecc.

I lettori vanno rispettati, ma non sempre si pensa realmente ai lettori quando si scrive. Sono entità astratte, noi in fondo scriviamo sempre per noi stessi e ci dà fastidio che qualcuno osi parlare male della nostra creatura. Ma se vogliamo pubblicare e vendere, il lettore deve essere il nostro primo pensiero. E questo vuol dire curare al massimo quello che scriviamo. Oppure tenerlo per familiari e amici, loro sono sempre indulgenti con noi.

C'è un altro fattore da considerare. Chi spende dei soldi per quello che abbiamo scritto merita di ricevere un prodotto all'altezza del prezzo. Il discorso può essere meno valido se regaliamo i testi o li distribuiamo su internet, ma in ogni caso che rispetto abbiamo di noi stessi se facciamo circolare un prodotto scadente?

Le critiche fanno male e negarlo è da ipocriti. Quando le riceviamo ci sembra che chi le ha mosse non rispetti il nostro lavoro. Ma se vogliamo continuare a scrivere e soprattutto farlo meglio è necessario non solo accettare critiche e recensioni negative ma soprattutto usarle a nostro vantaggio.

In ogni caso, se il romanzo, il racconto o altro che abbiamo prodotto è valido, non sarà qualche parola negativa ad affossarlo.

Anima di carta

Commenti

  1. Ciao,
    premettendo che sono una persona molto permalosa (parte più negativa del mio caratteraccio), spesso anche a causa della mia forte sensibilità oltre a questo lato oscuro (della permalosità) prendo le critiche nel modo sbagliato. Però non ho mai aggredito qualcuno, non mi sembra il mondo giusto di agire, ma ho una lunga fase di meditazione nella quale cerco di capire i miei errori (naturalmente ci sto male) e poi rispondo cercando un confronto intelligente e pacifico. Questo però mi è accaduto solo con i post, perchè da quando pubblico il mio pseudo romanzo, tutte le critiche sono positive e piene di brava. Questa cosa mi fa stare anche peggio, perchè non capisco se quel brava è veritiero o se lo scrivono tanto per lasciare un commento, il che implica che non leggono il capito e questo mi fa stare peggio. Io credo che sia meglio un bel commento, anche negativo purché fatto in maniera costruttiva che una presa in giro. Non si nasce imparati e sbagliare vuol dire anche crescere e migliorare anche se ci fa star male.
    buona serata

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    1. In effetti anche i giudizi positivi andrebbero motivati e capiti. Al di là di quanto possono farci piacere e soddisfare l'ego, non usciamo di certo arricchiti da un semplice "brava" o "mi è piaciuto". Quando posso cerco di chiedere spiegazioni anche delle opinioni positive, anche se la cosa può sembrare un po' morbosa. Sia che sbagliamo sia che facciamo bene, sarebbe utile capire il perché.
      In ogni caso non devi pensare che ti scrivono solo per lasciare un commento, magari sono opinioni sincere! :)
      Grazie per il tuo intervento.

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  2. Quando si offre uno scritto al pubblico bisogna attendere ogni genere di reazione. Fa parte del gioco. Pubblicare significa offrirsi alla gente e quindi al giudizio.
    Fa male, malissimo, ma l'unico modo per evitare questo passaggio è far rimanere lo scritto nel cassetto.
    Va poi detto che ogni critica dovrebbe essere costruttiva.
    Anche qui, ponendomi dall'altra parte della barricata, dall'ottica di chi recensisce, mi rendo conto che non è facile. A volte si vorrebbe dire soltanto "lascia stare, datti all'ippica" e, come dice Ego in Ratatuille, le critiche negative sono più divertenti da scrivere e da leggere, se non sei chi le riceve.
    Da critica, forse è bene ricordare che un autore mette comunque se stesso nella propria opera e quindi onestà intellettuale vorrebbe che si cercasse di essere sempre costruttivi o quanto meno civili.

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    1. Anche stare dall'altra parte della barricata non è affatto facile, hai ragione. Anzi, a volte dover fare una recensione può metterti davvero in difficoltà, soprattutto se l'autore non è una persona con cui non avrai mai a che fare (perché è anni luce lontano dal tuo mondo), ma più vicina.
      E' una responsabilità grande quella di stroncare o promuovere un libro e non sempre viene considerata nel modo giusto, troppo spesso si dicono cose in modo superficiale senza pensare alla conseguenze.
      D'altra parte la realtà di internet ha reso possibile la completa condivisione delle opinioni e quindi un autore deve farci i conti, nel bene e nel male. Come dici tu fa parte del gioco.

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  3. Risposte
    1. Dai esprimiti! Raccontaci come reagiresti di fronte a qualcuno che giudica negativamente un tuo libro :)

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    2. diciamo che la butterei sull'ironia. Le critiche devono essere motivate, circostanziate. Se il troll di turno mi dicesse "il tuo libro fa schifo" forse lo ignorerei. Se qualcuno muovesse delle critiche mirate, seppur con toni piccati, lo ringrazierei e cercherei di capire cosa non va nella mia scrittura.

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    3. Sì, mi sembra giusto fare distinzioni. Cose dette a fini polemici non servono a niente e la strategia migliore è sempre ignorarle.
      Grazie per il tuo contributo :)

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  4. Esporre critiche costruttive è molto difficile, per questo spesso si tende a prenderle dal verso sbagliato.
    Senza contare che molto dipende anche da chi muove la critica e dalle sue competenze. Certo, bisogna ascoltare tutti e valutare, ma alle volte questo diventa davvero difficile...

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    1. Secondo la mia esperienza di critiche costruttive se ne fanno pochissime. Per lo più si tratta di opinioni "a caldo", poco motivate, poco razionali. E di conseguenza, come dici, si prendono male.
      Le competenze sono importanti, sono d'accordo. Purtroppo però internet ha abitutato tutti a commentare, al di là delle competenze. Non so se questo è giusto, ma è un dato di cui tener conto. I possibili lettori di un libro, gli eventuali acquirenti, tengono conto di recensioni fatte da persone non competenti? O si fanno influenzare lo stesso? Temo questo secondo caso...
      Grazie del tuo intervento.

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  5. Mi trovo spesso a dover impersonare i due ruoli: lo scrittore e l'editor. Su quest'ultima figura ho scritto anche un post, che ha suscitato le risate generali, vi ripropongo qua di seguito:

    http://ilmanoscrittodelcavaliere.blogspot.it/2013/06/conversazione-xiii-leditor-chi-e-costui.html

    Ad ogni modo sottoporre un manoscritto al giudizio altrui, beninteso a persone competenti, è come sottoporsi ad una seduta di psicanalisi: faticosa, anche dolorosa, ma spesso necessaria. Se si scrive per pochi, il manoscritto può rimanere anche così, se si ha l'ambizione di allargare la cerchia dei lettori, occorre proprio farlo leggere e aspettarsi critiche non sempre benevole. Per le quali ci si sente attaccati.

    Personalmente però ho la percezione se la critica viene fatta senza approfondimento (tipo "bellino", "carino", "la poesia è troppo lunga"...) o a ragion veduta. In quest'ultimo caso l'accetto e approfondisco quale sia il problema e come rimediare.

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    1. Io penso che le critiche si percepiscono in modo diverso a seconda di chi ce le rivolge. Tu fai il caso dell'editor, e penso che se riteniamo la persona in questione competente siamo anche più disposti ad accettare il suo giudizio e a prenderlo in considerazione. Forse molto dipende appunto dalla stima che abbiamo. Il caso è diverso quando le critiche vengono da un lettore qualunque, e magari siamo meno inclini a tollerarle. Ma secondo me vanno ascoltate ugualmente.
      Grazie per il tuo parere :)

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  6. Hai ragione da vendere, tutto dipende da chi le fa e dalla stima che si ha della persona.

    Ma accettarle le osservazioni dipende anche dalla capacità di mettersi in discussione. Io mi sono sentita dire, in una certa scena, durante la prima stesura di un romanzo, che era come il brodo allungato. :-( Non è stato facile!

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  7. Alle critiche negative si deve reagire con inaudita violenza, ma l'avvento del Web ha complicato di molto le cose, riducendo al minimo i possibili massacri. Ci sono, restringendo alla forma di un tubo semplificatore l'orizzonte da considerare, due modi fondamentali nei quali una critica mette a rischio l'incolumità di colui che la formula: il primo e più diffuso è quello adottato da chi, non essendo in grado di comprendere il senso di uno scritto, che sta fuori dalla sua portata di comprensione, la butta sull'irrisione a carattere personale del tipo "Ma chi credi di instupidire con quei paroloni altezzosi e desueti da fine ottocento?". Costui è da aspettare sotto casa, quando ritorna ubriaco dalla discoteca intorno alle cinque del mattino, impugnando una mazza da baseball in legno di rovere, senza preoccuparsi di scheggiare l'attrezzo che in quel frangente non vuole sentir parlare di lealtà sportiva. L'altro modo della critica è di un ordine più vicino all'ombra che ogni individualità scambia per intelligenza, e si auto denuncia in questi termini: "Non si capisce una mazza di quello che scrivi, e quel poco di nozioni che infettano il cervello di chi legge non strapperebbero un gridolino di soddisfazione nemmeno a un bambino poco dotato". È qui che entra in ballo la vera ferocia dello scrittore, che si fa in quattro per trasformarsi in un informatico in modo da riuscire a individuare l'IP identificativo attraverso cui si può conoscere l'indirizzo di casa del critico da giustiziare. Se c'è una cosa che lo scrittore sa commettere alla perfezione questa non è di certo la scrittura… :D

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  8. @ Cristina: Il segreto per aggirare le critiche del brodo allungato sta nel dedicarsi ai racconti brevi. Ambrose Bierce asseriva essere, il romanzo, un racconto annacquato, e il racconto un romanzo senza fronzoli.

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